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Tony Cuccinello

Anthony Francis Cuccinello
Nickname : "Cooch" o "Chick"

Nato: 8 Novembre 1907 a Long Island City, NY
Morto: 21 Settembre 1995 a Tampa, FL
Debutto: 15 Aprile 1930
Batte:
Destro / Tira: Destro

Tony Cuccinello, il piccolo italiano di Astoria, New York, vicino a Long Island, che entrò nel baseball professionistico dai sandlots locali, fu coinvolto in quella che rimane la più serrata corsa nella storia della major league quando, come giocatore dei Chicago White Sox, perse il titolo della media battuta dell'American League del 1945 con George "Snuffy" Stirnweiss degli Yankees per un margine infinitesimale di 0,000087. Cuccinello ebbe un inizio veloce nel 1945, mantenendo la sua media tra .380-.390 per i primi mesi. Alla fine, il calore dell'estate di Chicago portò Tony verso il basso, e poiché non giocava tutti i giorni, a causa dei suoi 37 anni, che allora era un'età avanzata per un giocatore di baseball, dovette rimettersi a giocare di più nel mese di settembre per ottenere un numero sufficiente di at-bat per qualificarsi per il titolo di battuta. Stirnweiss sconfisse Cuccinello il giorno finale della stagione, quando un doubleheader degli White Sox non fu giocato per la pioggia e Stirnweiss andò 3 su 4 contro i Boston Red Sox. Una di queste base hit, tuttavia, fu segnata come errore inizialmente, e poi cambiata in una valida dallo scorer ufficiale, che aveva appena appreso di essere diventato un giornalista per il Bronx Home News. Secondo Cuccinello, gli riferirono che il momento in cui lo scorer ufficiale cambiò la chiamata fu dopo essere stato informato che gli White Sox non avevano giocato e la stagione di Cuccinello era finita. Ironia della sorte, in seguito Cuccinello allenò Stirnweiss con i Cleveland Indians e Snuffy gli confermò la disonestà dello scorer, quando disse: "Egli (lo scrittore) l'ha dato a me". Anthony Francis Cuccinello nacque l'8 novembre 1907, a Long Island City, New York. Tony giocò in un campionato semipro a New York City e, infine, firmò un contratto per giocare con i Syracuse Stars dell'International League nel 1926, quando era ancora un adolescente. Dopo due mesi Cuccinello venne mandato nella classe B Lawrence Merry Macks (Massachusetts) , dove trascorse il resto del 1926 e il 1927, quando colpì .310. Nel 1928 fu assegnato ai Danville Veterans nella Three I League. Dopo un'altra stagione con una media di .310, Cuccinello catturò l'attenzione di Branch Rickey, che lo vide giocare e lo comprò per i Columbus Senators dell'American Association. Le prestazioni di Cuccinello con Columbus (.358 media battuta con 20 fuoricampo e 111 RBI, e leader del campionato con 227 valide e 56 doppi) gli valsero la veloce promozione nelle major league, quando i Reds acquistarono il suo contratto dopo la stagione 1929. Tony fece il suo debutto nell'opening day, il 15 aprile 1930, giocando in terza base in una sconfitta con i Pittsburgh Pirates. Cuccinello ebbe una stagione solida da rookie, battendo .312 con 10 fuoricampo e 78 RBI. Nel 1931 i Reds spostarono Tony in seconda base e lui rispose con una media di .315 e 93 RBI, un record per una seconda base del club che durò fino a quando Joe Morgan nel 1975 non lo superò. Nella sua migliore prestazione offensiva dell'anno realizzò valide in sei consecutivi at-bat, tra cui due doppi e un triplo. Fu leader delle seconde basi della league in putouts, assist, errori e doppi giochi. Nonostante la performance sul campo, Cuccinello rifiutò di firmare il contratto che i Reds gli offrirono e si trovò ceduto ai Brooklyn Dodgers per iniziare la stagione 1932. Tony giocò in tutte le 154 partite, realizzando dei rispettabili numeri offensivi per un seconda base (.281, 12 homers, 32 doppie, e 77 RBI), ma, cosa più importante, diventò compagno di squadra del futuro manager e Hall of Famer Al Lopez, con il quale avrebbe cominciato un'amicizia che durò tutta la vita. Nello stesso anno Cuccinello sposò Clara Caroselli (dopo la stagione, il 29 ottobre), ed ebbero tre figli: Anthony Jr. nel 1936, Darlene Ann nel 1938, e Alan Joseph nel loro 13° anniversario di matrimonio, nel 1945. Le prestazioni di Cuccinello nel '32 gli valsero un posto nel roster del primo All-Star Game nel 1933 (il cosiddetto "Game of the Century"), dove ebbe il triste primato di entrare come pinch hitter per Carl Hubbell nella parte bassa del nono e di andare strikeout per terminare la partita. Nel 1935, il fratello minore di Cuccinello, Al, fece il suo debutto nella major league e giocò in 54 partite con i New York Giants, l'unica esperienza in major che Al avrebbe avuto. I fratelli giocarono contro diverse volte nell'anno ed entrambi colpirono un fuoricampo nella stessa partita il 5 luglio. Il fuoricampo solitario di Tony fu colpito nella parte superiore dell'ottavo inning mentre quello di Al fu da due punti nella parte bassa del nono inning con Brooklyn che vinse 14-4. Dopo quattro anni con i Dodgers, Cuccinello era di nuovo in movimento, quando Brooklyn lo cedette ai Boston Braves. A Boston nel 1936, Cuccinello ebbe una delle sue migliori stagioni offensive, battendo .308 e 86 RBI. Le ottime prestazioni difensive di Tony continuarono anche a Boston, e collaborò con un giocatore che in seguito descrisse come il più bravo shortstops con cui avesse giocato nella sua carriera, Eddie Miller. Nel 1939 Cuccinello subì un infortunio al ginocchio dopo che Dick Bartell, dei Chicago Cubs, gli scivolò contro in seconda base e l'infortunio lo fermò per due mesi. Nella sua prima partita dopo l'intervento chirurgico, Cuccinello realizzò 10 assist in 22 inning giocando in terza base. Il ginocchio non migliorò mai veramente, nonostante l'intervento chirurgico, e Cuccinello fu scambiato con i Giants a metà della stagione 1940. Alla fine di quella stagione Cuccinello si ritirò per la prima volta, e allenò i Jersey City Giants dell'International League. Jersey City arrivò quinta in un campionato a otto squadre nel 1941, e Cuccinello era pronto ad allenarli di nuovo nel 1942, ma invece fu chiamato dal suo ex manager dei Brooklyn, Casey Stengel, poi con i Braves, che gli chiese di unirsi al suo staff come giocatore-coach. Nel 1942 Cuccinello tirò il batting practice, fu coasch di terza base e pinch hitter per Stengel, e a metà stagione del 1943 fu lasciato in modo che potesse firmare con i Chicago White Sox, una squadra disperatamente bisognosa di giocatori per sostituire quelli che si erano arruolati. Cuccinello, che soffriva di laringite cronica, non era stato fatto idoneo al servizio militare, e quindi era in grado di continuare la sua carriera. Dalla metà del 1943 fino alla stagione 1944 Cuccinello giocò come riserva e apparve in meno di 50 partite ogni anno, e più tardi disse che, se non fosse stato per la guerra, probabilmente si sarebbe ritirato prima dell'inizio della stagione 1945. Ma nel 1945 Cuccinello andò allo spring training a French Lick, Indiana (poi resa famosa per aver dato i natali a Larry Bird), dove ogni giorno faceva un bagno in acque geotermiche, seguito da un massaggio e un sonnellino, ed entrò nella stagione sentendosi meglio di come non era mai stato. Forse erano stati i bagni minerali o le dormitine, ma comunque dopo lo spring training nell'Indiana Cuccinello intraprese la sua corsa al titolo della media battuta senza però riuscirci, e si ritirò dal gioco definitivamente alla fine di quella campagna. Cuccinello era fuori dal baseball nel 1946, ma fu lo skipper dei Tampa Smokers nella Florida International League con 104 vittorie e un secondo posto nel 1947. L'anno seguente ritrovò Al Lopez a Indianapolis, dove aveva allenato gli Indianapolis Indians dell'American Association totalizzando 100 vittorie nella stagione e classificandosi tra le 100 migliori squadre della minor league del 20° secolo. Nel 1949 Cuccinello iniziò un periodo di tre anni come coach con la sua prima squadra di major league, i Reds, e nel 1952 entrò a far parte dello staff tecnico di Al Lopez con i Cleveland Indians. Per coincidenza, il 1952 fu anche l'ultimo anno della carriera dell'ex avversario al titolo della media battuta Snuffy Stirnweiss, anch'esso con gli Indians. La prima esperienza di postseason di Cuccinello arrivò come coach con gli Indians nelle World Series del 1954, che fortemente favoriti persero con i San Francisco Giants. Nel 1957, Cuccinello seguì Lopez ai Chicago White Sox, e nel 1959, come coach di terza base, fu coinvolto in un gioco controverso, che alcuni dissero provocò l'eliminazione degli White Sox per mano dei Los Angeles Dodgers nelle World Series del 1959. In Gara 2 della serie, Sherm Lollar, il catcher degli White Sox, era in prima base nella parte inferiore dell'ottavo con zero eliminati, e il pinch runner Earl Torgeson, che aveva sostituito Ted Kluszewski autore di un singolo, si trovava in seconda, con il punteggio di 4-2 a favore dei Dodgers. Il battitore successivo, Al Smith, colpì un doppio sul centro-sinistra. Il corridore in seconda (Earl Torgeson) segnò facilmente. Cuccinello mandò a casa Lollar, dove venne eliminato con un buon margine, come riportato da tutti i racconti dell'epoca. Quando i Sox persero le Series quattro giochi a due, Cuccinello immediatamente venne indicato come l'autore della sconfitta nelle World Series. Lopez difese il suo amico e collega allenatore, raccontando al primo reporter del Chicago Daily News che a suo parere avrebbe effettuato la stessa giocata, e soprattutto che quella partita non fu il punto di svolta della serie, ma che l'incapacità dei Sox di segnare al Coliseum fu determinante per la loro sconfitta. Lopez ripetè lo stesso punto di vista in un'intervista con il The Sporting News, notando che ci sarebbe voluta una perfetta giocata della difesa dei Dodgers per inchiodare Lollar al piatto. Uno dei Dodgers coinvolto nella giocata, l'outfielder Wally Moon, espresse la stessa opinione durante l'off season dopo le World Series quando disse che anche lui avrebbe mandato Lollar se fosse stato nei panni di Cuccinello, perché le probabilità che riuscisse la giocata erano contro i Dodgers. In ogni caso, Cuccinello sopravvisse alla controversia e continuò a fare il coach a Chicago anche sotto il manager Eddie Stanky nel 1966. Nel 1967 Cuccinello fece parte dello staff del nuovo manager dei Tigers Mayo Smith, e all'inizio della stagione si prese in consegna Dick McAuliffe per aiutarlo ad effettuare il passaggio da shortstop a seconda base. Al momento Cuccinello disse a McAuliffe che doveva lavorare nel rallentare la velocità, e nel 1968 il lavoro sembrò dare i suoi frutti, quando il miglioramento difensivo di McAuliffe venne citato dal manager avversario Alvin Dark dei Cleveland Indians e dal coach dei Tigers Hal Naragon come uno dei fattori chiave del successo dei Tigers. Cuccinello vinse le sue prime e uniche World Series nel 1968, quando i Tigers sconfissero i St. Louis Cardinals in sette partite. Cuccinello lasciò i Tigers nel 1969 per riunirsi con Al Lopez, che allenò gli White Sox per 17 partite in quella stagione. Cuccinello poi si ritirò a Tampa, Florida, dove lavorò come scout per gli Yankees fino al suo ritiro definitivo dal baseball nel 1985. Cuccinello morì di insufficienza cardiaca il 21 settembre 1995, in un ospedale di Tampa.

1933 - Tony Cuccinello con la casacca della NL nell'All-Star Game

La formazione dell'All-Star della National League del 1933

In piedi: (da sinistra a destra) Charles 'Gabby' Hartnett (C), Jimmie Wilson (C), Frankie Frisch (2B), Carl Hubbell (P), Walker, Paul Waner (RF), Elwood 'Woody' English (3B), Hal Schumacher (P), Harold 'Pie' Traynor (3B), Andy Lotshaw (coach)

Seduti sulla panca: (da sinistra a destra) Bill 'Noodles' Hallahan (P), Dick Bartell (SS), Bill Terry (1B), Bill McKechnie (coach), John McGraw (Manager), Max Carey (OF), Charles 'Chick' Hafey (OF), Charles 'Chuck' Klein (LF), Francis 'Lefty' O'Doul (OF), Wally Berger (OF)

Seduti a terra: (da sinistra a destra) Hasbrook, John 'Pepper' Martin (3B), Lon Warneke (P), Tony Cuccinello (2B)

1936 - Tony Cuccinello con la casacca dei Braves

1945 - Tony Cuccinello con la casacca degli White Sox

 

Andre Thornton

Nickname : "Andy" o "Thunder"

Nato: 13 Agosto 1949 a Tuskegee, AL
Debutto: 28 Luglio 1973
Batte:
Destro / Tira: Destro

In una giornata fredda e umida a Boston nell'aprile del 1978, i Red Sox ospitarono i Cleveland Indians in un match di inizio stagione tra le due rivali dell'American League. Era troppo presto perchè la partita potesse avere una qualche incidenza sulla Eastern Division, in quanto le squadre erano ancora troppo ravvicinate in classifica con solo una manciata di game che separavano la testa dall'ultima in classifica. Ma questo giorno appartenne agli Indians, e in particolare al prima base Andre Thornton. Gli Indians stavano conducendo 13-1 nella parte superiore dell'ottavo inning, grazie a sei punti segnati nella loro frazione, quando Thornton andò al piatto. Non c'era pressione sullo slugger dei Tribe quando colpì un doppio sulla parete sinistra del Fenway Park. Questa valida coronò un grande giorno per Andre, che andò 4 su 5 e il doppio fu l'ultimo pezzo per completare il cycle. Thornton aveva colpito un singolo nel primo, un triplo nel secondo e un home run nel settimo inning. Era il sesto giocatore a compiere questa performance in 78 anni della storia degli Indians. Guardando indietro al suo atipico giorno, Thornton disse che la sua partita spiccò per un paio di motivi: "Per primo, colpire per il cycle è una cosa inusuale per qualsiasi giocatore, ma soprattutto per me perché non sono l'uomo più veloce del mondo. E in secondo luogo, ogni valida è stata battuta contro un lanciatore diverso di Boston [Allen Ripley, Bob Stanley, Jim Wright e Tom Burgmeier]". Andre Thornton nasce il 13 agosto 1949 a Tuskegee, Alabama. Uno dei sette figli (tre fratelli e tre sorelle) di Mr. e Mrs. Harold Thornton. Nel 1955 la famiglia Thornton si trasferì a Phoenixville, Pennsylvania, che si trova a 28 km a nord ovest di Philadelphia. Harold pensava che spostandosi a nord ci potesse essere più di una possibilità di provvedere alla sua famiglia e lasciarsi alle spalle il conflitto razziale in Alabama. Trovò lavoro come macchinista mentre la madre di Andre faceva le pulizie nelle case. Andre giocò a football, basket e baseball presso la High School di Phoenixville, ma aveva anche un amore per il nuoto. A partire dall'età di 12 anni, giocava per pochi dollari, fino a prenderne centinaia nel momento in cui andò al liceo. I Philadelphia Phillies offrirono a Thornton un provino al Connie Mack Stadium nel 1967. "Ho battuto contro [il pitching coach dei Phillies] Larry Shepherd e ho colpito un mucchio di palle fuori dal park", ricordava Thornton. Nonostante la sua dimostrazione di potenza, non venne selezionato nell'Amateur Draft del giugno 1967, ma ai Phillies era piaciuto quello che avevano visto del possente slugger destro. "Il giorno che ho firmato con i Phillies, lo scout [John Ogden] mi ha trovato nella sala da biliardo. Quando arrivò quel giorno, ero nel bel mezzo di una partita di nine-ball, e giocavo per un piatto di 300 $". Iniziò la sua ascesa alle major league a Huron, South Dakota nella Northern League. "Andare da Philadelphia a South Dakota è stato uno shock culturale", disse Thornton, "Non c'erano neri a Huron tranne che nella squadra di baseball. Ho vissuto in una casa con cinque giocatori. Abbiamo mangiato e dormito al piano interrato. Uno dei miei compagni di stanza era Toby Harrah". Thornton e Harrah furono gli unici giocatori di quella squadra che fecero la scalata con successo nelle major league, e più tardi divennero compagni di squadra a Cleveland. Dopo il suo primo anno nelle minor Thornton si arruolò nella Guardia Nazionale e fu di stanza a Fort Dix nel New Jersey. Fu nell'esercito, che Thornton si avvicinò alla religione. "L'esercito è dove ho trovato Cristo", disse Thornton, "Avevo provato il baseball. Avevo provato la strada. Guardavo il risultato delle uccisioni insensate in corso nel Vietnam. Ti dicono di lavorare sodo e avrai un pezzo di American Pie. Ti dicono che le cose sono eque. Beh, io sono cresciuto sapendo che niente di tutto ciò era vero. La realtà era un luogo freddo. Più volte ero stato negli abissi della disperazione. Niente di tutto ciò aveva un senso". Thornton sposò Gertrude Thomas nel mese di ottobre 1970. La coppia ebbe due figli, Andre Jr. e Theresa. Thornton passò i successivi sei anni nelle minor, durante i quali venne ceduto da Philadelphia ad Atlanta. Anche se stava cominciando a mostrare un po' di potenza con 60 homers nel corso delle stagioni 1971 e 1972, i Braves lo scambiarono con i Cubs per Joe Pepitone. Fu chiamato nel North Side, e fece il suo debutto nelle major league il 28 luglio del 1973, contro i Cardinals. Giocò con moderazione negli ultimi due mesi della stagione, ma non tornò mai più nelle minor. Il manager dei Cubs Jim Marshall era felice del gioco della sua giovane prima base. "Ha fatto molta strada in questa sola stagione (1974) e deve ancora raggiungere il suo potenziale", disse Marshall, "Ha intenzione di essere un battitore ancora migliore. Ma non so quanto meglio potrà fare in campo. In questo momento, è un difensore straordinario". Soprannominato "Thunder" per le sue potenti esplosioni, Thornton fu nominato National League Player nel mese di settembre del 1975 quando colpì .321 e spazzolò otto fuoricampo dei suoi 18 come leader del team. Andre realizzò 60 RBI e colpì 21 doppi quell'anno. Con Bill Madlock che sostituì Ron Santo in terza base e Thornton in prima, i Cubs avevano stabilito che loro sarebbero stati le due posizioni d'angolo per gli anni a venire. Ma questa idea fu prontamente cancellata quando Thornton venne scambiato con Montreal il 17 maggio 1976. I Cubs ricevettero in cambio il lanciatore Steve Renko e il prima base-outfielder Larry Bittner. Thornton ebbe un inizio lento e infine perse il suo posto nella formazione di partenza. In combinazione con il bisogno di Chicago di avere un lanciatore partente, il front office effettuò la trade. Thornton fu scambiato più tardi nel corso dell'anno quando gli Expos lo mandarono il 10 dicembre a Cleveland per il pitcher Jackie Brown. Gli Indians stavano cercando di assicurarsi una prima base, per sostituire Boog Powell che stava invecchiando ed era acciaccato da un vecchio infortunio. Alla fine, Powell fu scambiato e Thornton divenne il prima base titolare. "Lo considero una vera e propria grande aggiunta al nostro team. E' un buon giocatore e, potenzialmente, un uomo da 25 homer", disse il General Manager degli Indians Phil Seghi, "E' ancora un uomo giovane, un battitore destro di cui abbiamo bisogno e un giocatore con un guanto molto buono". La valutazione di Seghi si dimostrò esatta quando Thornton si trasformò nel battitore destro di potenza che i Tribe desideravano. Nel corso delle successive tre stagioni (1977-1979), realizzò 87 homers e 268 RBI. Venne pubblicizzato come il primo minaccioso battitore di palle lunghe degli Indiani da Rocky Colavito. Forse il motivo per il confronto era che "The Rock" era l'hitting coach degli Indians quando Thornton si unì al team. "Rocky fu davvero il mio primo, vero istruttore di battuta. Era un ragazzo con cui ho legato subito. Ci siamo rispettati l'un l'altro. Non abbiamo mai detto molto altro da allora a parte il fatto che mi ricordava le cose da fare per avere successo. E' una di quelle persone a cui devo molto", disse Thornton. O come disse Carl Yastrzemski dei Boston su Thornton: "Ha sempre avuto una grande potenza. Ora sta colpendo la palla forte per tutto il tempo, anche se va out". Ma non fu solo con la potenza di battuta con cui Thornton contribuì alla squadra. Nello stesso triennio, commise appena 20 errori in prima base, con una media percentuale in difesa di .995. Dimostrò di essere un difensore eccellente, mostrando maggiore prontezza e migliori mani rispetto a quello che aveva pensato il front office di Cleveland. "Andy è veramente impressionante", disse lo skipper dei Tribe Jeff Torborg, "Più lo si guarda, e più è un ottimo prima base". Il 17 ottobre 1977, la tragedia colpì duramente la famiglia Thornton. Andre, Gertrude e i loro due figli erano in viaggio verso West Chester, Pennsylvania, per un matrimonio, quando una tempesta di neve improvvisa e un forte vento spinse il furgone della famiglia dall'altra parte della strada ghiacciata e si capovolse in un fosso sulla Pennsylvania Turnpike. Theresa dormiva tra le braccia di sua madre sul sedile anteriore, mentre Andre Jr. era nel sedile posteriore. All'ospedale Andre apprese che Gertrude e Theresa avevano perso la vita, mentre Andre Jr. era sopravvissuto allo schianto. "E' stato allora che ho sentito veramente la potenza di Dio", ricordò Thornton, "Sentivo che mi diceva: 'Io non ti lascerò né ti abbandonerò'. Dissi a mio figlio che eravamo rimasti solo noi due, ma io non so se avesse capito perché era così giovane". Sei anni più tardi, Thornton scrisse della sua fede in Dio e delle sfide che aveva dovuto affrontare in seguito all'incidente mortale. Il libro Triumph Born of Tragedy fu un best seller a Cleveland. Anche se molti libri delle stelle di baseball sono in cima alle classifiche di vendita a causa dei gossip e dei particolari piccanti che si possono leggere, il libro di Thornton cita a malapena il baseball, scegliendo invece di concentrarsi sulle sue convinzioni religiose. Thornton riorientò la sua attenzione al baseball nel 1978 e il suo nome costellò il tabellone dei primi in classifica nella American League. Finì quarto nei fuoricampo (33), punti segnati (97), basi su ball (93) e RBI (97). Il lanciatore dei Baltimore Jim Palmer aveva rivelato la strategia che lui e molti altri lanciatori di tutta la league adottavano di fronte a Thornton: "Quando mi trovo di fronte Cleveland, voglio solo essere in grado di lanciare intorno a Thornton, perchè può essere lui a trasformare la mia vittoria per 1-0 in una sconfitta per 2-1". Thornton si risposò dopo la stagione con Gail Ellen Jones di Chicago. Andre la conobbe tramite suo padre il Dr. Howard Jones, un colaboratore evangelista della Billy Graham Evangelist Association. Ebbero due figli Dean e Jonathon. Nei due anni successivi Thornton giocò molto poco. Dopo essersi infortunato al ginocchio destro durante una partita nello spring training nel 1980, venne sottoposto ad un intervento chirurgico, ma non guarì correttamente. Il front office non credeva che stesse spingendo per tornare a giocare e quando disse loro che il ginocchio non era guarito non lo rimisero nel roster. Si scoprì poi che fu necessario intervenire con una seconda operazione chirurgica per rimuovere la cartilagine danneggiata, ma la stagione di Andre era persa. L'anno successivo fu caratterizzato da un lungo sciopero dei giocatori, con la conseguente cancellazione di 713 partite, il 38% del calendario della major league. Anche quell'anno, Thornton subì un infortunio alla mano da una palla lanciata nello spring training, che fece ulteriormente deragliare il suo tentativo di rimonta. Quando fece ritorno in squadra, il suo ruolo era cambiato in quello di battitore designato. Cleveland aveva preso Mike Hargrove dai San Diego Padres per l'outfielder Paul Dade nel 1979. Hargrove era caduto in disgrazia, prima in Texas e poi a San Diego. L'ex vincitore del Rookie of the Year rivitalizzò la sua carriera a Cleveland, assumendo la funzione di prima base nel 1980 dopo che Thornton si era infortunato. Anche se Hargrove fu un buon difensore e un battitore migliore della media, mancava agli Indians la potenza di Thornton. Ma come era risuscitato dalle avversità personali, Thunder fece lo stesso sul diamante nel 1982. Colpì 32 homers, 116 RBI, e ottenne 109 basi su ball, abbastanza bene per classificarsi terzo nell'American League in RBI e basi su ball. Fu chiamato al suo primo All-Star Game a Montreal, e alla fine della stagione Thornton venne nominato Comeback Player of the Year dal The Sporting News. "Tutto quello che serviva era la mia salute", disse Thornton, "Se io rimanevo sano, sapevo che avrei potuto produrre. Basta controllare il mio record. Se non mi faccio male, posso mettere su alcuni buoni numeri. Per me, questa stagione è stata gratificante, ma certamente non mi ha scioccato". Seghi concordò: "So che Thornton è stato un po' ferito. Ma ogni infortunio è stato grave - le ossa rotte, problemi al ginocchio. L'uomo vuole giocare. Quando può, lui è uno dei migliori battitori di potenza del gioco". Dopo la sua potenza crollò un po' nel 1983. I 33 fuoricampo battuti da Thornton nel 1984 furono il massimo per un DH, e venne premiato da The Sporting News con l'American League Silver Slugger Team. Fece la sua seconda apparizione nel Midsummer Classic, raccogliendo una valida nel terzo inning al Candlestick Park. Come molti giocatori che avevano speso la maggior parte delle loro giornate giocando a Cleveland dal 1960 fino agli anni '80, la post season era solo un sogno. La realtà era più inquietante, giocando per pochi tifosi nel cavernoso Cleveland Stadium. Negli 11 anni che Andre indossò la divisa degli Indians, la squadra era finita oltre .500 solo tre volte, e due di queste furono per una singola partita. Il suo tempo in campo continuò a diminuire nella metà degli anni '80 e alla fine della stagione 1987 Thornton si ritirò. Con i suoi 214 home runs si classificò quarto nella storia di Cleveland. "I numeri non sono ciò che mi ricordo. Ho già dimenticato alcune delle cose che sono accadute sul campo. Quello che ricordo di più sono le amicizie. Questo è quello che conta per me". In pensione, Thornton continuò a gestire una catena di ristoranti Applebee's così come la propria società di marketing sportivo. Anche attualmente (fine 2011) è amministratore delegato e presidente della ASW Global, una catena di distribuzione con sede a Mogadore, in Ohio. E' anche molto richiesto per parlare in pubblico per le chiese e varie organizzazioni. Nel 2007 venne nominato nella Cleveland Indians Hall of Fame. "Per aver trascorso 11 anni con gli Indians e realizzare un record che la gente pensa sia degno della loro Hall of Fame .... sto solo umiliandola". Cinque settimane dopo l'incidente mortale nel 1977, Jeff Torborg (manager degli Indians) era in casa. Era il momento del Thanksgiving, e pensava a quello che Andre Thornton stava passando. "Era nella nostra mente continuamente, così ho detto a mia moglie che stavo per chiamare Andy, sperando forse che avrei potuto tirarlo su un po' di morale. Abbiamo parlato al telefono per 30 minuti, penso di aver parlato un minuto. Andy ha parlato per gli altri 29 e mi ha incoraggiato!". Andre Thornton è stato un battitore di potenza, un forte difensore sul diamante. Ma fu la sua forza interiore che gli permise di superare la tragedia personale della sua vita. Fu da questo coraggio che la famiglia, gli amici e i compagni di squadra trovarono la forza per plasmare la propria vita.

Andre Thornton con la casacca dei Cubs

Andre Thornton con la casacca degli Indians

 

José Tartabull

Jose Milages (Guzman) Tartabull

Nato: 27 Novembre 1938 a Cienfuegos, Cuba
Debutto: 10 Aprile 1962
Batte:
Sinistro / Tira: Sinistro

Jose Tartabull fu l'ottava trade di Boston dopo la fine della stagione 1965. Nel 1964, il manager Billy Herman aveva promesso: "Se mai continuerò ad essere il manager di questa squadra e avessimo una squadra perdente, vi prometto una cosa: Perderemo con facce nuove". Herman mantenne la sua promessa, quando i Red Sox occuparono l'ultimo posto nell'American League il 15 giugno 1966, nonostante le precedenti operazioni che avevano manipolato il roster, scambiando i giocatori: Dick Radatz a Cleveland, Bill Monbouquette a Detroit, e Lee Thomas ad Atlanta - e portato Lee Stange, George Smith e Eddie Kasko insieme ad altri sette players nel tentativo di migliorare il pitching, la battuta e aggiungere velocità. I Red Sox avevano così radicalmente cambiato il loro roster che quando il proprietario Tom Yawkey partecipò alla sua prima partita della stagione, il 15 giugno, c'erano 16 giocatori che non aveva mai visto prima. Nell'ottava trade vennero scambiati i pitchers Ken Sanders e Guido Grilli e l'esterno Jim Gosger ai Kansas City Athletics per i lanciatori Rollie Sheldon e John Wyatt. Poi venne aggiunto Jose Tartabull per portare a Boston un giocatore conosciuto per la velocità, pinch hitting e ladro di basi, carenze patite da Boston. Tartabull è stato uno dei più veloci corridori della league, ma durante le tre stagioni trascorse a Boston, giocò all'ombra di Carl Yastrzemski, Tony Conigliaro e Reggie Smith. Ci si sarebbe ricordato di lui nel New England per un tiro a casa base in una partita cruciale durante la gara di fine stagione per il pennant del 1967. Jose Milages Tartabull Guzman nasce il 27 novembre 1938, a Cienfuegos, Las Villas, Cuba. Egli eccelleva nell'atletica e baseball durante i suoi anni scolastici e frequentò La Universidad de San Lorenzo. "Ho provato tutti gli altri sport", disse in un'intervista al Boston Globe nel 1967, "calcio, pallacanestro, atletica. Non mi importava davvero troppo. I bambini a Cienfuegos utilizzano per realizzare i loro guanti due pezzi di cuoio, del filo e una corda, e fasciano per battere vecchie palle da baseball con del nastro adesivo. Avevamo le unghie spezzate per tenere insieme le mazze rotte". Tartabull aveva anche ricordato come lui e i suoi amici erano soliti aspettare fuori dal ballpark durante le partite della winter league in cerca di palle sporche che venivano colpite fuori dallo stadio quando molte delle squadre di major league venivano a Cuba per le partite di esibizione. "Voi portate la palla indietro", ci dicevano, "e vi lasciamo entrare per niente". Fu ispirato guardando le squadre della Major League. Willie Mays era il suo giocatore preferito e gli Yankees erano la sua squadra del cuore, ma ammirava anche i Chicago White Sox, perché Minnie Minoso, un giocatore popolare tra gli appassionati del baseball cubano, stava giocando per loro in quel momento. La sua prima apparizione fu con il team Regina di Saskatchewan, una squadra semipro nel Canada occidentale, nel 1957, dopo che gli scout americani avevano viaggiato per tutta Cuba e avevano offerto ai giocatori talentuosi la possibilità di giocare fuori dall'isola. Nel 1958, firmò un contratto da pro con lo scout dei Giants, Alex Pompez, e giocò con l'Hastings Club nella Nebraska State League e con Michigan City nella Midwest League dove continuò a migliorare. Tornò a Michigan City nel 1959, dove giocò all'esterno e fu leader della league in fielding, putouts, assist e doppi giochi. Continuò i suoi successi nelle Minor League nel 1960 con Eugene dei Giants, Oregon, un club della Classe B nella Northwest League, dove battè .344. Nel 1961, mentre era con il club Victoria del singolo A nella Texas League, fu leader della league nei punti segnati, tripli e basi rubate e venne chiamato nello All-Star team della League. Durante quel tempo, Tartabull dovette fare una scelta che avrebbe cambiato la sua vita - giocare negli Stati Uniti o tornare a Cuba - una decisione che molti giocatori cubani dovettero affrontare quando Fidel Castro annullò la stagione della winter league cubana nel 1961. La città natale di José, Cienfuegos, era una cittadina rurale di zuccherifici. Suo padre lavorava per il governo ed era dalla parte sbagliata della rivoluzione, quando Castro prese il potere. La sua famiglia e quella della moglie Maria - il padre possedeva una fabbrica di zucchero - furono entrambi colpiti dal cambiamento di regime. Le loro famiglie erano benestanti - il padre José era un professore universitario, suo nonno, un giudice - e lasciare Cuba e possibilmente non rivederli più era uno straziante dilemma. "Parlavamo alla famiglia il più spesso possibile. Sapevamo quale era la situazione. Continuavamo a pregare che si aprisse. Ma continuare a parlare per telefono ai genitori, ai fratelli e alle sorelle che non avrei rivisto per più di 30 anni fu straziante", disse Tartabull in un'intervista con Peter Gammons nel 1992. "Ero un giocatore di baseball, che era quello che avevo fatto tutta la mia vita, quindi non avevo altra scelta. Naturalmente, chi avrebbe mai pensato nel 1961 che non saremmo ritornati o avremmo visto le nostre famiglie?". Con cinque anni di semipro ed esperienza nella minor league, Tartabull, descritto come uno "sconosciuto esterno", non rientrava in un posto di rilievo nei piani dei Giants per il 1962, e perciò fu scambiato con i Kansas City. Alla spring training degli Athletics nel 1962, Tartabull, battendo e tirando da mancino, dimostrò che avrebbe potuto fare un buon lavoro difensivo nel campo esterno, anche se non aveva mostrato molta potenza. Ma lui aveva velocità, poteva guadagnare molto terreno dopo che la palla era sta battuta, e il suo impressionante anno nella Texas League era una prova sufficiente di un promettente futuro, secondo il pensiero del manager degli A's Hank Bauer. Tartabull gareggiò per una posizione all'esterno con Gino Cimoli, Bobby Del Greco, Manny Jimenez e Bill Lajoie, e quando Bauer completò il roster per la stagione 1962, Jose Tartabull era all'esterno centro. Giocò la sua prima partita il 10 aprile entrando come sostituto del titolare, ottenne il suo primo start il giorno successivo (andando 0-4 contro l'ace dei Minnesota, Camilo Pasqual), e realizzò la sua prima valida il 12 aprile, un singolo contro il pitcher dei Twins, Joe Bonikowski. Nella stagione 1962, Jose iniziò 67 partite all'esterno centro, apparve in 107 partite, con 310 at-bat e una media battuta di .277. Nei nove anni di carriera Jose, colpì solo due fuoricampo, contro Barry Latman al Cleveland Stadium nel 1963, e Phil Ortega dei Senators al Municipal Stadium di Kansas City nel 1965. "La gente si chiede perché non abbia colpito fuoricampo, dico loro perché", aveva spiegato Phil Elderkin del Christian Science Monitor nel 1968. Descrisse come Jose girasse la mazza con uno swing corto, mentre per tutto il tempo cercava buchi nella difesa. "Schiaffava la palla. Colpiva sia line drives tra gli esterni o colpiva alti chopper". Mentre gli esterni prendevano la palla, egli disse, che Jose avrebbe attraversato la prima base. Bauer era ottimista sul fatto che gli Athletics avrebbero potuto migliorare le loro prestazioni nel 1961 e aveva la percezione di finire con buone probabilità più in alto del sesto posto. Kansas City chiuse al nono posto. Tartabull si ritagliò un ruolo di esterno di riserva e pinch-runner per gli A's, giocando prevalentemente alla sinistra e al centro. Nel 1964, ad esempio, giocò 104 partite, ma battè solo 100 volte. Nel momento in cui entrò a far parte dell'ottava trade di Boston dopo la fine della stagione 1965, Tartabull si era affermato come un importante protagonista della Major League. Nel frattempo, i Red Sox stavano annaspando da una trasferta in cui avevano realizzato un record negativo di 2-6 dal 7 al 14 giugno del 1966, in vista di un incubo senza fine. La squadra tornò a Boston, dove avrebbe mostrato i giocatori di recente acquisizione in una partita con Detroit e iniziare 17 partite in casa. Speravano di essere una squadra migliore di quella che aveva lasciato la città il 6 giugno. Il manager Billy Herman aveva commentato: "Quando stai così male come noi, i cambiamenti sono necessari". Detroit martellò i Sox, 11-7, il 15 giugno, e di nuovo il giorno successivo, 16-4. La prima azione di Tartabull fu in quest'ultima partita, quando come pinch hitter colpì in groundout contro Denny McLain. Mentre i Red Sox languivano vicino al fondo della classifica dell'American League, il passaggio da Kansas City a Boston fu un vantaggio per la carriera di Tartabull. Quando aveva lasciato gli A's, la sua media era pari a .236, ma per i Red Sox colpì .277. Inoltre condusse il club con 11 basi rubate, mentre la squadra nel suo complesso ne aveva realizzate solo 35. Quando non condivideva la posizione all'esterno centro con Don Demeter, veniva utilizzato come pinch hitter, realizzando alcune impressionanti battute nei momenti cruciali e assicurandosi un posto per se stesso nello spring training dell'anno successivo. Convinto sostenitore nel mantenere le proprie abilità con un lavoro nell'off season, giocò per Caracas nella Venezuelan League durante l'inverno del 1966-67, insieme a Bert Campaneris, Luis Tiant, Diego Segui e Orlando Pena. "Tutto questo star seduti, però, non va bene per un giocatore di baseball", aveva detto a Phil Elderkin, giornalista sportivo del Christian Science Monitor. Odiava stare seduto sulla panchina, perchè lo arrugginiva, e tirava nel tempo in cui non era nel lineup titolare. Giocò nella winter league per mantenere le sue abilità, in modo che quando iniziava lo spring training, sarebbe stato pronto prima di chiunque altro. Con il 1966 alle spalle - un altro anno da dimenticare - i Red Sox aprirono lo spring training nel 1967 con un nuovo manager, Dick Williams, e un atteggiamento nettamente diverso. Severi coprifuoco, sveglia telefonica e rigorosi allenamenti e più regime. Il manager Williams indossò l'attrezzatura dell'arbitro per la prima partita tra di loro a Winter Haven, Florida. Reggie Smith, George Thomas e Tartabull colpirono dei fuoricampo. La squadra cominciò presto una trasformazione. C'era molto lavoro da fare per cambiare un po' di giocatori con una storia come sfortunati perdenti, e alcune giovani stelle, in una squadra di giocatori disciplinati. Tartabull godette di una notevole preseason, ed era destinato a continuare il suo ruolo di riserva in ogni posizione degli esterni. Era un club giovane, con molti giocatori sotto i 25 anni. Tartabull era uno dei giocatori più anziani con i suoi 28 anni. Anche se aveva lavorato duramente sulla sua difesa e battuta, ed era ancora benedetto dalla sua eccezionale velocità, fu deciso che Reggie Smith avrebbe occupato l'esterno centro, e non c'era alcuna possibilità di deporre Tony Conigliaro o Carl Yastrzemski dalle loro posizioni a destra e a sinistra. Tartabull si concentrò a fornire un solido pinch hitter e giocare da esterno riserva, situazione in cui si sarebbe in ultima analisi trovato frequentemente. Quando Mike Andrews ebbe un problema alla schiena nello spring training, Williams decise di passarlo temporaneamente in seconda base, dando a Tartabull l'opportunità di giocare all'esterno centro al termine della formazione primaverile e per quattro delle prime cinque partite della stagione. Tartabull afferrò l'opportunità, correndo alla massima velocità, e come Larry Claflin riportò nel The Sporting News: "arrivando in base così spesso e segnando tanti punti che sembrava stesse sempre scivolando sul piatto di casa base in una nuvola di polvere". Tartabull fu definito la più grande sorpresa di tutti i giocatori dello spring training, e aveva avuto ragione del suo tempo trascorso nella winter league. "Io non pensavo che fosse un buon giocatore come ci ha dimostrato", dichiarò Dick Williams, "Jose è un giocatore molto meglio ora di quanto non fosse due o tre anni fa. Ha un scatto favoloso. Ogni volta che ha giocato in una partita ha fatto qualcosa". L'opening day al Fenway Park, l'11 aprile 1967, venne posticipato a causa dei 40 gradi di temperatura e per i forti venti. Il 12 aprile fu solo marginalmente migliore, ma la partita venne giocata davanti a poco più di 8000 spettatori. I fans furono premiati con una vittoria, 5-4, sui Chicago White Sox. Tartabull iniziò all'esterno centro. Come leadoff, realizzò un unico infield nella sesta ripresa, rubò la seconda, e poi segnò quello che si rivelò il punto vincente su un errore di tiro dello shortstop dei Chicago Ron Hansen. "Ecco perché mi piace giocare leadoff per i Red Sox", disse a Phil Elderkin, "Nessuno davanti a me, io rubo. Non posso correre quando voglio. Segno giusto dopo che mi hanno dato il segnale. Ma per tutto il tempo io studio il lanciatore. Alcuni pitchers lanciano lenti al piatto. Io vado quando la loro spalla di lancio comincia ad abbassarsi. Guardo i piedi e le mani che mi dicono le cose. Gioco ogni giorno, rubo facile 25 volte in un anno". Anche se non aveva un posto definito nel lineup, sostituì Conigliaro quando questi subì una micofrattura alla spalla in seguito ad un lancio di John Wyatt prima di una partita contro i Tigers durante lo spring training, giocò al centro quando Reggie Smith venne spostato in seconda a sostuire Mike Andrews sofferente di spasmi muscolari, e arrivò dalla panchina per fornire un battuta topica il 29 aprile, in una partita contro Kansas City. Il gioco era in parità, 9-9, per entrare nel 15° inning, ma gli A's passarono in vantaggio con un punto nella parte alta dell'inning. I Red Sox poi caricarono le basi, e Williams mandò Tartabull al piatto come pinch hitter per Mike Andrews. Jose colpì un singolo al centro, facendo segnare Conigliaro e Scott. L'intero dugout dei Red Sox si riversò sul campo per congratularsi con lui. Non solo si trattava della fine di una drammatica prolungata partita, ma la vittoria metteva i Red Sox al primo posto ex-aequo nell'American League, un risultato che il team non assaporava dal 1963. Tartabull ricordò che andò al piatto ipotizzando quello che avrebbe dovuto fare. "Tutti nel baseball sanno che sono un battitore di palla alta. Anche il pitcher Jack Aker lo sapeva. Mentre andavo al piatto, mi sono detto che Aker non avrebbe lanciato una palla alta ... così ho iniziato a cercare una palla bassa da colpire, ed è quello che ho fatto". Il 14 maggio, Boston occupava il suo posto più familiare a tre partite dall'ultimo posto - 6 partite dalla prima. Tartabull continuò come pinch hitter e pinch runner e forniva il cambio agli esterni. Era il tipo di ragazzo ottimista, e non mostrò alcun dispiacere per il suo ruolo di consumato utility player. Spesso lo sentivano cantare nella clubhouse, accompagnandosi con il suo set di tamburi bongo, una fonte di atteggiamento positivo, uno degli elementi fondamentali dell'Impossible Dream Team. Il roster fu mischiato di frequente per mantenere i Red Sox in corsa per il pennant dell'American League, con il management dei Sox che continuò a fare scambi per tutta l'estate, e il 3 agosto, Tartabull venne mandato nelle minor league a Pittsfield. Due settimane più tardi, tornò nel lineup, quando Bob Tillman venne ceduto agli Yankees e Russ Gibson fu fatto scendere a Pittsfield. "Un esterno di riserva - un uomo che può giocare come sostituto al centro e a destra e che batte .275 - è molto richiesto", scrisse Tom Monahan nel Boston Herald-Traveler il 16 agosto. Appena due giorni dopo, Tony Conigliaro perse il resto della stagione dopo essere stato colpito in faccia da un lancio di Jack Hamilton dei California Angels. Tartabull sostituì Conigliaro dopo l'infortunio e giocò per la maggior parte del tempo all'esterno destro per le successive 10 partite. Il 28 agosto, Ken Harrelson firmò un contratto da free agent con i Red Sox dopo il suo rilascio dagli Athletics. Tartabull tornò al suo ruolo familiare di esterno di riserva, ma non prima di aver fornito un po' di memorabile eroismo per la corsa al pennant della sua leggendaria squadra. Fuoricampi, doppi giochi, e il memorabile dramma che ci si aspettava da giocatori come Yastrzemski o Conigliaro, ma il gioco che molti considerano il momento che firmò la stagione arrivò da una fonte improbabile: Jose Tartabull. Prima di iniziare le partite di domenica 27 agosto, i Red Sox erano avanti di una partita sui Minnesota, Chicago e Detroit. Nel doubleheader contro gli White Sox al Comiskey Park, Boston era avanti nella prima partita, 4-3, nella parte bassa del nono inning. Con un out, Ken Berry dei Chicago era in terza pronto a segnare il punto del pareggio. Duane Josephson, andò a battere per Hoyt Wilhelm, e colpì un soffice line drive sul campo a destra contro il pitcher appena entrato John Wyatt. Jose Tartabull, con un braccio di tiro notoriamente debole, caricò prese la palla al volo e sparò a casa base una linea ma alta. Il catcher Elston Howard saltò per raggiungere la palla, e tenne il piede davanti al piatto di casa toccando Berry ed eliminandolo. Partita finita. Boston prese brevemente di nuovo il primo posto nella corsa al pennant, ma scese al secondo posto dopo aver perso la seconda partita del doubleheader. "Se faccio un buon tiro e tengo la palla bassa, sento di eliminarlo", disse Tartabull, "Poi vedo il tiro che va alto e mi dico, 'oh oh'. Poi guardo il catcher che salta per prenderla e quando vedo l'arbitro che lo chiama out dico 'bravo'. Ho preso la palla nella trappola del guanto e non ho avuto la possibilità di mirare il tiro". Il tiro di Tartabull, un gioco fondamentale in una partita critica, uno dei tre soli assist che fece in quella stagione, entrò a far parte della tradizione dei Red Sox ed è stato il suo primario contributo all'Impossible Dream. Il tiro ispirò i tifosi e galvanizzò i Red Sox. Williams capì che Tartabull aveva salvato il suo posto nel roster team. Nel 2001, quando Steve Buckley del Boston Herald classificò i 100 momenti più significativi della storia dei Red Sox, il tiro di Tartabull si piazzò al numero 59. Quattro squadre si batterono per tutto settembre per il pennant dell'American League. Tartabull condivise il campo a destra con Harrelson, che andò in slump dopo essere entrato nel club, ed entrò come pinch runner al suo posto durante la grande rimonta del sesto inning dell'ultimo giorno, ed era in difesa per gli ultimi tre inning, quando i Red Sox conquistarono il primo posto per vincere il pennant. Quando Rico Petrocelli prese il pop fly di Rich Rollins per terminare la partita, il caos scoppiò nel momento in cui i tifosi sciamarono sul campo. "Ho sfilato il guanto e l'ho buttato in aria", ricordava Tartabull, "L'ho raggiunto e afferrato prima che chiunque altro lo potesse prendere, e poi l'ho tenuto stretto. Mi ci sono voluti quindici minuti per uscire". C'era dappertutto il caos, come pure nella clubhouse. Jose somministrò docce di champagne e di birra a Jim Lonborg e Reggie Smith. Poi prese una manciata di crema da barba e dipinse ad arte il volto di Carl Yastrzemski e Yaz si mise in posa solenne, circondato dai compagni di squadra impazziti. Questi erano i giocatori che erano stati dati 100 a 1 all'inizio della stagione nella corsa al pennant. Un team descritto come un gruppo di playboy, "Baby Bombers", rookie, "Cardiac Kids", disadattati e reietti, erano in realtà una squadra formata da giocatori che avevano tutti, una volta o un'altra, fatto una valida, una giocata, una salvezza o un tiro che avevano sostenuto la squadra nel cammino verso la conquista del pennant. L'anno 1967 fu un momento straordinario per Jose Tartabull e la sua famiglia, che avevano trascorso l'estate condividendo una casa su Cypress Street a Brookline, Massachusetts, con Jose Santiago e la sua famiglia. C'era un parco vicino dove Tartabull era stato visto spesso tirare il toss a suo figlio Danny, di quasi 5 anni, e destinato a diventare un giocatore della Major League. Anche se la sua controparte nel campo a destra, Ken Harrelson, aveva firmato per un salario di 75000 $, Tartabull ne stava prendendo 7000, ed era stato per sei anni forzatamente lontano dalla sua patria e dalla famiglia, mantenendo una residenza invernale in Florida, e tenendo precariamente il suo lavoro in assenza di Conigliaro. Nonostante tutto questa pensava: "E' una buona vita". Boston trovò di fronte in una dura World Series i St. Louis, e gli analisti delle scommesse offrirono loro un po' di incoraggiamento. In Gara 1, il 4 ottobre, Tartabull entrò come pinch runner nell'ottavo e giocò un inning all'esterno destro. Le successive tre partite, fu titolare a destra e leadoff. Dopo due partite senza valide, realizzò due singoli contro Bob Gibson in Gara 4, due delle cinque valide che i Red Sox misero in campo nella sconfitta per 5-0. Harrelson tornò all'esterno destro per il resto della serie, con Tartabull in difesa nelle Gare 5 e 6, e battè come pinch hitter contro Gibson in Gara 7. Jose giocò in tutte le sette partite, colpendo due singoli in 13 at-bat. Jose Tartabull rimase con Boston per la stagione 1968, apparendo in 72 partite. Nonostante la sua media battuta di .281, non era nel roster della major league, quando i Red Sox iniziarono la stagione 1969. "Non avevano ragione di fare ciò", disse in un'intervista nel settembre del 1969, "Ho colpito .281 l'anno precedente. Non ho idea del perché lo hanno fatto. Ho pensato che stavo facendo un ottimo lavoro". Il 7 maggio 1969, mentre giocava per Louisville, fu acquistato dagli Oakland Athletics, tornando al club che aveva lasciato tre anni prima, anche se in una città diversa. Fu messo a lavorare come pinch hitter, giocò all'esterno sinistro e centro. Apparve in 75 partite con Oakland nel 1969, e in sole 24 partite nel 1970, e poi continuò a giocare due stagioni con le squadre delle minor league. Così Jose concluse la carriera in Major League. Tartabull continuò nel baseball come allenatore nelle minor league. Fu il manager della classe A di Sarasota, una squadra della farm degli Houston Astros, nella Florida State League. Nel 1984, disse a Neil Singelais del Boston Globe: "Sono tutto qui a Sarasota", ridendo, "Io sono il manager, coach e hitting coach, questo non è la big league, sai". Seguì anche suo figlio Danny, nella sua ascesa in major league. Battitore destro per Seattle, Kansas City, New York e Chicago, nonché un breve periodo con Philadelphia, Danny colpì molti fuoricampo durante il suo anno di debutto (2), quanti suo padre ne aveva battuti in tutta la sua carriera. Il fratello minore di Danny, Jose Jr., fu un outfielder nelle minor dei Mariners nei campionati 1986-89. Jose Tartabull assicurò un posto nella storia ai Red Sox con il suo tiro dall'esterno destro il 27 agosto 1967, conservando il vantaggio di una vittoria contro gli White Sox per il balzo al pennant. "Se mi capita di incontrare qualcuno di Boston oggi", disse a Peter Gammons nel 1992, "dice di solito, 'mi ricordo il tiro'. E 'bello, 25 anni dopo, essere ricordati a Boston. Quando qualcuno ricorda in modo affettuoso quello che ho fatto a Boston, quando vedo quello che Danny ha fatto per il nome Tartabull, mi rendo conto che la decisione che ho preso nel 1961 (di rimanere a giocare negli Stati Uniti) è stata quella giusta. Ma tutto quello per cui prego è che tutte le nostre famiglie possano presto essere riunite e vedere ciò che l'America ha significato per i Tartabulls".

Le baseball cards di Jose Tartabull con le tre squadre di Major League in cui ha militato

 

Jim Brosnan

James Patrick Brosnan

Nickname : "Jim", "Meat" o "Professor"

Nato: 24 Ottobre 1929 a Cincinnati, OH
Debutto: 15 Aprile 1954
Batte:
Destro / Tira: Destro

Buon lanciatore della Major League per diversi anni, Jim Brosnan scrisse il primo onesto ritratto della vita di un giocatore di baseball. The Long Season e le opere successive si sono guadagnate gli elogi e continuano da allora. I suoi scritti hanno aperto la strada alle molte "autobiografie" di altri giocatori, di solito scritti con considerevoli aiuti, e riempiti con più cattivo gusto, ma meno humor e cuore. Cinquant'anni dopo, i libri di Brosnan rimangono lo standard di riferimento per le memorie del baseball. James Patrick Brosnan nacque a Cincinnati, Ohio, il 24 ottobre 1929, uno dei cinque figli di John e Rose Brosnan. John lavorava come tornitore per la Cincinnati Milling Company, mentre Rose era insegnante di pianoforte e infermiera. La coppia fu responsabile di instillare tanti vari interessi nella famiglia. "Mia madre portava i bambini alla musica", ricordava in seguito Brosnan, "Mio padre era completamente incline al baseball. Quando avevo sei o sette anni, mi piaceva andare ogni settimana in biblioteca a prendere i libri che mia madre mi leggeva. Mio padre mi dava dei libri di sport e mi diceva: Non leggere quella robaccia - leggi questo". L'intelligenza e la sete di conoscenza di Brosnan fu ben presto evidente. Musicalmente, aveva iniziato a suonare il trombone, ma passò al pianoforte e imparò a suonare complicati pezzi classici. Saltò la prima elementare, e poi studiò per sette anni latino. "Avevo gusti eclettici", ricordava Jim, "Ho particolarmente apprezzato la lettura di Joseph Altschuler, storico per bambini che aveva scritto diversi romanzi sugli indiani d'America ... Le mie ambizioni come bambino erano quelle di scrivere un libro o di diventare medico, o qualcosa di simile, e lontanamente, forse un giocatore di major league". L'appartenenza alla Knothole Gang di Cincinnati (La Knothole Gang è una promozione utilizzata da molte delle squadre delle minor league e consiste in un pacchetto speciale di biglietti per i bambini - di solito con età sotto i 12-14 anni - nel tentativo di portare più famiglie alle partite) gli permise di vedere molte partite dei Reds al Crosley Field, e giocò anche molto a baseball. Brosnan era alto 1.85 e molto magro, troppo gracile per il football alla high school, ma abbastanza forte per lanciare. Giocò solo un anno a baseball alla high school, ma fece parte della squadra Bentley Post American Legion che disputò le finali nazionali nel 1946. Ben aiutato dai compagni di squadra Don Zimmer e Jim Frey, Brosnan realizzò due shutouts nelle finali regionali e nazionali, una due-hitter e l'altra tre-hitter. C'erano un sacco di scout della major league al torneo, e nel settembre del 1946 Brosnan firmò con Tony Lucadello e i Chicago Cubs per 2500 dollari. Il diciassettenne aveva finito il liceo nel giugno precedente.
Nel 1947 Brosnan andò a Shelby, North Carolina, dove le squadre delle minor league dei Cubs si stavano allenando. Jack Sheehan, che gestiva il farm system dei Cubs, fu impressionato ma rimase diffidente: "Il ragazzo aveva buona padronanza, vera roba buona per un giovane e buona velocità. Aveva un'eccezionale curva per un ragazzo di quell'età. Era impetuoso perchè voleva imparare tutto quello che poteva subito. Era un tipo con cui non era facile familiarizzare". Il diciassettenne iniziò la sua carriera con Elizabethton TN della Classe D nella Appalachian League, e finì 17-8 con una ERA 3.04. Un ottimo inizio. La stagione successiva fu caratterizzata da una mediocre prova e una generale mancanza di decoro. Dopo una batosta, mentre lanciava per Fayetteville NC, Brosnan lasciò il monte e la clubhouse, fece le valigie, e tornò a casa a Cincinnati. Alla fine raggiunse la squadra, ma le cose non migliorarono, terminando la stagione 7-13, divisa tra due club. Il general manager dei Cubs Jim Gallagher raccontò la storia del giovane pitcher a Arthur Meyerhoff, un azionista della squadra e capo di una agenzia pubblicitaria di Chicago. Meyerhoff chiese di incontrare Brosnan, e i due divennero amici. Meyerhoff lo consigliò di entrare in terapia, e Brosnan lo fece per due anni. "L'analisi, il mio matrimonio, e l'intelligente Meyerhoff sono state le tappe più importanti del mio riadattamento sociale", ricordava Brosnan. "Meyerhoff ha un interesse molto paterno nei miei confronti". Meyerhoff ricordò: "Era scontroso e antagonista, ma era un ragazzo brillante. Era così sensibile". Brosnan non era fuori dai guai. Dopo un anno decente a Macon in singolo A nel 1949 (9-11, 3.77), fece un altro passo indietro nel 1950. Giocò per quattro squadre diverse, finendo con un terribile 7-10 e 6.21 di ERA. Morrie Arnovich, il suo manager a Decatur, presentò la seguente relazione ai Cubs: "Comunicato sfavorevole, ancora lupo solitario. Ha iniziato non presentandosi in tempo e lasciando il campo dopo essere stato messo fuori dalla partita, ma facendo dell'altro. ... L'ultima volta che ha lanciato andava al piatto, durante il batting practice, senza cap e, quando non era al piatto, era seduto in panchina a leggere una rivista. Gli sono state dette queste cose". Dopo la stagione, trascorse due anni nell'esercito degli Stati Uniti. Temeva l'esercito, ma si rivelò migliore di quanto avesse temuto. Brosnan non morì in Corea, come aveva previsto, spese invece il suo sforzo a Fort Meade nel Maryland, vincendo 50 partite per la squadra. Ancora meglio, incontrò Anne Pitcher Stewart, della Virginia che lavorava al centro. "Ero molto interessata alla musica", ricordava Anne Stewart, "Tutte le persone che conoscevo non lo erano. Alcuni facevano finta di esserlo, ma non lo erano veramente. La notte che incontrai Jim mi parlò di Bartok e del poema sinfonico di Virgil Thomson, e mi dissi: Ecco un altro che fa finta che gli piace la musica. Dopo, quando vidi la mia compagna di stanza le dissi: E' un uomo veramente interessante Mi chiedo se gli piace davvero la musica". Mentre era a Fort Meade, Brosnan regolarmente prendeva un autobus per Washington per sentir suonare la National Symphony Orchestra. Anne Stewart cominciò a portarlo ai concerti: "L'unica ragione per cui ci siamo messi insieme, è che amavamo entrambi la musica e io avevo una macchina". Sei mesi dopo l'incontro, il 23 giugno 1952, i due si sposarono. Presto nacquero tre figli: Jamie, Tim e Kimberlee. Si stabilirono nella zona di Chicago, e comprarono una casa nella periferia di Morton Grove. Il ritorno di Brosnan al baseball organizzato nel 1953 fu meno trionfante, mentre finiva 4-17 per il triplo A di Springfield, nell'International League. Aveva conseguito un esame attitudinale nell'esercito e aveva appreso che era più adatto a diventare uno scrittore o un commercialista. Vedendo che la sua carriera nel baseball non andava da nessuna parte e che aveva bisogno di fare qualche soldo per sostenere una famiglia in crescita, si iscrisse a un corso di contabilità al Benjamin Franklin College di Washington DC. Con sua grande sorpresa, fu invitato allo spring training con i Cubs nel 1954, e, ancor più sorprendentemente entrò nella squadra. "Non ero pronto", ricordava Brosnan, "Non potevo lanciare in major league: io non sapevo come. E ben presto lo scoprii". Il ventiquattrenne lanciò 18 partite con una ERA di 9.45 prima che fosse fatto scendere a Beaumont nella Texas League. Con Beaumont iniziò a lanciare lo slider, che sarebbe diventato il suo miglior lancio. Finì 7-1 in Texas, e vinse 17 partite della stagione successiva per Los Angeles nella Pacific Coast League. Non aveva ancora amici intimi. A casa aveva una moglie e un nuovo bambino, e in trasferta andava a musei d'arte o stava seduto nella sua camera a leggere Stendhal e Dostoevskij. "Se sono andato a vedere un film straniero, sono andato da solo". Un giorno a Oakland perse una partita difficile agli innings supplementari, ed era abbastanza sconvolto che uscì a bere con suo fratello, che viveva a San Francisco. I due ben presto furono completamente ubriachi, e incrociarono alcuni dei compagni di squadra di Jim, che non l'avevano mai visto in un tale stato. Naturalmente, gli comprarono ancora da bere, e dovettero aiutarlo ad entrare in un taxi per raggiungere l'aeroporto. Lì, si imbatterono in altri compagni che insistettero che dovevano continuare a divertirsi. Quando Brosnan scese dall'aereo a Los Angeles, Anne Stewart viste le condizioni di suo marito se ne andò. Ma la sbronza fece di lui un membro a pieno titolo della squadra. Ritornò con i Cubs ancora una volta nel 1956, e questa volta era pronto. L'alto, magro ragazzo del liceo misurava ormai 1,93 per 95 kg., con capelli biondi e occhi azzurri dietro gli occhiali cerchiati di corno. Lavorando come starter e dal bullpen, Brosnan finì 5-9 con una ERA di 3.79 per una squadra mediocre. La stagione successiva, in un ruolo simile, mise su un record di 5-5, con una ERA di 3.38 in 99 innings. Anni dopo, Brosnan chiese a Don Osborn, che era stato il suo manager in due occasioni nelle minor league, perché gli era stato appiccicato per così tanto tempo nonostante gli anni di delusioni. Osborn gli disse che i Cubs sapevano che aveva un grande braccio, ma erano meno sicuri della sua testa e del suo cuore. "Aveva ragione", ammise Brosnan, "Non sono stato spinto a essere un giocatore di baseball professionista. Nel 1958 ho cominciato ad odiare di perdere lanciando, l'ho odiato anche quando qualcuno mi batteva contro. La spinta competitiva alla fine mi prese, ma quando arrivò io ero già in major league". Eppure, l'intelletto di Brosnan e la sua eccentricità spiccavano nel mondo del baseball. Leggeva costantemente, portando una piccola biblioteca di libri con lui in trasferta, guardato film stranieri, fumando la pipa, e utilizzando un vocabolario sconcertante. Una volta sul monte di lancio, imperiosamente gridò a un confuso battitore: "Ils ne passeront pas!" (Non passeranno). Pochi anni dopo Frank Robinson gli diede il suo duraturo, anche se non sorprendente, soprannome: "Professor". Brosnan fu il partente dell'opening day dei Cubs nel 1958, lanciando sei inning shutout in una vittoria sui Cardinals. Lanciò bene all'inizio della stagione, mettendo su un 3.14 di ERA in otto partenze, prima di essere ceduto ai St. Louis il 20 maggio per l'infielder Alvin Dark. Brosnan tornò al duplice ruolo con i Cardinals, ma realizzò una bella stagione complessiva, 11-8 con una ERA di 3.35, la settima media più bassa della League. In questo periodo iniziò la sua carriera di scrittore. Aveva fatto amicizia con uno scrittore di Sports Illustrated, che gli suggerì che avrebbe dovuto scrivere di baseball. Brosnan aveva tenuto un diario per anni, ma non si sentiva ancora di aver fatto qualcosa di interessante. Dopo essere stato scambiato ai Cardinals, mandò a Sports Illustrated un estratto dal suo diario che fu pubblicato il 21 luglio del 1958. L'intelletto e la capacità di scrittura di Brosnan furono una rivelazione in un momento in cui ai lettori erano stati serviti raffigurazioni normali dei loro eroi del baseball che svolgono gesta gloriose sui campi di battaglia. Brosnan descrisse se stesso e i suoi compagni di squadra come esseri umani complessi che lottano per farsi strada. Dopo il suo improvviso cambiamento dei datori di lavoro, descrisse la farsa delle relazioni giocatore-management. "Le parole del General Manager John Holland", Brosnan scrisse, "Non so se questa è una buona notizia o una cattiva notizia ... e Ti ringraziamo per tutto quello che hai fatto per l' organizzazione", sebbene probabilmente fossero ben intenzionati, avevano parlato come a un povero attore alla sua prima prova teatrale. L'auto-ipnosi sulla Grand Nature del Good American Game tende ad ingannare i managers del baseball. Più praticamente, ho dovuto dire a mia moglie che non ero più un giocatore della squadra vicino a casa nostra. Mia moglie pianse per la lunga distanza da Chicago ... per dieci minuti. Piansi anch'io ... un po'. Perché a me?". Il suo articolo ricevette recensioni positive, e ben presto stipulò un accordo con l'editore Harper & Brothers per scrivere un libro nello stesso formato di un diario, che coprisse la stagione successiva del 1959. Brosnan cominciò a tenere nota ogni volta che qualcosa lo interessava. Questi eventi potevano accadere probabilmente nel bullpen, o in aeroporto, o all'hotel, come in una partita. I Cardinals diedero alla storia una svolta drammatica quando lo scambiarono nel mese di giugno con i Cincinnati Reds per il lanciatore Hal Jeffcoat. Così il suo giornale potè nuovamente affrontare direttamente i suoi sentimenti sulla vita di un giocatore di baseball itinerante. La stagione di Brosnan finì 9-6 con una ERA di 3.79, e trascorse l'estate battendo i tasti della sua macchina da scrivere. Un estratto di The Long Season, del suo rapporto positivo con il manager dei Reds Fred Hutchinson, venne pubblicato su Sports Illustrated nella primavera del 1960, e il libro fu pubblicato in un volume rilegato nel mese di luglio. Ricevette ottime recensioni dalla stampa, anche dal Time ("un abile racconto ironico delle sue lotte, come lanciatore lo scorso anno"), dal New York Times ("un'affascinante e amareggiata visione di ciò che il nostro capitalistico gioco nazionale possa offrire al giocatore medio di baseball"), e dal Los Angeles Times ("un resoconto ricco e sempre interessante del grande gioco com'è visto attraverso gli occhi di un giocatore di baseball eloquente"). Il grande giornalista sportivo Red Smith lo definì: "un libro impertinente, caustico e candido e, in un certo senso, coraggioso, con Brosnan che dice come lui li vede, non esita a fare nomi, e impiega il ridicolo come uno stiletto". Jimmy Cannon, un altro famoso giornalista sportivo, semplicemente lo chiamò: "il più grande libro mai scritto di baseball". Brosnan aprì una nuova strada lasciando il lettore all'esperienza giorno per giorno della vita del giocatore di Major League. Molti di questi giorni erano divertenti, e molti erano noiosi (anche se l'humor di Brosnan mantiene il lettore interessato). I giovani avevano una predilezione per le giovani donne (anche se Brosnan non entrava nei dettagli) e per l'alcool. Nel primo paragrafo del libro, Brosnan scriveva, "avevo chiamato a casa per vedere se c'erano abbastanza olive per l'ora del martini". Alcune persone del baseball si divertirono di meno (Joe Garagiola chiamò Brosnan "a kookie beatnik" - stravagante beatnik), più in particolare perché egli dipinse un meno lusinghiero ritratto del management del baseball. Il suo trattamento di Solly Hemus, il suo manager con i Cardinals, fu duro. "Pensate che la scrittura di Brosnan sia divertente?", aveva detto Hemus, "aspettate di vederlo lanciare". Brosnan era al suo meglio quando descriveva le difficoltà incontrate dai giocatori, in particolare quando venivano scambiati senza preavviso, come successe a lui. "Oh, Dio, Jim, non questo", diceva sua moglie mentre piangeva, "Non sarò mai in grado di guidare da Chicago a Cincinnati". E: "Accidenti! Non potevano ottenere di più? Oh, tesoro, volevano solo liberarsi di te". Brosnan stesso era stato scambiato l'anno precedente. "Mi sono seduto sul divano respirando a fatica per l'indignazione mentre aspettavo che il buon sangue rosso defluisse alla testa. Non successe niente. Ho preso un profondo respiro, poi ho espirato lentamente. E' vero. La seconda volta che sei venduto non ti senti una cosa". Nonostante le critiche che Brosnan sopportò per aver rivelato troppo della vita dei giocatori, credeva che i libri successivi, come Ball Four di Jim Bouton, fossero andati troppo lontani nel loro linguaggio e nelle rivelazioni del comportamento sessuale. Ma Brosnan sentiva che era stato fatto un disservizio al baseball dai precedenti scrittori che lo avevano imbiancato. "La vita descritta non era stata realmente rappresentata sulla carta", ricordava Jim, "Anche i buoni scrittori avevano tenuto fuori dalla scrittura delle verità al fine di preservare il loro rapporto con i ballclubs". Quando Brosnan non discusse le vite personali dei singoli giocatori, egli non fu messo al bando anche dai compagni di squadra che avevano criticato il libro. Attraverso tutto questo, continuò a lanciare bene. Nel 1960 apparve in 57 partite, e finì 7-2 con l'ERA più bassa in carriera di 2.36 e 12 salvezze posizionandosi al quarto posto nella National League. "Broz aveva la roba e il controllo", aveva dichiarato il manager Hutchinson, "ed era diventato più sicuro mentre progrediva". La sua stagione più gratificante venne nel 1961, quando, per la prima e unica volta, lanciò in una corsa al pennant . Brosnan fu un membro chiave del pitching staff (10-4, 3.04, 16 salvezze), quando Cincinnati prevalse per vincere un sorprendente pennant, il primo in 21 anni. Brosnan lanciò per tre volte nelle World Series, due volte senza concedere punti, ma venne colpito duramente in Gara 4. Gli strafavoriti New York Yankees vinsero la serie in cinque partite. Due settimane più tardi, la storia di Brosnan nelle World Series - ironicamente intitolata "Embarrassing, Wasn’t It?" (Imbarazzante, vero?), apparve su Sports Illustrated. "Ci sono tre monumenti nel centro del campo", aveva scritto del suo primo sguardo allo Yankee Stadium, "ed è l'abbondanza di spazio che da una maggiore auto-esaltazione, come se fosse necessaria a dimostrare la maggior gloria degli Yankees". Ma Brosnan avrebbe voluto vincere, e scrisse onestamente il fallimento della sua squadra nel farlo. La primavera successiva Harper pubblicò il secondo libro di Brosnan, Pennant Race, il giornale della stagione 1961. Il libro si concludeva bruscamente con la stagione regolare, probabilmente perché Sports Illustrated aveva già pubblicato il materiale delle World Series. Ancora una volta le lodi furono all'ordine del giorno, e Brosnan aveva sempre creduto che la sua scrittura fosse migliorata nel suo secondo tentativo. "Per arrivare al [Cincinnati] Crosley Field", scriveva, "Di solito prendo un autobus per le strade antiche e fatiscenti di Bottoms. I neri stanno agli angoli delle loro case a guardarle cadere. L'insicurezza di essere in seconda divisione della National League mi lascia. Per 25 centesimi, l'autobus tutti i giorni mi dà l'umiltà sufficiente per farmi completare qualunque partita di baseball, o la stagione". A questo punto Brosnan era diventato un prolifico scrittore freelance di baseball, la sua opera apparve in The Atlantic, Esquire, Look, Life, Sport Illustrated, Sport e Saturday Evening Post , tra gli altri. Scrisse in prima persona, ma su argomenti generali quali lo spring training, la spitball, o dei genitori della Little League. Scriveva soprattutto nella off-season, anche se le storie furono spesso pubblicate durante la stagione. Quest'ultima risultò essere un problema. I Reds avevano vinto 98 partite nel 1962, non abbastanza per tenere il passo sia con i Dodgers che i Giants. Il trentaduenne Brosnan ebbe un altro buon anno nel bullpen (4-4 con 13 salvezze). Ciò nonostante, all'inizio della stagione successiva fu ceduto ai Chicago White Sox, perché, secondo Brosnan, i Reds volevano eliminare il suo stipendio di 28000 $ , che era uno dei più alti della squadra. Quando Brosnan arrivò a Chicago, il general manager Ed Short lo salutò dicendogli che non sarebbe stato in grado di scrivere o pubblicare nulla durante la stagione di baseball. Brosnan a malincuore andò avanti, almeno per un po'. Gli White Sox avevano già Hoyt Wilhelm e Eddie Fisher nel bullpen, ma Brosnan fece un sacco di lavoro importante. Registrò salvezze nelle sue prime quattro uscite, e finì con un ingannevole record di 3-8, 2.84 di ERA e 14 salvezze. Gli White Sox finirono buoni secondi dietro gli Yankees, e il loro ottimo bullpen fu una delle ragioni principali. Dopo la stagione 1963 Brosnan ricevette un contratto dove gli chiedevano un taglio dello stipendio e il divieto di continuare a scrivere. Il lanciatore-autore esitò, ragionando che, almeno, aveva bisogno di scrivere per compensare lo stipendio minore. Inoltre, egli aveva già venduto due storie che sarebbero uscite nella prima parte della stagione. Gli White Sox lo rilasciarono prima dello spring training, e nessun'altra squadra della major league era interessata ai servizi di uno dei migliori lanciatori di rilievo del gioco. The Sporting News e Sports Illustrated si strinsero al suo fianco, ma la sua carriera da giocatore era finita all'età di 34. "Smettere non mi aveva preoccupato", Brosnan in seguito ricordò, "Ero uno scrittore, stavo per diventare uno scrittore". Pur continuando a scrivere regolari articoli di baseball, Brosnan lavorò anche per un'agenzia pubblicitaria, come aveva fatto durante la bassa stagione per molti anni, e nel broadcasting. Pubblicò diversi libri di baseball per i giovani (titoli come Great Baseball Pitchers e The Ted Simmons Story). Nei primi anni '70 iniziò a scrivere articoli di baseball per Boys' Life, continuando a farlo per 20 anni. Nel 2011 si era completamente ritirato da molti anni, ancora felicemente sposato con Anne Stewart e viveva ancora nella casa di Morton Grove che avevano comprato 55 anni prima. Brosnan aveva spesso definito se stesso come un "medio giocatore di Major League", una rappresentazione che è imprecisa. Lui fu un buon lanciatore per molti anni, e uno dei migliori rilievi del gioco nei primi anni '60. Ma la sua eredità resterà la sua scrittura, in particolare i suoi due libri classici. Egli ha aperto la strada per molte future memorie, ma solo Brosnan aveva scritto i suoi libri senza aiuto. La sua statura come il miglior scrittore mai uscito dalle fila dei giocatori di baseball è ancora sicura dopo cinquanta anni. "I miei figli si risentiranno sentendomi dire questo", disse, "ma quando uscì Long Season mi sono sentito fiero come un padre".

 

Manny Mota

Manuel Rafael Geronimo Mota

Nickname : "Manny" o "Mickey"

Nato: 18 Febbraio 1938 a Santo Domingo, Distrito Nacional, D.R.
Debutto: 16 Aprile 1962
Batte:
Destro / Tira: Destro

Manny Mota non è mai invecchiato. "E' spaventoso", aveva dichiarato Steve Garvey, suo compagno di squadra con i Los Angeles Dodgers, "Vorrei solo che una primavera si presentasse con i capelli grigi". Questa frase fu detta nel giugno del 1979, un paio di mesi prima che il dominicano stabilisse il record in carriera per i pinch hits. Mota concluse con 150 valide come pinch hitter, un marchio che è rimasto fino a quando Lenny Harris lo superò nel 2001. Manny era un superbo battitore di contatto con una media vita di .304. Scrittori e annunciatori amavano inventarsi analogie su come avrebbe potuto colpire in qualsiasi momento, in qualsiasi condizione. La più sintetica potrebbe essere quella di Jim Murray del Los Angeles Times: "Avrebbe potuto battere un proiettile". L'outfielder giocò anche 20 stagioni nella Dominican Winter League, legato ai migliori nella storia della League, e avrebbe potuto fare ancora meglio se non fosse stato per i disordini politici in patria. Lì, Manny è ancora il leader assoluto nella media battuta con .333. Fu anche un manager di successo in casa sua. Se Tom Lasorda non fosse stato così radicato con i Dodgers, e se Manny non fosse stato un uomo leale all'organizzazione, sarebbe stato interessante vedere che cosa quest'uomo tranquillo, umile, e molto grazioso avrebbe potuto fare come skipper della big league. Manuel Mota Rafael Gerónimo nacque il 18 febbraio del 1938, era il sesto di otto figli di una famiglia mista. Sua madre, Fredesvinda Geronimo, aveva avuto quattro figli dal suo primo marito, un uomo di nome Pena. I fratellastri e sorellastre di Manny si chiamavano Darío, Odilia, Luisa e Adriana. Fredesvinda poi ebbe quattro figli con Andrés Mota: un altro ragazzo di nome Andrés, poi ancora due ragazze dopo Manny di nome Barbara e Josefina. Andrés Mota, un soldato dell'esercito Dominicano, morì quando Manny aveva tra i sei e i sette anni, prima che il ragazzo avesse potuto stabilire dei ricordi duraturi di suo padre. Tuttavia, Andrés aveva dato un soprannome a suo figlio con il quale la gente ancora lo conosce a Santo Domingo, anche se non negli Stati Uniti - El Chory. Qualcosa di simile a Shorty o Pee Wee (piccolo di statura), come spiegò Manny nel 2011, "L'ho usato per giocare con i ragazzi, più alti e più grandi di me". Dopo la morte del marito, Fredesvinda aprì un negozio di alimentari per mantenere i suoi figli. "Lei tentò di allevarmi nel modo giusto", disse Manny nel 1969, "E andai a giocare a baseball alla scuola cattolica a tre isolati dalla nostra casa gestita da sacerdoti". La scuola era la Escuela Salesiana de Artes y Oficios, ora conosciuta come il Collegio Don Bosco. La missione principale della Società Salesiana era l'educazione cristiana dei giovani, soprattutto delle classi più povere. Questa causa fu abbracciata da Mota, la cui durevole fede religiosa e l'empatia verso i bambini poveri lo spinse negli anni a fare molte opere caritatevoli. "Non avevo alcun eroe particolare, quando ero piccolo", disse Manny all'American Chronicle nel 2006, "ma il mio idolo del baseball è sempre stato Jackie Robinson". Mota amava giocare a baseball ogni volta che poteva. A partire dal 1956, Mota giocò per la squadra Dominican Air Force, dove alcuni scout lo notarono. Il club era sponsorizzato da Ramfis Trujillo, figlio del dittatore dominicano Rafael Trujillo. Anche diversi altri futuri big-leaguers erano nel roster, tra cui Juan Marichal e Mateo Rojas (noto negli USA come Matty Alou), che sarebbero stati compagni di squadra di Manny a San Francisco. Mota aveva dichiarato nel 2011 che l'altro vantaggio principale che derivava dal giocare con l'Aviación Militar era la disciplina militare. Il 21 febbraio del 1957, i New York Giants firmarono Mota, che aveva compiuto 19 anni tre giorni prima. I Giants furono i primi a riconoscere la ricchezza di talenti nell'America Latina, a partire da Puerto Rico e poi nella Repubblica Dominicana. Uno dei loro scout era Alex Pómpez, che era proprietario dei New York Cubans delle Negro Leagues. Horacio Martínez, che aveva giocato interbase per Pómpez, era coach degli Escogido Leones nella Dominican League. Nel 1956, il presidente del club di Escogido, Paco Martínez Alba - cognato di Rafael Trujillo - strinse un accordo di lavoro con i Giants. Successivamente, alcuni uomini dall'organizzazione dei Giants - Red Davis, Frank Genovese e Salty Parker - allenarono Escogido. Nelle minor, Manny giocò prima base e seconda base, oltre che outfield. La sua prima stagione pro, con Michigan City, Indiana, nella Midwest League (allora classe D), fu poderosa: una media di .314 con 7 homers e 91 RBI. La prima esperienza di Mota nella Dominican League arrivò nell'inverno del 1957-58. Entrò nel team di Escogido, una delle due squadre che vantava ancora la più grande tradizione locale, l'altra era Licey Tigres. Escogido indossava il colore rosso e Licey si vestiva di blu, e anche se questa rivalità non era mortale come i Bloods contro i Crips, era sempre stata molto intensa. In seguito, però, la maggior parte della carriera di Manny nella Domenicana fu con la casacca di Licey. Nel 1958, Mota ebbe un altro buon anno con Danville (Virginia) nella classe B della Carolina League (.301-8-55), nonostante i soprusi che dovette sopportare di fronte alla segregazione nel Sud. In seguito confidò allo scrittore Bruce Adelson: "Almeno nel '57 si poteva prendere l'autobus come un essere umano, tutti insieme, non importava il colore della tua pelle. Non si poteva farlo a Danville. Il mio obiettivo era quello di giocare a baseball … non avevo intenzione di lasciare che nulla mi impedisse di giocare nelle major leagues". Manny balzò in triplo A a Phoenix per iniziare la stagione 1959. Questo salto si rivelò troppo grande e troppo prematuro, e così alla fine di maggio fu opzionato per Springfield nella classe A della Eastern League (.314-3-28). Dopo, ebbe una progressione normale: doppio A nel 1960 (.307-4-79 per Rio Grande Valley nella Texas League) e triplo A nel 1961 (.289-3-43 per Tacoma nella Pacific Coast League). Nel 1959-60, vinse il suo primo dei tre titoli di battuta nella sua isola, con una media di .344 per Licey. Ma, dopo l'assassinio di Trujillo il 30 maggio 1961, l'atmosfera nel paese rimase estremamente tesa. Uno sciopero a livello nazionale e la guerriglia paralizzò il paese, e la Dominican League fu fermata nella stagione 1961-1962 dopo le partite del 3 dicembre. Anche se vari giocatori dominicani avevano continuato la loro stagione in altri campionati, come quello di Puerto Rico, Mota rimase a casa per il resto di quell'inverno. Entro la fine della stagione 2010, oltre 500 uomini della Repubblica Dominicana avrebbero giocato nelle major leagues. Il decimo di loro fu Mota, che fece parte del roster dei Giants dopo una bella figura nello spring training del 1962. Come la United Press International scrisse, probabilmente ignari che la sua stagione domenicana fosse stata bloccata, il "leggero (72 kg.) outfielder … può essere molto più avanti degli altri, perché ha giocato nella winter ball". Il suo debutto nella big league non arrivò fino alla settima partita della stagione; La sua prima valida arrivò nella sua prima partenza, al vecchio Crosley Field di Cincinnati. Fu un grounder contro Jim Brosnan che rotolò attraverso il lato destro del campo interno. Mota subì l'umiliazione di essere chiamato "Mickey" (topolino) a volte sui giornali statunitensi in quella stagione. Apparve in 47 partite con San Francisco fino alla fine di luglio, 12 volte titolare e andando solo 13 su 74 (.176). C'era poco tempo di gioco per le riserve outfield, con Willie Mays che giocò in tutte le162 partite, il collega dominicano Felipe Alou che ne giocò 154 e Harvey Kuenn in campo 130 volte. Manny era un utilityman, e apparve a volte in terza e seconda base. I Giants lo rimandarono giù in doppio A, dove battè .349 in 30 partite per El Paso. Non era in squadra per le World Series quando i Giants persero in sette partite dagli Yankees. Il 30 novembre del 1962, San Francisco scambiò Mota e Dick LeMay con gli Houston Colt .45s per Joey Amalfitano. Verso la fine dell'anno, The Sporting News descrisse Mota come "un eccezionale velocista che ha dimostrato eccezionali capacità nello spring training, ma non è mai stato in grado di entrare tra gli outfield dei Giants, comprensibilmente se si considerano i suoi concorrenti". Questo gruppo comprendeva anche Matty e Jesús Alou, più Willie McCovey, che giocò un bel po' all'esterno in quegli anni. Il campionato della Dominican League rimase fermo nel 1962-63. Grazie ai collegamenti dell'amministratore di Licey, Ernesto "Monchín" Pichardo, quell'inverno Mota andò in Venezuela, battendo .308 in 120 at-bat in 31 partite. Quando il suo club, Oriente, chiuse nel mese di gennaio, firmò con San Juan della Puerto Rican League. Manny sposò Margarita Matos il 16 febbraio 1963, poco dopo il termine della stagione invernale. Dopo il suo ritorno negli Stati Uniti, i Colts lo mandarono ai Pittsburgh Pirates non molto tempo prima che iniziasse la stagione 1963 (ricevendo Howie Goss e 50000 $ in contanti in cambio). Manny trascorse la prima metà della stagione 1963 con il triplo A a Columbus, battendo .293-5-20 in 75 partite. A metà luglio, i Pirates lo chiamarono, e lui non giocò mai più di nuovo nelle minor. Il 12 ottobre 1963, Manny partecipò al solo e unico Latin All-Star Game, l'ultima partita di baseball giocata al Polo Grounds. Realizzò due RBI e la National League ispanica vinse 5-2. Poi continuò a vincere un altro titolo di battuta nella Dominicana League (.379). Tornato a Pittsburgh nel 1964, Mota beneficiò realmente del sostegno del grande Roberto Clemente. Come David Maraniss scrisse nella sua biografia di Clemente, lo stellare esterno destro: "diventò il più caro amico di Mota e consulente per i Pirates. Allo stadio tutti i giorni prima delle partite, potevano essere visti lavorare sulla battuta, bunt, difesa e tiro. "E' sempre stato un buon battitore", disse Clemente di Mota a metà stagione, spingendo la sua causa con i scettici giornalisti dei Pirates, "Si possono colpire i lanciatori della big league se ti viene data la possibilità". Il manager Danny Murtaugh utilizzò Mota in 115 partite e gli diede 271 at-bat quell'estate (.277-5-32). Utilizzò Manny anche come ricevitore il 13 luglio al Forbes Field. Dopo aver battuto un doppio nella parte bassa dell'ottavo inning, il catcher titolare Jim Pagliaroni venne sostituito dal pinch-runner Orlando MacFarlane. Smoky Burgess - il cui record in carriera di pinch-hitter sarebbe stato superato da Manny - andò a battere per il pitcher Roy Face. Ma quando MacFarlane dovette lasciare la partita per un piccolo infortunio nel decimo inning, Mota venne spostato dall'esterno sinistro dietro il piatto. Fu un esperimento azzardato, perchè Mota perse due palle, la seconda delle quali contribuì a far segnare ai Cardinals il punto vincente nel 12° inning. Dopo la stagione 1964, Danny Murtaugh si dimise per motivi di salute e Harry Walker diventò il nuovo manager di Pittsburgh. Anche se il modo in cui Walker insegnava a battere non era per tutti, Mota aveva proprio il modo di colpire che "The Hat" amava. "Ho prestato attenzione a Harry e ho imparato", Manny disse nel 1969, "Mi aveva convinto che se si colpivo la palla in aria, di solito venivo eliminato. Ora colpivo la palla verso il basso e a tutto campo. Ha insegnato a questo vecchio cane nuovi trucchi". Mota vinse la sua terza corona in battuta nella Dominicana League (.364) nell'inverno del 1964-65. Anche così, giocò solo un po' di più per i Pirates nel 1965 che nel '64, con una media quasi identica di battuta (.279-4-29). Dovette recuperare da una gelida partenza 5 su 54; era molto preoccupato della sicurezza della sua famiglia, perché la situazione politica nella repubblica dominicana si era riaccesa. Il general manager dei Pittsburgh, Joe L. Brown, aveva chiesto al direttore dei programmi latino-americani dei Peace Corps di vedere che la famiglia Mota stesse bene e di portarli negli States. Alcuni mesi più tardi, le cose non erano del tutto tornate alla normalità, quando la winter league non venne giocata nel 1965-66. Invece, ci fu un circuito formato da tre team organizzati dalla Federation of Dominican Players. Le squadre rappresentavano i colori, piuttosto che le città: il Blu, Giallo e Rosso. Manny giocò con i Blu. Nel 1966, Mota aveva battuto .332 per i Pirates, mentre giocava alternandosi con Matty Alou, un altro tipo di battitore alla Harry Walker. In un articolo sulla coppia di giugno, lo scrittore di Pittsburgh, Les Biederman, disse: "Mota spicca ogni volta che gioca. A quanto pare è destinato ad essere uno di quei super sostituti del baseball e lui potrebbe giocare ora regolarmente in molte squadre delle major. Ci sono poche cose che Mota non può fare. Egli può correre, può colpire la palla, colpisce raramente fuori, è un corridore di grado A e può andare a prendere le palle nell'outfield. Mota è uno dei migliori bunters del gioco. Ama fare bunt anche con due strike". E' interessante notare che Biederman aveva aggiunto: "Dal momento che Alou inizia la maggior parte delle partite, Mota è utile come pinch-hitter. Le prime otto volte che è stato utilizzato, ha realizzato cinque valide". Mentre era con i Pirates, Manny aveva anche una sua superstizione; Se batteva una valida, si faceva un bagno esattamente alle 15:00 del giorno successivo e mangiava anche allo stesso tempo. "Clemente pensava che fossi pazzo", raccontò nel 1974. Nel 2011, però, Mota aveva sottolineato l'importanza di una regolare routine, definendola il motivo principale per cui era rimasto così in forma durante la sua carriera da giocatore e oltre. "Bisogna disciplinare te e il tuo corpo", aveva detto, "Devi mangiare correttamente, lavorare, e riposare il più possibile". Mota continuò ad ottenere circa 300 at-bat per i Bucs nel 1967 e nel 1968, battendo .321 e .281. Tra queste due stagioni, effettuò la sua prima esperienza come manager, realizzando un record di 13-14 con Licey dopo aver rilevato a mezza stagione Hal Smith. C'era ancora tensione nella Repubblica Dominicana, con i soldati presenti allo Estadio Quisqueya di Santo Domingo per perquisire le persone in cerca di armi. Les Biederman focalizzò diverse altre caratteristiche di Mota durante il resto del suo tempo a Pittsburgh. I giornali titolavano Manny: "A Mighty Handy Guy with Bat in His Hands" (Un potente utile ragazzo con la mazza nelle sue mani) e "The Guy the Bucs Couldn’t Do Without" (Il ragazzo di cui i Bucs non possono fare a meno). Ma in ultima analisi, i Pirates decisero che era sacrificabile. Per prima cosa, "misero il suo nome sul foglio del 'Pool Ghoul', la lista dei giocatori disponibili per rifornire una squadra di Major League, che, Dio non voglia, verrà spazzata via in un incidente aereo". Allora Pittsburgh rese disponibile Mota per il progetto di espansione del mese di ottobre 1968 e i Montreal Expos lo presero alla loro seconda scelta. Giocò meno della metà di una stagione lì, quando gli Expos lo cedettero ai Los Angeles l'11 giugno 1969. Anche Maury Wills fu restituito ai Dodgers in questa operazione, mentre Ron Fairly e Paul Popovich andarono a Montreal. Fatta eccezione per le winter ball, Mota rimase da allora fino a tutt'oggi in Dodger blue. Manny il 7 e l'8 luglio del 1969, realizzò il suo più caldo colpo nelle majors. In tre partite contro Atlanta, colpì i lanciatori dei Braves con dieci singoli e un doppio in 14 at-bat. Nel 2006, ricordava: "Ero molto fiducioso e mirato. Avevo il giusto ritmo, sventolavo la mazza e mettevo la palla in gioco. Dovete sapere i vostri punti di forza e abilità. Non ero un battitore di palla lunga". Nell'inverno del 1969-70, ancora una volta Manny giocò con Licey e sostituì Fred Hatfield come manager per i playoff dominicani. I Tigres vinsero il campionato e quindi disputarono le rinate Caribbean Series, che ritornavano nel febbraio del 1970 dopo una pausa di nove anni. I dominicani finirono dietro a Puerto Rico e Venezuela, con un record di 1-7. I Dodgers diedero a Mota la possibilità di giocare di più contro i destri nel 1970, e battè .305 in 417 at-bat, il numero più alto in carriera. Il 17 maggio accadde una tragedia, quando un line drive di Manny colpì in testa il giovane fan di 14 anni, di nome Alan Fish. Il giovane morì cinque giorni dopo. Nel 2008, Manny - noto per il suo grande amore per i bambini - aveva detto: "E' molto difficile ... Fa tornare alla memoria brutti ricordi. Mi sentivo in colpa perché ho colpito la palla in foul. E un ragazzo ha perso la vita". Quell'inverno, però, i Dominicani andarono 6-0 nelle Caribbean Series sotto la guida del giocatore-manager Mota, che aveva sostituito nuovamente Fred Hatfield verso fine stagione. Manny andò 11 su 19 (.579) e venne nominato MVP della serie. Nel 2011, però, fu straordinariamente umile su questo risultato, deviando il credito sugli altri: "Ero nel posto giusto al momento giusto. Ho fatto la mia parte e ho cercato di aiutare la squadra. Non avrei potuto farlo senza la mia famiglia, i compagni di squadra e i tifosi, il nostro decimo uomo. Ho avuto la benedizione del Signore". Tuttavia, egli era ancora molto orgoglioso per aver contribuito a portare questo titolo in patria. Mota era il quarto outfielder dei Dodgers nel 1971, quando il rookie Bill Buckner giocò la sua prima stagione completa in major. Anche se Frank Robinson arrivò a Los Angeles nel 1972, Manny era ancora una volta il difensore titolare a sinistra forte della sua media battuta di .323. Il momento in cui mostrò il suo stile fu una rubata di casa base contro Scipio Spinks dei St. Louis. L'audace giocata al sesto inning ruppe una situazione di parità senza punti, e i Dodgers andarono a vincere 2-1. Dopo la partita, Mota dichiarò: "Se non lo provi, non saprai mai se puoi farcela". Nel 1973, pur essendo ancora una volta una riserva Mota fece parte dell'All-Star team per l'unica volta nella sua carriera. Il manager Sparky Anderson dei Cincinnati lo aveva nominato nella squadra NL, dicendo: "Possiamo fare un sacco di cose con i ragazzi di questa squadra. Manny Mota è il migliore pinch-hitter destro nel baseball". Al Royals Stadium di Kansas City, Manny battè una rimbalzante in gioco forzato come pinch-hitter nell'ottavo inning e poi giocò nella parte inferiore dell'ottavo a sinistra. Dal 1974 in poi, Mota fu quasi esclusivamente un pinch-hitter - un lusso inaudito oggi in un'epoca di 12 -13 lanciatori nel pitching staff. Apparve in campo in appena 17 partite dal 1974 al 1979. Quando il manager Walter Alston lo informò del suo ruolo nella primavera del 1974, Manny "prese la notizia con calma. Abbiamo tanto talento giovane e questi giocatori giovani devono giocare. Questo club è molto lungo. Il manager crede che io possa contribuire a questo club e anche a me piace il mio lavoro. Mi piace fare cose che aiutano la mia squadra a vincere le partite". Durante queste sei stagioni, Mota andò 76 su 243 (.313) come pinch-hitter, con un homer e 51 RBI. Già nel marzo 1976, la stampa di L.A. riconosceva che stava prendendo di mira il record in carriera di Smoky Burgess che aveva realizzato 144 valide. Quel giugno, quando Manny era sul punto di ottenere la sua 100a valida, Jim Murray scrisse un vivido racconto su di lui. Tra i punti chiave: "Il successo di Manny derivava dal suo approccio mentale e capacità di concentrazione, così come il suo condizionamento". Mentre Burgess veniva descritto come "un sacco da lavanderia che cammina" o "un pallone da spiaggia con le braccia" rispetto al peso di Mota che variò di poco in tutta la sua carriera. Il manager Tom Lasorda scherzando nel 1978 disse che Manny era "un cameriere durante l'Ultima Cena" e "più vecchio che sporco". Aveva aggiunto: "Mota dovrebbe essere fatto santo. Potrebbe colpire fino a 60 anni". Manny rispose: "Ho appena cercato di concentrarmi su quello che posso fare per aiutare la squadra". In questo periodo, i Dodgers vinsero tre pennant: 1974, 1977 e 1978. Mota andò 3 su 5 con due doppi nei playoff della National League. Uno di questi doppi venne battuto in Gara 3 delle NLCS nel 1977, che Manny ricordava nel 2006 come "la partita che non dimenticherò mai". Con i Dodgers sotto 5-3 nella parte alta del nono al Veterans Stadium di Philadelphia, il quarantunenne Vic Davalillo mise a segno un drag bunt. Poi, Mota con due strike colpì un doppio a sinistra. La palla andò sopra la testa e fuori dal guanto di Greg "The Bull" Luzinski, un agile flychaser (che di solito sostituiva in difesa Jerry Martin in tali situazioni). I Dodgers continuarono a vincere 6-5, avanzando alle World Series. Davey Lopes, che era nell'on-deck quando Manny colpì valido, disse: "Quando si voltò e nel modo in cui sorrise, sapevo che stava andando a colpirne uno per noi". Purtroppo, Manny non lasciò un segno nella competizione delle World Series. Non apparve nel 1974, andò 0 su 3 nel 1977, e ottenne una base su ball l'unica volta che andò a battere nel '78. Ma per Mota, una delle sue più grandi emozioni, non arrivò nella postseason, ma in un'esibizione. Il 19 e 20 marzo 1977, i Dodgers giocarono due partite contro i New York Mets nella Repubblica Dominicana. Nella seconda, davanti a 10000 soddisfatti fans all'Estadio Quisqueya e a un pubblico televisivo internazionale, Manny realizzò un homer da due punti contro l'ace dei Mets Tom Seaver per coronare la vittoria di 4-0. Nel 1991, disse: "Non dimenticherò mai perché è stato uno dei più grandi sentimenti che io abbia mai avuto come pinch hitter, davanti al mio popolo. I fan impazzirono e non posso descrivere come mi sentivo a incrociare i fan di tutta l'America Latina, la Repubblica Dominicana, una volta ritornato a Los Angeles". Nel mese di ottobre del 1979, il presidente Jimmy Carter invitò Manny alla Casa Bianca per congratularsi con lui per aver realizzato il nuovo record in carriera di pinch hits (Il 145° era arrivato al Dodger Stadium il 2 settembre contro Lynn McGlothen dei Cubs). Manny diede al presidente diversi souvenir, tra cui una casacca dei Dodgers con PRESIDENT CARTER sul retro. Manny chiese che gli Stati Uniti acquistassero più zucchero dalla Dominicana. Mota annunciò il suo ritiro dopo la stagione del '79, ma fu riattivato nel 1980 e anche nel 1982. Durante la corsa al pennant del 1980, andò 3 su 7 come pinch-hitter. La sua ultima valida arrivò il 5 ottobre - l'ultima partita della stagione regolare - contro Joe Sambito degli Houston. Fu un singolo RBI nel settimo inning, che portò i Dodgers sul 2-3, in una partita che alla fine avrebbero vinto 4-3. Quella partita portò in parità Los Angeles e Houston nella NL West con un record di 92-70. Tuttavia, gli Astros vinsero la partita secca di spareggio del giorno successivo. L'azione finale di Mota come giocatore della Dominican league arrivò nell'inverno del 1980-81. Ciò nonostante, all'età di 44 anni, il 1° settembre 1982, tornò a battere in major. Era proprio il suo tipo di situazione: in fondo al 13° inning al Dodger Stadium, con i L.A. sotto 6-5, Steve Garvey in seconda e un out. Ma, Jim Kaat - che allora aveva 43 anni - fece battere Manny a terra sul seconda base per l'out in prima. Il 150° pinch hits di Mota fu battuto nel suo 500° at-bat, per una media ancora di .300. In confronto, Lenny Harris ottenne il suo 212° pinch hits nel suo 804° at-bat (.264). Il giocatore che è al secondo posto nel 2011, Mark Sweeney, ha battuto il 175° nel suo 679° at-bat (.258). A quel tempo, 17 giocatori avevano 100 o più pinch hits in carriera in questo ruolo. Solo altri due avevano anche una media superiore a .280. Steve Braun (.283) e Burgess (.282). La stagione 2012 è diventata la sua 33a come coach, la più lunga permanenza nella storia Dodgers. Solo Nick Altrock (42 stagioni consecutive dal 1912 al 1953 con gli Washington Senators) ha avuto un lungo periodo con un club. Il vecchio numero 11 sembra ancora in gran forma con la divisa. Manny ha servito a vario titolo, in particolare come hitting coach dal 1980 al 1989. A partire dal 1999, ha assistito e comunicato con i giocatori latino-americani dei Dodgers, mentre coordinava anche tutti gli aspetti dei charting avversari. Ha anche lavorato come commentatore in lingua spagnola nei pre partita e le trasmissioni post partita. Nel 2007, la Major League Baseball diede un giro di vite sul numero di coach che un club poteva avere in panchina. Ciò significava che per un po' (finché non ci fu un cambiamento dello staff tecnico) Manny non poté andare in trasferta con la squadra. Mota fu manager per tutte o parte delle 16 stagioni di winter ball, 12 nella Repubblica Dominicana. Vinse back-to-back con Licey i campionati nel 1982-83 e 1983-84. Nella successive Caribbean Series, i dominicani finirono terzi (3-3) e ultimi (1-4), rispettivamente. Quelle furono le sue uniche due stagioni complete che allenò i Tigres, l'anno successivo, si trasferì a Caimanes del Sur. Fu manager dell'anno, per poi diventare skipper di Escogido, con la quale i Dodgers avevano formato un contratto di lavoro. Considerando i profondi legami che Manny aveva contribuito a creare tra Licey e Los Angeles, questo fu simile ad un colpo di stato. Fu allenatore dei Leones parzialmente durante la stagione 1987-88, quando prese posizione nel front-office e il manager Phil Regan andò in panchina. Nel 1992, Mota tornò ad allenare Mexicali nella Mexican Pacific League, dove trascorse tre stagioni invernali e parte di una quarta. Le Aguilas l'avevano effettivamente contattato l'anno prima, ma dal momento che i Dodgers erano in una corsa stretta ai playoff con Atlanta, aveva rifiutato. Nel 1993, parlando con La Opinión, un giornale in lingua spagnola di Los Angeles, Manny aveva ammesso che un giorno in un futuro non troppo lontano sperava di ottenere un'opportunità come manager della big league, come aveva avuto il connazionale Felipe Alou. Probabilmente il momento in cui fu più vicino fu nel 1996 - dal 29 luglio in poi, dopo che Tommy Lasorda si era ritirato per motivi di salute, Mota era il bench coach di Bill Russell. Ma, Mike Scioscia lo sostituì in quel ruolo a partire dal 1997. I Dodgers sentirono Manny per il lavoro di manager dopo che Davey Johnson venne licenziato nel 2000. Quell'inverno inoltre espletò i suoi doveri di skipper, l'ultimo fino ad oggi, quando tornò a Licey e sostituì Grady Little per mezza stagione. Manny e Margarita Mota ebbero sei figli: José, Andrés, Domingo, Manuel Jr., Rafael e Antonio. Andrés, noto come Andy negli Stati Uniti, e José è diventarono giocatori di major league negli anni '90, anche Manuel Jr. (conosciuto come Gary), Domingo, e Tony diventarono giocatori di baseball pro. Dopo aver smesso di giocare, José intraprese una carriera di successo come commentatore. I Motas ebbero anche due figlie (Cecilia e Maria de Lourdes, o Lulu). Il loro amore per i bambini ispirarono Manny e Margherita a costituire il Manny Mota Foundation. Tutto era iniziato nel 1967 con solo una grande pentola di riso per sfamare i bambini affamati nella loro terra natale. A partire dal 1992, il loro sostegno umanitario è esteso ad una maggiore area di Los Angeles. I baseball clinics sono solo uno dei tanti programmi della Fondazione. Forse l'impresa più ambiziosa, però, è il multi funzionale complesso Campo de Sueños (Field of Dreams), per il quale il governo dominicano ha donato 15 ettari nel 1995. Campo de Sueños è anche il nome della cena annuale della fondazione e la vendita all'asta a Los Angeles. Sul sito della fondazione, c'è un messaggio di Manny e Margherita, che si apre così: "Aiutare le persone svantaggiate per migliorare la loro vita è un'esperienza estremamente gratificante. Negli ultimi tre decenni siamo stati benedetti con la possibilità di aiutare gli altri in molti modi diversi". ll messaggio di Manny Mota come uomo è rimasto molto coerente. Nel 2011, disse: "Sono molto grato al popolo del mio paese e degli Stati Uniti per avermi dato questa possibilità. Mia moglie e la famiglia mi hanno ispirato. Io sono benedetto". Questo riprendeva quello che aveva detto nel 1979: "Mi piace vivere una vita facile. Mi piace essere amico di tutti perché penso che sia il modo in cui gli esseri umani possano arrivare a conoscersi meglio. Per me non fa alcuna differenza la razza delle persone o se è un bambino o un adulto. Cerco di rispettare tutte le persone, perché vorrei che tutte le persone mi rispettassero. Questo è il modo in cui sono cresciuto e questo è il modo in cui morirò".

9 ottobre 1979 - Manny Mota con il Presidente USA Jimmy Carter

22 maggio 2010 - Sparky Anderson con Manny Mota al Dodger Stadium

Jose Vizcaino, Manny Mota e Juan Uribe posano durante l'Opening Day contro i San Diego Padres il 5 aprile 2012 al Petco Park a San Diego

Il manager Don Mattingly e il coach Manny Mota prima della partita con i Pittsburgh Pirates nell'Opening Day al Dodger Stadium del 10 aprile 2012

2012 - Manny Mota

Margarita e Manny Mota

Il logo della Manny Mota International Foundation

 

Jack Chesbro

John Dwight Chesbro
Nickname : "Happy Jack" o "Jack"

Nato: 5 Giugno 1874 a North Adams, MA
Morto: 6 Novembre 1931 a Conway, MA
Debutto: 12 Luglio 1899
Batte:
Destro / Tira: Destro

Nonostante una sensazionale stagione nel 1904 in cui vinse 14 partite di fila e stabilì i moderni record con 41 vittorie e 48 complete game in una stagione, Jack Chesbro è ricordato soprattutto per il lancio pazzo che fece segnare il punto che diede a Boston il pennant nel giorno finale della stagione. Spalle larghe con una carnagione rossiccia, Chesbro normalmente pesava 81 kg. per 175 cm. Prima di padroneggiare la spitball, si era basato su una eccellente fastball, che rilasciava con movimento del braccio sopra la testa. John Dwigth Cheesbro nacque il 5 giugno del 1874 a Houghtonville, un villaggio nel North Adams, Massachusetts, quarto di cinque figli del calzolaio Chad Brown e Martha Jane (Fratenburgh) Cheesbro. Avrebbe poi modificato il suo cognome in "Chesbro", ma non cambiò mai legalmente l'ortografia della sua discendenza. Il nome della famiglia veniva pronunciato "Cheez-boro", ma egli divenne noto come "Chez-bro" agli inizi della sua carriera in major league. Durante la sua giovinezza, i membri della famiglia lo chiamavano "Chad". Dopo aver giocato per le squadre amatoriali, Chesbro e tre altri giocatori locali, compreso il futuro compagno di squadra nella big league, Madison Art, si trasferirono a Middletown, New York, nel 1894 per giocare con gli Asylums, una squadra che rappresentava l'ospedale psichiatrico. Mentre lavorava con i pazienti, il suo scopo primario era quello di lanciare per il club. Le sue abilità di lanciatore furono affinate dal ricevitore degli Asylums, Pat McGreevy, che notando le dita lunghe di Chesbro, previde un grande successo per il lanciatore. Chesbro prese anche il soprannome di "Happy Jack", dopo che un paziente in ospedale aveva notato il suo carattere allegro e il cordiale sorriso. Nel 1895, giocò con Albany della New York State League e andò 5-1 prima che il club chiudesse il 20 maggio. Si unì a Johnstown dello stesso circuito e andò 2-9 prima che la League chiudesse i battenti il 6 luglio. Si agganciò poi a Springfield della Eastern League, ma fu rilasciato dopo sette partite. Nonostante un record di 3-0, aveva concesso 23 basi su ball e 34 valide con soli sette strikeouts in 33 innings. Poi andò a giocare con Cooperstown, New York. Nel 1896, Chesbro iniziò la stagione con Roanoke della Virginia League. Anche se quel club cessò l'attività il 20 agosto, Chesbro ebbe l'ultimo acuto per loro il 22 giugno terminando con un record di 7-11. Trascorse il resto dell'estate lanciando per Cooperstown. Chesbro firmò con Richmond dell'Atlantic League nel 1897. Andò 16-18 e poi 23-15 nel 1898 in corsa verso il titolo del campionato. Alla fine della stagione, fu preso da Ned Hanlon dei Baltimore Orioles, ma Hanlon si trasferì a Brooklyn. Baltimore aveva quasi definito il contratto ma Chesbro non firmò. Tornò con Richmond nel 1899, e iniziò la stagione con un record di 17-4 prima di essere venduto, il ​​7 luglio, a Pittsburgh per 1500 dollari. Realizzò nella restante stagione un record di 6-9 con 59 basi su ball e 28 strikeouts. L'8 dicembre 1899, Chesbro, Paddy Fox, Art Madison e John O'Brien più una somma di denaro furono scambiati con Louisville per 12 giocatori, tra cui Honus Wagner. Il club di Louisville cessò l'attività e Chesbro e gli altri tre vennero assegnati a marzo a Pittsburgh della NL ridotta da 12 a 8 squadre. Con solo mezza stagione di esperienza alle spalle nella major league, Chesbro si rifiutò di andare con il team a sud per lo spring training nel 1900, anche se poi in seguito dovette andarci per obbligo. La sua assenza dallo spring training e le sue minacce di ritirarsi sarebbero diventate un evento quasi annuale. Migliorò le sue performance andando 15-13 e piazzandosi al secondo posto del club nel 1900. Nel 1901 andò 21-10 e 28-6 nel 1902, diventando leader in shutouts ogni anno per i vincitori del pennant. Guidò anche la National League nelle vittorie e percentuale vittorie nel 1902. Prima che la stagione del 1902 si concludesse, si era già sparsa la voce che Chesbro aveva firmato per passare all'American League nel 1903. Non gli fu permesso di partecipare a una serie di partite di postseason nel ballpark di Pittsburgh in cui i giocatori si dividevano le entrate. Qualche settimana più tardi prese parte ad un all-star tour nella west coast. Lanciando contro Sacramento il 13 dicembre prese una batosta, 13-1, mentre guardava il suo avversario, Elmer Stricklett, tenere gli All-Stars a tre valide grazie alla spitball di recente elaborazione. Chesbro fu dichiarato di proprietà della franchigia di New York dell'American League conseguentemente al "major-league peace agreement" del 1903. Anche se la stampa identificò il team come "Greater New Yorks" e "Highlanders", questo fu l'inizio della leggendaria franchigia degli Yankees e Chesbro sarebbe diventato il loro primo grande lanciatore. Chesbro non si aggregò al team fino al 1 aprile, mancando una serie di partite dello spring training in cui i New York fronteggiavano Elmer Stricklett, che era ora con New Orleans. Tuttavia, fu leader dei New York che terminarono al quarto posto, con un record di 21-15. Si presentò per tempo allo spring training dell'anno successivo. Anche se Stricklett era ora di proprietà degli White Sox, le loro strade si sarebbero incrociate. Dopo aver giocato una serie dimostrativa con Chicago, New Orleans aveva chiesto il prestito del lanciatore per la loro prossima serie contro New York. Quando vide Stricklett all'opera, Chesbro studiò come lanciava la spitter e stabilì che avrebbe dovuto sconfiggerlo. Il manager di New York, Clark Griffith, avversava la spitball e al catcher Jim McGuire non piaceva riceverla. Il 7 maggio del 1904, Jack aveva realizzato un record di 4-3. McGuire accettò di ricevere la spitter e a Chesbro venne dato il permesso di utilizzarla come la sua primaria arma: vinse le sue successive 14 partenze. Chesbro diventò un incredibile ace, completando 48 delle sue 51 partenze e quattro come rilievo, accumulando l'impressionante numero di 454 e 2/3 innings lanciati. Ventotto delle sue partenze furono con meno di tre giorni di riposo. Mentre la spitter è solitamente citata come la ragione principale della sua straordinaria stagione, Chesbro iniziò ad usare anche un altro lancio. Sviluppò una "slow ball", che McGuire e l'arbitro Bill Carpenter dissero che era la migliore che avessero mai visto. Era anche dimagrito portando il suo peso a 74 kg. rispetto agli 81 kg standard. New York era seconda a mezza partita dietro a Boston entrando in una serie di cinque partite di fine stagione proprio contro Boston. Il programma originario prevedeva quattro partite, ma il proprietario dei New York, Frank Farrell, aveva affittato il suo campo da baseball alla Columbia University per una partita di football. Boston accettò di buon grado l'offerta di trasferire l'8 ottobre la partita a Boston, permettendo anche ai club di recuperare un rainout del 29 giugno. Chesbro lanciò dopo aver riposato due giorni, battendo Boston per la sua 41a vittoria, mettendo New York a mezza partita di vantaggio con quattro da giocare. Il piano di Griffith era quello di tenere Chesbro a riposo a New York per il doubleheader dell'ultimo giorno, il 10 ottobre. Tuttavia, Chesbro si presentò alla stazione ferroviaria con l'approvazione di Farrell. Fu convinto a lanciare senza giorni di riposo e venne sostituito solo per la terza volta in tutta la stagione con New York che venne sconfitta per 13-2. Cy Young lanciò una shutout, 1-0, nella seconda partita per mettere Boston avanti di una partita e mezza con due da giocare. New York avrebbe avuto bisogno di vincerne due l'ultimo giorno per conquistare il pennant. Nel confronto decisivo dell'ultimo giorno della stagione, Chesbro iniziò la prima gara. Era la sua ottava partenza in 15 giorni, realizzando una shutout, 2-0, in sei innings. Aiutati da due errori del seconda base Jimmy Williams, i Boston segnarono due punti nel settimo per pareggiare. Lou Criger, dei Boston, siglò la terza valida nel nono e avanzò in terza con due out. Con il conteggio di 2-2 su Freddy Parent, Chesbro effettuò il suo famoso lancio pazzo sopra la testa di Criger. Anche se Parent siglò un singolo sul lancio successivo, Chesbro sarebbe stato ricordato come l'uomo che aveva perso il pennant su un lancio pazzo. Il pitcher Bill Dinneen tenne a zero New York nella metà inferiore, e così Boston conquistò il pennant. La gravità del lancio pazzo fu amplificato quando Ambrose Puttmann sconfisse Boston nella seconda partita. Chesbro parlò di ritirarsi durante l'offseason, poi settimane più tardi dichiarò di aver sviluppato un nuovo lancio che avrebbe rivoluzionato il baseball nel 1905. Lo chiamò "jump ball", affermando che era diverso dal "riser", perché effettuava un salto brusco, piuttosto che un aumento costante. Dichiarò che avrebbe trovato l'occasione di provarlo durante il campionato prima di usarlo sistematicamente quando ne avrebbe avuto la padronanza. Era così sicuro del suo nuovo lancio che rivelò il segreto della sua spitter. Il suo campionato iniziò con tre settimane di inattività a causa del braccio dolorante. Chesbro negò che il problema fosse la spitball nonostante le braccia infortunate di altri lanciatori che avevano adottata la spitter. Dopo il passaggio quasi esclusivo alla spitball, Chesbro aveva cambiato il suo rilascio da over-the-top per un round-house fling. Aveva anche soggiornato a nord durante lo spring training come coach di Harvard e tornò con New York che pesava 91 kg. Indipendentemente da ciò, affermò che il suo problema era dovuto alla febbre malarica dovuta al freddo mentre lanciava sotto la pioggia nel giorno d'apertura. Dopo aver lottato per un record di 19-15 nel 1905, Chesbro decise di rinunciare ad allenare a Harvard, al fine di prendere parte per tempo allo spring training nel 1906. Vinse 23 partite ma ne perse 17 e guidò la league nella ERA. Quando fu il momento di rinnovare il contratto per il 1907, rigettò la sua intenzione di ritirarsi a curare i suoi interessi commerciali. Aveva comprato una fattoria a Conway, Massachusetts, a cavallo del secolo. Era anche proprietario di una segheria e di un bosco. Stava facendo più soldi in azienda che sul campo. A marzo Chesbro disse che avrebbe firmato per lo stesso stipendio del 1906, parlando di una cifra di 8500 $. Ciò gli avrebbe dato un considerevole rilancio. Due settimane prima della stagione, andò a trovare Griffith presso l'hotel Boston e firmò un accordo. Griffith lasciò il coach/catcher McGuire con Chesbro con l'ordine di presentarsi al club nel giro di una settimana. Chesbro andò con un mediocre 10-10 nel 1907 seguito con un record di 14-20 per un ultimo posto del club nel 1908. Circolavano voci circa la sua presenza nella farm a Indianapolis nel 1909, ma si disse che Chesbro si sarebbe ritirato piuttosto che essere disonorato. Saltò lo spring training e si rifiutò di riferire a New York inducendo la National Commission ad inserire il suo nome nell'elenco della "ineligible list". Venne reintegrato il 24 maggio ma era fuori forma. Un giornale lo descrisse come "decisamente grasso". Dopo aver fatto solo nove presenze con un record di 0-4, Chesbro venne piazzato l'11 settembre nei waivers per i Boston Red Sox. Secondo i termini dell'accordo, Boston aveva tempo fino al 1° maggio dell'anno seguente per decidere se tenerlo o restituirlo a New York. Fece una sola apparizione per Boston, perdendo a New York nel finale di stagione. Sarebbe stata la sua ultima partita in major league. I Red Sox annunciarono nel gennaio del 1910 che Chesbro sarebbe stato restituito. New York non aveva piani per lui nel roster della major league, ma lui non sarebbe andato nelle minor, e di nuovo fu inserito nell'ineligible list. Rimase nella sua fattoria e lanciò per la vicina squadra semipro di Whitinsville. Chesbro fu coach della Massachusetts Agricultural College (ora University of Massachusetts) nel 1911 e continuò a lanciare per i club semipro. Si incontrò con il proprietario dei New York, Farrell, e il nuovo manager Harry Wolverton per un ritorno nel 1912. Wolverton aveva accettato di dargli un'occhiata, ma prima di partire per il camp ci ripensò e rilasciò Chesbro. Wolverton sentiva che Chesbro non aveva abbastanza prospettive e non era uno che credeva nei ritorni. Chesbro pensò di poter recuperare con un altro club. La National Commission accettò la sua richiesta di reintegrazione come free agent. Lavorò con Brooklyn e Pittsburgh, ma entrambi non lo presero. Tornò a Conway e continuò a lanciare e allenare squadre semipro. All'età di 53 anni nel 1927, stava ancora facendo occasionali apparizioni per South Deerfield, Massachusetts. Chesbro lanciò da un monte della major league per l'ultima volta l'11 settembre del 1922 al Braves Field, giocando un paio di inning in una partita di vecchie glorie patrocinata dal Boston Post per beneficiare il Children Hospital di Boston. Il vecchio amico Clark Griffith lo reclutò come coach con gli Washington Senators nel 1924. Ma, quando Al Schacht venne assunto il 1° giugno, ricongiungendosi con il coach e compagno clown Nick Altrock, Chesbro e Ben Egan vennero tagliati dal coaching staff. Chesbro era fuori definitivamente dal baseball organizzato. Jack Chesbro morì il 6 novembre del 1931 nella sua fattoria di polli a Conway. Aveva scalato una collina, per verificare un problema con una conduttura d'acqua quando ebbe un attacco di cuore. Fu sepolto nel cimitero Howland di Conway. Gli sopravvisse la moglie, Mabel Shuttleworth, nativa di Conway che aveva sposato nel 1896. La coppia non ebbe figli. Nel The Politics of Glory, Bill James spiegò come i numeri in carriera di Chesbro (198 W - 132 L, 2.68 ERA) erano simili, e probabilmente più poveri, dei suoi compagni di squadra di Pittsburgh Sam Leever (194-100, 2.47), Deacon Phillippe (189 - 109, 2.59) e Jesse Tannehill (197-117, 2.80), e principalmente sulla base di una stagione fantastica, Chesbro fu l'unico del quartetto a ricevere la più alta onorificenza del baseball: l'elezione nella Hall of Fame. Venne selezionato dall'Old-Timers Committee nel 1946. Il lancio pazzo ossessionò Chesbro per il resto della sua vita. Nonostante la sua straordinaria stagione, gli era stato sempre chiesto del lancio che aveva fatto perdere il pennant. Anni dopo, Clark Griffith accusò Red Kleinow di  aver mancato il lancio, che affermò era passata all'altezza del collo di Parent che misurava 170 cm. Kleinow, che era diventato il catcher titolare in parte a causa dei problemi di Jim McGuire di ricevere la spitter, era morto nel 1929 e naturalmente non fu in grado di commentare pubblicamente la questione. Lo shortstop Kid Elberfeld disse che Kleinow non avrebbe potuto prendere il lancio nenanche con una rete da granchi. I racconti contemporanei dicono che la palla si alzò sopra la testa di Kleinow e colpì la tribuna stampa al volo. La vedova di Chesbro scrisse numerosi articoli e lettere nel 1939 spiegando che il lancio pazzo avrebbe dovuto essere segnato come una palla mancata. Quando il New York Journal-American pubblicò la sua storia, lei considerò chiusa la questione e suo marito vendicato.

Jack Chesbro in due foto che lo ritraggono nella chiusura del lancio

Jack Chesbro con la casacca dei Senators

 

Sparky Lyle

Albert Walter Lyle
Nickname : "Sparky"

Nato: 22 Luglio 1944 a Du Bois, PA
Debutto: 4 Luglio 1967
Batte:
Sinistro / Tira: Sinistro

"Perché lanciare nove inning quando si può diventare altrettanto famosi lanciandone due?" - Sparky Lyle fece proprio questo. Albert Walter "Sparky" Lyle non iniziò mai una partita nei suoi 16 anni di carriera in major league, realizzando 238 salvezze, e fu il primo rilievo dell'American League a vincere il Cy Young Award (1977)."Mi chiedo che cosa penserà Ben Shingledecker della mia vittoria Cy Young", disse Lyle. Nato a DuBois, Pennsylvania il 22 luglio del 1944, Lyle provò per la squadra della città all'età di 13 anni, e gli venne detto da Shingledecker: "Non si può lanciare abbastanza forte per essere un lanciatore". Sentendosi schiacciato da questo, Sparky giocò a baseball per i successivi anni solo intorno a casa sua. Nella piccola città delle miniere di carbone di Reynoldsville, Pennsylvania, 100 km a nord est di Pittsburgh, Albert "Sparky" Lyle era conosciuto come star della High School nel football e nel basket, chiamato nella All-Conference di football e riconosciuto con una menzione d'onore nella squadra di basket della Pennsylvania All-State. Nella primavera del suo anno di junior alla High School, iniziò a lanciare per la squadra DuBois della Legion league perchè Reynoldsville non aveva una squadra nella Legion. Quando lanciava per DuBois, sembra che sistematicamente mettesse strikeout 16 o 17 battitori. Questi risultati lo proiettarono sui titoli locali e in una sola partita, durante l'estate, mise strikeout 31 battitori. Lanciò per la maggior parte fastballs e curve e finì col concedere la base a 8 o 9 battitori. La partita durò 17 inning, ma Lyle ne lanciò solo 14, giocando in prima base per tre innings nel mezzo della partita. Questo catturò l'attenzione dello scout dei Baltimore Orioles George "Stopper" Staller e gli valse un contratto."Stopper" Staller aveva solo un anno di esperienza alle spalle nelle Major League, avendo giocato outfield per i Philadelphia A's durante la stagione della guerra nel 1943. Ventuno anni dopo firmò, il 17 giugno del 1964, l'uomo che divenne uno dei più dominanti lanciatori di rilievo mancini di tutta la storia del baseball. Egli non ricevette alcun bonus e guadagnava solo 400 $ al mese. Lyle fu mandato a Bluefield nella Appalachian League e lanciò 33 innings nel 1964 (3-2, 4.36 di ERA) prima che fosse trasferito a Appleton, Wisconsin, dove finì la stagione per Fox Cities, la squadra che vinse la Midwest League. Realizzò un eccellente 2.31 di ERA, con un record di 3-1 in 35 inning di lavoro, con un rapporto di strikeout basi su ball di quasi 3 a 1. Il 30 novembre del 1964, i Red Sox acquistarono Lyle dai Baltimora, per il loro roster della Major League. Nel 1965 i Red Sox lo mandarono nelle minor. Iniziò il suo secondo anno di baseball pro a Winston-Salem, North Carolina in doppio A. Fu il suo anno più difficile nel baseball, lanciando solo come rilievo, e il suo controllo era terribile - concedendo basi su ball, punti e in difficoltà nel mettere qualcuno strikeout. Lavorò molto duramente sul suo controllo lanciando 87 innings (5-5, 4.24 di ERA), con 79 strikeouts, e ottenendo una promozione nel farm club dei Boston a Pittsfield della Eastern League. Dopo la stagione in cui andò 5-5 con Winston-Salem, Lyle fu inviato a Ocala, in Florida, per lo spring training, dove incontrò Ted Williams. Dopo averlo osservato lanciare un pomeriggio, Williams chiese a Sparky quello che pensava fosse il migliore lancio del baseball. Non conoscendo la risposta, Williams gli disse che era lo slider, perché era il solo lancio che lui non poteva colpire con consistenza, anche quando sapeva che stava arrivando. Aveva continuato a spiegare a Sparky come il lancio rompesse e ciò che la palla doveva fare. Aggiungendo come la palla doveva entrare sul battitore destro e scendere. Nonostante questo, non gli disse come raggiungere questo, ma diede a Sparky la determinazione per lavorare sodo e capirlo da solo. Lyle disse che questo incontro cambiò la sua vita e lavorò a fondo perchè la palla girasse nel modo giusto e rompesse. Lo spin non fu gran parte della sfida quanto la deviazione. Inutile dire, che perfezionò il suo slider, e rimase il suo lancio dominante per la maggior parte della sua carriera. Il suo manager a Pittsfield, nel 1966 era Eddie Popowski, che vide Sparky mettere strikeout 72 uomini in 74 innings e registrare una ERA di 3.65 (4-2). Lyle aveva iniziato la stagione del 1967 con i Boston in triplo A a Toronto, ma quando i Red Sox vendettero Dennis Bennett ai New York Mets (ricevendo Al Yates insieme a denaro contante), il 24 giugno 1967, chiamarono Lyle. Con il loro club della top farm, Lyle andò con una ERA di 1.71. Le lodi di Popowski indubbiamente favorirono la promozione, anche perchè Eddie era ora il coach di terza base dei Red Sox. Esordì in major league il 4 luglio 1967, nel settimo inning all'Anaheim Stadium. "Sparky" Lyle fece il suo debutto appena 18 giorni prima del suo 23esimo compleanno, contro i California Angels. Dopo che Russ Gibson aveva battuto per il lanciatore dei Sox, Darrell Brandon, nella parte alta del settimo, Lyle andò a lanciare nella parte bassa dell'inning con i Red Sox sotto 4-1. Concesse una valida a Jimmy Hall, ma poi mise strikeout Rick Reichardt, fece eliminare Buck Rodgers su una rimbalzante (tiro del ricevitore in prima), e ottenne il secondo strikeout a spese di Tom Satriano. Nell'ottavo inning, concesse una base su ball ed effettuò un lancio pazzo, ma non fece altri danni. Ken Poulsen andò a battere per Lyle nel nono ma i Red Sox persero la partita, 4-3. Nei due inning che lanciò, Lyle aveva concesso una valida, una base su ball, ma nessun punto e tre trikeout. Da allora fino alla fine della stagione, lanciò 43 innings e 1/3, concedendo 33 valide e realizzando 42 strikeout, con un record di 1-2. Lui non fu presente alle World Series a causa del braccio dolorante. Nel 1968, Lyle andò 6-1 con 11 salvezze, ritagliandosi un ruolo primario nella squadra come rilievo mancino. La stagione successiva, lanciò 102 innings e 2/3, realizzando 17 salvezze e 93 strikeouts, insieme al suo record di 8-3. Questa stagione lo rese uno dei migliori lanciatori di rilievo del baseball. Nelle successive due stagioni registrò altre 36 salvezze, leader della squadra in questa categoria per tre stagioni di fila. Il suo futuro sembrava luminoso. Lyle era diventato uno dei rilievi dominanti del gioco degli anni '70, ma la maggior parte delle sue migliori stagioni le ottenne con gli odiati rivali del team. In quello che molti fans dei Red Sox considerano la peggiore trade della squadra degli ultimi 50 anni, Lyle venne scambiato durante lo spring training del 1972, con i New York Yankees per il prima base Danny Cater e un giocatore da chiamare più tardi (Mario Guerrero). Cater battè un abissale .237 nel suo primo anno con i Red Sox, anche se riemerse nel 1973, raggiungendo i .313 in 63 partite. Nel frattempo, l'interbase dominicano Guerrero aveva lottato con una media battuta di .233 nel 1973. Dal 1972 al 1978, Lyle si consolidò come l'asso del bullpen degli Yankees. Contribuì a portare gli Yankees a tre pennant consecutivi dal 1976 al 1978 e ai titoli delle World Series nel 1977 e 1978. Nel 1972 realizzò 35 salvezze, fissando il record della Major League per i rilievi mancini (Solo l'anno successivo, John Hiller dei Detroit Tigers superò Lyle, registrando 38 salvezze). Nel 1972, Lyle era diventato il primo mancino ad ottenere 100 salvezze nell'AL, guadagnandosi il Fireman of the Year award dallo The Sporting News. Guidando la classifica nel 1976 con 23 salvezze, superò il record del futuro lanciatore Hall of Famer dell'American League Hoyt Wilhelm di 154 salvezze, e si mise in corsa per battere il record dei mancini della Major League detenuto da Ron Perranoski con 179 in carriera. Nel 1977, Lyle aveva raccolto 201 salvezze in carriera e stava rapidamente avvicinandosi al record di 227 di Wilhelm. Lyle lo eguagliò il 26 maggio del 1980. Lo stesso record fu eguagliato da Rollie Fingers dei San Diego Padres pochi giorni dopo, il 31 maggio. Lyle andò a 228 il 4 giugno; Fingers lo raggiunse il 7 giugno. Lyle poi tornò avanti di due con le salvezze del 13 e 16 giugno. Fingers lo raggiunse a 230 il 25 giugno, e poi andò in vantaggio. Nel 1973 venne nominato alla sua prima delle tre apparizioni nell'American League All-Star team. Lanciò un inning completo, concedendo una valida e realizzando uno strikeout. Fu di nuovo chiamato nell'All-Star team sia nel 1976 che nel 1977, non giocò nel 1976 e lanciò due innings nella partita del 1977. Sparky Lyle contribuì in maniera determinante alle stagioni dei New York Yankees dal 1972 al 1977 ed era così fondamentale che la squadra faceva suonare la marcia "Pomp and Circumstance", come tema musicale allo Yankee Stadium ogni volta che entrava in campo dal bullpen. Di norma usava il suo superbo slider, che divenne il suo marchio di fabbrica, ma aveva nel suo arsenale anche una grande palla veloce e una curva molto impressionante. Nel 1977, realizzò un record di 13-5, con una ERA di 2.17, 26 salvezze e ricevette il primo American League Cy Young Award assegnato nella storia ad un lanciatore di rilievo. Lyle lanciò 137 innings in 72 apparizioni. Dopo la stagione, Lyle e il proprietario degli Yankees George Steinbrenner non furono in grado di raggiungere un facile accordo su un nuovo contratto. Il controverso proprietario degli Yankees era riluttante a dare a Sparky quello che voleva, perché Lyle avrebbe avuto 35 anni nel terzo anno del contratto triennale. Il Boss pensava che Sparky era troppo vecchio per pagarlo oltre 100000 dollari per lanciare. Ma una mattina a Tampa, squillò il telefono. Sparky non aveva idea di chi fosse dall'altra parte quando la voce chiese: "Cosa vuoi?". Lyle capì subito chi stava chiamando, lui e Steinbrenner arrivarono ad un accordo su circa 425 mila dollari per tre anni. Alla fine del 1977, George Steinbrenner decise di tirar fuori il suo libretto degli assegni e firmare Rich "Goose" Gossage e Rawly Eastwick, nonostante la presenza consolidata di Lyle nel bullpen degli Yankees. Mentre Lyle venne utiizzato poco per tutta la stagione, Gossage diventò il nuovo closer degli Yankee, e il 10 novembre, Lyle fece parte di una trade di 10 players con i Texas Rangers. Ora a 34 anni, Lyle non era in grado di raggiungere i livelli di successo che aveva conseguito negli anni precedenti. Durante il suo primo anno con i Rangers, nel 1979, lanciò 95 innings, realizzando una ERA di 3.13, con cinque vittorie e otto sconfitte. Texas finì a cinque partite dalla prima nell'AL West. Nel 1980, Kansas City vinse la West, e Texas finì quarta a 20 partite e 1/2 dalla prima. Sparky conseguì un record di 3-2 in 80 innings e 2/3 di rilievo, con una ERA di 4.69, la prima volta che superava i 4.00. Nel 1980, Rollie Fingers superò il record di salvezze dell'AL di Lyle in carriera, e nel 1991 Dave Righetti (che era arrivato agli Yankees dai Texas nella trade dei 10 giocatori) li superò nella classifica di salvezze in carriera per mancini. Verso la fine della stagione, il 13 settembre, fu ancora una volta coinvolto in una trade per un giocatore che sarebbe stato nominato in seguito (Kevin Saucier), finendo ai Philadelphia Phillies. Lyle lanciò solo 14 innings, ma con un buon 1.93 di ERA aiutò i Phillies a raggiungere la post-season. Anche se i Phillies andarono a vincere il loro primo titolo delle World Series di quell'anno, Lyle non potè lanciare nella post-season. Sparky in una stagione completa con i Phillies nel 1981, comparve in 48 partite lanciando 75 innings. Registrò un record di 9-6, con una ERA di 4.44. Il suo ultimo anno di lanciatore in Major League fu il 1982. Con Philadelphia, andò 3-3 in 36 innings e 2/3 innings di lavoro, e un deludente ERA di 5.15. I Phillies sentivano che era finito, e vendettero il suo contratto agli White Sox il 21 agosto. Lyle chiuse la sua carriera apparendo in 10 partite dell'AL, con una ERA di 3.00 (nessuna decision in 12 innings completi di lavoro.) Il 27 settembre giocò la sua ultima partita in Major League. Venne rilasciato il 12 ottobre 1982, terminando il suoi 16 anni di carriera con 238 salvezze, 2.88 di ERA, e un record di vittorie/sconfitte di 99-76 in 899 partite lanciate - ognuna di queste come rilievo. Dopo la firma di Gossage con gli Yankees, il carico di lavoro di Sparky diminuì, e gli garantì la possibilità di dare un'occhiata più da vicino a ciò che stava accadendo intorno a lui. Aveva dimostrato di essere un osservatore molto astuto. La stagione 1978 fu una stagione sull'ottovolante per gli Yankees, con qualsiasi numero dalle dimensioni drammatiche, e si dimostrò una delle loro più eclatanti e controverse di sempre. Assieme all'autore Peter Golenbock, Lyle scrisse il libro best seller intitolato The Bronx Zoo, pubblicato nel 1979. Questo divertente e graffiante libro raccontava tutti i segreti del baseball con una visione dall'interno. Nel 1990, scrisse un altro racconto umoristico The Year I Owned the Yankees: A Baseball Fantasy. Si tratta di un racconto immaginario di come lui avrebbe diretto un anno l'organizzazione degli Yankees parodiando i primi 15 anni dell'era Steinbrenner. Dopo il suo ritiro incondizionato dai Chicago White Sox nel 1982, Sparky Lyle ancora una volta si trovò un ruolo importante. Divenne il manager di un team di baseball indipendente a Bridgewater, New Jersey, i Somerset Patriots. Fu un ruolo che accadde quasi per caso. Un giorno stava cercando di acquistare un nuovo autocarro e il suo buon amico, ex major leaguer John Vukovich, lo portò da uno dei suoi amici, Steven Kalafer, il proprietario della Flemington Car and Truck Country Family of Automotive Dealerships. Lyle era alla ricerca di un buon affare e Kalafer gliene diede uno. Nelle sei settimane che ci vollero perchè arrivasse il nuovo camion, a Kalafer capitò di acquistare una nuova squadra di baseball dell'Atlantic League of Professional Baseball e disse a Vukovich che stava cercando uno Yankee per dirigere la sua nuova squadra. Voleva "qualcuno con un nome", così Vukovich gli suggerì il nome di Sparky. Il giorno che Sparky e sua moglie andarono a prendere il nuovo F-150, egli non solo ricevette il suo nuovo camion, ma anche un'offerta di lavoro per la gestione dei Somerset Patriots. Lyle divenne il manager dei Somerset Patriots da quanto la squadra iniziò nel 1998. Egli vanta un primato molto impressionante come manager, conducendo i suoi Patriots a cinque titoli della league (2001, 2003, 2005, 2008, 2009) - un record della lega. Nel 2003, Lyle ha condotto i Patriots alla seconda Atlantic Championship League del team. Avevano iniziato la prima metà della stagione in fondo alla classifica della South Division. Sotto la guida di Lyle, il team ha fatto una rimonta notevole per vincere la Second Half Championship ed entrare nella post-season. Chiusero fuori i Camden Riversharks e poi sconfissero i Nashua Pride per il titolo dell'Atlantic League. Lyle fu nominato Manager of the Year, per la seconda volta (La prima volta fu nel 1999 e la terza nel 2009). Nel 2005, Sparky Lyle ha guadagnato la sua vittoria 500a vittoria e nel 2012 ha vinto la 1000a vittoria come manager dei Somerset Patriots e fino ad oggi è il manager più vincente della league. In inverno, Sparky trascorre il suo tempo libero ad ascoltare gli Eagles, gioca a biliardo e a golf e non si allontana mai da casa. Dice ridendo: "Io credo di esser effettivamente andato in vacanza una sola volta in tutta la mia vita. Sono andato a Sedona, Arizona, per dieci giorni, ed ero di nuovo a casa dopo quattro. Non ne potevo più. Ne avevo abbastanza di quelle ... (fottute) rocce rosse".

Sparky Lyle nel 1977

Boston Red Sox
Texas Rangers
Philadelphia Phillies
Cicago White Sox

Sparky Lyle come manager dei Patriots

La caricatura di Sparky Lyle

Sparky Lyle ebbe una forte influenza anche sull'unica mascotte nella storia degli Yankees. Steinbrenner incaricò Harrison e Erickson perchè creassero una mascotte in costume per la loro stagione 1979. Il risultato fu un uccello antropomorfo di nome Dandy (un gioco sulla canzone "Yankee Doodle Dandy") che aveva i baffi simili a quelli di Sparky Lyle (e il viso un po' simile al capitano degli Yankees Thurman Munson)

 

AL Rosen

Albert Leonard Rosen
Nickname : "Al","Flip" o "Hebrew Hammer"

Nato: 29 Febbraio 1924 a Spartanburg, SC
Debutto: 10 Settembre 1947
Batte:
Destro / Tira: Destro

Quando Rose Rosen guardava suo figlio Al giocare con gli altri bambini, dichiarò più volte che tossiva dolorosamente e respirava come se ogni boccata d'aria fosse la sua ultima. Questo ragazzo asmatico non sembrava destinato a diventare un giocatore della major league baseball. Piuttosto, sembrava potesse finire in qualche ufficio come impiegato o dirigente. Ma lui fu fermamente determinato a diventare un grande atleta. Rosen non solo ebbe successo come giocatore di baseball, ma fu anche un fine pugile e diventò un ottimo dirigente della major league. Rosen, una volta parlò del suo incontro con Elmer Yoter, un manager della minor league nell'organizzazione dei Cleveland Indians. Yoter disse a Rosen. "Vai a prendere il contenitore del pranzo, figliolo. Non riuscirai mai a emergere in questo gioco". Eppure, la durezza e la determinazione furono i tratti distintivi del carattere di Al Rosen e gli permisero di avere successo oltre le aspettative come nessuno altro. Albert Leonard Rosen, nacque a Spartanburg, South Carolina, il 29 febbraio del 1924, figlio di Louis e Rose Rosen. Come lo descrisse la madre, il padre di Al era un "buono a nulla", che finì per lasciare la famiglia dopo pochi anni di matrimonio. A causa dell'asma di Al, la famiglia si trasferì a Miami, quando Al aveva solo 18 mesi, offrendo un clima che secondo Rose Rosen era più salutare per lui. Rose lavorò come commessa in un negozio di abbigliamento mentre la nonna, nata in Polonia, Gertrude Levine, si prese cura di lui e di suo fratello Jerry. Incoraggiato a provare gli sport, Al dimostrò presto di avere delle buone capacità atletiche. Crescendo, la sua asma scomparve. Rosen visse a Miami in un quartiere povero. Era nella parte sud-ovest della città conosciuta come Little Havana. Il clan Rosen era l'unica famiglia ebrea nel loro quartiere, dove Al trascorse la sua infanzia impegnato in molte baruffe a causa delle sue origini etniche. La resistenza divenne il suo mantra nella fase della crescita. L'origine ebraica di Rosen diede origine a un certo scetticismo sulle sue capacità atletiche. Rosen disse che una volta il suo coach di football alla high school gli chiese perché si dava molto da fare per il football quando era ebreo. Più tardi disse che era stabilito che ogni Ebreo d'America sarebbe stato fiero di lui a causa dei suoi successi. In un'occasione, l'editorialista e conduttore TV Ed Sullivan scrisse che "Rosen era cattolico perché segnava sempre una croce sul piatto di casa base ogni volta che andava a battere". Rosen rispose che "non era una croce, ma una x" e che avrebbe voluto che il suo nome fosse "più ebraico" in modo che nessuno lo scambiasse per un cattolico. Rosen, era un pugile esperto, non accettava nessuna fesseria da chiunque sul campo da gioco ed i giocatori evitavano di scontrarsi con lui. Una volta, qualcuno dei Chicago White Sox chiamò Rosen "bastardo Ebreo". Rosen si avvicinò al dugout dei Chisox e con calma chiese che chi lo aveva chiamato con quel nome si facesse avanti. Nessuno accettò il suo invito. Rosen normalmente era chiamato con il nickname di "Flip", che alcuni attribuiscono al suo polso sciolto nel lanciare a softball, quando era un adolescente. Altri dicono che era il modo con cui Rosen passava il pallone da basket. Al liceo, Rosen diventò un eccellente giocatore di baseball. Ammirava Lou Gehrig e Hank Greenberg, che era anche lui ebreo, come i suoi giocatori preferiti. Rosen frequentò brevemente la University of Florida nel 1941 e nel 1942 prima di optare di lasciare la scuola per cercare di farsi strada nel baseball professionista. Firmò per Thomasville, North Carolina, squadra della North Carolina State League, il livello più basso nelle minor guadagnando 90 $ al mese prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale. Al si arruolò in Marina nel 1942 e prese parte alle azioni nel Pacifico meridionale. Era imbarcato in una nave d'assalto e prese parte allo sbarco iniziale a Okinawa nella cruda battaglia per l'isola. Nel 1946, lasciò la Marina con il grado di tenente e ritornò alla sua carriera emergente del baseball. Al cominciò seriamente a perseguire i suoi sforzi per arrivare alle major. Poiché il club di Thomasville era sotto contratto con gli Indians, Rosen rimase di proprietà del team. Fu mandato dagli Indians nel 1946 a giocare per i Pittsfield Electrics a Pittsfield, Massachusetts, una squadra nella Canadian-American League. Battè .323 con 16 homers e 86 RBI e venne votato come miglior rookie della league. Si guadagnò un nuovo soprannome "Hebrew Hammer" per la sua potente battuta nelle minor. Nel 1947, Rosen si trasferì agli Indians di Oklahoma City, nella competitiva Texas League. Mise a fuoco il campionato battendo .349, con 186 valide, 141 RBI e una percentuale slugging di .619. Rosen fu votato Most Valuable Player del campionato e realizzò quella che venne considerata una delle migliori stagioni nella storia della Texas League. I Cleveland Indians presero atto, e Rosen fu nel roster per un breve periodo all'inizio della stagione 1948. Rosen, che giocava terza base, fu in competizione per la posizione con l'anziano, ma ancora formidabile, Ken Keltner, che aveva colpito i cuori dei fans degli Indians con le sue grandi giocate e i suoi gioielli difensivi che avevano contribuito a fermare la striscia di 56 valide consecutive di Joe DiMaggio nel 1941. Keltner continuò ad essere titolare in terza base e Rosen fu fatto scendere ai Kansas City Blues, una squadra del triplo A dell'American Association. Il 26 e il 27 luglio del 1948, Rosen colpì cinque homers consecutivi per Kansas City. Battè .327 quell'anno, e venne votato Rookie of the Year della league. Alla fine della stagione 1948, Rosen venne richiamato dagli Indians e utilizzato come pinch hitter nelle World Series, andando 0 su 1 contro i Boston Braves. Nel 1949, Rosen giocò 23 partite per gli Indians, ma trascorse la maggior parte dell'anno con i San Diego Padres della Pacific Coast League. Rosen giocò lì con alcuni futuri major leaguers, tra cui Minnie Minoso, Luke Easter e Al Smith. Nel 1950, Ken Keltner, a causa di acciacchi e alla trade con i Boston Red Sox, finalmente cedette la terza base a Rosen. I fans di Cleveland, che ancora adoravano Keltner, in un primo momento rimasero scettici sul cambiamento. Ma Rosen colse la sfida e stabilì un record per un rookie di quel tempo battendo 37 homers conquistando il titolo dei fuoricampo dell'AL. Rosen fu anche leader della league in assist con 322. Battendo .287, Rosen ottenne la base su ball 100 volte, realizzò 116 RBI, segnò 100 punti con una percentuale di arrivi in base pari a .405. L'assalto di Rosen sui lanciatori dell'American League si affievolì nel 1951. Giocando in tutte le 154 partite, eguagliò il record della Major League di quattro grand slam. Ma la sua media scivolò a .265, e colpì solo 24 home run, anche se riuscì a realizzare 102 RBI. Infelice della sua prestazione del 1951, Rosen si prese una lunga vacanza in Sud America e poi tornò a preparare la mente e il corpo per la stagione 1952. Lavorò sul mantenere le gambe in forma. Negli anni precedenti aveva giocato a golf, ma quell'anno invece lavorò presso la minor-league di Miami per rimanere al top. Gli fu detto da un altro ben noto atleta, il giocatore di golf Sammy Snead, che era meglio rinunciare al golf per essere un giocatore migliore di baseball. Snead disse a Rosen: "Tu non mi vedi sventolare una mazza da baseball". Nel 1952, Rosen migliorò la sua performance. Segnò 101 runs, colpì 171 valide e realizzò 105 RBI con una media battuta di .302. Questo fu un barlume di ciò che avrebbe realizzato nel 1953. Durante l'off-season, ascoltò nuovamente il consiglio Snead, lavorando duramente per mettere le gambe in forma, ma non per sventolare le mazze da golf. Il 1953 fu l'anno all'insegna di Rosen. Scatenato da un vigoroso .336 di media, per poco Rosen perse la Triple Crown. Nel suo ultimo at-bat, a quanto pare era arrivato salvo dopo aver battuto la palla sul terza base e questo gli avrebbe dato la Triple Crown. L'umpire Hank Soar la pensò diversamente e chiamò Rosen out. Dopo la partita, Soar venne interrogato sulla chiamata. "Non aveva toccato il sacchetto", disse Soar. Rosen concordò che sarebbe stato salvo se avesse toccato il sacchetto. Così Mickey Vernon, che aveva battuto .337 con Washington, vinse la media battuta dell'AL. Rosen che aveva colpito 45 homers e 145 RBI dovette accontentarsi di quei titoli. Alcuni commentatori credevano che i Senators si fossero assicurati che Vernon non andasse a battere al nono inning della sua partita finale dell'anno, garantendogli così il titolo di battuta. Secondo i resoconti Keith Thomas mise a segno un singolo e venne eliminato nel tentativo di allungare per un doppio, Eddie Yost fu eliminato su un popfly dal seconda base e Pete Runnels out per la via 4-3, registrando in tal modo la fine del gioco. Rosen fu votato all'unanimità Most Valuable Player dell'AL nel 1953, il primo giocatore, dopo Hank Greenberg nel 1935, a ricevere tutti i voti del primo posto. Come Milton Gross del New York Post ammise, "Sullo sfondo del solito provincialismo mostrato in questo voto, la valanga di voti non solo è senza precedenti, ma è il tipo più sincero di benservito al prematuro brizzolato ventottenne, dopo solo quattro [complete] stagioni di baseball nella big league". Gli infortuni cominciarono a ostacolare Rosen durante la stagione 1954, limitando le sue presenze a 137 partite. Rosen riuscì ancora a battere .300, con 24 homers e 102 RBI, per il quinto anno consecutivo Rosen aveva realizzato almeno 100 RBI. I fans di Cleveland cominciavano a temere per lui. Tuttavia, Rosen vinse il premio MVP dell'All-Star game, dopo aver battuto due fuoricampo nell'esibizione. Più significativamente, la sua squadra degli Indians vinse il pennant dell'AL con l'allora record di 111 vittorie prima di cadere contro i NY Giants nelle World Series. Nel 1955, giocando in sole 139 partite, Rosen battè un umile .244, con 81 RBI e 21 homers. La stagione 1956 non fu migliore. Rosen colpì .267 con 15 homers e 61 RBI. Affetto da lesioni croniche, Rosen decise di farla finita come giocatore dopo la stagione 1956. Tra questi disturbi c'erano un dito rotto e una lesione alla schiena causata da un tamponamento automobilistico. Ironia della sorte, un litigio con il suo ex idolo Greenberg, poi general manager degli Indians, contribuì alla sua decisione di ritirarsi. Quando la stagione del 1956 si concluse, Greenberg voleva tagliare dal contratto di Rosen di altri 5000 $ dopo averlo tagliato in precedenza da 42500 a 37500 $. Rosen aveva anche subito la rottura di un dito, dopo che gli Indians lo costrinsero a cambiare di posizione per passare in prima base nel 1955. Rosen era arrabbiato con Greenberg e il loro rapporto precipitò. Aveva giocato un totale di 1044 partite, tutte con Cleveland, aveva battuto 3725 volte, segnando 603 punti, colpendo1063 valide, 192 homers e 717 RBI con una media vita in battuta di .285. Le statistiche delle World Series sono insignificanti, con 3 su 14 durante le sue apparizioni nel 1948 e 1954. Rosen aveva solo 32 anni quando si ritirò. Il suo orgoglio non gli permetteva di continuare a giocare e vivacchiare in ciò che egli considerava prestazioni sotto i suoi livelli standard. La vita nel baseball sembrava finita per Rosen quando scambiò la sua uniforme per gli abiti gessati di un agente di cambio. Per 17 anni a Cleveland, l'attività di investimento fu la vita di Al. La maggior parte del suo tempo venne speso con Bache and Company, dove alla fine arrivò a diventare il responsabile della sede di Cleveland. Ma il baseball era ancora nel suo sangue, e aiutò ogni primavera gli Indians come un istruttore di battuta. Nel 1973, Rosen aveva lasciato l'attività di investimento per un lavoro con il Caesar Palace di Las Vegas. Dopo cinque anni al casinò, George Steinbrenner proprietario dei New York Yankees chiese a Rosen di diventare presidente e chief operating office degli Yankees. Rosen accettò l'offerta nel 1978 e trascorse un anno trionfale ma tumultuoso lavorando con il manager degli Yankees Billy Martin e Steinbrenner. Secondo un articolo di Howard Cosell, Rosen e Martin avevano fatto un accordo informale poco prima dell'All-Star Game del 1978 per stare insieme contro alcuni dei decreti emessi da Steinbrenner. Martin poi fece le sue infamanti osservazioni sullo slugger Reggie Jackson e Steinbrenner dicendo che "uno è un bugiardo nato; L'altro è condannato". Il dilemma è se Rosen fu costretto a licenziare Martin o se Martin rassegnò le dimissioni. In entrambi i casi, Rosen sostituì Martin con un vecchio amico, ex compagno di squadra Bob Lemon. Gli Yankees andarono a vincere il pennant dell'AL e le World Series. Fonti di stampa credono che Rosen trascorse più tempo nel 1978 tra le faide sorte tra Martin e Steinbrenner che in materia di baseball. Nel 1979, Martin tornò come manager degli Yankees. Martin disse a Steinbrenner che non avrebbe più comunicato con lui tramite Rosen, lamentando che i messaggi passati attraverso Rosen erano stati distorti. Ora che Rosen era stato effettivamente rimosso come ostacolo a Steinbrenner, Martin superò in grado tutto il front office. Il primo vero test di chi avrebbe ascoltato Steinbrenner avvenne quando Rosen autorizzò che una partita tra gli Yankees e California Angels venisse giocata più presto per essere trasmessa da una televisione nazionale. Martin avrebbe voluto iniziare il gioco all'ora prevista, e Steinbrenner si schierò con Martin. Il cosiddetto accordo tra gentiluomini tra Rosen e Martin era ufficialmente morto. I compiti di Rosen erano ormai quasi completamente connessi al business e la parte del baseball era stata presa da Martin. Rosen irritato da questa situazione, uno di una lunga serie di dirigenti nell'ufficio degli Yankees che si sentiva limitato dalla micro-gestione di Steinbrenner, rassegnò le dimissioni il 19 luglio del 1979, solo un anno e mezzo dopo aver assunto la posizione negli Yankees. Dopo aver lasciato gli Yankees, Rosen fu assunto come responsabile delle operazioni di credito in un altro casinò, Bally's ad Atlantic City. Ma il suo mandato fu turbato quando Rosen autorizzò il prestito di 2,5 milioni di dollari a quattro casinò che erano stati truffati in un raggiro. Cinque persone furono arrestate nell'inchiesta. Rosen non venne arrestato, ma ammise di aver usato un cattivo giudizio nell'autorizzare i prestiti. Rosen non rimase fuori dal baseball a lungo. Due settimane dopo gli Houston Astros avevano perso una serie playoff con i Philadelphia Phillies nel mese di ottobre del 1980, e Al Rosen sostituì Tal Smith come presidente e general manager. Tuttavia, questa esperienza non iniziò felicemente per Rosen, a causa della natura controversa del licenziamento di Smith. Gli Astros avevano appena completato la prima apparizione ai playoff della squadra in quanto la franchigia era nata nel 1962. La serie playoff fu emozionante e ben giocata, e Smith era stato nominato Major League Executive of the Year. Rosen incontrò una stampa ostile e un ostile mondo di appassionati. Il proprietario degli Astros John McMullen, già non ben voluto a Houston, aveva subito una insurrezione da parte del team di 20 proprietari per far fuori Smith, e alla fine avevano ceduto a McMullen che era l'unica autorità a prendere decisioni riguardanti il ​club. Rosen era di nuovo su un posto che scottava. Tony Siegle, assistente di Smith che Rosen conservato come parte del suo personale amministrativo, ebbe a dire: " Il Generale Santa Ana ha ricevuto un'accoglienza amichevole da parte dello Stato del Texas come l'hanno fatta ad Al". McMullen e gli azionisti di minoranza erano in costante contrasto, con molti azionisti che volevano cacciare Rosen e reintegrare Smith. In aggiunta a questo, Rosen apprese che avrebbe avuto bisogno di un intervento chirurgico a cuore aperto. Rosen subì l'operazione che andò a buon fine. Purtroppo, Rosen non ebbe mai molto controllo sugli affari degli Astros. Rosen, considerato un general manager conservatore, fu forzato dalla proprietà nei suoi tentativi di affrontare giocatori. Attraverso tutte le lotte interne, la squadra ebbe un discreto successo nel tempo in cui Rosen rimase. Gli Astros conclusero al secondo posto nella National League West nel 1981, quinti nel 1982, terzi nel 1983, terzi nel 1984 e terzi nel 1985, vincendo un totale di 386 giochi e perdendone 372. Rosen finalmente lasciò la squadra nel settembre del 1985. Nello stesso mese nel 1985, Rosen venne assunto come presidente e general manager dai San Francisco Giants, all'ultimo posto in quell'anno. Contribuì a resuscitare un franchigia moribonda attraverso i suoi rapporti, che culminarono nel titolo della NL West nel 1987. Il compito di Rosen con i Giants durò per tutta la stagione 1992. Durante il suo mandato, i Giants vinsero 589 partite perdendone 475. Nel 1987, Rosen fu eletto Major League Executive of the Year. I Giants ancora una volta arrivarono primi nella National League West nel 1989 e vinsero le NL Championship Series contro i Chicago Cubs, ma furono spazzati nella World Series dagli Oakland A's per 4 giochi a 0. Rosen poi si ritirò nella sua casa di Rancho Mirage, California. La vita personale di Rosen fu colpita da una tragedia il 4 maggio del 1971, quando sua moglie, Teresa (Terry) Ann Blumberg, morì cadendo dal Warwick Hotel di Philadelphia in circostanze misteriose. Sposata nel 1952 la coppia aveva avuto tre figli. Comprensibilmente, Rosen preferì non parlare mai di questo evento doloroso. Al Rosen e la sua seconda moglie, Rita, che lo chiama Flip, sono sposati da 34 anni. Rosen viene consultato occasionalmente dalle squadre di baseball, tra cui un lavoro con gli Yankees come assistente speciale del general manager nel 2001 e 2002. Quando si sente bene gioca a golf. Rosen, nato il 29 febbraio, scherza spesso dicendo che egli non arriverà a festeggiare il suo compleanno. Al suo 80° compleanno, ha detto, "Con tutti i diritti, sto solo andando ai 20. Cavolo, io non sono nemmeno ancora maggiorenne". Nel 1994, gli Indians tennero una speciale celebrazione in onore dell'unanime MVP Award del 1953 di Rosen, e tutti e cinque i suoi figli erano presenti al Jacobs Field. Nel 2006, Rosen è stato anche inserito nella Hall of Fame degli Indians. Rosen è anche membro della Hall of Fame di Cleveland, la Jewish Sports Hall of Fame e la Texas League Hall of Fame. La forza e la determinazione per superare ogni tipo di ostacolo è stato il fattore chiave nella sua ascesa per diventare una stella del baseball e per il suo successo come amministratore di baseball. La resistenza fisica e mentale servì a Rosen attraverso tutte le sue molte sfide della vita: l'abbandono del padre quando era un bambino, l'asma da ragazzo, gli insulti razziali per la sua origine ebraica, lo scetticismo sulle sue capacità nel baseball e i suoi travagli, poi, come executive degli Yankees e Astros. Egli infatti era "un duro Ebreo", come Rosen aveva detto una volta di se stesso, ed era un giocatore di baseball, e persona, che tutti possono ammirare.

1953 - Al Rosen riceve il premio Athlete of the Year

AL Rosen alla battuta

Al e Larry Doby celebrano la vittoria sui Baltimore Orioles nell'Aprile del 1954

Al Rosen, Mickey Vernon e Mickey Mantle durante l'All-Star Game del 1954

La copertina di Sport Illustrated del 18 Aprile del 1955

Al Rosen testimonial dei corn flakes della Wheaties

Al Rosen nelle vesti di presidente e chief operating office degli Yankees

 

Chief Hogsett

Elon Chester Hogsett
Nickname : "Chief"

Nato: 2 Novembre 1903 a Brownell, KS
Morto: 17 Luglio 2001 a Hays, KS
Debutto: 18 Settembre 1929
Batte:
Sinistro / Tira: Sinistro

Il suo soprannome alimentò la convinzione che Elon Hogsett fosse in parte indiano. La stampa e i fans lo pensavano. Eppure questo lanciatore mancino in realtà aveva ben poco di sangue nativo americano. In un'intervista del giugno del 1982 con l'autore Richard Bak, aveva detto, "Sono veramente indiano? Beh, io sono un trentaduesimo Cherokee da parte di mia madre. Forse di più, ma chiunque capisce che ho abbandonato la verifica. Probabilmente per paura di ciò che potrei trovare". Eppure, il bruno del Kansas sembrava adatto alla parte, e al consumato modo di dire "solo un po' confuso". Come uno dei primi specialisti nel ruolo di rilievo delle major, Hogsett giocò per 11 stagioni nella big-league (1929-38, 1944). Aiutò i Detroit Tigers ai pennant back-to-back del 1934 e del 1935, vincendo un anello delle World Series nel '35. Il suo movimento di lancio fu il tratto più distintivo di Elon. I sottomarini erano lanciatori rari, ancora più rari se mancini. Elon Chester Hogsett nacque in una fattoria appena fuori Brownell, Kansas, il 2 novembre del 1903. I suoi genitori erano Casper Wilson Hogsett - il cognome del nonno si pronunciava Hogshead - e Jessie Nora Ball. C.W. e Jessie, che si erano sposati nel dicembre del 1892, ebbero tre figli prima di Elon: un ragazzo di nome Don, una figlia di nome Dana, e poi un altro figlio di nome Aubrey. Tuttavia, il matrimonio finì qualche tempo dopo il 1905. e C.W. si risposò e si trasferì nell'Illinois. Anche Jessie si sposò di nuovo, con un uomo di nome Harry Jerald Cranston, nel mese di dicembre del 1907. Cranston era vedovo e aveva perso la moglie nel 1904. I bambini Hogsett ebbero cinque sorellastre e due fratellastri, un fratellastro di nome Harry e due sorellastre nome Mildred e Jessie si sarebbero uniti a loro. Il giovane Elon odiava la fattoria e il suo patrigno, bevitore incallito. Lasciò la casa all'età di 14 anni e non vi tornò più, anche se aveva lanciato per la squadra del liceo Brownell e diversi club della città. Un retaggio della fattoria, però, era il movimento di sottomano di Hogsett, che derivava dal far saltare delle pietre in acqua per noia. Nel 1925, a 21 anni, era diventato professionista con una squadra a Independence, Kansas, ma venne tagliato. Poi si unì ai Cushing (Oklahoma) Refiners nella classe D della Southwestern League. Come Hogsett ricordava, i Tigers comprarono il suo contratto quell'anno, sebbene il farm sistem in quanto tale non aveva ancora veramente preso piede tra le major. Elon andò 16-15, ma la sua ERA non è disponibile. Qualcos'altro fu forse più notevole, però: "Ecco dove iniziarono a chiamarmi Chief", aveva detto Hogsett a Richard Bak. "Alloggiavo con un purosangue indiano Kiowa". Tuttavia, Elon disse al giornalista Mike Berry del Wichita Eagle nel 1989 che un piazzista lo soprannominò "Chief", mentre lavora come fattorino per la sorella in albergo, poiché l'uomo pensava che Hogsett fosse un indiano. Nel 1926, Hogsett giocò nella classe D (con i Marshall Snappers, alias Indians, della East Texas League) e classe A (Fort Worth della Texas League). Il suo record totale fu di 6-14; ancora una volta, la sua ERA non è disponibile, nè la ripartizione delle statistiche per livello. Il libro Baseball in Fort Worth indica che Chief era nella rotation dei Panthers. Tuttavia, gli score mostrano solo che lui era lì a marzo e in aprile per delle partite di esibizione, mentre era un regolare partente per Marshall in estate. Una delle prime sostanziali serie di notizie su Elon che possono essere trovate online (da Decatur Review, 12 maggio del 1927) indica che il suo record della regular-season fu fatto con gli Snappers: "Elon 'Chief' Hogsett, un lanciatore che non ha vinto sei partite, ma rispetto alle 14 sconfitte dello scorso anno nella classe D ... ha analizzato e agito come un lanciatore, che deve possedere un record molto migliore di quello che i libri gli hanno dato credito nella scorsa stagione". Questa storia venne scritta dopo che Elon si era unito ai Decatur Commodores nella Three-I League (Classe B). Già i giornali stavano dando credito alla sua presunta eredità, etichettandolo "the big Indian", anche se 10 giorni prima il Decatur Herald aveva giustamente osservato che aveva solo "una traccia di sangue indiano nelle vene". Eppure, nonostante un record di 5-1 per i "Commies", fu mandato ai Wheeling Stogies della Middle Atlantic League (Classe C) ai primi di giugno. Il Decatur Herald disse l'8 giugno che "non riusciva ad arrivare a casa base. Aveva iniziato tre volte al Fans' Field, e per tre volte il manager Harold Irelan l'ha dovuto rimuovere prima del terzo inning". Il lanciatore ace della squadra quell'anno fu Carl Hubbell. I numeri globali di Hogsett nel '27 furono 9-10, con 2.68 di ERA. Salì di nuovo nella Three-I League nel 1928, ma con gli Evansville Hubs piuttosto che con Decatur. Pur terminando sotto .500 con 14-15 (per una squadra di 62-68), la sua fu una rispettabile ERA di 3.30. Charles "Punch" Knoll, manager di Fort Wayne nella Central League (anche questa in classe B), portò Elon come rinforzo per i playoff al termine della stagione. In precedenza, il 27 luglio, aveva sposato la sua fidanzata del liceo, Mabel Edith Wilson. Rimasero sposati per 52 anni. Nel dicembre del 1928, Elon fu venduto ai Montreal Royals dell'International League. L'anno successivo divenne All-Star della league, e leader con 22 vittorie contro 13 sconfitte (3.03 di ERA). Hogsett divenne anche membro onorario della Iroquois Nation nel 1929. Più di 50 anni più tardi, ricordava a Richard Bak: "Quegli indiani intorno a Montreal erano grandi appassionati di baseball. Prima di partire, fecero una cerimonia al piatto di casa base e mi diedero il nome di 'Ranantasse'. Significa 'forte braccio' ". Il 17 agosto, il manager dei St. Louis Cardinals Bill McKechnie osservava al Syracuse Herald: "Questo lanciatore indiano, Hogsett, di Montreal, mi sembra sia il miglior prospetto nella league". Poco dopo, i Tigers lo presero (dando in contanti 40000 $ e giocatori sconosciuti), con l'accordo che avrebbe indossato la casacca di Detroit alla fine della stagione nell'International League. C'era "la sensazione di 'qualcosa di strano' in questa operazione", riferì il Toronto Star - abbastanza per spingere Kenesaw Mountain Landis, commissioner del baseball, ad andare a Montreal in prima persona ai primi di settembre. Sembra che il giudice Landis rimase soddisfatto. Hogsett fece il suo debutto in major league il 18 settembre, perdendo un duello, 1-0, contro il pitcher degli Washington Lloyd Brown. Nel nono inning, Sam West effettuò un drag bunt che superò Elon e più tardi segnò sul singolo di Joe Judge. Quattro giorni dopo, però, Chief costruì la sua prima vittoria. Sostenuto da quattro doppi giochi, chiuse fuori i St. Louis Browns 5-0. Nei successivi tre anni, il manager dei Tigers Bucky Harris utilizzò Hogsett come swingman (Lo swingman è un lanciatore che si alterna tra il bullpen e la rotazione di partenza, utilizzato regolarmente in entrambi i ruoli. Lanciatori di questo tipo sono stati utilizzati di solito come una combinazione di partente / rilievo lungo, come il quinto uomo in una rotazione a 4 o 4 lanciatori e mezzo. L'utilizzo di questo ruolo è diminuito nel tempo per i pitching staff più lunghi e l'utilizzo di pitcher più rigidamente definiti. L'unico uso comune di swingmen oggi è nella prima parte della stagione, quando alcuni manager sfruttano l'aumento del numero di giorni di riposo utilizzando i loro quinti partenti come swingmen). Il submariner iniziò 44 volte in 102 apparizioni, con un record totale di 27-26. Tornò a Toronto per una parte della stagione 1931 a causa del braccio dolorante. Il record di Chief con i Maple Leafs a partire dalla metà di maggio fino a inizio luglio fu uno scialbo 2-6, con 4.25 di ERA. Tuttavia, i Tigers aveva bisogno di lui in ogni caso. The Sporting News scrisse che il 9 luglio Waite Hoyt era stato rilasciato perché fuori forma, mentre Charlie Sullivan era tornato a casa per stare con il padre gravemente malato. Tale articolo proseguiva: "Hogsett sembra aver assunto un peso considerevole ... e questo può rivelarsi utile. La scorsa estate ha sofferto di un disturbo allo stomaco ed è stato notevolmente al di sotto del suo peso normale". Nella stagione 1932 Elon fu probabilmente il migliore in major league: 11-9, 3.54 in un numero massimo in carriera di 47 partite. Iniziò ancora 15 volte quell'anno, ma poi il suo ruolo fu cambiato quasi esclusivamente partendo dal bullpen. Nel marzo del 1933, The Sporting News aveva dichiarato che "Hogsett è stato il migliore lanciatore di rilievo che Detroit ha avuto la scorsa estate, ma Harris ritiene che con [Firpo] Marberry in giro, non ha bisogno del mancino indiano per questo genere di lavoro". Come si rivelò, però, Elon iniziò solo due volte nel '33. Nel luglio del 1933, Clifford Bloodgood sulla rivista Baseball descrisse lo stile del lanciatore: "Hogsett è principalmente un lanciatore sottomano, ma di recente ha cominciato a lanciare side arm. Ha un buon sinker e una curva ingannevole che lo rende temuto e rispettato da tutti i battitori mancini nell'AL. Rompe e si allontana ed è chiamata nel gergo del gioco una 'butterfly'. I battitori a volte guardano impotenti, contro la sua curva numero due. Questa rompe". Elon disse anche all'autore Brent Kelley, che lo aveva intervistato per il suo libro del 1995 In the Shadow of the Babe, che la sua "curva" era in realtà uno slider. L'articolo di Bloodgood era anche noto per il suo tono stereotipato, come scrisse l'autore Charles Alexander in un saggio del 2002. Nel pezzo di Bloodgood Intitolato "Elon Hogsett, the Cherokee Pitcher" rassicurava i lettori che "il mancino di Detroit non possedeva una faretra e l'arco, non era avvolto in una coperta, e non saltava su e giù brandendo un tomahawk minacciando ferocemente una strage". I tifosi di Detroit del Navin Field accoglievano sempre Hogsett con il grido di guerra quando saliva sul monte, ma considerando che i fans dei Braves fanno ancora il "tomahawk chop", questo non è molto cambiato. Con l'arrivo del ricevitore-manager Mickey Cochrane, Hogsett lanciò esclusivamente come rilievo per i Tigers per i pennant vincenti del 1934 e '35. Il modo in cui lo usò Cochrane sarebbe diventato molto più comune decenni più tardi. Nelle sue 66 uscite in queste due stagioni, Elon lanciò 147 inning - circa 2 innings e 1/3 per ogni apparizione. Aveva detto a Richard Bak: "Mi piaceva entrare e lanciare a quei mancini ... gli Yankees avevano cinque di loro nel lineup in quei giorni - Ruth, Gehrig, Lazzeri, Dickey e Combs. Com'è andata a lanciare a Gehrig? Non molto bene ..... Mi ha colpito enormemente molto di più di Babe. Gehrig poteva tagliarti le gambe, colpiva la palla così forte. Ma quello che mi ricordo di Gehrig è la gran quantità di sigarette che fumava". Hogsett lanciò in tre partite delle World Series del 1934, che i Cardinals vinsero. Concesse un solo punto in 7 innings e 1/3, senza risultare leader dei Tigers. Affrontò quattro battitori nel terzo inning della partita finale, terminata 11-0, e non eliminò nessuno, quando St. Louis segnò sette punti che decisero la settima partita. La salute fu anche un motivo per cui Elon lanciò così raramente nel 1934 (26 partite). The Sporting News riferì il 22 novembre che "il disinvolto mancino ... ha appena finito di curarsi i denti nella speranza di migliorare la sua condizione fisica. Quando il resto dei Tigers è partito poco dopo le World Series, Hogsett è rimasto qui per una serie di sessioni con il suo dentista. Il lavoro è stato completato e Elon ritiene che uno dei problemi che lo hanno svantaggiato la scorsa stagione è stato rimosso". Infatti, Chief fu più impegnato e più efficace nel 1935. Nelle World Series, aggiunse un altro inning senza punti in Gara 3, e i Tigers continuarono vincendo sui Cubs. Quell'anno la famiglia Hogsetts aumentò con la nascita della loro figlia Virginia. In segno di cameratismo della squadra, la bambina venne chiamata con il nome della moglie del catcher Ray Hayworth. Elon avrebbe poi detto che Babe Ruth, noto per il suo amore per i bambini, la faceva giocare sulle sue ginocchia. Il 30 aprile del 1936, Detroit scambiò Hogsett con i St. Louis Browns per Jack Burns. Con un team con una ERA spaventosa di 6.24 quell'anno, i Browns inevitabilmente cominciarono male. Fu leader della squadra nelle partenze (29) e vittorie (13, il più alto numero in carriera, e con 15 sconfitte realizzando una ERA di 5.53). Quando Joe DiMaggio andò 3 su 6 nel suo debutto nella big-league il 3 maggio, colpì un triplo contro Elon. "Il ragazzo che mi ammazzò fu Joe DiMaggio", disse Hogsett con un largo sorriso a Mike Berry cinque decenni più tardi. Nel 1937, sopportò un triste anno per il povero ultimo posto dei Brownies. Il suo record di 6-19, con 6.29 di ERA che infuocò la sua media vita (5.02), fu la più alta del secolo per i lanciatori che avevano lanciato almeno 1000 innings (nel suo caso 1222). Questo stimolò gli autori James e Alan Kaufman a scrivere una lettera nel 1990 quando redissero il loro tagliente ma fondamentalmente bonario libro The Worst Baseball Pitchers of All Time (I peggiori pitcher del baseball di tutti i tempi). "Il Chief, conosciuto nei suoi giorni di gioco per essere estremamente avaro con la parola, ha risposto ... scrivendo questo breve messaggio: 'Non sono mai stato una stella -, ma ho giocato con e contro molti di loro. Io non sono nella Hall of Fame, ma essendo un pitcher, forse ho aiutato alcuni di loro ad esserci". Il 1° dicembre del 1937, i St. Louis scambiarono Hogsett con i Senators per Ed Linke. Tornò al ruolo di swingman a Washington per la stagione '38 (5-6, 6.03, nove partenze in 31 partite). Quel 7 dicembre l'Washington Post scrisse: "La prima mossa di Clark Griffith nel ricostruire il suo club per il 1939 ha preso consistenza ieri con la vendita definitiva del pitcher Elon Hogsett, mancino di 34 anni, al team di Minneapolis dell'American Association". Le condizioni della vendita non furono rese note. Elon fu un solido starter con i Miller per le successive tre stagioni. Realizzò un record di 16-9, 16-11 e 18-9 con una ERA di poco superiore a 4.00 ogni anno. Il 3 ottobre del 1939, i Philadelphia Athletics selezionarono Chief nell'annuale draft della Major League. A febbraio del 1940, il Christian Science Monitor riferiva che, secondo il proprietario/manager degli A's Connie Mack, Hogsett aveva restituito il suo contratto non firmato. Undici giorni dopo, il 16 febbraio, lo stesso giornale rivelò che aveva accettato i termini. Tuttavia, Mr. Mack rilasciò il lanciatore nel mese di aprile. Fu un "esperimento costoso" disse il Monitor il 16 aprile. "Sembra che ... gli Athletics avessero pagato 1800 dollari per il privilegio di avere Hogsett dai Millers". Nel novembre del 1940, Elon e Mabel festeggiarono il loro secondo figlio, un ragazzo di nome Stanley Gordon - il nome di Gordon Stanley Cochrane in senso inverso. La stagione seguente fu caratterizzata da una quasi no-hitter il 2 luglio. In casa contro i Kansas City, Chief eliminò i primi 16 battitori. Anche se effettuò un lancio pazzo dopo che, aveva concesso cinque basi su ball, perse la suo no-hit quando Buster Mills colpì un singolo con due out nel nono. Due settimane più tardi, Hogsett iniziò e perse la partita per Minneapolis contro l' All-Stars dell'America Association. Gli Indianapolis Indians acquistarono Elon da Minneapolis il 13 marzo del 1942, per una somma di denaro non conosciuta. Andò 11-10, 3.50 per gli Indians, ma nel 1943 lanciò poco e male. Gli Indians lo rilasciarono all'inizio di agosto, e si riunì a Minneapolis. Il suo record combinato per l'anno fu di 1-4, con 6.98 di ERA. Nonostante la sua inefficace stagione del '43, la carenza di giocatori durante la guerra diede a Hogsett la possibilità di giocare ancora una stagione con i Tigers nel 1944. Il quarantenne fu descritto come "uno dei migliori lanciatori in forma nel campo di Detroit". Difatti, aprì la stagione con il big club. Il 20 aprile, dopo che Hal Newhouser e Joe Orrell erano stati fortemente battuti, Hogsett oscurò i Browns concedendo solo tre valide negli ultimi 5 innings e 1/3. Tuttavia, egli apparve soltanto altre due volte, facendo la sua ultima apparizione in major league il 3 giugno del 1944. Detroit lo liberò il giorno successivo, e tornò ai Miller ancora una volta, andando 5-7 con una gonfiata 6.83 di ERA in 87 innings attraverso 31 partite. Elon Hogsett poi si ritirò dal baseball. Nel 1989, così commentò a Mike Berry: "Non sono orgoglioso del mio record [63-87, 5,02] per il maledetto spettacolo". Ma in tutta onestà per lui, le ERA negli anni '30 furono gonfiate. La media della league durante la sua carriera fu di 4.73, e così non fu davvero troppo al di sopra della norma generale. Nelle partite di oggi, probabilmente verrebbe utilizzato solo come uno specialista - ma come starter, dovette affrontare su base costante i battitori destri. Elon concesse una media di 11.1 valide e 3.8 basi su ball per 9 innings. Il suo sinker sottomarino non permise molti fuoricampo - solo 85, ovvero uno ogni 14 innings. Inoltre, Hogsett era un battitore piuttosto forte per essere un lanciatore, realizzando una media vita di .226 con 6 homers in 403 at-bat. Due di questi homers (più un singolo) li realizzò il 31 agosto del 1932, contro Tony Freitas dei Philadelphia al Shibe Park. Elon al settimo inning colpì i due punti per la vittoria della partita, fermando la strisca delle 10 partite consecutive vinte da Freitas. Dopo aver lasciato il baseball, Hogsett trascorse cinque anni nella vendita di articoli sportivi e, più tardi, liquori all'ingrosso lungo la East Coast. Nel 1949, lui e Mabel tornarono a Kansas, dove lavorò per i successivi 24 anni come venditore di liquori. Come Elon disse a Mike Berry: "registravo un migliaio di chilometri alla settimana per coprire le 23 province a nord-ovest del Kansas". La maggior parte dei suoi clienti non sapevano che si trattava di un ex-major leaguer. Una volta che andò in pensione, Elon andò a vivere nella città di Hays. La sua longevità e l'arguta narrazione hanno fatto di lui la fonte preferita per giornalisti sportivi e storici orali. Il capitolo di Hogsett nel Cobb Would Have Caught It di Richard Bak è uno dei più divertenti del libro, condito con reminiscenze dei suoi compagni di squadra e avversari, la vecchia scuola di giocare duro dentro e fuori dal campo, perdere soldi in vari investimenti ingannevoli, e altro ancora. Mabel Wilson Hogsett scomparve il 7 agosto del 1980, dopo il suo secondo attacco. Elon Hogsett le sopravvisse per oltre due decenni. Viveva da solo nella loro piccola casa, regolarmente godendo del baseball in TV. Fece ritorno a Detroit come ospite d'onore il 12 luglio del 1983, quando i Tigers ritirarono le casacche nr. 2 e 5 per la loro Hall of Fame, dei suoi compagni di squadra Charlie Gehringer e Hank Greenberg. Il taciturno Gehringer e Hogsett furono compagni di stanza nelle trasferte per cinque anni. Il racconto spesso rivelava quanti giorni sarebbero passati senza che si sentisse il bisogno di parlare ("Passami il sale" - "Avrei potuto ricordare"). La loro amicizia però durò una vita e il vecchio seconda base rimase in contatto con lui fino alla sua ultima malattia nel 1993. Lo stesso valeva per l'ultimo sopravvissuto dei Tigers del 1935, suo concittadino del Kansas e submariner Elden Auker. Anche se per molti anni fu autosufficiente, Elon alla fine dovette trasferirsi in una casa di riposo a Hays. Morì il 17 luglio del 2001; per demenza fu scritto nel suo certificato di morte. Hogsett venne sepolto nel Brownell Cemetery (noto anche come Vansburg Cemetery, dal nome dell'insediamento originale), proprio lungo la strada della fattoria dove era nato quasi un secolo prima.

Due rare istantanee della meccanica di lancio di Chief Hogsett
Chief Hogsett con le casacche dei Senators e Browns

Il pitching staff dei Detroit Tigers del 1935 - Da sinistra a destra: Tommy Bridges, Fred Marberry, Elden Auker, Vic Sorrell, Alvin Crowder, Chief Hogsett, Schoolboy Rowe

I Detroit Tigers vincitori delle World Series nel 1935 - Chief Hogsett è il terzo da sinistra nella prima fila in alto

 

Donn Clendenon

Donn Alvin Clendenon

Nato: 15 Luglio 1935 a Neosho, MO
Morto: 17 Settembre 2005 a Sioux Falls, SD
Debutto: 22 Settembre 1961
Batte:
Sinistro / Tira: Sinistro

Il fratello maggiore di Donn Clendenonal al college fu Martin Luther King Jr, è opportuno iniziare con questo antefatto quando si parla di Donn Clendenon. Durante gli anni del college al Morehouse College, uno dei giocatori più cruciali della storia dei Mets ebbe come mentore il più grande e il più fondamentale afro-americano del 20° secolo. La tradizione al Morehouse College voleva che venisse assegnato un fratello maggiore, "Morehouse men", agli juniores, seniores e alle matricole in arrivo. La famiglia King conosceva molto bene i Clendenons, e la futura leggenda Martin Jr. - già laureato alla "The 'House", aveva continuato i suoi studi al Crozer Theological Seminary e già ordinato - svolgeva volontariamente il servizio. Il premio Nobel King avrebbe continuato a definire e guidare il movimento dei diritti civili che avrebbe portato molti degli sconvolgimenti culturali degli anni '60, ma il suo apporto sarebbe stato modesto alla carriera nel baseball del suo protetto. E' troppo facile dipingere King come la figura che aveva messo in moto la vita straordinaria di Donn Clendenon nel baseball, ma Donn avrebbe detto che un tale onore non poteva che appartenere a Nish Williams. Donn Alvin Clendenon non conobbe mai suo padre, un doppio laureato, che aveva insegnato matematica e filosofia alla Langston University, una università statale per soli neri nell'Oklahoma. Claude Wendell Clendenon aveva 32 anni quando morì di leucemia, e suo figlio solo sei mesi. Crescendo nella rigorosamente segregata Atlanta, Donn ebbe la fortuna di nascere in una confortevole famiglia borghese, e una madre forte e abbastanza saggia da superare il suo lutto e andare a lavorare per la Scripto Pen Company (un enorme datore di lavoro per neri ad Atlanta in quei tempi) e allevandolo con l'ambizione intellettuale di suo padre (Donn prese il diploma della scuola superiore a 15 anni). Ma Donn ebbe anche un eroe. Aveva sei anni quando sua madre si risposò, con Nish Williams, un ristoratore di successo nero ad Atlanta e uno con 13 anni di esperienza nelle Negro Leagues. Aveva giocato per diverse squadre Nashville / Columbus / Washington Elite Giants. Williams trascorse gran parte della sua carriera come ricevitore, famoso per il suo braccio, giocò molto anche in altri ruoli infield, e pure in campo esterno, quando il leggendario Biz Mackey si unì agli Elites e divenne il loro catcher. Nish crebbe il figliastro con tutta l'attenzione e l'orgoglio che ogni padre biologico spera di dare, e trasmise una conoscenza del baseball paragonabile alla bravura accademica di Claude Clendenon. Giocatore-manager con gli Atlanta Black Crackers, Williams continuò a giocare e allenare il baseball semipro dopo il suo ritiro, e lavorò per molti anni come assistente coach non pagato con la sua alma mater, Morehouse. Williams era accreditato di essere l'unico uomo che tirava la famosa "hummer" - la leggendaria fastball di Satchel Paige. Fu Williams che mise a punto la capacità di ricevere del giovane Roy Campanella. Era un ambiente in cui un ragazzino con ambizioni di giocare a baseball poteva solo sognare. Il baseball fu la "lingua" parlata dagli abitanti del ristorante di famiglia, tra cui molti giocatori di baseball in pensione e attivi. Clendenon li elenca tutti nella sua biografia: Paige, Campanella, Jackie Robinson, Joe Black, Don Newcomb, Dan Bankhead, Sad Sam Jones, e altri ancora. Quando a 10 anni, Donn stava mostrando una certa avversione nel venir colpito da una palla lanciata, il suo patrigno lo portò una sera sul campo del locale liceo dove Paige e Jones si sarebbero allenati. Il piano era di posizionare Donn nella gabbia di battuta senza la mazza, mentre le leggende lanciavano e Nish riceveva, e il compito di Donn era quello di identificare i lanci mentre attraversavano il piatto. La gabbia, come si sa, era aperta solo sul lato rivolto verso il lanciatore, lasciando Donn vulnerabile su quel lato, ma incapace di svignarsela da uno qualsiasi degli altri tre. L'esperimento funzionò inizialmente, per il controllo della leggendario Paige che teneva la palla sopra il piatto. Donn non fu altrettanto fortunato con Jones, però, ricevendo una frustata sul suo didietro al primo lancio di Sad Sam. Ma l'umiliazione più grande fu quando Jones rilasciò la sua curva - partì dietro la testa di Donn, tagliando impetuoso il piatto, e costringendo il bambino a bagnasi i pantaloni. Decenni più tardi, l'eccezionale stagione del 1970 di Clendenon innescò una telefonata di congratulazioni del tutto inattesa da James "Cool Papa" Bell. Bell, toccò giusto questo momento della sua vita, e subito dopo si scusò in lacrime per la sua assenza ai funerali di Williams del 1968, e Clendenon ricambiò l'onore della chiamata con un invito a Bell di visitare la clubhouse dei Mets - deliziò i Mets sia bianchi che neri con le storie dei vecchi tempi e dei giocatori ai quali erano tutti debitori. Come molti giovani uomini, Donn cercava di definire se stesso alle sue condizioni, piuttosto che dei suoi genitori, preferendo UCLA a Morehouse e il basket e il football come più adatto del baseball per il suo corpo potente. Ma c'era una cospirazione in corso. Con i bagagli pronti per la California, la sua famiglia ricevette la visita di un paio di professori e coach di Morehouse, che dissero alla madre che la matricola sedicenne era troppo giovane per attraversare tutto il paese e andare a UCLA. La madre fu d'accordo sull'argomento, andò al piano di sopra, disfece le borse di Donn, e decise che sarebbe andato a Morehouse, dove tipicamente andavano i migliori e più brillanti neri di Atlanta. Il piano iniziale di Clendenon fu quello di ribellarsi, rifiutandosi di entrare in tutti gli sport (per cui egli stava frequentando una borsa di studio accademico), ma il suo patrigno lo persuase a unirsi alla squadra di football solo come sostituto punter nel caso il titolare si fosse infortunato, e gli istinti competitivi di Clendenon fecero il resto. Alla sua prima partita, finse di calciare e corse 55 yards per il touchdown, e la sua carriera atletica fu riavviata sul serio. Non può essere sottovalutato quello che vuole dire essere un "Morehouse man" in quel momento della storia. "Era noto", affermava Clendenon nella sua biografia, "che l'80-85 per cento dei medici afro-americani e avvocati negli Stati Uniti si erano diplomati alla Morehouse College". Il sogno della madre era che diventasse un medico, e il sogno del suo patrigno che diventasse un atleta professionista, ed era nel posto giusto in cui entrambi confidavano i propri sogni per lui. I King aiutavano Clendenon ad adattarsi alla scuola con occasionali cene nella loro casa. Clendenon aveva un invito aperto e se Martin Jr. non c'era, aveva l'attenzione di Martin Sr. (Classe del 1926 e futuro amministratore della scuola), la moglie di Martin Jr., Coretta Scott King; o l'influente sorella di Martin, Christine King (una laureata allo Spelman College nel 1948, l'alma mater delle madri Clendenon e King). Clendenon non era la persona più giovane della sua classe di matricole. Questo onore apparteva al quindicenne Maynard Jackson, che divenne il primo sindaco nero di Atlanta. Donn fu protagonista nello sport, ma era attento a pensare allo sport come a un hobby piuttosto che una vocazione. Egli considerava una possibile carriera come insegnante di liceo e allenatore, e il suo primo lavoro dopo la laurea fu di insegnare al quarto grado e coaching. La sua educazione gli aveva insegnato non solo a visualizzare le sottili prospettive a lungo termine per una carriera nello sport, ma la limitata realtà della scena del baseball nominalmente integrato degli anni '50. Sì, le stelle nere riuscivano a trovare lavoro, ma una squadra quanti marginali bench player di colore avrebbe tenuto? Sì, un giocatore afro-americano poteva avere una chance in uniforme, ma ogni squadra avrebbe dato la possibilità a quel giocatore di essere un manager o dirigente, quando i suoi giorni di gioco fossero finiti? Nish Williams non era pronto a rinunciare a Donn. Lo aveva allenato con gli Atlanta Black Crackers durante l'estate, ma i mesi più freddi concentrarono il pensiero di Donn sulla fredda realtà che la sua mente e l'educazione sarebbero state le sue migliori risorse nel perseguire un successo nella vita, e aiutare la sua famiglia, la sua comunità e la sua società, come era stato educato o gli avevano insegnato a "La 'House" (E Clendenon era acutamente consapevole del fatto che non c'erano garanzie neanche lì - il suo postino aveva un dottorato di ricerca in fisica!). Williams convinse Donn che poteva avere una vera vocazione, ma che, forse, una carriera di una decina di anni nel suo hobby come atleta lo avrebbe aiutato come una risorsa professionale. Il competitore che era in Clendenon ancora una volta non potè resistere all'argomento. Ma il lavoro di Williams era arrivato solo a metà. Donn, 1,93 m per 93 kg., correva le 100 yard in 9,6 secondi, e aveva mani abili che attirarono l'attenzione dei Cleveland Browns. E ai giocatori di football non era chiesto un apprendistato nelle minor. Ma, come nei tanti incroci nella vita Clendenon, trovò delle leggende a guidarlo. Nel 1956, il club dal nome bizzarro "100 Percent Wrong", formato da soli neri, leader civili di Atlanta, nominarono Donn "College Athlete of the Year" e Jackie Robinson "the Man of the Year". Bloccato al banchetto accanto a Robinson e al relatore Branch Rickey, Clendenon trovò la sua resistenza inutile quando la magia dell'eloquenza di Rickey e il maestoso Robinson gli fornirono il modello di ciò che avrebbe potuto diventare. Clendenon si sarà chiesto se Rickey, Robinson, e il suo patrigno avessero pianificato tutto in anticipo. Convinto da Rickey che il baseball lo avrebbe risparmiato dagli alti rischi del football di una carriera senza infortuni, accettò l'invito a partecipare a un tryout camp dei Pittsburgh Pirates nel 1957, con nessun contratto in mano. Clendenon ricevette 10 giorni di congedo dal suo incarico di insegnante, incassò un consiglio last-minute da Nish ("Sii te stesso; relax"), arrivò a Jacksonville, e gli fu dato il cap e il numero 317. Oltre 500 aspiranti erano sparsi su un complesso di sei diamanti e iniziarono il camp. Mentre Donn conosceva diversi giocatori dalla sua esperienza amatoriale e semipro, la sua reputazione non lo aveva preceduto. I lanciatori lo squadrarono, convinti dall'idea che gli uomini grandi non erano in grado di gestire le curve, e lo nutrirono con una dieta costante di breaking ball. Le sue lezioni con Sad Sam e Satchel pagarono, e lui colpiva sistematicamente la palla. Passò attraverso esercitazioni di tiro, 60 yard, correndo e stabilendo lo stesso tempo del futuro All-Star Julian Javier. Alla fine della giornata, i giocatori neri furono mandati a dormire con le locali famiglie nere. Il giorno successivo, vennero pubblicati i nomi dei giocatori che erano stati eliminati, e per nove giorni, il nome di Clendenon non apparve. Il suo congedo stava per scadere, però, e non avendo ricevuto nessuna assicurazione sul suo status, molto arrabbiato, prese un aereo per tornare ad Atlanta. Donn trovò molti messaggi dei Cleveland Browns e un contratto per posta dagli Harlem Globetrotters. Meditò durante il fine settimana e considerò le sue opzioni. Rientrando a scuola la mattina dopo, trovò due nuovi studenti in fondo alla sua classe, il general manager dei Pirates, Joe L. Brown, e il direttore delle minor league Branch Rickey Jr. Si scusarono per l'equivoco, affermando che avevano intenzione di offrirgli un contratto al suo ultimo giorno del camp (Javier era l'unico altro sopravvissuto dei 500). Mostrando tutto il fascino e la tirchieria dei Rickey, gli offrirono un contratto proprio lì nella scuola, di 500 $ (circa 5000 $ attuali). Andò a casa, considerando le sfide delle minor, le opportunità limitate per i neri, e la realtà che gli unici due neri dei Pirates erano Roberto Clemente e Roman Mejias, che erano pure afro-caraibici. Sapeva di poter giocare da subito al livello più alto sia nel basket che nel football. Parlò con i suoi genitori, e si fece trascinare dal suo cuore più che dalla testa. Firmò!. Tornò di nuovo al training a Jacksonville per la sua prima stagione con i Jamestown Falcons (classe D), e un lungo viaggio in autobus tra la Florida e New York. Clendenon contò sei altri giocatori neri, ma tutti dominicani (tra cui Javier) più uno delle Isole Vergini (Elmo Plaskett). In 180 at-bat a Jamestown, Donn realizzò una BA di .239 con sei doppi, tre tripli e un solo fuoricampo prima che il team cessasse le attività a metà stagione a causa di una combinazione di maltempo, scarsa partecipazione, e il campo da baseball locale, in cui un'ordinanza vietava la vendita di birra. I giocatori presero strade diverse con compiti diversi, e a Donn dissero di rimanere nella locale YMCA e di attendere istruzioni. Tre settimane dopo, venne assegnato a Salem, in Virginia, nella classe D, Appalachian League. Il baseball nelle minor al sud nel 1957 era ancora piuttosto pesante per un giocatore nero, e giocare per una squadra chiamata Rebels può davvero mettere le cose nel giusto contesto. I giocatori neri e ispanici furono nuovamente assegnati a stare con le famiglie nere piuttosto che nell'alloggio con i giocatori bianchi. Ma Donn si rilassò un po', realizzando una media di .275, con nove doppi, tre tripli, cinque homers e un centinaio di chiamate al suo patrigno. Il suo hobby igranava, il suo lavoro professionale era per lo più limitato a sostituire gli insegnanti nell'offseason. Ma lo spirito imprenditoriale di Clendenon subì un'impennata durante la sua stagione successiva a Grand Forks, North Dakota, della classe C nella Northern League. Chiese e ottenne i lavori della clubhouse e fu pagato 5 $ per il bucato e la lucidatura delle scarpe da gioco per ogni giocatore. Lui non lustrò, ma subappaltò il lavoro ai liceali, sia in casa che in trasferta, supervisionandoli per garantirne la qualità. La stagione fu un altro scossone culturale per Clendenon. C'era una famiglia nera nel giro di circa 100 miglia, e fu obbligato a frequentare la loro figlia per il solo scopo di tenerlo lontano dalle donne bianche. Il sensale era il general manager della squadra. Però, il suo gioco continuò a progredire, in particolare la sua potenza in battuta. Ottenne 453 at-bat, colpendo .265 con 21 doppi, 12 tripli e 10 fuoricampo con 70 RBI. La sua stagione si concluse una settimana prima con una notizia di draft. Con l'intervento dei Pirates, Clendenon venne arruolato nella Army Reserve e assegnato alla formazione di base a Fort Jackson in Columbia, South Carolina. Nonostante la sua prestanza atletica e zelo, gli fu vietato di giocare per la squadra di basket della base, che era di competenza dell'esercito regolare, e non dei riservisti. Il comandante della base, l'eroe della seconda guerra mondiale generale Mark Clark, mise in scena una strategia intelligente e complessa che lo aiutò nel perseguire il suo obiettivo. Clendenon rimase un riservista, ma le sue medagliette di riconoscimento furono dell'esercito regolare. Clark voleva il titolo del campionato di basket per la sua base, e Clendenon giocò per la squadra per i successivi quattro mesi, e visse la vita privilegiata di un atleta della base, con Clark che interveniva, se un superiore cercava di infastidire Clendenon. Da parte sua, Donn guidò la squadra al titolo, e fu congedato in tempo per lo spring training del 1959 nella migliore forma della sua vita. Fu leader dei Pirates in tutte le categorie offensive in quella primavera, ma venne riassegnato alle minor quando ripartì il camp a Jacksonville. Quando la stagione iniziò, andò ai Wilson Togs, classe B, della Carolina League. La sua primavera torrida proseguì nel mese di aprile, e per diverse settimane nella stagione battè .370 quando la realtà lo colpì dritto in faccia. Era solo la seconda stagione integrata per la squadra, e Wilson aveva nove afro-americani nel team. Quando la squadra venne denominata "the Black Togs" dalla stampa locale, il club degradò il leader dell'attacco della squadra - Clendenon - a Idaho Falls in classe C nella Pioneer League. Lo stesso orgoglio che lo portò a tornare a casa dai tryouts a Jacksonville due stagioni prima fu di nuovo in subbuglio, e lui fece le valigie per casa. Nish Williams, il cui colore gli aveva negato la possibilità di giocare in una classe C, non ne voleva sapere e glielo disse. Clendenon contattò i Cleveland Browns, ma Branch Rickey Jr. aveva imparato da suo padre quanto fosse potente la clausola di riserva, e il rifiuto dei Pirates di dare il suo rilascio tenne Donn fuori della NFL. Con Clendenon pronto a firmare con una squadra di baseball canadese, Rickey Jr. per la seconda volta fece un viaggio ad Atlanta per smussare la questione. Soddisfatto che l'organizzazione stava prestandogli attenzione, Clendenon ritornò a Idaho Falls determinato a dimostrare chi fosse. Egli colpì la palla: battè .356 con una media slugging di .599 in 105 giochi, colpendo 15 homers e 96 RBI. Rickey Jr. gli mandò un bonus di 5600 $ - 100 $ per ogni punto in più della media di .300. La stagione 1960 iniziò per Clendenon con la classe A dei Savannah Pirates nella South Atlantic League. Con Atlanta a soli 250 chilometri di distanza, Clandenon vi trascorse regolarmente un sacco di tempo. Giocando soprattutto all'esterno, ripetè il successo del 1959, solo che questa volta si guadagnò l'MVP della league, colpendo .335 e .606 di slugging. Con i suoi 28 homers e 109 RBI condusse la league. La stagione fu notevole anche per qualche drammatica transazione. Clendenon ricevette la notizia che doveva andare a New York, dopo essere stato ceduto ai perenni campioni Yankees. Puntò la sua auto a nord con la visione di unirsi a Roger Maris e Mickey Mantle all'esterno, solo per essere avvicinato in Virginia e informato da un poliziotto che la trade era finita. Donn tornò a casa sperando in una promozione nelle big a settembre. Ma i Pirates, in corsa per il pennant, erano prudenti con le loro chiamate dalle minor al fine di preservare la chimica della squadra. Con uno splendido fuoricampo del seconda base Bill Mazeroski, i Pirates sconfissero gli Yankees, senza Clendenon nelle World Series. Ma ci sarebbe stato ancora un campionato a New York nel futuro di Clendenon. Clendenon nel 1961 iniziò la stagione ad un bivio. Aveva 25 anni, ed era venuto fuori da una stagione straordinaria nelle minor league. Il doppio A e il triplo A, allora più di adesso, serviva per rimettere in forma i giocatori della major e per le sostituzioni di emergenza, ma una stella poteva aspettarsi di saltare uno o entrambi questi livelli sulla strada per le major. Nel frattempo, i Pirates campioni del mondo furono rinforzati con forti battitori, Dick Stuart in prima e Bob Skinner, Bill Virdon e Roberto Clemente (già una leggenda anche se meno di un anno più grande di Clendenon) agli esterni. Anche se la sua vita lontana dal gioco durante i suoi offseasons ad Atlanta per lo più era costituita da ore di supplenza nell'insegnamento e come postino, rimase convinto che il sistema delle quote stava ritardando le sue aspettative nel baseball. Fu mandato nel triplo A con i Columbus Jets e si arrabbiò. Forse questo alimentò la sua mazza, perché per la sua terza volta consecutiva corse per l'MVP della stagione, finendo secondo nelle votazioni, ma colpendo .290, con una media slugging di .507, e l'aggiunta di 82 RBI e 25 basi rubate. I Jets vinsero il loro primo pennant in più di 20 anni, e quando la stagione si concluse, Clendenon ricevette la chiamata. Chiamò i suoi genitori, e si congiunse con i Pirates il 9 settembre del 1961. Aveva trascorso cinque anni nelle minor, spesso dormendo, mangiando e facendo i suoi bisogni in scadenti strutture. All'età di 26 anni, il figliastro di Nish Williams indossò la divisa della major league, e subito rimase in panchina per 13 giorni. Questa volta l'orgoglio non ottenne il meglio di lui. Dopo la chiamata di Donn, Roberto Clemente andò al suo armadietto e lo invitò a una grande festa. Dopo la festa, andò a casa con Clemente, e visse con lui per il resto della stagione. Clemente, che si era rifiutato di identificarsi come nero nelle minor league, anche quando venne sottoposto come Clendenon alla stessa segregazione delle leggi di Jim Crow, si stava affermando come il capo dei giocatori di colore dei Pirates. Fu un decennio dopo - e Clendenon probabilmente non lo avrebbe mai immaginato - ma i Pirates di Clemente sarebbero diventati la prima squadra a schierare sempre un afro-americano e afro-latino nel lineup. Quello che Clendenon forse sapeva era che si stava delineando un'altra leggenda per il fratello maggiore. Un altro futuro martire, come si scoprì poi. Clendenon aspettò il suo turno e di nuovo fece la cosa migliore, giocando in sole nove partite dopo la sua convocazione, ma battendo .314. Il suo futuro sembrava sicuro. Quando Joe Brown gli chiese di unirsi alla squadra del terza base dei Pirates Don Hoak, che allenava nella Repubblica Dominicana, prese quella che sembrava una buona opportunità di carriera, avendo già giocato due inverni a Puerto Rico. Gli highlights di quell'inverno, invece furono di aiutare a salvare Hoak da una rissa in un bar, e di mettersi in fuga dal paese quando l'assassinio del dittatore Rafael Trujillo portò all'anarchia. L'incarico durò ben tre giorni, seguito da tre settimane asserragliati con altri americani in un hotel, prima di completare la stagione invernale in Nicaragua, senza ulteriori rivolte e relative interruzioni. La figura chiave seguente che emerge è Dick Stuart, una leggenda per lo più in senso ironico del termine. Ralph Kiner, Frank Thomas, Stuart e Clendenon formavano un quartetto interessante, una serie di battitori destri dei Pirates che avrebbero continuato a lasciare il loro segno nella storia Mets, e la maggior parte di loro in particolare si scontrarono con i Rickeys mentre erano con Pittsburgh. Quando i Pirates lasciarono andare Rocky Nelson dopo la stagione 1961, Clendenon divenne la riserva di Stuart in prima. Ma la riserva di Stuart era una posizione abbastanza sicura, perchè Dick, nonostante avesse una quantità impressionante di potenza (una volta colpì 66 homers nelle minor), era un disastro difensivo. Fu soprannominato Dr. Strangeglove e veniva fischiato regolarmente. Donn iniziò la stagione in platooning all'esterno sinistro con Bob Skinner e sostituiva Stuart per la difesa. Nel bel mezzo della stagione, gli fu detto che sarebbe stato il prima base e fu fatto scendere a Columbus per alcune settimane per allenarsi nella posizione specifica. Tornò alla fine di luglio e prese il suo ruolo a tempo pieno. Con una media battuta di .302, .477 di slugging, e .376 di arrivi in base in 80 partite, era giusto dire che era arrivato. Quando il seconda base Ken Hubbs dei Chicago Cubs ricevette 19 dei 20 voti del Rookie of the Year, il solo voto contrario andò a Clendenon. La fine della stagione vide anche arrivare la futura stella Willie Stargell, e Stuart venne scambiato con Boston nel mese di novembre. Dopo essere stato chiamato dai Pirates nel 1961, Donn venne assunto dalla Mellon National Bank and Trust Company. La tradizione dei giocatori che avevano dei posti di lavoro nell'offseason (e i fan più fedeli sapevano dove i loro favoriti moltiplicavano il loro mestiere) è una deliziosa parte della tradizione di baseball, ma il pensiero di una giovane stella che continuava un secondo lavoro durante la stagione potenzialmente lascia a bocca aperta chiunque è abituato a vedere gli atleti di oggi impressionantemente pagati. Da sottolineare anche che durante la stagione 1962 nacque il figlio di Don, Val Eric. Donn e la madre di Val rischiarono lo scandalo con la scelta di non sposarsi, ma entrambe le famiglie furono di supporto. Anche se la coppia non stava insieme, il ragazzo crebbe con il nome Clendenon, e continuò a seguire la tradizione di famiglia come un uomo di Morehouse. Come giocatore in crescita, a Clendenon non mancarono i consigli dei colleghi giocatori afro-americani, di non far casino, bere in maniera moderata, rimanere in forma ed evitare le donne bianche. La sua prima stagione come full-timer fu un modesto successo, battè .275 ma la sua media slugging fu di solo .430. Andò anche strikeout 136 volte, leader della league in quella categoria. Incredibilmente, la carriera parallela di Clendenon presso la Mellon Bank si trasformò quando uno dei Mellons lo convinse ad andare a lavorare per Robert Duggan, l'ambizioso procuratore distrettuale della zona di Pittsburgh. Pur continuando a giocare con i Pirates, Clendenon diventò un detective dell'Allegheny County lavorando con i giovani delinquenti, ma con piena autorità all'arresto, portando l'orgoglio a Pittsburgh con la sua mazza, e aiutando la comunità come meglio poteva, quando la partita era finita. Il lavoro inoltre lo avvicinò al tribunale per la prima volta. Nel 1964, non volendo essere un altro Dick Stuart, Clendenon cercò Gil Hodges, il suo futuro manager con i Mets, a lavorare sul suo gioco in prima base. Hodges fu ricevitore prima di convertirsi alla prima e di diventare un famoso difensore in prima, il migliore di sempre secondo alcuni giudici. Jackie Robinson aveva sempre elogiato con Donn il carattere dell'ex compagno di squadra. Hodges aveva appena iniziato la sua carriera di manager con i Senators, ma quando i percorsi delle loro squadre si incrociarono in quella primavera, si incontrò con Clendenon e lo aiutò a lavorare sulla sua difesa. I due andavano d'accordo e parlarono pure della battuta. Clendenon ebbe una stagione simile al piatto con .282 e .446 di slugging. La sua difesa migliorò e ridusse il suo tasso di strikeout. Nel frattempo, Stargell sfondò ed eccelleva in squadra, pur non avendo una posizione; Stargell giocò del tempo a destra, sinistra e centro, così come alcune partite in prima. L'altra grande azienda gigante di Pittsburgh oltre alla Mellon Bank era la US Steel, e Clendenon lasciò l'ufficio del procuratore distrettuale per lavorare per il gigante dell'acciaio, nel suo ufficio del personale. Ma la sua esperienza gli suggerì che ci sarebbe voluta una laurea in legge per ottenere il tipo di successo aziendale che stava cercando. Nell'agosto del 1964, fece domanda sia ad Harvard che alla Boston University, e venne accettato da entrambe. Scelse Harvard, e tentò di andare a Boston durante la stagione. L'esperimento fallì, e lui abbandonò, ma rimase determinato. Avrebbe cercato di nuovo con la Duquesne University di Pittsburgh nel 1965. Duquesne non fu immediatamente aperta al suo tentativo di giostrare la sua carriera di baseball con la scuola di legge, ma il giovane giocatore fu in grado di effettuare sufficienti connessioni non solo per aiutarlo a ottenere l'ammissione, ma per vincere una borsa di studio senatoriale e servire come impiegato aggiunto per un giudice federale. Clendenon più tardi disse che c'erano tre neri nella scuola, il suo professore di diritto costituzionale, il portiere, e lui stesso. La stagione 1965 fu più produttiva. Realizzò una media battuta di .301 e .467 di slugging, giocando in tutte le 162 partite. Finì secondo a Ernie Banks nel voto dei fans per l'All Star Game, ma Clendenon fu comunque lasciato fuori dalla squadra. Danny Murtaugh si ritirò come manager di Pittsburgh in quella stagione, sostituito da Harry "The Hat" Walker - una stella minore degli anni del dopoguerra. Come slapper hitter fu leader della battuta della NL nel 1947, e Walker non era timido nel dare consigli in battuta, anche agli sluggers. Anche se Clendenon e Walker si scontrarono, le prime due stagioni sotto "The Hat" furono comunque produttive. Stargell entrò nel lineup con lui e Clemente e di certo furono importanti. Il general manager dei Pirates Joe Brown, che inizialmente incoraggiò Clendenon a perseguire la sua laurea in legge, cambiò tono nell'offseason 1965-1966, chiedendosi ad alta voce se il suo grande prima base stesse esagerando. Clendenon mostrò i denti, ma era vero che aveva battuto .300 con .573 di slugging nel mese di agosto del 1965, era sceso a .255 e .363 quando il semestre autunnale iniziò a settembre - e i Bucs scesero da 4 partite e ½ a sette partite. I Pirates del 1966 si guadagnarono il soprannome di "Lumber Company", registrando una media battuta squadra 16 punti in più rispetto a qualsiasi altra squadra nella league. Clendenon ebbe l'anno più produttivo della sua carriera, battendo .299 con .520 di slugging in 155 partite, colpendo 28 homers e 98 RBI. Il nuovo esterno centro dei Pirates Matty Alou aderì alla festa, vincendo il titolo di battuta della league con .342 (da .231 l'anno prima a San Francisco). I Lumber Company avevano comunque un pitching staff povero, e finirono terzi nel 1966. I punti salienti della stagione di Clendenon furono il suo matrimonio con Deanne Marriott e la nascita del suo secondo figlio, Donn Jr. La famiglia acquistò una casa a Pittsburgh nel sobborgo di Monroeville, diventando la prima famiglia di colore nel quartiere. La scelta fu più struggente alla luce del suo quasi arresto con Roberto Clemente quando i Pirates andarono a Houston quell'anno. Il crimine degli slugger fu il tentativo di acquistare dei biglietti per un film. Due anni dopo il Civil Rights Act, certe imprese a Houston ancora riservavano i loro beni e servizi per la sola clientela di bianchi. Anche nel nuovo Astrodome, i Pirates neri furono esclusi dalla discoteca dello stadio, poche ore dopo essere stati l'attrazione sul campo. La stagione 1967 fu un anno di ripiego per Clendenon: perse 50 punti nella sua media battuta e 150 nella sua percentuale slugging. I Pirates ebbero difficoltà a ripetere i loro numeri rispetto all'anno precedente (anche se Clemente ebbe forse la sua stagione migliore), e la squadra scese a .500. I giocatori erano cresciuti sempre più frustrati con l'incostante direzione di Walker, e il conflitto raggiunse il suo apice, secondo Clendenon, quando non riuscì ad effettuare un bunt contro Bob Gibson. Walker organizzò un clinic obbligatorio sul bunt per la mattina successiva e ricevette un lancio brushback dal compagno di stanza di Clendenon, Bob Veale. Con la squadra pronta ad ammutinarsi contro Walker, Joe Brown riportò Danny Murtaugh per finire la stagione dei Bucs. Qualunque sia stata la riconciliazione, non poteva aiutare Clendenon, che aveva compiuto 32 anni il 15 luglio e la sua carriera era apparentemente in flessione. Brown non avrebbe potuto essere felice di vedere Clendenon realizzare ancora dei flaccidi settembre, colpendo .197 e .289 di slugging quando i Pirates barcollarono a 20 partite e ½ indietro. La stagione 1968 fu l'ultima di Clendenon con Pittsburgh. Fu un anno difficile in tutto quando al suo amato patrigno, Nish Williams, venne diagnosticato un cancro al colon. Clendenon abbandonò la scuola di legge, vendette la sua casa a Monroeville, e tornò ad Atlanta per stare vicino alla sua famiglia. Il ristorante era fuori moda, e Williams e Clendenon diedero la gestione a Donn, il cui nome era ormai famoso, per lasciare una vantaggiosa eredità alla sua famiglia. In primavera, Willams venne premiato all'Old-Timers 'Day dagli Atlanta Braves. Ma l'intervento chirurgico non fu in grado di aiutarlo. Alla fine, era sotto morfina, quando Nish Williams morì nel Labor Day del 1968. La fine delle sue sofferenze fu vissuta da Donn come un sollievo. La dura prova contribuì ad un'altra stagione statisticamente deludente per Clendenon, ed egli fu costretto a dare una forma più seria alle sue aspirazioni non atletiche. Oltre al ristorante di famiglia, aveva preso un posto di lavoro nell'ufficio del personale presso la Pen Scripto Company, dove sua madre aveva lavorato anni prima, dopo la morte del padre. Collocato tra la direzione per lo più bianca e gli operai per lo più neri, cercò di migliorare le condizioni di lavoro, assunse capisquadra e operaie nere, e in realtà incoraggiò la sindacalizzazione. Quando le maestranze e la direzione erano in un vicolo cieco, chiamava amministratori locali, tra cui il suo vecchio fratello maggiore Martin Luther King Jr., dicendo loro di predicare ai lavoratori di tenere le loro posizioni. Quando incoraggiò il più volubile Stokely Carmichael, altro leader dei diritti civili, a visitare la fabbrica, il presidente della società dissentì. Fortunatamente per Clendenon, il presidente fu presto sostituito. King venne assassinato nell'aprile del 1968, e la perdita del fratello maggiore ormai famoso combinato con la morte di Nish Williams pesò su Clendenon. Donn venne anche eletto rappresentante dei giocatori per i Pirates, e la fine della stagione fu una grande faticata quando elaborò con i suoi compagni rappresentanti un nuovo contratto e scongiurarono uno sciopero. L'ultima chiave del cambiamento di Clendenon nel 1968 fu che il vecchio mentore Gil Hodges assunse l'incarico di manager dei, tanto bistrattati, New York Mets. Sotto il general manager Bing Devine l'anno prima, i Mets tennero un tryout camp che durò tutto l'anno, acquistando dei giovani giocatori e facendoli giocare per pochi mesi, scambiandoli, tenendo sotto osservazione i sostituti, prima di scambiarli. Come Hodges assunse la posizione di manager, Devine ritornò ai Cardinals e Gil si ritrovò un nucleo solido da costruire, guidati dai lanciatori Tom Seaver, Jerry Koosman, Gary Gentry e Nolan Ryan. La battuta era il punto debole dei Mets. Hodges iniziò la storica stagione del 1969 utilizzando il platooning a tre posizioni, e spostando gli uomini quando doveva. Pure Clendenon si muoveva. Fu sorpreso di ritrovarsi non solo esposto nel progetto di espansione, ma richiesto dalla nuova franchigia dei Montreal Expos. Rattristato dal fatto che i suoi sogni di vincere un campionato con la Lumber Company era svanito, le sorti di Clendenon apparentemente cambiarono quando Jesus Alou fu girato in una trade a Houston, portando Rusty Staub a Montreal. Mentre gli Astros avevano migliori prospettive di successo, avevano anche un nuovo manager, Harry Walker. Anche se aveva cercato di venire a patti per un'altra stagione sotto "The Hat", che Clendenon aveva da tempo etichettato come un razzista non riformato, Donn non poteva venire a patti con il front office di Houston. Considerando gli aspetti della sua vita civile, Clendenon annunciò il suo ritiro il 1° marzo. Mentre gli Astros cercarono di annullare la trade, gli Expos avevano già avviato il marketing della loro squadra attorno a Rusty Staub, detto "Le Grande Orange" - Gli Expos non avevano nessuna intenzione di restituire Staub. Nell'impossibilità di ritornare alle origini della trade, il nuovo commissioner Bowie Kuhn stabilì che la trade era in vigore, ma che gli Astros avrebbero avuto un compenso aggiuntivo da Montreal. Kuhn chiese a Clendenon di incontrarsi con lui, e fu accompagnato dal nuovo presidente della Scripto, Arthur Harris. Clendenon si trovò circondato dai due proprietari - Judge Roy Hofheinz di Houston e Charles Bronfman di Montreal. Fu subito detto dai "Lords del Baseball" a Harris che non era sgradito che lui parlasse. Clendenon venne accusato di essere pagato da una terza parte per ritirarsi. Harris disse poi a Clendenon che dopo la riunione il general manager degli Astros, Spec Richardson, passò alla minaccia dicendo che Hofheinz avrebbe acquistato la Scripto e che avrebbe licenziato sia Harris che Clendenon. Comunque l'8 aprile prevalse la soluzione razionale: Montreal inviò a Houston il "compenso aggiuntivo"- due giocatori (compreso il futuro All-Star Jack Billingham) e 100000 $. Harris, un po' scosso dalla riunione e dalla minaccia, iniziò ad incoraggiare Clendenon a tornare a giocare. Quando la leggenda del baseball Monte Irvin apparve al ristorante di famiglia, con un generoso contratto triennale per Clendenon nelle file di Montreal, Clendenon finalmente trovò l'intesa. Il problema per il management, alla fine, non sembrò essere il denaro (come lo era per Clendenon), ma che un giocatore avesse fatto valere i suoi diritti. Avendo saltato lo spring training, Clendenon era fuori forma quando arrivò al Jarry Park di Montreal. Venendo da due anni sotto la media in un potente lineup per una squadra di espansione fu una dura lotta. Iniziò la stagione con uno 0 su 5 contro i Cubs, e nonostante un fuoricampo da tre nella sua seconda partenza, lottò per recuperare. Con la sicurezza di un contratto triennale e la mancanza di alternative Clendenon utilizzò le successive sei settimane come fosse il suo spring training. Dopo 38 partite, aveva colpito solo .240 con quattro fuoricampo quando il termine delle trade scadeva il 15 giugno. Donn ricevette una chiamata nella sua stanza d'albergo. "Voglio Clendenon", dichiarò il chiamante con fermezza. "Sì lo può avere", rispose scherzosamente Clendenon. "Ha una storia di schiavitù e sono in grado di acquistarlo, ma non a buon mercato", replicò il chiamante. Non era chiaro su chi si scherzasse. Il general manager dei Mets Johnny Murphy aveva chiesto all'operatore il suo omologo a Montreal, John McHale, ma gli avevano invece passato la camera di Clendenon. Realizzato l'errore, e conoscendo la storia di Clendenon, Murphy (in una mossa che avrebbe sicuramente portato oggi a una denuncia per interferenza) chiese a Donn se gli sarebbe piaciuto giocare per i Mets. Il vecchio mentore di Donn, Gil Hodges, riconoscendo la necessità della sua squadra di avere più attacco, voleva Clendenon nella sua formazione, e Murphy completò la trade con l'invio di Steve Renko, Kevin Collins, e due giocatori delle minor agli Expos. Anche se il predecessore di Murphy, Bing Devine, gli aveva consegnato una squadra più o meno completa, l'accordo che fece quella notte fu forse l'unico che Murphy realizzò per costruire la sua squadra campione. Quando arrivò Clendenon, Hodges privatamente gli disse che (1) aveva visto i suoi progressi da quando avevano lavorato insieme, (2) speravano di prenderlo nell'offseason prima della richiesta di Montreal, e (3), mentre Clendenon non aveva voluto essere platooned con Ed Kranepool, Hodges intendeva utilizzarlo in questo modo e gradualmente sviluppare il suo ruolo. Il manager della clubhouse Nick Torman gli assegnò il numero di casacca 22 e gli disse che era "double deuce". Nel gergo del baseball, il "numero uno" era una persona bianca e il "numero due" era una persona di colore. Egli osservò che anche i numeri 20 e 21 erano andati rispettivamente alle stelle afro-americane, Tommie Agee e Cleon Jones. Tom Seaver ricordò che Donn Clendenon fu il suo primo strikeout in major league. Donn che fu sempre un giocatore serio, e che presto avrebbe compiuto 34 anni sapeva che una parte di quello che avrebbe dovuto portare alla giovane squadra era la leadership. E significava essere meno formale, al fine di aiutare a spezzare la tensione tra un gruppo di giocatori alla loro prima corsa per il pennant. Clendenon divenne il burlone della clubhouse. Quando Wayne Garrett andò in slump, Clendenon prese il tempo per lodare il suo interno, e poi ipotizzò che il rookie avesse sviluppato la sua abilità attraverso la frequente masturbazione. Quando Cleon Jones ricevette una minaccia di morte, Clendenon suggerì che la sua schiena sarebbe stata un obiettivo migliore della sua testa per un uomo armato. Più tardi, disse a Cleon del discorso funebre che aveva preparato per lui: "Qui giace un poco di buono figlio di puttana che non era in grado di tirare una fastball all'esterno sinistro se la sua vita fosse dipesa da questo". Jones, al sicuro nella clubhouse, rispose "Clendenon, tu probabilmente hai inviato la maledetta lettera perché sei geloso che sto battendo quasi .360". Niente di questa leadership avrebbe funzionato bene, però, se Clendenon non avesse portato la sua mazza. E circa due settimane dopo la sua permanenza a New York, il suo legno prese fuoco. Dalla seconda partita di un doubleheader del 1 luglio all'8 luglio Clendenon apparve in sei partite e raccolse 10 valide in 26 at-bat. New York vinse le ultime cinque di quelle sei, tutte in trasferta. Donn provvide al vantaggio decisivo nelle ultime due partite, inclusi tre punti a seguito del suo fuoricampo contro i suoi vecchi compagni di Pittsburgh e un doppio, come pinch hitter, nel nono inning contro i favoriti Cubs - dopo di che segnò il pareggio su un doppio di Cleon Jones. Nelle storie postgame, il manager dei Cubs Leo Durocher e il capitano Ron Santo furono sul punto di scagliarsi contro il loro esterno centro Don Young, che non era riuscito a prendere un altro doppio nell'inning così come quello di Clendenon. Forse il suo momento massimo come trascinatore Clendenon lo toccò il giorno dopo, nella più grande partita mai lanciata da un Met fino a quel momento. Il 9 luglio con i Mets a 4 partite e ½ dietro Chicago, Tom Seaver stava offrendo agli ospiti Cubs una performance che non solo diede ai Mets una vittoria, ma anche un'incoraggiante vantaggio psicologico. Con otto innings giocati, Seaver aveva eliminato tutti i 24 battitori che erano andati in battuta, mettendone strikeout 11. Con i Mets sopra 4-0, il catcher dei Cubs, Randy Hundley, da leadoff mise a terra un bunt, che Seaver assistette in prima. Il successivo battitore era un rookie esterno centro poco utilizzato di nome Jimmy Qualls, di cui c'era poco nei rapporti di scouting dei Mets. Quando Qualls colpì un singolo, il perfect game e la no-hitter di Seaver erano svanite (e la ricca storia dei lanciatori dei Mets non aveva mai registrato una tale gemma allo Shea Stadium o altrove). Dalla sua posizione in prima, Clendenon vide Seaver abbassare le spalle e piegare la testa. Sapendo che la squadra aveva ancora bisogno che Seaver rimanesse concentrato per chiudere la vittoria, si avvicinò al monte e guardò Seaver. "Va bene, Tom", disse, "hai fatto una cazzata". Seaver, con il suo atteggiamento serio sul campo indurito nei Marines, prese di petto questa sfida: "Ho fatto una cazzata", rispose. "Sì, Tom", concluse Clendenon. "Hai lanciato una grande partita e sono fiero di te. Dobbiamo ancora finire l'inning, però, quindi non lasciarti andare ora". Seaver, si concentrò sul lavoro e registrò le due ultime eliminazioni senza incidenti e se ne andò dal campo acclamato da una standing ovation. Clendenon colpì come non aveva mai fatto per 2 anni e mezzo. In una league dominata dai lanciatori, giocando in uno stadio per lanciatori, battè .252 e .455 di slugging per i Mets, con 12 homers e 37 RBI in appena 202 at-bat. Sebbene fosse particolarmente efficace contro i mancini, battendo .281 con .474 di slugging, passò più tempo contro i destri come la stagione progredì, anche se Gil Hodges fu attento a non abbandonare completamente Ed Kranepool. Quando i Mets finalmente conquistarono la division si trovarono di fronte nelle prime National League Championship Series, gli Atlanta Braves che iniziarono con tre lanciatori destri. Non solo Clendenon lasciò il posto a favore di Kranepool in tutte e tre le partenze, ma non vide un solo at-bat con i Mets che realizzarono una sweep. Il tempo di Clendenon era quello che doveva venire. Le World Series del 1969 sono conosciute in parte per il combattimento verbale che si verificò, e il nuovo scherzoso Clendenon giocò la sua parte. Quando Frank Robinson disse sul campo: "Nessun rancore, ma voi ragazzi non ci potete battere", Clendenon rispose che i Mets li avrebbero presi a "calci nel culo, forse in quattro partite di fila!". La fiducia di Clendenon fu rafforzata dal fatto che Baltimora aveva due mancini nella loro potente rotation four-man, e che la tagliarono passando ad un three-man per le Series con i mancini programmati a lanciare quattro delle prime cinque partite. Clendenon sapeva che i suoi at-bat stavano arrivando ed era contento di come stava battendo i mancini, ma Gara 1 non funzionò così bene. Tom Seaver lottò, ma durò soli cinque innings, e il mancino Mike Cuellar dominò tutti i battitori destri del lineup dei Mets, con una vittoria per 4-1. Clendenon, da parte sua, aveva ottenuto due valide e segnò il primo punto delle World Series nella storia Mets. La sua fiducia rimase intatta nonostante la sconfitta, ma Clendenon trovò i giocatori dei Mets affranti dopo la partita. Chiese a Hodges se poteva affrontare la squadra tormentata. Hodges fu d'accordo, e Donn iniziò lasciando Seaver fuori dai guai. Avevano inseguito il loro miglior lanciatore della squadra (e della League), ma gli Orioles non avevano ancora dominato il gioco. "Signori, credetemi!", gridò, "Abbiamo lanciatori migliori dei loro. I nostri pitchers sono migliori e lanciano maledettamente più forte dei lanciatori di Baltimora. Cerchiamo di non mollare, e vediamo cosa possiamo fare se solo giochiamo il nostro gioco". Prese in giro Cuellar, che non era riuscito in precedenza con St. Louis e Houston, accasandosi nell'American League per avere successo. Raccontando più tardi il suo discorso solenne, suonò così allegro come il personaggio di Shirley Temple, concludendo "Fidatevi di me ragazzi! Noi vinceremo!". Gara 2 iniziò con un pronostico tipico della sua arguzia, quando Clendenon completò il batting-practice e scambiò due parole con Paul Blair, esterno centro di Baltimora, dicendo: "Stiamo per mandarvi a casa con le vostre teste di cavolo tra le gambe". Jerry Koosman realizzò una no-hit attraverso sei inning e Clendenon aprì le segnature al quarto inning con un home run, interrompendo il 23° inning in postseason senza punti del mancino Dave McNally. Con il punteggio in parità 1-1 nel nono, Al Weis colpì un singolo e portò a punto Ed Charles per mettere i Mets avanti. Gli Orioles tentarono di recuperare nel nono, e Ron Taylor entrò per la salvezza. Quando Brooks Robinson battè una rimbalzante sul terza base Ed Charles, Clendenon fu costretto a tirare la palla di Charles su da terra per registrare la vittoria finale. Gara 3 allo Shea era pieno di celebrità quando si affrontarono i destri Jim Palmer e Gary Gentry. Clendenon cedette la prima base a Ed Kranepool con i Mets che vinsero grazie a due spettacolari prese di Tommie Agee, per 5-0. Con i Mets, ora, sopra di una partita, Gara 4 fu il rematch della partita d'apertura: Cuellar contro Seaver. Lanciando questa volta il primo inning senza concedere punti, Seaver lanciò come l'asso che era, e Clendenon ancora una volta raggiunse l'obiettivo, girando sul conto pieno una fastball di Cuellar nel secondo inning e battendola nel bullpen di Baltimora per il vantaggio di 1-0. I Mets avevano giocato una frizzante difesa in tutta la serie, e nel terzo, Clendenon fece la sua parte. Con due in base e nessuno fuori e Don Buford in battuta, Clendenon si posizionò avanti per il bunt, e Buford schioccò una forte rimbalzante sulla sua strada. Raccogliendola tentò l'eliminazione del battitore corridore ma era già passato, e così Clendenon ruotò e tirò in seconda realizzando l'out forzato. Un abile gioco di Seaver su un bunt ed un pop di Frank Robinson su Clendenon e i Mets avevano mantenuto il vantaggio. Il punteggio era di 1-0 al nono, e Gil Hodges non sostituì Seaver, anche se gli Orioles avevano messo corridori in prima e terza con un solo out. Quando Brooks Robinson colpì una palla al centro destra, Ron Swoboda effettuò un'incredibile presa in tuffo, sicuramente una delle più grandi prese al volo nella storia delle World Series, ma Frank Robinson fece il pesta e corri e segnò il pareggio. Nonostante questo i Mets si accesero, e vinsero la partita al 10° inning quando Rod Gaspar segnò dalla seconda su un gioco di bunt e il tiro del pitcher colpì sul polso il battitore corridore J.C. Martin. In Gara 5 tornarono sul monte Koosman e McNally. Per la prima volta da Gara 1, gli Orioles presero il comando all'inizio, su un homer da due punti di McNally. Il fuoricampo di Frank Robinson li portò sul 3-0. Era ancora così il punteggio quando i Mets andarono in battuta nella parte bassa del sesto, quando Cleon Jones fu apparentemente colpito sulla scarpa da una curva che cadde a terra e rotolò nel dugout dei Mets. Clendenon chiese all'arbitro Lou DiMuro di controllare la palla perché c'era del lucido da scarpe, e quando Hodges produsse la palla sporca dalla panchina, Jones andò in prima base. Con gli Orioles adirati per la chiamata - a Frank Robinson era stata negata una chiamata simile su un lancio interno di Koosman nella parte superiore dell'inning - Clendenon aspettò fuori McNally. Colpì il lancio di McNally, sul conteggio di 2-2, mandandolo fuori a sinistra per il suo terzo homer della serie, facendo rientrare in gioco i Mets. Al settimo inning l'homer di Weis pareggiò la partita. Quando vennero segnati due punti nella parte bassa dell'ottavo, i Mets andarono in vantaggio e Koosman non concesse nulla nel nono. Quando Cleon Jones eliminò al volo l'ultimo battitore degli Orioles, i Mets avevano completato la più improbabile corsa al titolo nella memoria di chiunque. Quando iniziò il pandemonio allo Shea Stadium, Clendenon si diresse verso la clubhouse per sentirsi dire che era stato nominato Most Valuable Player delle World Series - nonostante le grandi performance di Tommie Agee, Jerry Koosman e Al Weis (il seconda base ricevette il Babe Ruth Award dagli sportstwriters di New York come miglior giocatore della serie). I tre fuoricampo di Clendenon fecero pendere la bilancia in suo favore per il prestigioso premio di MVP. L'ultimo uomo ad unirsi ai Mets nel 1969 era stato il più incredibile nell'ora della vittoria. Il suo MVP arrivò con una Dodge Challenger del 1969 e fu immortalato in un dipinto dal famoso artista sport LeRoy Nieman (stranamente, mentre batteva da mancino). La vittoria fu effimera, e Clendenon ricevette una telefonata allo stadio che lo informavano che il suo appartamento era stato saccheggiato. "I fans" avevano rotto e preso quasi tutto: vestiti, piatti, anche la carta da parati. A Clendenon fu data una suite all'Essex House, mentre l'appartemento venne restaurato, e gradì molto il pandemonio e la sfilata delle World Series pomeridiana in città, ma la stanchezza lo portò a svignarsela durante il percorso, e prese una multa di 500 $ da Gil Hodges - la stessa cifra del suo bonus di firma iniziale. Apparve con i compagni di squadra al The Ed Sullivan Show e a cantare a Las Vegas con altri sei Mets. La sua celebrità, come quella dei suoi compagni di squadra, solo migliorata dal suo MVP, era in piena fioritura. La storia di Donn Clendenon e i Mets troppo spesso finisce nel 1969. In realtà, ebbe un buon anno nel 1970. I Mets tagliarono Ed Kranepool, l'ultimo giocatore dalla loro stagione inaugurale del 1962 e dopo nove anni di carriera lo mandarono nelle minor, lasciando la prima base di esclusiva competenza di Clendenon. Donn rispose con la sua migliore stagione completa dal 1966, una delle sue migliori in assoluto, battendo .288, .515 di media slugging, 22 homers e 97 RBI, un record per i Mets negli RBI fino a quel momento. Ma la magia era scomparsa, e i Mets scesero al terzo posto, sei partite dietro al suo vecchio club di Pittsburgh. Clendenon venne nuovamente trascurato dall'All-Star team, nonostante il suo manager stesse raccogliendo le riserve della squadra (Donn non fece mai parte di un All-Star team), ma finì 13° nella votazione dell'MVP della League. Nessun battitore dei Mets ottenne molta considerazione fino alla metà degli anni '80. Ma al terzo anno del suo insolito contratto triennale i suoi numeri cedettero e Kranepool tornò a risorgere. Clendenon ancora una volta vide la maggior parte del suo tempo contro i mancini, ma non aveva più lo smalto del passato. Apparve in 88 partite, battè .247, .411di slugging, 11 homers, e 37 RBI. Poco dopo la stagione, i Mets lo liberarono. Si accasò con i St. Louis Cardinals per un finale di stagione improduttiva (.191 di BA in 136 at-bat), e si ritirò. Non contento del suo lavoro alla Scripto Pen, Clendenon rassegnò le dimissioni poco prima che la società fosse venduta alla Wilkinson Sword. Nell'estate del 1971, entrò alla General Electric come consulente di gestione del personale. Alla fine, fu incaricato di reclutare i candidati di minoranza. Quando partecipò ad una sessione di strategia e sentì un alto funzionario lamentarsi per la mancanza di qualificati candidati neri, Donn mise in gioco il suo posto: sfidò l'esecutivo che avrebbe trovato 50 mansionari con una fascia di reddito da 45000 a 75000 $. Clendenon promise di riempire ogni uno con un candidato qualificato nero o si sarebbe dimesso. Clendenon mise in funzione le sue conoscenze ad Atlanta, tra cui Vernon Jordan, un compagno di liceo e futuro consigliere del presidente Bill Clinton, sviluppando una rete sociale, e riempiendo ciascuna delle posizioni. Il suo successo fece soffrire il suo rivale, che giurò di vendicarsi, e Clendenon andò a lavorare alla Mead Corporation come consulente per la gestione del personale. Clendenon finalmente tornò alla Duquesne University e completò la sua laurea in legge nel 1978. Lavorò con l'ufficio legale della Mead prima di diventare uno dei soci fondatori della Bostick, Gerren & Clendenon, praticando il diritto penale. Come troppe persone di successo degli anni '80 - atleti e uomini d'affari - Clendenon si lasciò sedurre dalla cocaina. Fece un suo percorso volontario di riabilitazione, e si ritirò alla vita tranquilla di Sioux Falls, South Dakota, dove diventò un stimato consulente delle dipendenze. Continuò ad esercitare la pratica legale nello studio Clendenon, Henney & Hoy, e frequentò con assiduità le rimpatriate dei Mets quando il suo lavoro e la salute lo consentirono. Clendenon di fronte alla sua leucemia con naturale coraggio disse nel 1999: "Morirò per essa o per un effetto collaterale. Ha intenzione di prendermi alla fine, lo so. Ma io continuo a combattere". Dopo una lunga lotta, Clendenon cedette e si spense il 17 settembre 2005 a Sioux Falls.

1961/1968 -Donn Clendenon con la casacca dei Pirates

1968 - Da sinistra: Roberto Clemente, Willie Stargell e Donn Clendenon

1969 - Donn Clendenon con la casacca degli Expos indossata per pochi mesi prima di essere ceduto ai Mets

1969 - La copertina di The Sporting News che ritrae Donn Clendenon dopo l'homer in Gara 2

1969 - Con Hodges al suo fianco, l'arbitro Lou Dimuro assegna la prima base a Cleon Jones (21) dopo essere stato colpito nel sesto inning di Gara 5. Donn Clendenon, con la mazza sulla spalla, colpì subito dopo l'homer che aiutò i Mets a vincere le World Series

1969 - Donn Clendenon, dopo aver colpito il fuoricampo da due punti in Gara 5

1969 - Jerry Grote (15) e Jerry Koosman sono al centro nell'enorme abbraccio tra fans e compagni di squadra dopo la vittoria delle World Series. Sono identificabili Tom Seaver, senza cappello, accanto a Grote: Donn Clenendon, senza cappello a sinistra, mentre il coach degli Orioles George Staller si precipita via dalla scena

26 marzo 1970 - Donn Clendenon allo spring training camp di St. Petersburg, Florida

20 settembre 1970 - Donn Clendenon scivola a casa base allo Shea Stadium in una partita contro i suoi ex Pirates. Di spalle il ricevitore Manny Sanguillen nell'atto di prendere la palla tirata da Willie Stargell