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Jim Abbott James Anthony Abbott Nickname : "Jim"Nato: 19 Settembre 1967 a Flint, MI Jim Abbott nasce a Flint, nel Michigan, il 19 settembre 1967 da una giovanissima coppia di adolescenti. Avere un figlio in giovane età fu abbastanza difficile, soprattutto un bambino con una disabilità, ma Mike e Kathy Abbott decisero di rendere la vita del figlio la più normale possibile. Jim era nato con il braccio destro deforme, mancante della mano all’altezza del polso. Mike Abbott vendeva automobili e lavorava come macellaio e Kathy continuava a studiare a casa, seguendo nel contempo Jim. Alla fine entrambi i genitori, finirono il college e continuarono una carriera di successo, Mike in management e Kathy come insegnante e poi avvocato. I genitori di Jim lo incoraggiarono sempre a provare le cose e questo lo aiutò ad acquisire fiducia. "Abbiamo deciso che se Jim voleva praticare lo sport di lasciarlo provare" dichiarò Mike Abbott in un'intervista del 1998 a USA Today. "L'ho aiutato in alcune cose. Ma alla fine è stato tutto merito di Jim. Così doveva essere". Jim iniziò mostrando un interesse per lo sport in età precoce. Cercando di spingerlo verso uno sport che non dipendesse dall'uso delle mani, i suoi genitori gli comprarono un pallone da calcio. Ma, Jim non ha mai amato in realtà il calcio. Dopo tutto, ogni altro bambino del quartiere giocava a baseball ed era quello che voleva fare. Ironia della sorte, è stato il fratello minore di Jim, Ciad, che divenne un giocatore di calcio. Così Jim Abbott iniziò a sviluppare una rimarchevole coordinazione mano occhio che gli avrebbe permesso di fare con una mano ciò che avrebbe fatto con le altre due. Passava ore a lanciare una palla di gomma contro un muro di mattoni recuperandone il rimbalzo. Suo padre lo aiutò a sviluppare la tecnica per impugnare il guanto nella sua mano sinistra che gli permise di lanciare e prendere la palla con la stessa mano. Nel corso degli anni continuò questo esercizio, spostandosi sempre più vicino al muro e rendendo il passaggio del guanto sempre più veloce. Quando Jim iniziò la scuola, era dotato di una mano meccanica in fibra di vetro e metallo. Ma odiava la protesi, che chiamava "hook", perché era consapevole che spaventava alcuni dei suoi compagni di classe. Alla fine i suoi genitori smisero di fargliela indossare. All'età di 11 anni, Jim giocò in una squadra della Little League e lanciò una no-hitter nella sua prima partita. Nonostante il suo successo iniziale, la maggior parte ritenne che questo era il massimo che poteva fare. Ma ad ogni nuovo livello, Jim dimostrò ai dubbiosi che si stavano sbagliando. Quando entrò nella high school a Flint Central, il suo nuovo allenatore mise in dubbio che Jim sarebbe stato in grado di difendere la sua posizione in modo adeguato. Ma Jim effettivamente giocò abbastanza bene in prima base e all’esterno ma mai come quando lanciava. Anche la sua battuta fu eccezionale. Jim batteva da mancino, avvolgendo la mano sinistra attorno alla mazza e con il moncherino destro controllava il pomello. Fu in grado di produrre una notevole potenza, colpendo sette homer e battendo un eccellente .427 come senior. Sul monte nello stesso anno vinse dieci partite e ne perse tre, con una ERA di 0.76, incredibilmente bassa, e una media di più di due strikeout per inning lanciati. Jim giocò anche quarterback di riserva per Flint Central fino alla fine del suo anno da senior, quando divenne titolare nelle ultime tre partite, con 600 yards di passaggi e sei touchdowns. Inoltre, fu il calciatore della squadra, con una media di 37,5 metri a trasformazione, da senior. La sua prima apparizione a livello nazionale avvenne quando le sue realizzazioni con la squadra di football vennero presentate sulla NBC nello show pre-partita del "The NFL Today". Abbott venne scelto dai Toronto Blue Jays nel 36° round del draft, ma rifiutò la loro offerta di un bonus di $ 50000 per frequentare la vicina Università del Michigan. Nonostante l'offerta della Major League e i suoi risultati nella high school, il college con programmi di top baseball, ebbe difficoltà ad assumerlo. C’erano ancora alcune riserve sulla sua disabilità, e Abbott stesso ammise di avere alcuni dubbi iniziali sulla sua capacità di giocare a baseball nel college. Ma furono rapidamente fugati. Come matricola fu nominato Most Courageous Athlete per il 1986 dalla Sportswriters Association dopo aver registrato un record di sei vittorie contro due sconfitte. La stagione non fu però senza difficoltà. Dopo la sua prima partita del college, l’umile giovane lanciatore venne mortificato e preso in giro da suoi compagni di squadra quando la stampa fermò il bus per un'ora per intervistarlo. Nel corso delle due successive stagioni, Jim continuò a migliorarsi come lanciatore e cominciò a pensare seriamente a una carriera nel baseball professionale. Nel 1987 lanciò il Wolverines al primo posto nella classifica della Big Ten Eastern Division e nel torneo NCAA lanciò una shutout. Nella stagione vinse 11 partite contro tre sconfitte, guadagnandosi un posto nella nazionale amatoriale di baseball degli Stati Uniti. Nel tour che precedette i Giochi Panamericani lanciò un complete game concedendo solamente tre valide contro la squadra cubana davanti a 50000 spettatori. Ai Giochi Panamericani, non solo fu il porta bandiera per la delegazione degli Stati Uniti, ma vinse due partite senza concedere punti con il Team USA che conquistò la medaglia d'argento. Quell'anno, per i suoi successi gli venne assegnato il Sullivan Award, davanti all'ostacolista Greg Foster e alla star del basket David Robinson, come miglior atleta dilettante del paese. Ricevette poi,battendo le future stelle della major league Jack McDowell, Robin Ventura e Ken Griffey Jr., l'ambito premio Golden Spikes Award, assegnato al migliore giocatore di baseball amatoriale. Abbott ebbe un'altra bella stagione a Michigan nel 1988, diventando il primo giocatore di baseball di sempre ad essere nominato dalla Big Ten Conference "Big Ten Athletes of the Year". Lanciò con la squadra olimpica USA un complete game contro il Giappone vincendo per 5 a 3, nella finale olimpica del 1988 in cui il baseball era ancora sport dimostrativo, che considera ancor oggi la sua più grande emozione sportiva. Dopo il suo trionfo olimpico, Abbott decise di rinunciare al suo ultimo anno di eleggibilità al college per accedere al rango professionale. Venne scelto dai California Angels come ottava scelta nel primo round del draft amatoriale negoziando un bonus di 207000 $. Come accadde ogni volta che Jim saliva su un altro livello del baseball, gli scettici riproposero l’eterna domanda se un giocatore con un solo braccio poteva esibirsi a livelli superiori. Riemersero le vecchie questioni familiari sulla sua capacità di difendere la sua posizione. Abbott, spesso, contro il bunt o le rotolanti lente non aveva il tempo di giocare la palla con il guanto ed effettuare il trasferimento. Così di solito mollava il guanto e prendeva il bunt a mano nuda. Al liceo, un allenatore avversario, una volta ordinò apposta ai primi otto battitori di fare il bunt. Dopo il primo battitore che raggiunse salvo la prima base, Jim eliminò gli altri sette di fila. Naturalmente, doveva passare la stessa prova nel college e nella big league. Ma ancora una volta, Abbott rispose con grande coordinazione e riflessi pronti. L'edizione 1989 degli Angels, in cui giocò Abbott come rookie, fu un team di talento e legittimo contendente del pennant. Erano finiti secondi, dietro a Kansas City, nel 1988, caratterizzati da un solido pitching staff, rafforzato nell’off season dall’acquisto del veterano ace Bert Blyleven, che aveva già più di 250 vittorie nella major league. Era improbabile che Jim, un ventunenne rookie, potesse entrare nella rotazione dei lanciatori degli Angels. Fino a quel momento solo 15 giocatori avevano fatto il loro debutto professionale nella major league, dalla nascita del draft amatoriale nel 1965. Non avrebbe avuto il tempo di godere di una carriera di successo, che sarebbe stato ben presto dimenticato. Tutti davano per scontato che Abbott sarebbe stato mandato in qualche farm per acquisire l'esperienza necessaria, ma lui fece parte della squadra nello spring training e venne tagliato dalla rotazione dei partenti. A causa degli infortuni ad altri membri della rotazione, Abbott rientrò nel roster dell’opening day, ma c'erano ancora molti tabù da sfatare. Molti ritennero che il rientro di Abbott era stata più una trovata per le pubbliche relazioni piuttosto che un reale rafforzamento del roster. È vero, Abbott aveva fatto scalpore tra i media. La sua prima apparizione nello spring training fu come un “B-game” tanto che gli Angels si dovettero spostare dal campo di allenamento allo stadio principale per accogliere la folla di tifosi e dei rappresentanti dei media. In occasione della conferenza stampa dopo partita, Abbott spiegò con pazienza il suo movimento di lancio e di raccolta. Disse ai giornalisti: "Ho fatto questo da quando avevo 5 anni. Ora è naturale come allacciarmi le scarpe", lasciandoli immaginare la complessità nel legarsi le scarpe con una sola mano. Come era successo all'inizio di ogni nuova fase della sua carriera, per Abbott la prima regular season fu un grande evento. I mezzi di comunicazione, tra cui quattro troupe televisive provenienti dal Giappone, confluirono all’Anaheim Stadium in massa per il grande debutto. Jim durò meno di cinque inning e collezionò la sua prima sconfitta in major league, ma ottenne una standing ovation dalla numerosa folla. Baseball America classificò il suo esordio il secondo avvenimento in termini di importanza storica dietro solo alla rottura di Jackie Robinson della barriera di colore. Dopo un'altra sconfitta, Jim battè i Baltimore Orioles nel sua terza partita da starter e si comportò bene per il resto del campionato. Concluse l'anno con 12 vittorie contro lo stesso numero di sconfitte. La dozzina di vittorie sono state il maggior numero di vittorie della Major League per un lanciatore alla sua prima stagione da professionista dopo il dimenticato Ernie Wingard che vinse 13 partite nel 1924 per i vecchi St. Louis Browns, prima di svanire nell'oblio. Gli Angels finirono la stagione del 1989 al terzo posto e Abbott fu votato Rookie of the Year del club. Venne anche nominato "Most Inspirational Player" dal Baseball Writers Association of America. Abbott riuscì a controllare abilmente tutta la pressione attorno a lui e questo fu sicuramente il suo risultato più impressionante. Di bel aspetto e eloquente, venne intervistato innumerevoli volte dalle reti principali e dai giornali. Rifiutò le ripetute offerte di libri autobiografici, ricevendo tonnellate di posta - tra cui un telegramma personale di Nolan Ryan prima della sua prima partita. Gli Hall of Fame Ernie Banks e Bobby Doerr chiesero il suo autografo, e il 363 volte vincitore Warren Spahn lo nominò suo eroe. Jim aveva studiato comunicazione all'università ed era ben preparato a gestire la folla, nonostante i suoi 21 anni. La sua maturità e la cooperazione con la stampa e il pubblico contribuì a formare una legione di fedeli sostenitori e lui naturalmente divenne un modello di ruolo di ispirazione per i bambini con tutti i tipi di disabilità. Le domande circa le sue capacità comunque rimanevano. Abbott aveva problemi con i corridori sulle basi e la sua difesa era debole. Egli era il secondo lanciatore della league a cui era più facile rubare e aveva una percentuale relativamente bassa di fielding. Per sua stessa ammissione, aveva perso molti giochi per questi motivi. Abbott ottenne una deludente stagione nel suo secondo anno del 1990, con un record di vittorie-sconfitte di 10-14. Iniziò malissimo il 1991, soffrendo per quattro sconfitte consecutive nell’inizio stagione, dopo una modesta prestazione nello spring training. I talk show sportivi erano intasati da telefonate di appassionati che chiedevano se sarebbe stato mandato nelle minor league, ma il club gli diede fiducia e Abbott riuscì a riemergere. In realtà, finì per godere di una straordinaria stagione. Anche se gli Angels dopo l'All-Star Game erano sfioriti, Abbott vinse undici partite, dopo la pausa, per finire con un record di 18-11 e una ERA di 2.89. Nel voto per lo Cy Young Award dell’American League, l'onorificenza più prestigiosa per i lanciatori, si piazzò al terzo posto con Roger Clemens, dei Red Sox, che catturò il trofeo per la terza volta. Il record di Abbott del 1991 è ancora più impressionante se si prende in considerazione la mancanza di sostegno da parte dei battitori degli Angels. Secondo il concetto di valutazione delle prestazioni del lanciatore sviluppato dal noto studioso di statistica del baseball e autore Bill James, Abbott era leader dell’American League in "tough losses" con otto. Altro fiore all'occhiello di Abbott dell’eccellente stagione del 1991 fu un triplo battuto alla distanza di 375 piedi tra gli esterni durante una partita di spring training contro i San Francisco Giants. Dal momento che gli Angels erano nell’American League, dove viene utilizzato il battitore designato, Abbott non arrivò mai a battere durante la stagione regolare. Il triplo è stato la sua prima valida con un’uniforme della Major League. Nel dicembre del 1991 Jim sposò Dana Douty, che aveva conosciuto ad Anaheim. Deve essere stata una grande soddisfazione per il giovane Jim Abbott nell’off-season, dopo una trattativa salariale molto discussa, firmare un contratto di un anno per 1.85 milioni di dollari, che fece di lui il più pagato lanciatore al quarto anno, nella storia del baseball di quel tempo. La stagione 1992 fu ancora memorabile per Jim, ma per tutt’altre ragioni. Gli Angels vinsero solo 72 partite e finirono quinti tra i sette team dell’American League Western Division. Nonostante avesse lanciato bene tutto l'anno, Abbott ottenne un misero record di 7-15. Ma il suo frizzante 2.77 di ERA stabiliva un indicatore più accurato della qualità dei suoi sforzi. Durante la sua carriera di routine Jim fu sorretto da pochi punti dell’attacco dei suoi compagni di squadra, ma nel 1992 gli Angels lo sostennero ancora meno con il numero di punti più bassi dell’American League dopo l'adozione della regola del battitore designato nel 1973. Per finire, nel dicembre del 1992, Abbott venne scambiato con i New York Yankees per tre prospetti di minor league poichè gli Angels non potevano firmare un accordo a lungo termine. Gli yankee, che non avevano partecipato a una partita di post-season da più di un decennio, erano affamati di vincere il pennant nella stagione 1993. Avevano preso Wade Boggs e Jimmy Key, come free agents, e acquisito Paul O'Neill e Abbott in trade e sembravano un contendente solido. Abbott e il suo agente Scott Boras, che aveva respinto nel mese di ottobre un’offerta degli Angels di quattro anni, pari a 4 milioni di dollari per ogni stagione, si imbatterono subito in problemi per negoziare un contratto con gli Yankees. Finirono in arbitrato, dove l'offerta degli Yankees di 2.35 milioni dollari battè la richiesta di 3.5 milioni dollari di Abbott. Gli argomenti negativi degli Yankees confusero e sconvolsero il giovane lanciatore. "Perché mi hanno scambiato, se questo è quello che pensano?" si chiedeva. Fu uno dei primi segnali che il sensibile lanciatore avrebbe potuto avere un momento difficile nel Bronx. Tuttavia, Abbott cercò di abbracciare la città e la squadra. Ma, la sua intera durata a New York fu frustrante e la sua prestazione mediocre. Uno dei pochi punti luminosi fu la vittoria ottenuta il 4 settembre 1993, con una no-hit contro i Cleveland Indians nella corsa al pennant. La no-hit catapultò indietro Abbott sotto i riflettori nazionali e, ancora una volta fu incentrata sull’unica qualità della performance del giocatore con una sola mano, e la performance era eccezionalmente buona. Ma dopo poco più di una settimana dalla sua no hit, il proprietario degli Yankees George Steinbrenner sparò pubblicamente su Abbott dicendo che non faceva il suo lavoro, mettendo anche in discussione il coraggio del lanciatore. Lo sfogo di Steinbrenner, con la sua squadra a solo una partita e mezza dal primo posto, sembrava voler spronare i suoi giocatori, ma finirono zoppicando al secondo posto, dietro a Toronto di sette partite. Abbott finì con un record di 11 vittorie contro 14 sconfitte. La seconda stagione di Abbott a New York iniziò nella stessa maniera turbolenta come era iniziata la prima. Ancor prima che iniziasse lo spring training, "The Boss" accusò Abbott delle prestazioni mediocri del 1993 distratto dalle sue opere di carità e dalle frequenti visite ai bambini disabili. Steinbrenner dichiarò: "Jim Abbott deve dare il 100 per cento della sua attenzione al baseball!". Abbott, che era stato scelto per il prestigioso "Free Spirit Award" per il suo lavoro con i bambini, rimase spiazzato e si trovò a dover difendere il suo impegno filantropico. Un altro scontro si verificò quando gli Yankees inventarono un guanto nuovo per lui, con un lembo che doveva nascondere la sua presa sulla palla dalla vista del coach avversario di prima. La teoria era che Abbott non era in grado di nascondere il pickoff con il suo guanto, come gli altri lanciatori. Jim provò il guanto nuovo prima dell’inizio della seconda parte della stagione, ma non riuscì ad acquisire familiarità con il nuovo dispositivo e si rifiutò di utilizzarlo nelle partite. La stagione 1994 si concluse a metà agosto, quando i giocatori scesero in sciopero. Il bottino finale di Abbott nella stagione abbreviata fu di nove vittorie e otto sconfitte. Il 23 dicembre gli Yankees decisero di non confermare l’offerta per la stagione 1995 e Jim divenne free agent. Era pronto a firmare con gli Angels, che avevano appena chiamato Marcel Lachemann, il pitching coach favorito di Jim, come loro manager. Ma i Chicago White Sox irruppero con un'offerta migliore. Abbott lanciò in maniera onorevole a Chicago, ma i Sox lo scambiarono con gli Angels, quando furono tagliati fuori abbastanza presto nella Central Division. Gli Angels, che erano messi bene nella Western Division, accolsero Jim a braccia aperte. Abbott vinse cinque partite e ne perse quattro per i California, ma il team arrivò ad una sola partita per il titolo di divisione. In entrambe le squadre vinse un record di 11-8 ottenendo una media ERA di 3.70, un notevole miglioramento rispetto alla sua performance a New York. Prima dell'inizio della stagione del 1996, Jim firmò un nuovo accordo per tre anni con gli Angels e cominciò lo spring training animato da stimoli nuovi per una grande stagione. Ma purtroppo terminò con un doloroso record di 2 vinte e 18 sconfitte, accompagnato da una media ERA orrenda di 7.48. Anche un passaggio di mezza stagione a Vancouver, la prima retrocessione in minor league della sua carriera, non lo aiutò. Il suo scarso rendimento continuò anche nella successiva primavera e gli Angels lo mollarono, mangiandogli due anni del suo contratto di 7.8 milioni dollari. Fuori dal baseball all'età di 29 anni, Jim Abbott tornò a casa per trascorrere del tempo con la moglie e la figlia, dedicando più tempo alle sue numerose attività di beneficenza. Dopo aver saltato l'intera stagione 1998, Abbott tentò di rientrare con gli White Sox. Lavorò duramente per tornare a lanciare nell’organizzazione dei Sox prima a Hickory, Winston-Salem, Birmingham, Calgary e successivamente fu chiamato per una prova a fine stagione a Chicago. Con gli White Sox, vinse tutte e cinque le sue partite da starter e nell’off-season ricevette il Tony Conigliaro Award, che viene presentato ogni anno al miglior giocatore che supera gli ostacoli e continua a prosperare attraverso le avversità. Però, il miracoloso ritorno non era destinato a continuare. Gli White Sox non erano sicuri che la resurrezione di Abbott potesse continuare e non firmarono per la stagione 1999. Firmò, invece, con i Milwaukee Brewers, ma venne rilasciato nel mese di luglio con un record di 2-8 e una ERA di 6.91. Jim, in compenso, produsse un gesto eroico finale. Dal momento che Milwaukee era nella National League, in cui il battitore designato non è utilizzato, Abbott ebbe la possibilità di battere, e il 15 giugno 1999, colpì un line out sulla prima base con una sola mano nella major league dopo più di 50 anni da quando l’outfielder Pete Gray, privo di un braccio, giocò per i Browns St. Louis nel 1945. Subito dopo il suo rilascio da Milwaukee, Jim annunciò il suo ritiro dal baseball. Ora ha due figli e vive in California. E’ richiesto come speaker motivazionale ed è ancora pesantemente coinvolto nella beneficenza per bambini. E’ associato all'organizzazione californiana degli “Amigos de los Niños”, per la cura e gli aiuti ai bambini, ed è stato due volte nominato "March of Dimes Athlete of the Year" e ha ricevuto il "Free Spirit Award" dal Freedom Forum per il suo lavoro di beneficenza. È ancora molto coinvolto nella causa dei bambini disabili e continua a fare le apparizioni per varie organizzazioni di beneficenza. Nel 2004 è stato eletto nella Michigan Sports Hall of Fame. Che cosa era successo alla carriera promettente di Jim Abbott? Come poteva un lanciatore che era considerato quello che aveva la miglior stoffa di qualsiasi mancino nel campionato del 1993, finire così dopo sei anni di major league all’eta di 31 anni? La spiegazione più diffusa è che gli avversari erano stati in grado di leggere i suoi lanci, perché non riusciva a proteggere la palla con il suo guanto. Allo stesso modo, i corridori in base sono stati in grado di trarne vantaggio perché non riusciva a nascondere la sua mossa di pickoff in prima base. Abbott, tuttavia, rifiutò queste valutazioni legate alla sua disabilità. Egli sosteneva che il problema era legato alla velocità della sua fastball che iniziò a diminuire abbastanza all'inizio della sua carriera ed era troppo grande l’adeguamento per passare dalla potenza alla finezza. Nei suoi primi anni, la palla veloce costantemente si avvicinò alle 95 mph, ma alla fine della sua carriera viaggiava intorno alle 85-90 mph. Nella sua carriera in Major League, Jim Abbott aveva vinto 87 partite e perse 108 con una ERA di 4.25. Eppure, egli fu come un grande impatto emotivo dando una rinnovata speranza a migliaia di disabili. Una volta stimò che aveva avuto almeno un incontro con un bambino disabile nel corso di ogni partita giocata in trasferta della sua carriera. Abbott, quando annunciò il suo ritiro dal baseball, disse: "Le mie esperienze, sommate assieme, mi fanno sentire come se avessi avuto una carriera da Hall of Fame".
Il bunt di Jim Abbott
La tecnica di lancio di Jim Abbott in slow motion
I festeggiamenti dopo la no-hit di Jim Abbott (al centro) del 4 settembre 1993 |
Curt Flood Curtis Charles Flood Nickname : "Curt", "Flash Food" o "Rembrandt" Nato: 18
Gennaio 1938 a Houston, TX Charles Curtis Flood nacque il 18 gennaio del 1938 a Houston, Texas, il più giovane di sei figli di Herman e Laura Flood. Nel 1940 la famiglia si trasferì a Oakland, in California. Il fratello maggiore di Flood, Carl, ebbe problemi con la legge fin dall'infanzia e scivolò in una vita criminale. Flood, però, iniziò a giocare a baseball all'età di nove anni e divenne un esterno nel liceo dove allenava George Powles che aveva prodotto giocatori come Frank Robinson, Vada Pinson, Joe Morgan e Jesse Gonder. L'altra persona che tenne lontano dai guai Flood fu Jim Chambers che incoraggiò la sua predisposizione e il talento nel disegno e nella pittura e che lo spinse ad iscriversi all’Herbert Hoover High School di Oakland. Dopo aver preso una certa famigliarità con l’arte alla fine del 1950, affinò il suo talento artistico come pittore di ritratti di marine che gli fece guadagnare il soprannome di "Rembrandt" tra i suoi compagni di squadra. Le sue performance artistiche decollarono dopo aver dipinto Busch Jr., il proprietario dei Cardinals, mentre ammirava il suo yacht. Alla fine del 1960 Flood dipingeva dai tre ai quattro ritratti ogni due settimane, ad un prezzo di 250 - 300 $. Molti dei suoi dipinti ritraevano altri giocatori e le loro famiglie. Ebbe modo di dire: "Il baseball e la pittura sono un buon equilibrio. Il baseball è virile. E' ruvido e duro. La pittura è delicata, tranquilla. E' uno sfogo per superare la tensione". Flood giocò a baseball per tutta la sua adolescenza e divenne un atleta promettente pur essendo piccolo e magro. Nonostante la sua bassa statura, firmò con i Cincinnati Redlegs nel 1956 per uno stipendio di quattromila dollari. Non ricevette alcun bonus per la firma, ma il contratto era impressionante per un ragazzo della classe operaia che si era appena diplomato al liceo. Come giocatore di minor league a Tampa, in Florida, dovette sopportare gli scherni razziali e le ingiurie che altri giocatori di pella nera avevano sofferto quando l’integrazione era arrivata nel Sud. Essendo cresciuto nella West Coast, non aveva mai toccato con mano la segregazione del sud, e fu per lui una rivelazione scioccante. Le probabilità che Flood potesse giocare nella major league erano poche, ma colpì .340 nel suo primo anno di baseball professionista, con ventinove home run. Così alla fine della stagione arrivò a giocare con i Reds come terza base, ma non aveva futuro in quella posizione con l'organizzazione. Nel dicembre del 1957 i Cincinnati lo scambiarono con i St. Louis Cardinals, che fecero di lui un centerfielder, una posizione che mantenne per i successivi dodici anni.
Al momento in cui Flood si aggregò ai Cardinals, questi erano geograficamente la squadra più meridionale della major league. Nella franchigia di proprietà di August Busch Jr., già proprietario della birra Anheuser-Busch, e che per molti aspetti era prevedibilmente conservatore, il clima era sorprendentemente liberale e un miraggio per i giocatori di colore. La minoranza e i giocatori bianchi andavano molto d'accordo e la squadra insistette sugli alloggi integrati per i suoi atleti durante lo spring training. Grazie ai manager Johnny Keane e Red Schoendienst, la squadra fiorì sul campo a metà degli anni ‘60. Con stelle come il lanciatore Bob Gibson, il terza base Ken Boyer, il seconda base Julian Javier, il prima base Bill White, l’esterno Lou Brock, insieme al gioco eccezionale di Flood, che non era solo un buon battitore, ma uno dei migliori esterni del suo tempo, i Cardinals vinsero le World Series nel 1964, battendo i New York Yankees. Con l’aggiunta dell’esterno Roger Maris e del prima base Orlando Cepeda, vinsero ancora nel 1967, battendo i Boston Red Sox. I St. Louis arrivarono alle World Series di nuovo nel 1968, ma persero con i Detroit Tigers in sette partite. Busch cominciò a smembrare la sua squadra nel 1968, e i Cardinals non arrivarono più alle World Series fino al 1982. Flood esplose dopo che Johnny Keane divenne il manager nel 1961, battendo .322, e seguitò a battere .296 nel 1962 con 12 home run. Continuò a migliorare in attacco, nel 1963, colpendo .302 e segnando 112 punti (il suo record in carriera), terzo nella NL; ottenne anche dei record in carriera per i doppi (34), tripli (9), basi rubate (17) e colpì 200 valide in 662 turni alla battuta, il record della NL. Nello stesso anno ricevette il primo dei suoi sette consecutivi Gold Gloves. Fu chiamato per la prima volta nella selezione dell’All-Star nel 1964, come leader della National in valide e media battuta con .311. Con i suoi 679 turni alla battuta divenne nuovamente leader della NL posizionandosi al quinto posto con il più alto totale nella storia delle League, fino a quel momento, e stabilì il nuovo record di squadra superando Taylor Douthit che nel 1930 ne ottenne 664; Lou Brock battè il record del team tre anni dopo con 689. Fu anche leader della NL per numero di valide con 211. Battitore leadoff nelle World Series 1964 contro i New York Yankees, ottenne solo una media battuta di .200 ma segnò in tre delle vittorie dei Cardinals che conquistarono il titolo in sette partite dal lontano 1946. Nel 1965 Flood ebbe la sua miglior prestazione in battuta con 11 home run, 83 RBI e una media battuta di .310. Ritornò a far parte dell’All-Star di nuovo nel 1966, una stagione in cui non commise nessun errore all’esterno; il suo record di partite consecutive senza errori fu di 226 (record NL) e 568 totali opportunità (record della Major League) e va dal 3 settembre 1965 al 4 giugno 1967.
Nel 1967 realizzò la sua media battuta più alta con .335, nonostante la sua media si fosse abbassata nel precedente anno, aiutando i Cardinals ad arrivare ad un altro campionato del mondo. Nelle World Series del 1967 contro i Boston Red Sox battè un doloroso .179, ma mise a segno alcuni contributi fondamentali. In gara 1, fece avanzare Brock in terza base per due volte, mettendolo in grado di segnare il punto della vittoria per 2-1, in gara 3, fece segnare Brock il primo punto della partita terminata 5 a 2 per i Cards. Come co-capitano della squadra (con Tim McCarver) nel 1968, forse il suo anno migliore, guadagnò la sua terza selezione nell’All-Star e il quarto posto nel ballottaggio dell’MVP (vinto dal compagno di squadra Bob Gibson), grazie ad una media battuta di .301 e 186 valide. Contro i San Francisco Giants quell'anno, Flood fu coinvolto nel primo back-to-back no-hitter della storia della Major League. Il 17 settembre andò strikeout per l’ultimo out della vittoria del pitcher Gaylord Perry per 1 a 0. Il giorno dopo, Flood prese al volo la palla battuta da Willie McCovey per il risultato finale del pitcher dei Cardinals, Ray Washburn, per 2 a 0. Probabilmente, se non avesse giudicato male una volata di Jim Northrup (che diventò un triplo), con due out nella settimo inning di gara 7 delle World Series del 1968 contro i Detroit Tigers, i Cardinals avrebbero vinto il loro terzo campionato del decennio; Detroit segnò tre punti in quell’inning, e vinse per 4 a 1. Fino a quel momento Flood stava affrontando le migliori Series della sua carriera, nonostante alcuni problemi personali, ottenendo una media battuta di .286 e tre basi rubate. Sport Illustrated gli dedicò la copertina del 19 agosto 1968 mentre compie una presa straordinaria all'esterno centro definendolo "The Best Centerfielder in Baseball".
Nel 1969, nonostante l’abbassamento generalizzato delle prestazioni dei lanciatori che vide per contro un aumento generalizzato delle media battuta della League, la sua media in battuta scese a .285. Suo fratello era stato arrestato durante la stagione e lui ebbe un paio di confronti pubblici con il management dei Cardinals. All'inizio della stagione entrò in conflitto con i Cardinals nel tentativo di ottenere uno stipendio di 100000 $. Verso la fine della stagione criticò pubblicamente la squadra per averla riorganizzata prima che fossero ufficialmente eliminati dalla competizione. Ricevette il suo settimo Gold Glove e altri eventi della sua carriera cominciarono a influenzare tutto lo sport. Flood raccolse la prima valida della regular season della Major League in Canada. Mise a segno un doppio contro il lanciatore Larry Jaster dei Montreal Expos nel primo inning della partita casalinga inaugurale degli Expos, il 14 aprile 1969 al Jarry Park. (Jaster era un compagno di squadra di Flood l'anno prima, ed era stato selezionato dagli Expos nel progetto di espansione della MLB). Nonostante la sua eccezionale carriera di giocatore, l'eredità principale di Flood si sviluppò al di fuori del campo. Egli credeva che la “reserve clause” della Major League Baseball, vecchia di decenni, fosse ingiusta, nel senso che i giocatori erano legati per tutta la vita alla squadra con cui originariamente avevano firmato, anche quando avevano soddisfatto i termini e le condizioni di tali contratti. Il 7 ottobre 1969, i Cardinals scambiarono Flood, il catcher Tim McCarver, l'outfielder Byron Browne e il lanciatore mancino Joe Hoerner con i Philadelphia Phillies per il prima base Dick Allen, il seconda base Cookie Rojas e il lanciatore destro Jerry Johnson. Tuttavia, Flood rifiutò di andare ai moribondi Phillies, citando i risultati deludenti della squadra e il fatto che giocavano al Connie Mack Stadium, ormai in rovina, davanti ai belligeranti - e, Flood credeva, razzisti - tifosi. Alcuni rapporti dicono che fosse anche notevolmente irritato, per aver appreso dello scambio da un giornalista, ma nell’autobiografia di Flood si dice che apprese dell’operazione dal livello medio del management dei Cardinals e si arrabbiò che la comunicazione non fosse venuta dal general manager. Incamerò il contratto relativamente redditizio di 100000 $ rifiutando di essere oggetto di scambio, e consultò il sindacato dei giocatori, diretto da Marvin Miller. Inoltre incontrò il general manager dei Phillies, John Quinn, che lasciò l'incontro con la convinzione che Flood sarebbe andato a Philadelphia. Dopo essere stato informato che il sindacato era disposto a pagare le spese del processo, scelse di procedere. In una lettera al Baseball Commissioner Bowie Kuhn, Flood chiese che lo dichiarasse free agent:
1969 - Curt Flood (al centro) con Lou Brock (a sinistra) e Vada Pinson (a destra)
Due incredibili prese di Curt Flood
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Gil HodgesGilbert Raymond Hodges Nickname : "The Miracle Worker" Nato: 4
Aprile 1924 a Princeton, IN Gilbert Ray Hodges nacque a Princeton, Indiana, il 4 aprile 1924. Il padre Charlie, di professione minatore, e la moglie Irene decisero di trasferire la famiglia nella vicina Petersburg, quando Gil aveva sette anni. Hodges fu una stella in quattro sport alla Petersburg High School, guadagnò assieme sette lettere universitarie per il football, baseball, basket e atletica leggera. Declinò l'offerta di un contratto con i Detroit Tigers nel 1941 e invece frequentò il Saint Joseph's College con la speranza di diventare un allenatore di college. Firmò con i Brooklyn Dodgers nel 1943, ed apparve in una partita come terza base nello stesso anno. Entrò nel Corpo dei Marines durante la seconda guerra mondiale, dopo aver partecipato al programma ROTC (Reserve Officers' Training Corps) al Saint Joseph's, servendo come artigliere antiaereo nelle battaglie di Tinian e di Okinawa, ricevendo la Stella di bronzo e un encomio per il coraggio delle sue azioni dimostrate sotto il fuoco nemico. Dopo il suo congedo militare nel 1946 ritornò ai Brooklyn e giocò come catcher nel 1947, unendosi al nucleo già solido della squadra composta da Jackie Robinson, Pee Wee Reese e Carl Fusillo; ma l'emergente Roy Campanella rese evidente che Hodges non aveva futuro dietro il piatto, e venne spostato dal manager Leo Durocher in prima base, dove il suo gioco divenne esemplare. Hodges apparve una sola volta nelle World Series del 1947 contro i New York Yankees, come pinch-hitter per il lanciatore Rex Barney in gara 7; andò strikeout. Come rookie nel 1948, colpì .249 con 11 fuoricampo e 70 RBI. Il 25 giugno del 1949, colpì per un cycle. Fu leader della NL in putouts (1336), doppi giochi (142) e nella media fielding (.995), ed eguagliò il record del club di Hack Wilson del 1932 per i battitori destri con 23 homer. Con i suoi 115 RBI fu quarto nella NL, e fece la sua prima apparizione nella squadra dell’All-Star. I Dodgers affrontarono ancora gli Yankees nelle World Series del 1949, e Gil battè solo .235 ma volpì la valida per il punto della vittoria dei Brooklyn in gara 2 per 1 a 0. In gara 5 colpì un fuoricampo da 3 punti con due out nel settimo per avvicinare i Dodgers, sotto 10 a 3, ma fu messo strikeout alla fine della partita e delle Series. Il 31 agosto del 1950 contro i Boston Braves, eguagliò Lou Gehrig, come il secondo giocatore dal 1900 a colpire quattro fuoricampo in una partita senza il beneficio di inning supplementari, battendo contro quattro lanciatori diversi, e il primo contro Warren Spahn. Ottenne 17 basi totali nella partita, posizionandosi al terzo posto nella storia della Major League. Nello stesso anno fu leader della League per la media difesa (.994) stabilendo un record della NL con 159 doppi giochi, rompendo quello detenuto da Frank McCormick, dei Cincinnati Reds, di 153 del 1939; superò il suo record personale di 171 ottenuto nel 1951, un record che rimase fino a quando Donn Clendenon, dei Pittsburgh Pirates, lo superò con 182 nel 1966. Finì la stagione del 1950 al terzo posto sia in homer (32) che RBI (113), ed arrivò in ottava posizione nella votazione dell’MVP. Nel 1951 divenne il primo Dodgers a battere 40 fuoricampo, rompendo il record di 35 ottenuto da Babe Herman del 1930; Campanella ne colpì 41 nel 1953, ma Hodges avrebbe riconquistato il record con 42 nel 1954, prima che Snider lo superasse di nuovo con 43 nel 1956. Battè l’ultimo fuoricampo del 1951 il 2 ottobre contro i New York Giants e Brooklyn si impose per 10 a 0. I Dodgers erano arrivati alla pari con i Giants e si erano rese necessarie una serie di 3 partite di playoff per definire la squadra che avrebbe vinto il pennant della NL. Con una partita a testa si giocò la gara decisiva il 3 ottobre e i Giants vinsero il pennant grazie al fuoricampo che ribaltò il risultato nella parte bassa del nono inning da quattro punti di Bobby Thomson denominato "Shot Heard 'Round the World". Nel 1951, Hodges fu leader della NL con 126 assist, secondo in HR, terzo nei punti segnati (118) e nelle basi totali (307), quinto nella media slugging (.527) e sesto negli RBI (103). Hodges fu per otto volte All-Star, dal 1949 al 55, consecutivamente, e nel 1957. Con il suo ultimo fuoricampo del 1952, eguagliò il record di 139 ottenuto da Dolph Camilli nella sua carriera con i Dodgers, e lo sorpassò nel 1953; Snider lo avrebbe superato nel 1956. Ancora una volta fu leader della NL con 116 assist nel 1952, terzo per home run (32), quarto per RBI (102) e slugging (.500). Amato dai fan di Brooklyn, è stato forse il solo Dodgers a non essere regolarmente fischiato all’Ebbets Field. I tifosi furono di molto supporto, anche quando Hodges subì uno slump tra i più famosi nella storia del baseball, non battendo valido nelle ultime nove partite del 1952, nel corso delle World Series del 1952 contro gli Yankees, terminò 0-21, con i Brooklyn che persero in sette partite. Quando la sua crisi continuò fino alla primavera successiva, i tifosi reagirono inviandogli innumerevoli lettere, doni porta fortuna e un prete di Brooklyn, padre Herbert Redmond, della St. Francis Roman Catholic Church - disse al suo gregge: "Fa troppo caldo per l'omelia. Osservate i Comandamenti e dite una preghiera per Gil Hodges". Hodges colpì di nuovo poco dopo, e non successe mai più nelle World Series. Hodges fu coinvolto in una cattiva chiamata nelle World Series del 1952 . Nella quinta partita, Johnny Sain, degli Yankees, battè nel decimo inning, una palla a terra verso la seconda e fu chiamato out sull’assistenza del seconda in prima dall’arbitro di prima base Art Passarella. La fotografia della giocata, tuttavia, mostra Sain che tocca la prima base, mentre Hodges, ha anche lui un piede sul sacco per riceve la palla, che è a circa un piede di distanza dal suo guanto. Eppure, Passarella chiamò Sain out. Il Baseball Commissioner Ford Frick, lui stesso un ex-giornalista, si rifiutò di difendere Passarella. Concluse la regular season del 1953 con una media battuta di .302, anche se fu solo quinto nella NL negli RBI (122) e sesto negli home run (31). Contro gli Yankees nelle Series del 1953, Hodges colpì un impressionante .364, battendo tre valide tra cui un homer nella gara 1 persa per 9 a 5, ma i Dodgers persero nuovamente in sei partite. Sotto il nuovo manager Walter Alston nel 1954, Gil giocò una delle sue migliori stagioni, stabilendo il record di home run del team, colpendo la più alta media battuta in carriera di .304 e fu di nuovo leader della NL in putouts (1381) e assist (132). Fu secondo nella League a Ted Kluszewski per home run e RBI (130), quinto in basi totali (335) e sesto in slugging (.579) e punti segnati (106), piazzandosi al decimo posto nella votazione per l’MVP. Nella regular season del 1955, Gil ebbe un calo di produzione ottenendo una media battuta di .289, 27 HR e 102 RBI, ma l'anno si concluse nella maniera più soddisfacente. Dopo aver vinto il pennant, i Dodgers si trovarono di fronte nelle World Series gli Yankees per la quinta volta, e Hodges andò 1 su 12 nelle prime tre partite prima di esplodere. In gara 4, nel quarto inning, colpì un homer run da due punti portando i Brooklyn avanti 4 a 3, e più tardi mise a segno un RBI con un singolo, vincendo per 8 a 5; segnò il primo punto in gara 5 per la vittoria dei Dodgers per 5 a 3. In gara 7, battè una valida, con due out nel quarto inning, e spinse a punto Campanella portando i Dodgers in vantaggio per 1 a 0, e con una volata di sacrificio, e un out nel sesto inning, fece segnare Reese. Il pitcher dei Dodgers, Johnny Podres, contenne bene le mazze avversarie, concedendo solo otto valide. L’ultimo out fu quello di Reese che raccolse e tirò il grounder battuto da Elston Howard sul guanto di Hodges portando alla vittoria i Brooklyn per 2 a 0 e alle prime World Series nella storia della franchigia. Nel 1956 ottenne 32 fuoricampo e 87 RBI, con i Brooklyn che vinsero nuovamente il gagliardetto, e ancora una volta incontrarono gli Yankees nelle World Series. Nel terzo inning di gara 1 colpì un homer run da 3 punti per il vantaggio dei Brooklyn per 5 a 2, vincendo 6 a 3; colpì tre valide e quattro RBI in gara 2 terminata 13 a 8, portando i Dodgers un vantaggio per 7 a 6 nel terzo e battendo due doppi, nel quarto e quinto inning, per il vantaggio di 11 a 7. In Gara 5 andò strikeout, una volata al centro e una lineout sulla terza base nel perfect game del pitcher degli Yankees, Don Larsen, e Brooklyn perse in sette partite. Nel 1957 Hodges stabilì il record dei grand slam della NL in carriera, superando i 12 condivisi da Rogers Hornsby e Ralph Kiner; alla fine furono 14 e vennero eguagliati da Hank Aaron e Willie McCovey nel 1972, e superati da Aaron nel 1974. Ebbe un'altra stagione eccellente, finendo settimo nella NL con una media battuta di .299 e quinto con 98 RBI, fu leader del campionato con 1317 putouts. Fu anche tra i primi dieci giocatori della NL in HR (27), valide (173), punti (94), tripli (7), slugging (.511) e basi totali (296); alla fine di settembre guidò gli ultimi punti dei Dodgers all’Ebbets Field, e anche gli ultimi punti nella storia dei Brooklyn. Venne chiamato per la sua ultima volta nella squadra All-Star, e si piazzò settimo nel ballottaggio per l’MVP. Dopo che i Dodgers si trasferirono a Los Angeles, il 23 aprile 1958, divenne il settimo giocatore a colpire 300 home run nella NL, contro Dick Drott dei Chicago Cubs. Nello stesso anno eguagliò un record, post 1900, delle league nei doppi giochi (134) per la quarta volta, eguagliando McCormick e Kluszewski; Clendenon alla fine superò il record nel 1968. Ma aveva solo 22 HR e 64 RBI, con i Dodgers che finirono al settimo posto nella loro prima stagione in California. Sempre nel 1958, ruppe il record di Cavilli della NL di 923 strikeout in carriera. Le cose cambiarono nel 1959, con i Dodgers che conquistarono un altro titolo della NL, e Hodges contribuì con 25 HR, 80 RBI e una media battuta di .276, arrivando settimo in campionato con una media slugging di .513, ma fu leader della league con una media fielding di .992. Battè .391 nelle World Series del 1959 contro i Chicago White Sox (la prima contro una squadra che non fossero gli Yankees), con il suo fuoricampo da un punto all'ottavo inning di gara 4 diede ai Dodgers la vittoria per 5 a 4, trionfando in sei partite per un altro titolo di campioni del mondo. Nel 1960 ruppe il record di Kiner della NL per battitori destri di 351 fuoricampo in carriera, ed apparve nel programma TV Home Run Derby. Nella sua ultima stagione con i Dodgers nel 1961, divenne leader del team per RBI con il 1254, superando Zack Wheat; Snider lo superò l'anno successivo. Hodges vinse i primi tre Gold Glove Awards dal 1957-1959; la sua carriera con una media difesa di .992 è semplicemente eccezionale. Dopo essere stato scelto nel progetto di espansione delle franchigie della MLB, Hodges fu uno degli originali Mets del 1962; nonostante i problemi al ginocchio fu convinto a continuare la sua carriera a New York, e colpì il primo fuoricampo nella storia della franchigia. Alla fine dell'anno, in cui aveva giocato solo 54 partite, si classificò al decimo posto nella storia della Major League, con 370 fuoricampo, secondo soltanto a Jimmie Foxx, tra i battitori destri. Dopo 11 partite con i Mets nel 1963, durante le quali aveva battuto .227 senza homer ed era stato tormentato dagli infortuni, venne ceduto agli Washington Senators alla fine di maggio per l’outfielder Jimmy Piersall con lo scopo di sostituire Mickey Vernon come manager degli Washington. Hodges annunciò subito il suo ritiro come giocatore per concentrarsi chiaramente sulla sua nuova posizione. Willie Mays dei Giants lo aveva superato settimane prima, il 19 aprile, per diventare il leader della NL in fuoricampo, tra i battitori destri; l’ultima partita di Hodges era stata il 5 maggio in un doubleheader contro i Giants (che si erano trasferiti a San Francisco nel 1958). Hodges diresse i Senators fino al 1967, e anche se erano migliorati in ogni stagione, non raggiunsero mai un record vincente. Uno degli episodi più importanti della sua carriera si verificò nel corso dell'estate del 1965, quando il lanciatore Ryne Duren - arrivato alla fine della sua carriera e sprofondato nell’alcolismo - salì su un ponte con l’intenzione di suicidarsi; Hodges gli parlò convincendolo a desistere. Nel 1968 Hodges fu chiamato a dirigere i Mets perennemente deludenti, e nonostante fosse l'unica squadra ad aver registrato un record di 73-89 fu comunque un segnale positivo nei loro sette anni di esistenza. Nel 1969, guidò i "Miracle Mets" alle World Series, battendo i favoriti Baltimore Orioles, dopo aver perso gara 1, vinsero quattro gare consecutive, di cui due con il punteggio di 2 a 1. Finirono al primo posto per la prima volta, dopo esser finiti sempre al nono posto, i Mets divennero non solo la prima squadra dell’espansione a vincere le Series, ma anche la prima squadra a vincere le Series dopo aver terminato almeno 15 partite sotto i .500 l'anno precedente. Hodges fu nominato Manager of the Year dal The Sporting News. Il momento considerato più memorabile nella storia del team dai molti tifosi dei Mets di una certa età e dall’Hall of Fame slugger e announcer dei Mets, Ralph Kiner, e anche il punto di svolta della squadra nella stagione del 1969, avvenne il 30 luglio nel terzo inning della seconda partita di un doubleheader contro gli Houston Astros. Quando l’esterno sinistro e star dei Mets, Cleon Jones, non si affrettò a raccogliere una palla battuta sull’esterno, Hodges, lo rimosse dal gioco. Ma piuttosto che segnalare semplicemente dalla panchina a Jones di uscire, o delegare il compito ad uno dei suoi coach, Hodges lasciò il dugout e lentamente, deliberatamente, camminò lungo il campo sinistro per rimuovere Jones, e assieme rientrarono in panchina. Per il resto della stagione, non successe mai più che Jones non si muovesse con rapidità. Kiner raccontò la storia decine di volte durante le trasmissioni dei Mets, sia come tributo a Hodges, per spiegare il suo carattere tranquillo, ma disciplinato. Dopo due identici terzi posti nelle stagioni del 1970 e del 1971 con un record di 83-79, Gil Hodges morì improvvisamente per un attacco cardiaco a West Palm Beach, Florida, mentre giocava a golf con gli altri membri del coaching staff dei Mets, compreso Yogi Berra, durante un giorno di riposo dallo spring training, il 2 aprile 1972. Aveva subito un precedente attacco di cuore durante una partita nel mese di settembre del 1968. Lasciò la moglie, Joan Lombardi, che aveva sposato il 26 dicembre 1948, e i tre figli. Berra fu chiamato a succedergli come manager. I Mets indossarono la fascia nera sulla manica sinistra della loro casacche durante la stagione del 1972 in suo onore. Hodges aveva battuto in carriera .273, con una media slugging di .487, 1921 valide, 1274 RBI, 1105 punti, 295 doppi e 63 basi rubate nelle 2071 partite giocate. Con i suoi 361 home run con i Dodgers si piazza al secondo posto nella storia della squadra dopo i 389 di Snider. Con i suoi 1614 doppi giochi si piazza dietro solo a Charlie Grimm (1733) nella storia della NL, ed era un record della Major League per un prima base destro fino a che Chris Chambliss lo superò nel 1984. I suoi 1281 assist lo collocano al secondo posto nella storia della lega dietro a Fred Tenney con 1363, e superato solo da Ed Konetchy con 1292 tra tutti i prima base destri. Snider ruppe il suo record della NL di 1137 strikeout in carriera nel 1964. Hodges venne eletto nella New York Mets Hall of Fame nel 1982. I Mets ritirarono anche il suo numero 14 nel 1973. Ricevette la più alta onorificenza civile dalla città di New York, il Bronze Medallion nel 1969. Nel 1978, il Marine Parkway Bridge, che collega l'area del Marine Park di Brooklyn con il Rockaways nel Queens, venne ribattezzata la Parkway Marine-Gil Hodges Bridge alla sua memoria. Altri posti a Brooklyn vennero chiamati con il suo nome come un parco a Carroll Street, un campo della Little League nella MacDonald Avenue a Brooklyn, una sezione di Avenue L e PS 193. Inoltre, una parte di Bedford Ave. a Brooklyn si chiama Gil Hodges Way. Una pista da bowling di Brooklyn porta anche il suo nome Gil Hodges Lanes. Lo stadio di baseball della high school nel suo paese natale di Princeton, Indiana, e un ponte che attraversa la East Fork sul White River, nel nord del Pike County, Indiana State Road 57 portano il suo nome. Nel 2007, Hodges venne eletto nel Marine Corps Sports Hall of Fame. Hodges è figura di primo piano in molte delle storie raccontate nel libro Carl Erskine's Tales from the Dodgers Dugout: Extra Innings (2004), scritto da Erskine, un suo vecchio compagno di squadra. Ci sono state polemiche sul fatto che Gil Hodges non è stato eletto come membro della Baseball Hall of Fame. Fu considerato uno dei migliori giocatori degli anni 1950, e si laureò come manager di successo con i Mets. Ma i critici della sua candidatura asseriscono che, nonostante la sua abilità offensiva, non ha mai portato la NL in qualsiasi categoria offensiva come i fuoricampo, RBI, o media slugging, e non è mai riuscito a vincere un premio MVP. Il secondo fatto può essere dovuto in parte al fatto che ottenne le sue migliori stagioni (1950-51, 1954, 1957) negli anni in cui i Dodgers non vinsero il pennant. Inoltre, la sua media battuta in carriera di .273 aveva fatto probabilmente aggrottare le sopracciglia ai molti elettori della Hall of Fame nei suoi primi anni di ammissibilità e, al tempo della sua morte, solamente cinque giocatori erano stati eletti dalla Baseball Writers Association of America, con medie di battuta sotto .300, tutti catcher o shortstops, e solo uno (Rabbit Maranville) che aveva una media inferiore e che non aveva vinto un premio MVP. Con il tempo la sua ammissibilità iniziale è scaduta nel 1983, il BBWAA aveva eletto solo altri due giocatori con medie al di sotto .274 – il terza base Eddie Mathews (.271), che ha colpito più di 500 HR, leader NL due volte, e Brooks Robinson (.267), che ha vinto un premio MVP e numerosi record difesivi. Tuttavia, Hodges era il prototipo del moderno slugging prima base, e mentre dopo il 1961, nell’era dell’ espansione, che portò numerosi giocatori a superare i suoi fuoricampo e gli RBI totali, rimane l'unico dei 21 giocatori che aveva ottenuto più di 300 fuoricampo nel momento del suo pensionamento, che non venne eletto (tutti, ma Chuck Klein e Johnny Mize vennero eletti dalla BBWAA). Alcuni osservatori hanno suggerito che la sua prematura scomparsa nel 1972, lo rimosse dalla coscienza pubblica, mentre altri ballplayers - compresi numerosi grandi Dodgers - erano sotto gli occhi dell'opinione pubblica negli anni successivi, ricevendo l'esposizione che permise la loro elezione. Hodges, tuttavia, raccolse 3010 voti dalla BBWAA durante il suo periodo di ammissibilità iniziale 1969-1983 - un record per un giocatore non selezionato (Jim Rice aveva superato questo totale, nel 2007, ma fu poi votato nella Hall nel gennaio 2009). Hodges è stato regolarmente preso in considerazione per la selezione da parte della Hall of Fame dal Veterans Committee sin dal 1987, mancando un voto nell’elezione del 1993, quando non ci furono candidati selezionati. Negli anni dal ritiro di Hodges, tuttavia, la Hall of Fame ha rifiutato l'ammissione di molti giocatori con record simili, o addirittura superiori. Frank Howard, per esempio, aveva colpito 382 home runs dal 1958 al 1973, con una media battuta di .273, una percentuale di arrivi in base di .352 e una percentuale di slugging di .499, rispetto a Hodges con una media battuta di .273, una percentuale di arrivi in base di .359 e percentuale slugging di .487. Inoltre, gli anni del 1960 erano molto meno orientati offensivamente rispetto agli anni del 1950 in cui Hodges era stato una star. Howard non ricevette mai seria considerazione dalla Hall of Fame. Un grande murale (52 ft.x16ft.) è stato recentemente dedicato a Petersburg, Indiana, la sua città natale. Il murale è stato dipinto dal pittore Randy Hedden e comprende tre immagini di Gil come Brooklyn Dodgers, come manager dei Mets, e alla battuta all’Ebbetts Field. Lo scopo del murale è quello di “aumentare la consapevolezza dell’assenza di Hodges dalla Baseball Hall of Fame” e si trova all'incrocio tra Hwys 61 & 57.
Gene Hermanski, Jackie Robinson e Gil Hodges dopo aver realizzato un triplogioco il 26 aprile 1949
1961 - Frank Howard, Gil Hodges Jr e Gil Hodges allo spring training
Pee Wee Reese e Gil Hodges
Da sinistra a destra: Rod Kanehl, Jim Hickman, Gil Hodges, Frank Thomas e Charlie Neal. La festa nella clubhouse al Polo Grounds dopo la prima vittoria in casa dei Mets, 8-6, rcon i Phillies il 29 aprile 1962. Neal realizzò un paio di home run in quella storica vittoria
Il murale dedicato a Gil Hodges |
Lefty GomezVernon Louis Gomez Nickname : "El Goofy", "Goofy" o "Gay Caballero" Nato: 26
Novembre 1908 a Rodeo, CA Vernon Louis "Lefty" Gomez nacque il 26 novembre 1908 a Rodeo, California. Di sangue misto, messicano-americano, giocò a baseball amatoriale a Oakland mentre frequentava la Richmond High School. Fu durante quel tempo che venne ingaggiato dai San Francisco Seals. I New York Yankees lo acquistarono per una cifra stimata attorno ai 39000 dollari.
Vinse più di 20 partite per quattro volte e fu un All-Star ogni anno dal 1933 al 1939. Gomez fu leader della league due volte per le partite vinte, percentuale vittorie e ERA, e tre volte ciascuna in shutouts e strikeout. Nel primo grande storico All-Star Game (6 luglio 1933), Gomez non solo fu il lanciatore vincente per l'American League, ma anche battè valido portando a casa il primo punto nel secondo inning. La sua battuta rientrava negli standard dei lanciatori, noti per colpire poco. "Non ho mai rotto una mazza fino a quando avevo 73 anni. E questo è successo indietreggiando con la macchina fuori dal garage".
Riusciva sempre a vedere l'umorismo nei suoi travagli al piatto: "Loro lanciano, io giro. Ogni tanto mi lanciano dove sto girando e ottengo una valida". Lefty fu praticamente un buco nell'acqua con la mazza. Babe Ruth, una volta scommise con lui 500 dollari che non avrebbe ottenuto 10 valide in una stagione intera. Secondo Lefty, ottenne quattro valide nell'opening day e poi entrò in slump per 42 partite. Gomez detiene il record per il maggior numero di inning lanciati in una sola partita dell’All-Star Game.
Il 1934 fu considerato la migliore stagione di Lefty, vinse 26 partite e ne perse solo cinque. In entrambe le stagioni del 1934 e 1937, vinse la "Triple Crown" dei lanciatori, guidando il campionato in vittorie, ERA e strikeout, ma fu anche leader dell’AL in shutouts in entrambe le stagioni. La sua percentuale di vittorie di .649 lo piazza al 15° posto nella storia della MLB tra i lanciatori con 200 o più decisions; e tra i lanciatori che fecero il loro debutto nella ML dal 1900 al 1950, è dietro solo a Lefty Grove, Christy Mathewson e Whitey Ford che avevano più vittorie e la percentuale vittorie più elevata di Gomez. Lefty detiene anche un paio di record nelle World Series: sei partite vinte e nessuna sconfitta (1932-1, 1936-2, 1937-2, 1938-1), e il maggior numero di basi su ball ricevute da un battitore nel medesimo inning (al 6° inning di gara 1, il 6 ottobre 1937).
Il 26 febbraio del 1933, Lefty sposò June O’Dea. Una vedette di Broadway che aveva recitato nel musical Of Thee I Sing, e che abbandonò la carriera nel 1936. Nel 1937 il matrimonio cominciò a scricchiolare. A quanto pare nel tentativo di ravvivare la loro relazione, andarono a gennaio nelle Bermuda. Ma fu evidente che ciò non aveva aiutato la loro unione, e Lefty depositò le carte del divorzio in Messico, per incompatibilità. Essendo una cattolica devota, June negò il divorzio, ma accettò una separazione formale, citando l'abbandono, crudeltà e l’inumano trattamento. Pubblicamente, Lefty disse che l'intera idea del divorzio era assurda, ma dopo il primo dell'anno si trasferì a Reno per ottenere in sei settimane il divorzio. Il procedimento di separazione continuò per mesi, fino al maggio del 1938. Lefty e June ebbero, poi, due figlie, Vernona e Sharon, e un figlio di nome Gary.
Si guadagnò il soprannome "Goofy" a causa del suo comportamento eccentrico e dello spirito autoironico che lo rese famoso con la stampa. In una partita, andò a battere quando era calata una leggera nebbia. Bob Feller era sul monte e Gomez accese un fiammifero prima di entrare nel box del battitore. "Qual è la grande idea?" ringhiò l'arbitro "Pensi che questo cerino ti aiuterà a vedere una veloce di Feller?". "No, io non sono preoccupato di questo" disse Lefty "Voglio solo essere sicuro che mi possa vedere!". Un altro esempio dello spirito allegro di Gomez lo riservò a un gruppo di giornalisti. Notando i suoi accurati e frequenti brushback pitches (anche conosciuto come "lanciare addosso al battitore"), uno dei reporter chiese a Gomez: "E 'vero che ti sentiresti di lanciare così anche a tua madre" e Gomez rispose "tu hai perfettamente ragione perchè lei è un battitore maledettamente buono". Quando Joe DiMaggio era un rookie nel 1936, si muoveva all'esterno centro in maniera molto superficiale. Gomez, allora, consigliò al suo compagno di stanza di giocare più profondo. DiMaggio disse: "Non ti preoccupare. Ho intenzione di far dimenticare il grande Tris Speaker". Dopo che un avversario aveva piazzato un triplo sopra la testa DiMaggio, Gomez gli disse: "Roomie, se non indietreggi un po', stai andando a far dimenticare il grande Lefty Gomez". In un’altra partita, nel 1937, provò la pazienza di Tony Lazzeri, che era stato lodato di recente sui giornali come un giocatore di testa fine, così come quella del suo manager Joe McCarthy. Lefty era sul monte quando un battitore colpì un grounder di su di lui, invece di tirare a Frank Crosetti all’interbase, per avviare un doppio gioco, tirò al seconda base Lazzeri, che prese la palla in difesa: "Perché diavolo hai lanciato la palla a me?" gli chiese Tony. "Tony", gli rispose Gomez, "Tutto quello che ho sentito è che sei un giocatore intelligente. Volevo solo vedere cosa avresti fatto con la palla quando la si ha e non te l’aspetti". Joe McCarthy corse sul monte, pazzo fumante: "Qual è la grande idea di tirare a Lazzeri?" chiese. Con una faccia seria, Lefty gli disse: "ho dimenticato a quale italiano tirare. Con Crosetti all’interbase e Lazzeri, in seconda, non riuscivo a pensare a quale italiano tirare". McCarthy rabbioso indicò il centro del campo e disse: "È una fortuna che non hai visto Joe DiMaggio!" Nel 1940, Lefty subì un infortunio al braccio, giocando solo 9 partite, ma nel 1941 giocò abbastanza bene, vincendo 15 partite e perdendone 5. Durante quella stagione, fu detto che era un grande lanciatore partente, ma vinse con il supporto di Johnny Murphy, che lo rilevava negli inning finali. Anche in questo caso l'accettazione di sé e l'umorismo furono la sua medicina. Lefty disse: "Sto lanciando così duro come ho sempre fatto, ma la palla non è solo lanciarla più veloce". Dopo che si concluse la stagione del 1942, Lefty lavorò come spedizioniere con la General Electric River Works, una fabbrica di produzione bellica a Lynn, Massachusetts, dove era pagato solo 40 dollari alla settimana. Poi, il 27 gennaio 1943, gli Yankees lo vendettero ai Boston Braves per 10000 $.
Lefty non apparve mai in nessuna partita con i Braves, e più tardi nel corso dell'anno venne rilasciato e firmò con gli Washington Senators. Lanciò una sola partita prima di ritirarsi definitivamente. Nella sua carriera, quasi interamente trascorsa con gli Yankees, aveva ottenuto un record di 189-102 con 1468 strikeout, un ERA di 3.34 in 2503 inning lanciati. Conosciuto per il suo grande ingegno, Gomez spesso ricordava: "Preferirei essere fortunato che buono".
Dopo il suo ritiro, Gomez divenne un ricercato oratore noto per i divertenti aneddoti da giocatore e le personalità che aveva conosciuto. Era un po’ demenziale, e si divertiva a giocare scherzi a tutti, dai compagni di squadra agli arbitri. Una volta fermò una partita delle World Series per vedere un aereo volare alto. Aveva escogitato l'idea di una boccia per pesci rossi girevole per rendere la vita più facile agli anziani pesci rossi.
Durante gli anni ‘60, allenò spesso i bambini della Carquinez Grammar School di Carquinez, in California, ad est di Rodeo. A quel tempo, Rodeo non aveva una scuola, ma voleva fare qualcosa per i bambini. Avvicinandosi ai sessant’anni, non aveva perso il suo senso dell'umorismo e intratteneva i bambini tanto con i suoi aneddoti, che allenandoli e tenendo lezioni sulla sportività. Il 2 febbraio 1972, il Veterans Committee, all'unanimità, elesse Gomez nella National Baseball Hall of Fame, insieme all’esterno dei Giants Ross Young e all'ex presidente dell’American League Will Harridge. Con il cappellino degli Yankees, Gomez divenne il secondo giocatore ispanico ad essere inserito nell'Olimpo del baseball. Dopo la sua operazione al cuore nel 1980, disse, "Ho appena avuto un'operazione di triplo bypass. Il solo triplo che io abbia mai fatto". Il 2 agosto del 1987, lui e Whitey Ford vennero onorati con le targhe al Monument Park dello Yankee Stadium. Sulla placca di Gomez c’è scritto "Noto per la sua arguzia e la sua fastball, era veloce sia con la battuta (di spirito) che con il lancio". Nonostante l'avanzare dell'età, fu in grado di partecipare alla cerimonia. Anche se venne onorato con la placca, la sua uniforme numero 11 non fu mai ritirata, e da allora è stata indossata da Joe Page, Johnny Sain, Hector Lopez, Fred Stanley, Dwight Gooden, Chuck Knoblauch, Gary Sheffield, Doug Mientkiewicz, Morgan Ensberg e Brett Gardner. Lefty trascorse gli ultimi anni della sua vita a Novato, in California, e morì di insufficienza cardiaca il 17 febbraio 1989. Un decennio più tardi, venne classificato al numero 73 nella lista dei 100 migliori giocatori della storia del baseball da Sporting News ed è stato un candidato per la Major League Baseball All-Century Team. Dopo la morte di Gomez il catcher Bill Dickey, suo compagno di squadra, ricordò che un battitore con cui aveva avuto problemi in particolare era stato Jimmie Foxx. Gomez diceva di Foxx: “Ha i muscoli nei suoi capelli”. Una volta, con Foxx alla battuta, Dickey diede un segnale dopo l'altro e Gomez li rifiutò tutti. Infine Dickey corse sul monte. “Cosa vuoi lanciarli?”. “Io non voglio lanciare niente”, disse Gomez, “Forse si stancherà di aspettare e se ne andrà”.
Il classico caricamento di Lefty Gomez
14 luglio 1941: Una foto spiritosa di Joe DiMaggio e Lefty Gomez
Lefty Gomez, Lou Gehrig e Jimmie Foxx all'All-Star Game del 1939 |
Dom DiMaggioDominic Paul DiMaggio Nickname : "The Little Professor" Nato: 12
Febbraio 1917 a San Francisco, CA Who hits the ball and makes it go? Dominic Paul DiMaggio, il più giovane di nove figli, nacque il 12 febbraio 1917 e crebbe in una tipica casa della classe operaia al 2047 di Taylor Street, nella sezione North Beach-Telegraph Hill di San Francisco. Dom e il fratello Joe da piccoli vendevano i giornali nel centro di San Francisco e agli angoli delle strade tra Sauter e Sanson. Il patriarca del clan, Giuseppe DiMaggio, era un laborioso pescatore emigrato dalla Sicilia che parlava poco e male l'inglese. La madre, Rosalee, un ex insegnante, nascondeva al marito che i ragazzi giocavano a baseball, poichè il padre riteneva che lo sport era frivolo e che violasse il suo codice etico del lavoro. Tre dei fratelli DiMaggio, Joe, Vince e Dom, continuarono a giocare e diventarono degli esterni centro della Major League, e si diceva che dei fratelli Joe era il miglior battitore, Dom aveva il miglior braccio, e Vince, che aveva aspirazioni di diventare un cantante d'opera, avesse la migliore voce. In gioventù Dom voleva diventare un ingegnere chimico, e gli fu offerta una borsa di studio al Santa Clara College, ma scelse invece di seguire la strada dei suoi fratelli più vecchi. Vince era entrato nel roster della minor league dei San Francisco Seals, che militavano nella Pacific Coast League, all'inizio della stagione 1932. Vince aprì la strada a suo fratello Joe e si unì al team quando divenne disponibile un posto all'interbase. Mentre Dom era ancora alla high school, Joe bruciò le tappe della Pacific Coast League e fu venduto ai New York Yankees per 25000 dollari. Nel 1934, come senior alla Galileo High School, Dom era un lanciatore solido e giocava anche all’interbase colpendo .400. Domenic giocò all'interbase nella squadra amatoriale North Beach Merchants, mentre lavorava alla fabbrica di materassi Simmons. Fu visionato dai Seals, e poi partecipò ad un camp comune di baseball e tryout per i Seals e i Cincinnati Reds. Fu immediatamente ingaggiato dai Seals e gli fu offerto un contratto. Nel 1936, Joe iniziò a giocare con gli Yankees, e il successivo anno Vince cominciò con i Boston Braves. Nel frattempo, Dom iniziò a giocare per i Seals nel 1937. Colpì .306 in quella stagione, ma fu oggetto di critiche da parte di alcuni che pensavano che era stato ingaggiato non per il suo talento, ma a causa del suo nome famoso. Dom rifiutò la possibilità di saltare l'ultima partita della stagione al fine di preservare la sua media di .302 e invece ne aggiunse altri quattro punti. Dom continuò a dimostrare il suo valore con una solida stagione nel 1938, colpendo .308, e poi il 1939 diventò la stagione del suo esordio. Dom riuscì ad aggiungere 20 pounds al suo fisico, e con l’istruzione di Lefty O'Doul, manager dei Seals, Dom portò la sua media battuta a .361, finendo secondo nella Pacific Coast League e vincendo il premio di MVP. Dom era stato il primo nelle valide e nei punti segnati e secondo nelle basi rubate e tripli. Pochi anni prima, O'Doul aveva anche contribuito ad alzare la media battuta di Joe di quasi 60 punti. Dominic elogiò O'Doul nel suo libro del 1990, Real Grass, Real Heroes, chiamandolo "... di gran lunga il miglior istruttore di battuta che avesse mai indossato un’uniforme da baseball". Dopo la stagione 1939, i Red Sox stipularono un contratto con Dom per 75000 $. Lefty O'Doul ancora una volta dimostrò la sua conoscenza del gioco, dicendo ai giornalisti di San Francisco che DiMaggio avrebbe fatto sensazione a Boston: "Boston è una città dove i tifosi conoscono ed apprezzano a tutto tondo i buoni ballplayers. Boston sta per idolatrare Dom" (da Real Grass, Real Heroes). Dominic fece il suo debutto in Major League il 16 aprile del 1940, ed ebbe poca difficoltà di adattamento alla Big League, colpendo .301 e segnando 81 punti in 108 partite, nella sua stagione da rookie. Durante lo spring training, Dom era preoccupato di non giocare perché Boston aveva una linea di esterni molto buona: Ted Williams a sinistra, Doc Cramer al centro, Lou Finney a destra, e Joe Vosmik, un veterano di 10 anni, come riserva. Ma Dom, all'età di 22 anni, ebbe un solido impatto allo spring e riuscì a prendere il posto di Finney come titolare a destra. Più tardi nella stagione, Dom venne spostato all’esterno centro, e vi rimase per il resto della sua carriera. I Red Sox gli dimostrarono fiducia scambiando Doc Cramer con i Senators durante l’offseason. Negli anni Dom dichiarò di avere dei bei ricordi della rivalità tra Red Sox e Yankees, e in particolare dell'interesse dei media sui fratelli DiMaggio al centro del campo. Ricordava che i giornali fecero una grande tiratura la prima volta nel 1940, quando gli Yankees andarono a Boston per una serie di cinque partite. Dom aveva ottenuto 11 valide contro le 9 di Joe, o come Dom diceva: "Venti valide per la famiglia in una sola serie". Una settimana dopo a New York, Joe avvisò il fratello minore di spostarsi indietro perché la palla viaggiava bene in quella parte del ballpark. Il giorno successivo Dom, avvalendosi dei consigli di Joe, fu in grado di correre su una palla al volo distante 460 piedi dal piatto battuta dal fratello Joe. "Sì, è mio fratello e io sono suo fratello", amava dire Dom DiMaggio, "E 'stata una lotta per tutta la mia vita .... mi ha seguito durante tutta la mia carriera nella major league. Sono sempre stato il giovane fratello di Joe .... Non ho mai incoraggiato i miei due figli a giocare a baseball. Sapevo che sarebbe stata due volte più dura su di loro come era stata su di me. La leggenda Joe DiMaggio era troppo forte". Nel 1941, Domenic arrivò allo spring training conoscendo il suo ruolo: center fielder e leadoff hitter. Dopo un avvio lento, che lui attribuì alle mani deboli (aveva giocato a carte nell’offseason nel nuovo ristorante del fratello Joe a San Francisco, invece di andare a pescare con il padre) concluse al terzo posto con 117 punti segnati, battendo un solido .283 e fu selezionato nella squadra All-Star, per la prima volta. Nel suo primo All-Star Game mise a segno un singolo facendo segnare suo fratello Joe. L'attenzione dei media sui fratelli DiMaggio era molto forte, soprattutto a causa del successo di tutti e tre gli esterni centro, e riportarono delle false voci su un film che sarebbe stato girato a Hollywood, che ispirò allo scrittore sportivo Grantland Rice questa poesia: Out in the olive trail they go Vincent, Dominic, and Joe, Lashing, flashing, steaming hot In the fabled land of swat. Where the big ash sings its song For the glory of the throng, Or the big mace through the fray Sends the apple on its way Watch them as they whirl, careen, Over the fields of verdant green. Rulers of the batting eye, Where their gaudy triples fly, In the sunset’s shining glow Who is it that steals the show? Vincent, Dominic, and Joe. Il rinomato scrittore David Halberstam descrisse Dom così:" probabilmente il giocatore più sottovalutato del suo tempo". DiMaggio morì l’8 maggio del 2009 nella sua casa di Marion, Massachusetts. Aveva 92 anni ed era stato colpito dalla polmonite. I Red Sox in un comunicato dopo il suo decesso dissero: "Era un grande compagno di squadra e ancor di più il migliore essere umano". Il principale proprietario dei Red Sox, John W. Henry, ha detto: "La sua perdita addolora tutti noi, ma i suoi contributi per la gloria e la tradizione del nostro ballclub saranno sempre impressi negli annali della storia dei Red Sox".
Dom DiMaggio in difesa
Dom DiMaggio, con gli occhiali, assieme a suo fratello Joe e al suo compagno di squadra Ted Williams durante l'All-Star Game del 1941
Le statue di fronte al Fenway Park dei quattro "Teammates": Ted Williams, Bobby Doerr, Johnny Pesky e Dom Dimaggio (a sinistra) |
Elston Howard Elston Gene Howard Nato: 23
Febbraio 1929 a St. Louis, MO Elston Howard nacque il 23 febbraio del 1929, a St. Louis, Missouri, figlio di Emmaline Webb e Travis Howard. La madre, insegnante a Sikeston, fuggì da St. Louis, quando Howard, il suo principale, si rifiutò di sposarla. Studiò e lavorò per diventare una dietologa, e quando Elston ebbe 5 anni, sposò Wayman "Big Poppy" Hill. Elston frequentò la Toussaint L'Ouverture high school e la MT. Zion Baptist Church. Il pastore della chiesa, il reverendo Jeremiah M. Baker, diventò il padrino di Elston, e il ragazzo fu educato al lavoro duro e al mangiare sano (grazie alla madre dietologa). Nell'estate del 1945, e Howard aveva 16 anni, stava giocando una partita di baseball in una partita di quartiere quando Frank Tetnus "Teannie" Edwards lo avvicinò. "Il più grande ragazzo sul campo era capace di colpire la palla più difficile e così lontano che fece impazzire Teannie", scrisse Arlene Howard nel suo libro Elston and Me. "Quando arrivai al campo scoprì che il ragazzo più grande, in effetti, era uno dei più giovani giocatori". Edwards, un ex giocatore della Negro Leagues, aveva fondato i St. Louis Braves e voleva Elston. Convincere la madre Emmaline fu la parte più difficile. Edwards dovette promettere che il giovane Elston avrebbe mangiato correttamente. La domenica di Pasqua del 1946 (21 aprile), Howard debuttò nella Tandy League (Colored Industrial League), ricevendo in una partita contro Kinloch. Battè due valide ed eliminò due corridori che cercavano di rubare la seconda, ma la squadra perse 5 a 4. L'anno seguente, Jackie Robinson ruppe la barriera del colore nella Major League. A 18 anni, Howard lavorava alla drogheria Bauer e studiava alla Vashon High School, scuola di soli neri. Dopo l'esordio di Robinson, Vashon frettolosamente formò una squadra di baseball. Elston era già un atleta stellare a Vashon, giocava a football, era un velocista in atletica, e giocava splendidamente a basket. Era sicuramente il miglior giocatore di baseball, ma anche dopo la laurea a Vashon, giocò un'altra estate con i Braves. Fu sollecitato da Teannie Edwards a partecipare ad un tryout per i St. Louis Cardinals allo Sportsman's Park, ma non lo presero (I Cardinals non avrebbero messo in campo un giocatore nero fino al 1954, Tom Alston). Nel frattempo, giocò, con tre Big Ten school (Illinois, Michigan e Michigan State), che chiesero i suoi servizi nel football, atletica, pallacanestro e baseball. Emmaline sperava che il figlio potesse continuare a studiare per diventare medico. Ma Edwards lo chiamò per uno scout con i Kansas City Monarchs, l'élite delle squadre della Negro Leagues, dove aveva giocato Jackie Robinson. I Monarchs furono così impressionati che andarono da sua madre a negoziare un contratto da professionista. Elston ottenne 500 dollari al mese, spediti direttamente a sua madre. A Kansas City, Howard, come il resto dei Monarch, fu trattato come un re. L’allenatore-giocatore Buck O'Neil e Earl "Mickey" Taborn, il catcher dei Monarchs e compagno di stanza di Ellie, gli svelarono tutti i segreti. Avevano degli abiti su misura, del cibo fantastico e la migliore musica jazz della nazione a Kansas City. Poiché Taborn era il catcher titolare, Howard giocò all’esterno sinistro, e in prima base quando O'Neil era fuori lineup. Poi, nel 1949, Taborn andò a giocare nel Triplo-A con i Newark Bears. Quando tornò nel 1950, il nuovo compagno di stanza di Howard era un giovanotto di nome Ernie Banks. I giocatori neri si resero conto di ciò che stava per succedere. Il proprietario dei Monarchs, Tom Baird, aveva scoperto che c'era da fare soldi vendendo i giocatori alle major. Ernie e Ellie fecero una scommessa: chi fosse andato per primo nelle major avrebbe chiamato l'altro per dirgli com’era. Tom Greenwade, il leggendario scout degli Yankees, fu chiamato a visionare un altro giocatore, ma Buck O'Neil lo indirizzò su Howard. In pochi giorni, Elston Howard e Frank Barnes furono venduti per 25 mila dollari ai New York Yankees. A 21 anni, Howard debuttò il 26 luglio 1950, all’esterno sinistro nella classe A con i Clippers di Muskegon, Michigan. Avrebbe guadagnato 400 dollari al mese. I Clippers avevano un record di 39-46, quando arrivò, e andò 36-18 in 54 partite in cui giocò Howard, arrivando ai playoff. Howard batteva come cleanup e colpì bene, ma i Clippers non vinsero il campionato. Tornando a St. Louis nell’off-season, Elston annunciò di voler sposare la sua fidanzata della high school, Delores Williams. Poco prima del matrimonio, fu arruolato nell'esercito, al culmine della guerra di Corea. Mentre era nel corso di addestramento, il matrimonio con Delores finì. Howard fu mandato all'estero, ma non combattè mai in Corea. Una volta che l'esercito si rese conto che aveva un grande giocatore di baseball tra le mani, venne assegnato ai servizi speciali e inviato in Giappone. E tutto quello che fece Howard nell'esercito: fu quello di giocare a baseball. Nel 1953 Howard giocava per la top farm degli Yankees, i Kansas City Blues. In squadra c’era un altro giocatore nero, Vic Power da Puerto Rico. Power batteva .349 ma a causa della quantità di guai che aveva combinato fu considerato una mina vagante per indossare la divisa a pinstripes. Power fu poi ceduto ai Philadelphia A's. Nel mese di agosto, la rivista Jet pubblicò un articolo con il titolo: "Howard May be First Negro With Yankees". Poco prima di Natale, Elston si dichiarò a Arlene Henley, la cui sorella era stata a scuola con Howard. Trascorse il mese di febbraio del 1954 allo “Yankee Prospects School” a Lake Wales, Florida, con altri 28 ballplayers e a marzo era allo spring training con il big club, condividendo lo spogliatoio con Yogi Berra, Phil Rizzuto, Mickey Mantle e Billy Martin. Bill Dickey, grande ex degli Yankees, lavorò con lui per farlo diventare un catcher di major league. Alcuni giornali, come il Baltimore Afro-American, criticarono gli Yankees sostenendo che il passaggio a catcher segnava una battuta d'arresto e che era stato ideato per mantenere Howard nelle minor. Quando gli Yankees iniziarono la stagione presero tre ricevitori: Yogi Berra, Charlie Silvera, e Ralph Houk. Non mandarono Howard ai Blues, ma fu fatto giocare con i Toronto Maple Leafs nella International League. Il Canada era un po' più accogliente per i giocatori neri. Howard vinse l’MVP Award della League, con una media di .330, 22 homer e 109 RBI. Alla fine della stagione, regalò ad Arlene l’anello di fidanzamento, e progettarono di sposarsi nella primavera del 1955. Secondo la stampa, le possibilità che Howard diventasse uno yankee entro la primavera aumentarono, con una forte pressione sugli Yankees per l’integrazione. Gli Yankees avevano vinto 103 partite nel 1954, ma non il pennant. Cleveland, con l’esterno nero Larry Doby, aveva vinto il pennant con 111 vittorie, segno che gli Yankees avevano bisogno di integrarsi. Gli Yankees decisero di inviare Howard in inverno alla winter league di Puerto Rico. Il matrimonio con Arlene fu celebrato il 4 dicembre del 1954. Il padrino di Howard, il reverendo Baker, li sposò nel soggiorno della casa della madre di Arlene. Trascorsero la luna di miele a San Juan, dove vivevano nello stesso palazzo con Willie Mays e Sam Jones. Poi Howard fu chiamato a St. Petersburg per il camp degli Yankee, Arlene tornò a St. Louis, incinta del primo figlio della coppia. Casey Stengel fece battere Howard come clineup per gran parte dello spring traininig, inducendo Arthur Daley a scrivere sul New York Times: "Egli sembra sicuro di essere il primo nero a fare parte degli Yankees ... Hanno aspettato che arrivasse uno che fosse “the Yankee type”. Elston è un bel ragazzo, tranquillo e riservato, dall'atteggiamento signorile che ha ricevuto la completa accettazione di ogni yankee". Daley aveva ragione. Ralph Houk andò nelle minor, a Howard gli fu assegnato il suo numero di uniforme (32) e il 21 marzo il general manager George Weiss annunciò che Elston Howard sarebbe andato a New York. Il suo debutto a New York City avvenne la domenica notte prima dell'inizio stagione, quando apparve con Stengel e due altri debuttanti allo Ed Sullivan Show. Il suo debutto sul campo fu il 14 aprile al Fenway Park, in sostituzione di Irv Noren, che era stato espulso per aver protestato con un arbitro. Ottenne una valida e segnò un punto. Forse l'effetto più memorabile della presenza di Howard sugli Yankees in quell’anno, però, fu che il team cambiò la sua politica degli hotel, andando solo in alberghi in cui Howard fosse accettato come ospite. Yogi Berra, Phil Rizzuto e Hank Bauer furono i suoi migliori amici. Colpì .290 in 97 partite nella sua prima stagione da rookie, con altre cinque valide nelle World Series, tra cui un home run nella sua prima presenza alla battuta alle WS. Tale performance fu compensata da otto strikeout, e i Dodgers vinsero la loro prima World Series. Howard fu l’ultimo out della settima partita, e poi si recò in Giappone con gli Yankees per un buon tour. Durante il tour di 25 partite del Pacifico, Howard colpì .468 e fu il leader della squadra. Nel frattempo era nato Elston Jr. Lo stipendio di Howard salì, nel 1956, da 6000 a 10000 $ e comprò una casa a St. Louis, confortato dalle parole di Stengel che l’avrebbe utilizzato molto di più come catcher. Howard portò la famiglia in Florida, da un amico del suo padrino, un predicatore di nome Martin Luther King. Ma la prima notte la casa di King fu incendiata e loro non poterono più rimanere lì. Sfortunatamente, Howard si ruppe un dito nello spring training. Norm Siebern fu mandato nelle minor, e Howard lo sostituì in campo esterno e ogni tanto faceva delle apparizioni dietro il piatto. Apparve in solo 98 partite, 26 come catcher, e finì l'anno con una media battuta, così così, di .262, 5 homer e 34 RBI. Mentre aveva giocato in tutte e sette le partite delle World Series nel 1955, il nuovo acquisto di Enos Slaughter da parte degli Yankees spinse Howard in panchina per le prime sei partite della Series del 1956. Tuttavia, Stengel lo fece entrare in gara sette, e Howard siglò un homer e un doppio e gli Yankees vinsero 9 a 0. L'era del cambiamento continuava a spazzare New York. Jackie Robinson si era ritirato, e entro un anno i Giants e Dodgers si spostarono ad ovest, lasciando New York agli Yankees e Elston Howard divenne l'unico giocatore nero della major league della città. Nel 1957, tornò ancora una volta con gli Yankees, sperando di giocare molto di più. Quando Moose Skowron si infortunò, Howard giocò di più, e nella mezza stagione Stengel lo nominò per la squadra dell’American League All-Star. Concluse la stagione battendo .253, con 8 fuoricampo e 44 RBI, struggendosi ancora perchè stava giocando poco. Come iniziò la stagione 1958, la speranza di Howard di avere più spazio dietro al piatto stava prendeva corpo. Berra fece capire nuovamente a Stengel che non poteva ricevere così tanto. Howards comprò una casa a Teaneck, New Jersey. Era ancora in campo a sinistra nell’opening day a Boston. La figlia Cheryl era nata il 9 maggio, e Howard ricevette la sua prima partita l’11 maggio nella prima di un doubleheader. A un certo punto la media battuta di Howard aveva raggiunto .350, ma non aveva apparizioni dietro al piatto sufficienti per ottenere il titolo della league per la BA. Stengel era irremovibile sulla scelta dei suoi giocatori nello stesso ruolo, e Howard chiuse l'anno colpendo .314, con 11 homer e 66 RBI in 103 partite, di cui 67 dietro il piatto. L’eroismo di Elston come uno yankee venne cementato nelle World Series del 1958. Sotto tre partita ad una, Howard partì come titolare a sinistra in gara cinque, pur avendo subito un intervento odontoiatrico quella stessa mattina. Nel sesto inning, prese con un tuffo spettacolare una linea all’esterno sinistro e prontamente tirò al taglio per l’eliminazione del corridore in prima, in un doppio gioco che trasformò di colpo le Series. "Sapevo che mi sarei fatto male tuffandomi per prendere la palla", disse ai giornalisti dopo la partita, "Mi sono sbucciato la pelle del ginocchio e lo stomaco per prederla. Io non sono un outfielder. Sono un catcher, ma il manager mi ha messo lì e ho dovuto fare del mio meglio". La partita successiva fu vinta nuovamente dagli Yankees per 4 a 3, dopo dieci inning in cui Howard mise a segno due valide e segnò un punto. In gara sette, con il punteggio in parità, 2 a 2 all'ottavo, Howard battè la valida del 3 a 2. I New York Baseball Writers gli assegnarono il Babe Ruth Award come miglior giocatore delle World Series. Nel 1959, l’annuale previsione di Casey che Berra avrebbe ricevuto di meno era di nuovo sbagliata. In realtà, Yogi fu utilizzato come ricevitore in 116 partite, più dell'anno precedente. Anche se Elston aveva raggiunto il punto più alto della sua carriera, il sistema utilizzato di platoon dal suo manager lo faceva sentire come un giocatore part-time. Nel frattempo gli Yankees avevano preso un altro giocatore in una trade, il panamense Hector Lopez, che veniva da Kansas City. Ma Mickey Mantle si infortunò, il gomito di Whitey Ford era dolorante e per gli Yankees fu tutto in salita quell'estate. Persero subito male delle serie di partite, tra cui cinque al Fenway Park, e finirono terzi in classifica. Poiché il club aveva giocato male, il general manager George Weiss cercò di tagliare, nel 1960, le retribuzioni dei giocatori. A Howard fu offerto un salario inferiore di 5000 dollari rispetto a quello dell'anno precedente, e non condividendo la scelta rimase fuori non presentandosi all’inizio dello spring training. Weiss cedette, dandogli 25500 $ e un aumento di 3000 $. Elston, come il resto della squadra, ebbe degli alti e bassi in quella stagione, ma alla fine ne uscì alla grande. Limitato da alcuni infortuni, giocò comunque in 107 partite, 91 come ricevitore, facendo parte della squadra All-Star. Si slogò un dito nell’ultimo giorno della stagione. I medici dissero che non avrebbe giocato fino a gara tre delle World Series, ma Casey lo utilizzò come pinch hitter in gara uno. Colpì un fuoricampo da due punti nella sconfitta per 6 a 4 a Pittsburgh. Giocò una serie molto buona fino a quando non si ruppe un dito battendo contro Bob Friend. Ottenne una media di .462 nelle Series, ma gli Yankees persero sul celebre home run di Bill Mazeroski. La sconfitta portò alla caduta di entrambi i manager Casey Stengel e il GM George Weiss. Ralph Houk, l’ex secondo catcher spinto nelle minor in seguito all’emergere di Elston, divenne il nuovo manager nel 1961. Preferendo una formazione più stabile di quella di Stengel, Houk preferì Howard come catcher facendolo giocare 111 volte dietro il piatto, e portando Berra sul campo sinistro. Il nuovo hitting coach Mosè Wally incoraggiò Howard a tenere i piedi più vicini in battuta, permettendogli di battere la palla a tutto campo. Howard rispose con la più alta media in carriera, colpendo .348 con 21 fuoricampo in 129 partite. Fece di nuovo parte della squadra All-Star e avrebbe battuto Norm Cash dei Detroit per il titolo di battuta se avesse avuto le apparizioni al piatto (Cash vinse, battendo .361). La stagione fu contraddistinta da una storica gara di fuoricampo tra Roger Maris e Mickey Mantle, e dal pitching terrificante (Ford vinse 25 partite), che permise agli Yankees di vincere 109 partite e in solo cinque partite sconfissero Cincinnati nelle World Series. Howard ricevette tutte e cinque le partite e nell’off-season fu eletto dalla città St. Louis' Man of the Year. Il 1962 portò un altro miglioramento. Ci furono pressioni per eliminare la segregazione dei loro giocatori di colore negli alloggi durante lo spring training, e gli Yankees spostarono il loro camp a Fort Lauderdale. Gli fu aumentato lo stipendio a 42500 dollari, e se li era ampiamente guadagnati. Colpì 21 home run con 138 valide e una media battuta di .279 in 136 partite, il numerò più alto di giochi in carriera. I tre ricevitori, Howard, Berra e Johnny Blanchard, insieme ottennero 44 fuoricampo in quella stagione. Ma la media in battuta di Howard ne soffrì un po' e al 30 giugno era a .268, ma fece parte nuovamente della squadra All-Star. La maggior parte dei fuoricampo furono battuti in fine stagione nella corsa al pennant con i Minnesota, e lui e Mantle assicurarono agli Yankees la cattura del titolo dell’AL. Affrontarono i San Francisco Giants nelle World Series dominate dal pitching e disturbate dalla pioggia su entrambe le coste. Elston giocò dietro il piatto quando Ralph Terry assicurò la vittoria per 1 a 0, nella finale di gara sette. Howard comprò un terreno abbandonato a Teaneck su cui costruì una casa più grande. Il sindaco Matty Feldman lo pregò di non costruire nel quartiere bianco. Howard lo ignorò, e anche se subirono scritte vandaliche e razziste e atti di sabotaggio durante la costruzione, vi si trasferirono verso la fine della stagione del 1963. Elston passò ad una mazza più pesante, di trentotto once, che aiutò la sua potenza nelle battute a destra. Colpì 28 home run nel 1963, il numero più alto in carriera, molti sotto il portico a destra dello Yankee Stadium, e con Mantle e Maris entrambi bloccati però da infortuni, Howard battè spesso come cleanup quello stesso anno. Concluse la stagione con una media di .287, e divenne il primo afro-americano a vincere l'MVP Award dell’American League. Gli fu assegnato pure il Gold Glove con la sua percentuale difensiva di .994. Howard apparve nelle sue ottave World Series, battendo .333, ma il lanciatori dei Dodgers Sandy Koufax e Don Drysdale mantennero gli Yankees sotto controllo. I Dodgers spazzarono gli Yankees in quattro partite. Il premio MVP significava nell’off-season banchetti e Howard mise su dieci libre partecipando a queste cene. Il premio inoltre portò le pubblicità commerciali, e Elston, sua moglie e la famiglia furono utilizzati negli annunci per i fiocchi d’avena, la senape e la birra. Howard divenne anche il primo nero ad indossare come modello dei vestiti per la rivista GQ. Il suo salario nel 1964 balzò a 60 mila dollari, facendo di lui uno dei giocatori meglio pagati nel baseball. (Mantle guadagnava 107000 $). Dopo la stagione, Ralph Houk fu trasferito al piano di sopra per diventare GM; Yogi Berra divenne il nuovo manager in campo. Howard disse ai giornalisti che aveva messo gli occhi sul titolo della battuta. "Ci vuole pianificazione", disse loro, "Quest’anno colpirò .348 ... sono uno swinger di valide, non di home-run". Promise di andare di più sui lanci e di non essere troppo pull-cosciente. I suoi sforzi ebbero successo. Nelle 150 partite, il numero più elevato in carriera, ottenne 172 valide con una media di .313, mentre il suo totale di fuoricampo scese a 15. Ottenne 48 basi su ball, il suo record in carriera. Non vinse il titolo della battuta, ma ricevette tutti i nove innings dell’All-Star Game. Gli Yankees andarono alle World Series ancora una volta, ma i Cardinals e Bob Gibson li sconfissero in sette partite. La sconfitta produsse grandi cambiamenti. Yogi Berra venne licenziato come manager, sostituito da Johnny Keane, e la CBS che acquistò la squadra non fece nulla per migliorare il vecchio roster. Howard si ferì al gomito durante la formazione di primavera e peggiorò nelle successive settimane. Il 13 aprile il gomito era talmente gonfio che non riusciva a piegare il braccio abbastanza da mangiare la prima colazione. Furono rimossi chirurgicamente frammenti ossei dal suo gomito e gli Yankees scivolarono in classifica. Howard non giocò fino al 13 giugno e insistette nel ricevere 95 partite dopo il suo ritorno, nonostante il braccio dolorante. Concluse con la media più bassa della sua carriera .233, mentre gli Yankees finirono al sesto posto. Il 1966 non fu migliore. Soffriva ancora al gomito e a 37 anni colpì .256. Gli Yankees finirono all’ultimo posto. Poi venne il 1967. Gli Yankees decisero di tagliare lo stipendio di 10000 $ a Houward. Dopo aver tenuto duro per quattro giorni, Elston accettò soltanto un taglio di 6000 dollari e una clausola in cui, se avesse giocato bene, avrebbe potuto riguadagnare tutti i suoi soldi. Ma il 26 giugno, Rick Monday sprizzò una palla che colpì Elston al dito e la sua media battuta ne soffrì. Il 3 agosto Houk gli telefonò per dirgli che era stato ceduto ai Red Sox. Boston era al secondo posto in quel momento, a differenza degli Yankees, e avevano la possibilità di raggiungere la cima. Tom Yawkey, dei Boston, chiamò Howard per assicurargli quanto lo volevano. Elston aveva considerato anche di ritirarsi, ma la possibilità di giocare le sue decime World Series era troppo allettante. "Se posso aiutare i Red Sox a vincere il pennant quest'anno sarebbe la più grande emozione della mia carriera", disse allo scrittore Jim Ogle. Si unì ai Sox mentre giocavano contro Minnesota e fu accolto dal manager Dick Williams, due anni più giovane. Elston giocò il giorno dopo contro i Twins in una partita trasmessa in televisione a livello nazionale. Non fu un inizio di buon auspicio: andò strikeout con le basi cariche perdendo per 2 a 1. Boston raccolse solo tre valide contro Dave Boswell. Elston ricevette anche il giorno dopo quando il miglior pitcher dei Boston, Jim Lonborg, salì sul monte. Ma la pioggia fermò la partita, e Minnesota vinse 2 a 0 in cinque inning, con Dean Chance che non concesse nulla ai corridori e mise strikeout quattro battitori. Persero nuovamente dopo un giorno di riposo, a Kansas City, la prima volta che perdevano quattro partite di fila dal 9 luglio.La squadra incontrò molte difficoltà fino al 18 agosto, quando sconfissero 3 a 2 gli Angels al Fenway, una partita in cui Howard ricevette il complete game con quattro valide di Gary Bell. La partita sarebbe stata ricordata, però, per il tragico incidente che frantumò l’orbita a Tony Conigliaro. Forse ispirati a vincere per Tony e aiutati dalla presenza di Howard, i Sox snocciolarono una striscia di sette vittorie, andando 14 a 5 nel resto del mese. Undici partite furono decise da un punto. In quel lasso giocarono cinque doubleheaders e ne vinsero tre o quattro a New York. Quando Howard andò alla battuta contro la sua ex squadra, la folla dello Yankee Stadium gli dedicò una standing ovation, quella che in seguito descrisse come: "la migliore ovazione che io abbia mai ricevuto in vita mia". Uno dei momenti memorabili della corsa al pennant arrivò quando i Sox staccarono il 27 agosto Minnesota di mezza partita. Quel giorno di fronte ai Red Sox c’erano i Chicago White Sox, e Boston era aggrappato a un vantaggio di 4 a 3 nel nono. Ken Berry, il punto del pareggio in terza, cercò di segnare su una battuta al volo poco profonda catturata dall’esterno destro Jose Tartabull che effettuò un tiro alto, ma Elston fece un balzo incredibile prendendo la palla e toccando il corridore con lo stesso movimento - Berry era fuori e la partita era finita. Il maggior contributo di Howard al The Impossible Dream, però fu una cosa che non poteva essere misurata, ed era la sua influenza sui lanciatori e nella clubhouse. La sua conoscenza dei battitori del campionato, la sua abilità nel chiamare i giochi, e la sua rassicurante presenza aiutò l'intero pitching staff. "Era come un pitching coach per Lonborg, Gary Bell, Gary Waslewski, Lee Strange, ragazzi così", disse Reggie Smith, "Non ho nessun dubbio che Elston ci abbia aiutato a vincere. Eravamo un gruppo giovane. La nostra età media era di 26 anni. Avevamo bisogno di qualcuno come Ellie a indicarci il cammino. Portò l'aura vincente yankee ai Red Sox". I Red Sox, naturalmente, tirarono fuori due vittorie incredibili su Minnesota, mentre Detroit perse l'ultimo giorno della stagione, dando a Boston il pennant. Sembrava destino che Elston Howard giocasse le sue decime ed ultime World Series contro la sua vecchia città, St. Louis. Purtroppo, i Cardinals sconfissero i Sox; Elston raccolse solo due valide nelle Series. Nell’off-season meditò di ritirarsi, pur ricevendo varie offerte. I Red Sox gli chiesero di giocare e poi di allenare. Gli Yankees gli offrirono un lavoro come coach nelle minor league o come scout. Bill Veeck disse che voleva far diventare Howard il primo manager nero del gioco, se avesse comprato gli Washington Senators. Alla fine, l'offerta di Veeck per comprare i Senators venne respinta. Howard aiutò un imprenditore del New Jersey, Frank Hamilton, nella produzione di ciambelle - non il genere commestibile, ma l'anello di metallo che viene usato oggi nel deck circle dal battitore inserito nella mazza. Ma quando venne la primavera, i Red Sox gli offrirono un aumento 1000 dollari e Howard decise di giocare ancora un anno. Però i Red Sox e Elston erano disastrati. Lonborg si ruppe una gamba sciando. Tony Conigliaro non riacquistò la vista e rimase fuori per tutta la stagione, la sua carriera sembrava finita. La media di George Scott scese a .171 quando il suo peso aumentò. Nel frattempo, il gomito di Howard ricominciò a fargli male. A metà stagione, non poteva raddrizzarlo e non voleva l'intervento chirurgico. Il suo tempo in campo fu limitato a causa della lesione cronica e Howard giocò solo 71 partite. Nella sua ultima partita al Fenway, ricevette una standing ovation. Aveva colpito .241, con cinque homer e 18 RBI. Tenne una conferenza stampa il 21 ottobre per annunciare il suo ritiro dal gioco. Poi, il 22 ottobre tenne un'altra conferenza stampa, questa volta a New York per annunciare che accettava il lavoro di coach di prima base per i New York Yankees. Elston era diventato il primo coach nero per una squadra dell’American League, ma non raggiunse mai il suo obiettivo di diventare il primo manager nero (Frank Robinson lo divenne nel 1975 con gli Indians). Mentre allenava, intraprese diversi business, pur continuando la produzione di doughnuts per la battuta, entrò in una società tipografica e aprì una galleria d'arte con Arlene a Englewood, New Jersey, dove vendeva quadri haitiani e d'arte moderna. Fece parte della direzione di un Group Travel, che organizzava tour per le star e crociere aziendali, la sua Elston Howard Sausage Company ebbe in concessione lo stand allo Yankee Stadium, e fu vice presidente del consiglio di amministrazione della Home State Bank, una banca interraziale per la comunità nera. George Steinbrenner, che acquistò gli Yankees nel 1973, non rese Howard un manager, ma voci occasionali dicevano che volesse spostare Elston dal coaching al front office. Nel frattempo, allo Yankee Stadium, divenne un importante contrappeso per il focoso Billy Martin nel "The Bronx Zoo". Allenò per tutta la stagione del 1978. A metà febbraio del 1979, dopo essere quasi collassato all'aeroporto La Guardia, gli fu diagnosticato una miocardite. I muscoli del suo cuore erano stati attaccati dal virus coxsackie e i medici gli prescrissero il riposo assoluto. Elston non poteva partecipare allo spring training. George Steinbrenner gli disse di non preoccuparsi. Quando si riprese, il suo posto di coach era assicurato e rimase sul libro paga. Ad agosto, Howard era ancora troppo debole per partecipare al funerale di Thurman Munson. Nel febbraio del 1980, un anno dopo il suo attacco all'aeroporto, Elston, nominato da Steinbrenner, entrò nello staff del front office degli Yankees. Sarebbe stato l’assistente di Steinbrenner, e le sue funzioni andavano dall’apparire ai banchetti fino alla scoperta dei giovani talenti nelle minor league del sistema degli Yankees. Però, la sua salute non si riprese mai e spesso era troppo debole per viaggiare. Il suo cuore stava cedendo e il 4 dicembre 1980 fu ricoverato alla Columbia Presbyterian Hospital. Due settimane più tardi, morì all'età di 51 anni. Nel 1984, gli Yankees ritirarono il suo numero 32.
20 Febbraio 1959 - Elston Howard lancia tre guanti a Yogi, con Ellie che è diventato ora il primo catcher, mentre Yogi giocherà di più in prima e all'esterno (didascalia e foto pubblicate su Sporting News)
1963 - Elston Howard riceve l'MVP dell'AL |