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Jim Abbott

James Anthony Abbott

Nickname : "Jim"

Nato: 19 Settembre 1967 a Flint, MI
Debutto: 8 Aprile 1989
Batte: Sinistro / Tira: Sinistro

Jim Abbott nasce a Flint, nel Michigan, il 19 settembre 1967 da una giovanissima coppia di adolescenti. Avere un figlio in giovane età fu abbastanza difficile, soprattutto un bambino con una disabilità, ma Mike e Kathy Abbott decisero di rendere la vita del figlio la più normale possibile. Jim era nato con il braccio destro deforme, mancante della mano all’altezza del polso. Mike Abbott vendeva automobili e lavorava come macellaio e Kathy continuava a studiare a casa, seguendo nel contempo Jim. Alla fine entrambi i genitori, finirono il college e continuarono una carriera di successo, Mike in management e Kathy come insegnante e poi avvocato. I genitori di Jim lo incoraggiarono sempre a provare le cose e questo lo aiutò ad acquisire fiducia. "Abbiamo deciso che se Jim voleva praticare lo sport di lasciarlo provare" dichiarò Mike Abbott in un'intervista del 1998 a USA Today. "L'ho aiutato in alcune cose. Ma alla fine è stato tutto merito di Jim. Così doveva essere". Jim iniziò mostrando un interesse per lo sport in età precoce. Cercando di spingerlo verso uno sport che non dipendesse dall'uso delle mani, i suoi genitori gli comprarono un pallone da calcio. Ma, Jim non ha mai amato in realtà il calcio. Dopo tutto, ogni altro bambino del quartiere giocava a baseball ed era quello che voleva fare. Ironia della sorte, è stato il fratello minore di Jim, Ciad, che divenne un giocatore di calcio. Così Jim Abbott iniziò a sviluppare una rimarchevole coordinazione mano occhio che gli avrebbe permesso di fare con una mano ciò che avrebbe fatto con le altre due. Passava ore a lanciare una palla di gomma contro un muro di mattoni recuperandone il rimbalzo. Suo padre lo aiutò a sviluppare la tecnica per impugnare il guanto nella sua mano sinistra che gli permise di lanciare e prendere la palla con la stessa mano. Nel corso degli anni continuò questo esercizio, spostandosi sempre più vicino al muro e rendendo il passaggio del guanto sempre più veloce. Quando Jim iniziò la scuola, era dotato di una mano meccanica in fibra di vetro e metallo. Ma odiava la protesi, che chiamava "hook", perché era consapevole che spaventava alcuni dei suoi compagni di classe. Alla fine i suoi genitori smisero di fargliela indossare. All'età di 11 anni, Jim giocò in una squadra della Little League e lanciò una no-hitter nella sua prima partita. Nonostante il suo successo iniziale, la maggior parte ritenne che questo era il massimo che poteva fare. Ma ad ogni nuovo livello, Jim dimostrò ai dubbiosi che si stavano sbagliando. Quando entrò nella high school a Flint Central, il suo nuovo allenatore mise in dubbio che Jim sarebbe stato in grado di difendere la sua posizione in modo adeguato. Ma Jim effettivamente giocò abbastanza bene in prima base e all’esterno ma mai come quando lanciava. Anche la sua battuta fu eccezionale. Jim batteva da mancino, avvolgendo la mano sinistra attorno alla mazza e con il moncherino destro controllava il pomello. Fu in grado di produrre una notevole potenza, colpendo sette homer e battendo un eccellente .427 come senior. Sul monte nello stesso anno vinse dieci partite e ne perse tre, con una ERA di 0.76, incredibilmente bassa, e una media di più di due strikeout per inning lanciati. Jim giocò anche quarterback di riserva per Flint Central fino alla fine del suo anno da senior, quando divenne titolare nelle ultime tre partite, con 600 yards di passaggi e sei touchdowns. Inoltre, fu il calciatore della squadra, con una media di 37,5 metri a trasformazione, da senior. La sua prima apparizione a livello nazionale avvenne quando le sue realizzazioni con la squadra di football vennero presentate sulla NBC nello show pre-partita del "The NFL Today". Abbott venne scelto dai Toronto Blue Jays nel 36° round del draft, ma rifiutò la loro offerta di un bonus di $ 50000 per frequentare la vicina Università del Michigan. Nonostante l'offerta della Major League e i suoi risultati nella high school, il college con programmi di top baseball, ebbe difficoltà ad assumerlo. C’erano ancora alcune riserve sulla sua disabilità, e Abbott stesso ammise di avere alcuni dubbi iniziali sulla sua capacità di giocare a baseball nel college. Ma furono rapidamente fugati. Come matricola fu nominato Most Courageous Athlete per il 1986 dalla Sportswriters Association dopo aver registrato un record di sei vittorie contro due sconfitte. La stagione non fu però senza difficoltà. Dopo la sua prima partita del college, l’umile giovane lanciatore venne mortificato e preso in giro da suoi compagni di squadra quando la stampa fermò il bus per un'ora per intervistarlo. Nel corso delle due successive stagioni, Jim continuò a migliorarsi come lanciatore e cominciò a pensare seriamente a una carriera nel baseball professionale. Nel 1987 lanciò il Wolverines al primo posto nella classifica della Big Ten Eastern Division e nel torneo NCAA lanciò una shutout. Nella stagione vinse 11 partite contro tre sconfitte, guadagnandosi un posto nella nazionale amatoriale di baseball degli Stati Uniti.  Nel tour che precedette i Giochi Panamericani lanciò un complete game concedendo solamente tre valide contro la squadra cubana davanti a 50000 spettatori. Ai Giochi Panamericani, non solo fu il porta bandiera per la delegazione degli Stati Uniti, ma vinse due partite senza concedere punti con il Team USA che conquistò la medaglia d'argento. Quell'anno, per i suoi successi gli venne assegnato il Sullivan Award, davanti all'ostacolista Greg Foster e alla star del basket David Robinson, come miglior atleta dilettante del paese. Ricevette poi,battendo le future stelle della major league Jack McDowell, Robin Ventura e Ken Griffey Jr., l'ambito premio Golden Spikes Award, assegnato al migliore giocatore di baseball amatoriale. Abbott ebbe un'altra bella stagione a Michigan nel 1988, diventando il primo giocatore di baseball di sempre ad essere nominato dalla Big Ten Conference "Big Ten Athletes of the Year". Lanciò con la squadra olimpica USA un complete game contro il Giappone vincendo per 5 a 3, nella finale olimpica del 1988 in cui il baseball era ancora sport dimostrativo, che considera ancor oggi la sua più grande emozione sportiva. Dopo il suo trionfo olimpico, Abbott decise di rinunciare al suo ultimo anno di eleggibilità al college per accedere al rango professionale. Venne scelto dai California Angels come ottava scelta nel primo round del draft amatoriale negoziando un bonus di 207000 $. Come accadde ogni volta che Jim saliva su un altro livello del baseball, gli scettici riproposero l’eterna domanda se un giocatore con un solo braccio poteva esibirsi a livelli superiori. Riemersero le vecchie questioni familiari sulla sua capacità di difendere la sua posizione. Abbott, spesso, contro il bunt o le rotolanti lente non aveva il tempo di giocare la palla con il guanto ed effettuare il trasferimento. Così di solito mollava il guanto e prendeva il bunt a mano nuda. Al liceo, un allenatore avversario, una volta ordinò apposta ai primi otto battitori di fare il bunt. Dopo il primo battitore che raggiunse salvo la prima base, Jim eliminò gli altri sette di fila. Naturalmente, doveva passare la stessa prova nel college e nella big league. Ma ancora una volta, Abbott rispose con grande coordinazione e riflessi pronti. L'edizione 1989 degli Angels, in cui giocò Abbott come rookie, fu un team di talento e legittimo contendente del pennant. Erano finiti secondi, dietro a Kansas City, nel 1988, caratterizzati da un solido pitching staff, rafforzato nell’off season dall’acquisto del veterano ace Bert Blyleven, che aveva già più di 250 vittorie nella major league. Era improbabile che Jim, un ventunenne rookie, potesse entrare nella rotazione dei lanciatori degli Angels. Fino a quel momento solo 15 giocatori avevano fatto il loro debutto professionale nella major league, dalla nascita del draft amatoriale nel 1965. Non avrebbe avuto il tempo di godere di una carriera di successo, che sarebbe stato ben presto dimenticato. Tutti davano per scontato che Abbott sarebbe stato mandato in qualche farm per acquisire l'esperienza necessaria, ma lui fece parte della squadra nello spring training e venne tagliato dalla rotazione dei partenti. A causa degli infortuni ad altri membri della rotazione, Abbott rientrò nel roster dell’opening day, ma c'erano ancora molti tabù da sfatare. Molti ritennero che il rientro di Abbott era stata più una trovata per le pubbliche relazioni piuttosto che un reale rafforzamento del roster. È vero, Abbott aveva fatto scalpore tra i media. La sua prima apparizione nello spring training fu come un “B-game” tanto che gli Angels si dovettero spostare dal campo di allenamento allo stadio principale per accogliere la folla di tifosi e dei rappresentanti dei media. In occasione della conferenza stampa dopo partita, Abbott spiegò con pazienza il suo movimento di lancio e di raccolta. Disse ai giornalisti: "Ho fatto questo da quando avevo 5 anni. Ora è naturale come allacciarmi le scarpe", lasciandoli immaginare la complessità nel legarsi le scarpe con una sola mano. Come era successo all'inizio di ogni nuova fase della sua carriera, per Abbott la prima regular season fu un grande evento. I mezzi di comunicazione, tra cui quattro troupe televisive provenienti dal Giappone, confluirono all’Anaheim Stadium in massa per il grande debutto. Jim durò meno di cinque inning e collezionò la sua prima sconfitta in major league, ma ottenne una standing ovation dalla numerosa folla. Baseball America classificò il suo esordio il secondo avvenimento in termini di importanza storica dietro solo alla rottura di Jackie Robinson della barriera di colore. Dopo un'altra sconfitta, Jim battè i Baltimore Orioles nel sua terza partita da starter e si comportò bene per il resto del campionato. Concluse l'anno con 12 vittorie contro lo stesso numero di sconfitte. La dozzina di vittorie sono state il maggior numero di vittorie della Major League per un lanciatore alla sua prima stagione da professionista dopo il dimenticato Ernie Wingard che vinse 13 partite nel 1924 per i vecchi St. Louis Browns, prima di svanire nell'oblio. Gli Angels finirono la stagione del 1989 al terzo posto e Abbott fu votato Rookie of the Year del club. Venne anche nominato "Most Inspirational Player" dal Baseball Writers Association of America. Abbott riuscì a controllare abilmente tutta la pressione attorno a lui e questo fu sicuramente il suo risultato più impressionante. Di bel aspetto e eloquente, venne intervistato innumerevoli volte dalle reti principali e dai giornali. Rifiutò le ripetute offerte di libri autobiografici, ricevendo tonnellate di posta - tra cui un telegramma personale di Nolan Ryan prima della sua prima partita. Gli Hall of Fame Ernie Banks e Bobby Doerr chiesero il suo autografo, e il 363 volte vincitore Warren Spahn lo nominò suo eroe. Jim aveva studiato comunicazione all'università ed era ben preparato a gestire la folla, nonostante i suoi 21 anni. La sua maturità e la cooperazione con la stampa e il pubblico contribuì a formare una legione di fedeli sostenitori e lui naturalmente divenne un modello di ruolo di ispirazione per i bambini con tutti i tipi di disabilità. Le domande circa le sue capacità comunque rimanevano. Abbott aveva problemi con i corridori sulle basi e la sua difesa era debole. Egli era il secondo lanciatore della league a cui era più facile rubare e aveva una percentuale relativamente bassa di fielding. Per sua stessa ammissione, aveva perso molti giochi per questi motivi. Abbott ottenne una deludente stagione nel suo secondo anno del 1990, con un record di vittorie-sconfitte di 10-14. Iniziò malissimo il 1991, soffrendo per quattro sconfitte consecutive nell’inizio stagione, dopo una modesta prestazione nello spring training. I talk show sportivi erano intasati da telefonate di appassionati che chiedevano se sarebbe stato mandato nelle minor league, ma il club gli diede fiducia e Abbott riuscì a riemergere. In realtà, finì per godere di una straordinaria stagione. Anche se gli Angels dopo l'All-Star Game erano sfioriti, Abbott vinse undici partite, dopo la pausa, per finire con un record di 18-11 e una ERA di 2.89. Nel voto per lo Cy Young Award dell’American League, l'onorificenza più prestigiosa per i lanciatori, si piazzò al terzo posto con Roger Clemens, dei Red Sox, che catturò il trofeo per la terza volta. Il record di Abbott del 1991 è ancora più impressionante se si prende in considerazione la mancanza di sostegno da parte dei battitori degli Angels. Secondo il concetto di valutazione delle prestazioni del lanciatore sviluppato dal noto studioso di statistica del baseball e autore Bill James, Abbott era leader dell’American League in "tough losses" con otto. Altro fiore all'occhiello di Abbott dell’eccellente stagione del 1991 fu un triplo battuto alla distanza di 375 piedi tra gli esterni durante una partita di spring training contro i San Francisco Giants. Dal momento che gli Angels erano nell’American League, dove viene utilizzato il battitore designato, Abbott non arrivò mai a battere durante la stagione regolare. Il triplo è stato la sua prima valida con un’uniforme della Major League. Nel dicembre del 1991 Jim sposò Dana Douty, che aveva conosciuto ad Anaheim. Deve essere stata una grande soddisfazione per il giovane Jim Abbott nell’off-season, dopo una trattativa salariale molto discussa, firmare un contratto di un anno per 1.85 milioni di dollari, che fece di lui il più pagato lanciatore al quarto anno, nella storia del baseball di quel tempo. La stagione 1992 fu ancora memorabile per Jim, ma per tutt’altre ragioni. Gli Angels vinsero solo 72 partite e finirono quinti tra i sette team dell’American League Western Division. Nonostante avesse lanciato bene tutto l'anno, Abbott ottenne un misero record di 7-15. Ma il suo frizzante 2.77 di ERA stabiliva un indicatore più accurato della qualità dei suoi sforzi. Durante la sua carriera di routine Jim fu sorretto da pochi punti dell’attacco dei suoi compagni di squadra, ma nel 1992 gli Angels lo sostennero ancora meno con il numero di punti più bassi dell’American League dopo l'adozione della regola del battitore designato nel 1973. Per finire, nel dicembre del 1992, Abbott venne scambiato con i New York Yankees per tre prospetti di minor league poichè gli Angels non potevano firmare un accordo a lungo termine. Gli yankee, che non avevano partecipato a una partita di post-season da più di un decennio, erano affamati di vincere il pennant nella stagione 1993. Avevano preso Wade Boggs e Jimmy Key, come free agents, e acquisito Paul O'Neill e Abbott in trade e sembravano un contendente solido. Abbott e il suo agente Scott Boras, che aveva respinto nel mese di ottobre un’offerta degli Angels di quattro anni, pari a 4 milioni di dollari per ogni stagione, si imbatterono subito in problemi per negoziare un contratto con gli Yankees. Finirono in arbitrato, dove l'offerta degli Yankees di 2.35 milioni dollari battè la richiesta di 3.5 milioni dollari di Abbott. Gli argomenti negativi degli Yankees confusero e sconvolsero il giovane lanciatore. "Perché mi hanno scambiato, se questo è quello che pensano?" si chiedeva. Fu uno dei primi segnali che il sensibile lanciatore avrebbe potuto avere un momento difficile nel Bronx. Tuttavia, Abbott cercò di abbracciare la città e la squadra. Ma, la sua intera durata a New York fu frustrante e la sua prestazione mediocre. Uno dei pochi punti luminosi fu la vittoria ottenuta il 4 settembre 1993, con una no-hit contro i Cleveland Indians nella corsa al pennant. La no-hit catapultò indietro Abbott sotto i riflettori nazionali e, ancora una volta fu incentrata sull’unica qualità della performance del giocatore con una sola mano, e la performance era eccezionalmente buona. Ma dopo poco più di una settimana dalla sua no hit, il proprietario degli Yankees George Steinbrenner sparò pubblicamente su Abbott dicendo che non faceva il suo lavoro, mettendo anche in discussione il coraggio del lanciatore. Lo sfogo di Steinbrenner, con la sua squadra a solo una partita e mezza dal primo posto, sembrava voler spronare i suoi giocatori, ma finirono zoppicando al secondo posto, dietro a Toronto di sette partite. Abbott finì con un record di 11 vittorie contro 14 sconfitte. La seconda stagione di Abbott a New York iniziò nella stessa maniera turbolenta come era iniziata la prima. Ancor prima che iniziasse lo spring training, "The Boss" accusò Abbott delle prestazioni mediocri del 1993 distratto dalle sue opere di carità e dalle frequenti visite ai bambini disabili. Steinbrenner dichiarò: "Jim Abbott deve dare il 100 per cento della sua attenzione al baseball!". Abbott, che era stato scelto per il prestigioso "Free Spirit Award" per il suo lavoro con i bambini, rimase spiazzato e si trovò a dover difendere il suo impegno filantropico. Un altro scontro si verificò quando gli Yankees inventarono un guanto nuovo per lui, con un lembo che doveva nascondere la sua presa sulla palla dalla vista del coach avversario di prima. La teoria era che Abbott non era in grado di nascondere il pickoff con il suo guanto, come gli altri lanciatori. Jim provò il guanto nuovo prima dell’inizio della seconda parte della stagione, ma non riuscì ad acquisire familiarità con il nuovo dispositivo e si rifiutò di utilizzarlo nelle partite. La stagione 1994 si concluse a metà agosto, quando i giocatori scesero in sciopero. Il bottino finale di Abbott nella stagione abbreviata fu di nove vittorie e otto sconfitte. Il 23 dicembre gli Yankees decisero di non confermare l’offerta per la stagione 1995 e Jim divenne free agent. Era pronto a firmare con gli Angels, che avevano appena chiamato Marcel Lachemann, il pitching coach favorito di Jim, come loro manager. Ma i Chicago White Sox irruppero con un'offerta migliore. Abbott lanciò in maniera onorevole a Chicago, ma i Sox lo scambiarono con gli Angels, quando furono tagliati fuori abbastanza presto nella Central Division. Gli Angels, che erano messi bene nella Western Division, accolsero Jim a braccia aperte. Abbott vinse cinque partite e ne perse quattro per i California, ma il team arrivò ad una sola partita per il titolo di divisione. In entrambe le squadre vinse un record di 11-8 ottenendo una media ERA di 3.70, un notevole miglioramento rispetto alla sua performance a New York. Prima dell'inizio della stagione del 1996, Jim firmò un nuovo accordo per tre anni con gli Angels e cominciò lo spring training animato da stimoli nuovi per una grande stagione. Ma purtroppo terminò con un doloroso record di 2 vinte e 18 sconfitte, accompagnato da una media ERA orrenda di 7.48. Anche un passaggio di mezza stagione a Vancouver, la prima retrocessione in minor league della sua carriera, non lo aiutò. Il suo scarso rendimento continuò anche nella successiva primavera e gli Angels lo mollarono, mangiandogli due anni del suo contratto di 7.8 milioni dollari. Fuori dal baseball all'età di 29 anni, Jim Abbott tornò a casa per trascorrere del tempo con la moglie e la figlia, dedicando più tempo alle sue numerose attività di beneficenza. Dopo aver saltato l'intera stagione 1998, Abbott tentò di rientrare con gli White Sox. Lavorò duramente per tornare a lanciare nell’organizzazione dei Sox prima a Hickory, Winston-Salem, Birmingham, Calgary e successivamente fu chiamato per una prova a fine stagione a Chicago. Con gli White Sox, vinse tutte e cinque le sue partite da starter e nell’off-season ricevette il Tony Conigliaro Award, che viene presentato ogni anno al miglior giocatore che supera gli ostacoli e continua a prosperare attraverso le avversità. Però, il miracoloso ritorno non era destinato a continuare. Gli White Sox non erano sicuri che la resurrezione di Abbott potesse continuare e non firmarono per la stagione 1999. Firmò, invece, con i Milwaukee Brewers, ma venne rilasciato nel mese di luglio con un record di 2-8 e una ERA di 6.91. Jim, in compenso, produsse un gesto eroico finale. Dal momento che Milwaukee era nella National League, in cui il battitore designato non è utilizzato, Abbott ebbe la possibilità di battere, e il 15 giugno 1999, colpì un line out sulla prima base con una sola mano nella major league dopo più di 50 anni da quando l’outfielder Pete Gray, privo di un  braccio, giocò per i Browns St. Louis nel 1945. Subito dopo il suo rilascio da Milwaukee, Jim annunciò il suo ritiro dal baseball. Ora ha due figli e vive in California. E’ richiesto come speaker motivazionale ed è ancora pesantemente coinvolto nella beneficenza per bambini. E’ associato all'organizzazione californiana degli “Amigos de los Niños”, per la cura e gli aiuti ai bambini, ed è stato due volte nominato "March of Dimes Athlete of the Year" e ha ricevuto il "Free Spirit Award" dal Freedom Forum per il suo lavoro di beneficenza. È ancora molto coinvolto nella causa dei bambini disabili e continua a fare le apparizioni per varie organizzazioni di beneficenza. Nel 2004 è stato eletto nella Michigan Sports Hall of Fame. Che cosa era successo alla carriera promettente di Jim Abbott? Come poteva un lanciatore che era considerato quello che aveva la miglior stoffa di qualsiasi mancino nel campionato del 1993, finire così dopo sei anni di major league all’eta di 31 anni? La spiegazione più diffusa è che gli avversari erano stati in grado di leggere i suoi lanci, perché non riusciva a proteggere la palla con il suo guanto. Allo stesso modo, i corridori in base sono stati in grado di trarne vantaggio perché non riusciva a nascondere la sua mossa di pickoff in prima base. Abbott, tuttavia, rifiutò queste valutazioni legate alla sua disabilità. Egli sosteneva che il problema era legato alla velocità della sua fastball che iniziò a diminuire abbastanza all'inizio della sua carriera ed era troppo grande l’adeguamento per passare dalla potenza alla finezza. Nei suoi primi anni, la palla veloce costantemente si avvicinò alle 95 mph, ma alla fine della sua carriera viaggiava intorno alle 85-90 mph. Nella sua carriera in Major League, Jim Abbott aveva vinto 87 partite e perse 108 con una ERA di 4.25. Eppure, egli fu come un grande impatto emotivo dando una rinnovata speranza a migliaia di disabili. Una volta stimò che aveva avuto almeno un incontro con un bambino disabile nel corso di ogni partita giocata in trasferta della sua carriera. Abbott, quando annunciò il suo ritiro dal baseball, disse: "Le mie esperienze, sommate assieme, mi fanno sentire come se avessi avuto una carriera da Hall of Fame".

Il bunt di Jim Abbott

La tecnica di lancio di Jim Abbott in slow motion

I festeggiamenti dopo la no-hit di Jim Abbott (al centro) del 4 settembre 1993

 

Whitey Ford

Edward Charles Ford

Nickname : "The Chairman of the Board" o "Slick"

Nato: 21 Ottobre 1928 a New York, NY
Debutto: 1 Luglio 1950
Batte: Sinistro / Tira: Sinistro

Charles Edward Ford nasce il 21 ottobre 1928 a New York City. La sua famiglia si sposta nel quartiere di Astoria nel Queens, a pochi chilometri dallo Yankee Stadium sul Ponte Triborough. Gli fu dato il soprannome di "Whitey" per i suoi capelli eccezionalmente biondi. Ford si diplomò alla Manhattan School of Aviation di New York City. Giocò sin da ragazzino in prima base e lanciatore. Come battitore era nella media ma tutte le sue energie erano messe sul monte. Ford fu notato per la sua fast ball e il controllo durante una partita amatoriale dagli scout dei New York Yankees e fu ingaggiato come free agent amatoriale nel 1947. Fu mandato nella farm di Butler, Pennsylvania, dove il manager era Lefty Gomez, vecchia gloria degli Yankees e Hall of Famer. Ford iniziò la sua carriera con gli Yankees in Major League Baseball il 1° luglio del 1950, e fu un debutto spettacolare vincendo le sue prime nove decision prima di perdere una partita come rilievo. Ford si classificò secondo, per un pugno di voti, nel Most Valuable Player, nonostante avesse lanciato 112 inning, e venne votato Rookie of the Year dell’AL da Sporting News (Walt Dropo fu il Rookie of Year dalla BBWAA). Nel 1951 e nel 1952 prestò servizio nell'esercito durante la guerra di Corea. Tornò agli Yankees per la stagione 1953, e il famoso "Big Three" del pitching staff yankee divenne "Big Four", con Ford, Allie Reynolds, Vic Raschi e Eddie Lopat. Ford alla fine salì nella scala gerarchica da pitcher numero 4, grazie alle sue doti universalmente riconosciute, come il lanciatore numero 1 degli Yankees, diventando noto come il "Chairman of the Board" per la sue capacità di mantenere la calma e il comando durante le situazioni di alta pressione. Era conosciuto anche come "Slick" per la sua astuzia sul monte. Billy Martin, Mickey Mantle e il manager Casey Stengel lo soprannominarono Whiskey Slicks. L’astuzia di Ford era necessaria perché non aveva una fastball schiacciante, ma era in grado di lanciare diversi lanci molto bene con un incredibile controllo. Tuttavia, Ford fu un lanciatore efficace di strikeout per il suo tempo, eguagliando l'allora record dell’AL con sei strikeout consecutivi nel 1956, e nel 1958. Ford lanciò 2 consecutive partite one-hit nel 1955 eguagliando un record detenuto da diversi lanciatori. Non lanciò mai una no-hitter.Nel 1955, Ford fu leader dell’American League per complete game e partite vinte, nel 1956 per media ERA e percentuale vittorie. Nel 1958, per la media ERA, e nel 1961 e 1963, per partite vinte e percentuale vittorie. Ford vinse il Cy Young Award nel 1961; avrebbe probabilmente vinto anche nel 1963 il Cy Young Award dell’AL, ma questo premio era stato unificato per le due League, e Ford non poteva competere con i numeri di Sandy Koufax dei Los Angeles Dodgers, National League. Sarebbe anche stato candidato nel 1955, ma questo era prima che il premio fosse creato. Alcune delle performance di Ford e le consecutive medie furono ridotte dal manager degli Yankees, Casey Stengel, che aveva individuato in Ford come la sua carta da giocare nei momenti critici, e spesso riservava il suo asso mancino per i formidabili avversari, come i Tigers, Indians e White Sox. Quando Ralph Houk cominciò a dirigere gli Yankees nel 1961 promise a Ford che avrebbe lanciato ogni quattro giorni, indipendentemente dall’avversario. Sotto Stengel superò le 30 partite da partente solo una volta nelle sue nove stagioni, giocandone 39 nel 1961. Ottenne un record di vittorie/sconfitte di 25-4, il migliore nella sua carriera e fu meritatamente insignito del Cy Young Award, ma la stagione di Ford fu oscurata dalla battaglia dei fuoricampo tra Roger Maris e Mickey Mantle. Come mancino, Ford era anche abilissimo a tenere i corridori sulle basi: stabilì un record nel 1961 con 243 inning consecutivi lanciati senza consentire una base rubata. A un certo punto durante la stagione 1963, Ford lanciò una shutout e annunciò di aver smesso di fumare, dicendo: "Il mio medico mi ha detto che ogni volta che penso al fumo, dovrei pensare a un bus in partenza e allo scarico che mi soffia in faccia". Ford vinse 236 partite per New York (236-106 carriera), ancora oggi un record della franchigia. Red Ruffing, il precedente titolare del record degli Yankees, detiene ancora il record dei lanciatori destri degli Yankees con 231 delle sue 273 vittorie in carriera. Altri lanciatori Yankees hanno ottenuto più vittorie in carriera (ad esempio, Roger Clemens conseguì la sua 300a vittoria in carriera, come uno yankee), ma accumulati con più franchigie. David Wells eguagliò Whitey Ford per il 13° posto nelle vittorie di un mancino il 26 agosto 2007. Tra i lanciatori, con almeno 300 decision in carriera, Ford è al primo posto con una percentuale di vittorie di .690, la percentuale più alta nella storia del baseball moderno. (Pedro Martínez si è classificato davanti a lui per la maggior parte della sua carriera, ma è scivolato a meno .006 dietro a Ford durante la fine della stagione 2008). La percentuale di vittorie in carriera di Ford non può essere attribuita esclusivamente al fatto che giocasse in una buona squadra: gli Yankees ottennero 1486 partite vinte contro 1027 sconfitte durante i suoi 16 anni, senza i suoi 236-106, sarebbero stati a 1250 vittorie e 921 sconfitte, per un percentuale di vittorie/sconfitte pari a .576. Ford aveva quindi 11.4 punti percentuali in più rispetto al record della sua squadra, indipendentemente dal loro record. Ford alla fine della carriera aveva ottenuto una media ERA di 2.75 che è la più bassa tra i lanciatori partenti la cui carriera era iniziata dopo l'avvento della Live Ball Era nel 1920. La peggior media ERA di Ford fu di 3.24 nel 1965. Ford vinse 45 partite per shutout nella sua carriera, tra cui otto con il risultato di 1-0. Le prestazioni di Ford con gli Yankees sono quantomai significative nelle World Series. Ford fu il lanciatore di gara uno nel 1955, 1956, 1957, 1958, 1961, 1962, 1963 e 1964. Nelle World Series del 1960 contro i Pittsburgh Pirates, Stengel alterò questa strategia tenendo Ford per gara tre, una decisione che irritò il lanciatore. L'asso degli Yankees vinse sia gara tre che la sesta partita con due complete game e shutouts, e si rese poi disponibile come rilievo nell'ultima partita finita con un'inaspettata sconfitta degli Yankees, per opera di Bill Mazeroski che con un walk-off home run in fondo al nono inning diede la vittoria e il titolo ai Pirates. Ford pensò sempre che se fosse stato in grado di apparire in tre partite, invece che in due sole, gli Yankees avrebbe vinto. Il management degli Yankees erano dello stesso avviso e Stengel fu licenziato in seguito alle Series. Nella sua carriera, Ford ottenne 10 vittorie nelle World Series, più di ogni altro lanciatore. Ford fu anche leader di tutti gli starters nelle World Series per sconfitte (8) e partenze (22), così come in inning, valide, basi su ball e strikeout. Nel 1961 ruppe il record di Babe Ruth nelle World Series con 29 inning e 2/3 consecutivi senza concedere punti. (Il record sarebbe poi diventato di 33 inning e 2/3. E' ancora oggi un record delle World Series, anche se Mariano Rivera lo spezzò nella post season del 2000). Ford vinse l’MVP delle World Series del 1961. Oltre allo Yankee Stadium, Ford lanciò nelle partite delle World Series in sette stadi diversi:

Ebbets Field (1953 e 1956)
Milwaukee County Stadium (1957 e 1958)
Forbes Field (1960)
Crosley Field (1961)
Candlestick Park (1962)
Dodger Stadium (1963)
Busch Stadium (1964)

Ford apparve in otto All-Star con l’AL tra il 1954 e il 1964. C’era però un battitore della NL che era sempre felice di vedere Ford ed era Willie Mays che lo aveva battuto con sette valide consecutive. Il numero 16 di Whitey Ford fu ritirato dai New York Yankees nel 1974. Gli fu assegnato il numero 19 nella sua stagione da rookie. In seguito al suo ritorno dall'esercito nel 1953, indossò il numero 16 per il resto della sua carriera. Ford chiuse la sua carriera con dei problemi di salute. Nel mese d’agosto del 1966, subì un intervento chirurgico per correggere un problema circolatorio alla spalla sinistra. Nel maggio del 1967, Ford durò appena un inning e alla fine del mese, a 38 anni, annunciò il suo ritiro. Venne eletto nella Hall of Fame nel 1974 con il suo amico, di lunga data e compagno di squadra negli Yankees, Mickey Mantle. Il 2 agosto del 1987, gli Yankees scoprirono le targhe, al Monument Park dello Yankee Stadium, di Ford e di un altro lanciatore mancino, che era entrato nella Hall of Fame, Lefty Gomez. Sulla targa di Ford c’è inciso: "uno dei più grandi lanciatori mai saliti sul monte". Dopo che si era ritirato, Ford ammise che di tanto in tanto si aiutava “medicando la palla” in vari modi, come la "mudball", che poteva essere utilizzata solo allo Yankee Stadium: l’addetto al campo dello Yankee Stadium bagnava una zona vicino al box del catcher dove si posizionava Elston Howard, che facendo finta di perdere l'equilibrio, appoggiava la mano destra impugnando la palla nel fango. Ford a volte usava il diamante della sua fede nuziale per incidere la palla, ma alla fine fu pizzicato da un arbitro e ammonito di non riprovarci. In un'intervista dopo l'ultima partita allo Yankee Stadium, Ford ammise di aver alterato la palla nell’All Star Game del 1962 al Candlestick Park mettendo strike out Willie Mays. Ford aveva interesse a farlo; Ford e Mantle avevano accumulato 800 dollari (5.635 dollari in termini di dollari attuali) di debiti al golf, che il proprietario degli Yankees aveva deciso di annullare se Ford avesse messo strike out Mays. Nel 1977, Ford fece parte della squadra di commentatori sportivi per la prima partita nella storia dei Blue Jays a Toronto. Nel 1999, venne inserito al 52° posto nella lista dei 100 migliori giocatori della storia del baseball da Sporting News e fu nominato per la Major League Baseball All-Century Team. Nel 2003, Ford venne eletto nel Nassau County Sports Hall of Fame. Nel 2008, lanciò la prima palla dell’All-Star Game. Il 21 settembre 2008 Ford e Yogi Berra furono gli ospiti d’onore della squadra di commentatori della partita finale giocata allo Yankee Stadium. Nel 1994, una strada a Mississauga, Ontario (Canada) venne intitolata in suo onore. Nel 2002, aprì il "Cafe Whitey Ford", un ristorante e bar a tema sportivo accanto al Roosevelt Field Mall a Garden City, New York. Era una replica della facciata dello Yankee Stadium sia all'esterno che al bar, con i numeri delle uniformi sugli sgabelli; repliche delle targhe del Monument Park con i numeri ritirati allineati nei corridoi, e televisori widescreen presenti dappertutto. C’erano memorabilia firmate come il guanto di Bill Dickey e la mazza di John Blanchard usata nelle World Series del ‘61, come pure alcuni ricordi di Mickey Mantle, insieme alle casacche di Derek Jeter, Jason Giambi, Al Leiter e Lee Mazzilli. La sala da pranzo principale ospitava una foto panoramica dello Yankee Stadium del 1950, in particolare una partita tra White Sox e Yankees con Ford mentre lanciava e Mickey Mantle al centro del campo, con gli Yankees sul 2-0. I camerieri erano vestiti con le uniformi on the road degli Yankees e il numero 16 di Ford sul retro. Durò meno di un anno prima della sua chiusura.

Il giovane Whitey Ford, 21 anni, dopo la vittoria in Gara 4 delle World Series del 1950

1961 - Whitey Ford alza il Cy Young Award

17 agosto 1961 - Satchel Paige dà alcuni consigli a Whitey Ford sugli aspetti più sottili del lancio

Whitey Ford in azione

 

Brooks Robinson

Brooks Calbert Robinson

Nickname : "Hoover" o "The Human Vacuum Cleaner"

Nato: 18 Maggio 1937 a Little Rock, AR
Debutto: 17 Settembre 1955
Batte: Destro / Tira: Destro

Brooks Calbert Robinson Jr. nasce il 18 maggio 1937 a Little Rock, Arkansas, da Ethel Mae Robinson e Calbert Brooks Robinson. Suo padre era un vigile del fuoco e la madre una casalinga. Il padre Calbert aveva giocato a baseball semiprofessionale e nel 1937 era stato un membro della squadra di softball International Harvester di Little Rock, che giocò la finale nella World Softball Championship a Chicago. Stranamente, l'uomo che sarebbe diventato uno dei migliori terza base del baseball non giocò molto da bambino con mazza e guanto. Iniziò a giocare a baseball al liceo, come catcher per la Woodruff School. Trascorse molto del suo tempo in attività sportive presso le strutture della Arkansas School for the Deaf (per i non udenti), che era dall'altra parte della strada da casa sua. Lavorò anche come segnapunti e vendendo bibite durante le partite giocate nel campionato della minor league al Lamar Porter Field. Mentre era studente alla Pulaski Heights Junior High, Robinson giocò come quarterback nella junior high state championship del 1951 ed ebbe una menzione d'onore per l’All-State team. La Little Rock Senior High School, una delle scuole di football più importanti dello stato, non aveva una squadra di baseball nel 1952, quando Robinson si iscrisse e così giocò a basket e praticò l'atletica leggera per mantenersi in forma per la stagione di baseball dell’American Legion. Robinson giocò a baseball, come seconda base, per la M.M. Eberts Doughboys per quattro stagioni, a partire dal 1951. Nel 1952 e 1953, la squadra di Robinson vinse il campionato di baseball dell’American Legion dello stato. Dopo la conclusione della sua carriera nell’American Legion ed aver conseguito il diploma di scuola superiore nel 1955, si trovò sotto i riflettori di alcune grandi squadre di baseball che erano interessate a farlo firmare. Nel Memorial Day del 1955, Robinson firmò un contratto con la franchigia dei Baltimore Orioles, per la quale giocò tutta la sua carriera. Robinson iniziò la sua carriera professionale nelle minor league, giocando per la squadra dei Baltimore a York, Pennsylvania, nella Piedmont League. Dopo aver battuto .331, gli Orioles lo promossero alla fine della stagione in major league. Robinson fece la spola tra le minor e major dei Baltimore per alcune stagioni prima di diventare il terza base titolare degli Orioles nella stagione 1958. Soprannominato "The Human Vacuum Cleaner”, è generalmente riconosciuto come il più grande terza base di tutti i tempi. Durante le stagioni del 1956 e del 1957, Robinson fu compagno di squadra di un altro giocatore nativo dell’Arkansan e futuro Hall of Fame, George Kell, che concluse la sua carriera di quindici anni con gli Orioles nel 1957. Robinson fu costantemente uno dei migliori difensori nel baseball, e nel 1960, ricevette il primo Gold Glove Awards come miglior terza base dell’American League. Vinse 16 Gold Glove Awards consecutivi nel corso della sua carriera, il maggior numero per un terza base. Assieme al pitcher Jim Kaat e dietro a Greg Maddux (con 18) detiene la seconda posizione nel record della storia dei gold glove del baseball in tutte le nove posizioni difensive. Nel 1964, Robinson ottenne la sua migliore stagione offensiva, battendo con una media battuta di .318, 28 home run e fu il leader della League con 118 RBI, vincendo l’American League Most Valuable Player Award. Nella votazione del MVP ricevette 18 dei 20 voti al primo turno e Mickey Mantle si classificò secondo. Nel 1966, fu votato Most Valuable Player dell'All-Star Game e si classificò secondo, dietro al compagno di squadra Frank Robinson, per il Most Valuable Player Award dell’American League, nella stagione in cui gli Orioles andarono a vincere le World Series contro i Los Angeles Dodgers. Nella post-season del 1970, Robinson colpì con una media battuta di .583 trascinando i suoi Orioles al titolo dell’American League contro i Minnesota Twins. Nelle World Series del 1970 contro i Cincinnati Reds, Robinson ottenne una media di .429 con 2 fuoricampo, ma fu la sua abilità difensiva in terza base che fece notizia, facendo diverse prese impressionanti durante le Series e togliendo ai Reds delle sacrosante valide. La sua prestazione gli valse l’MVP delle World Series presentato dalla rivista SPORT, così come la Hickok Belt come atleta professionista all'inizio dell'anno. Dopo le World Series del 1970, il manager dei Cincinnati Reds, Sparky Anderson, scherzando disse: "Sto iniziando a vedere Brooks anche nel sonno. Se lascio cadere questo piatto di carta, ha il coraggio di raccoglierlo con un salto ed eliminarmi in prima". Nella sua carriera di giocatore, Robinson fu selezionato per l'All-Star team per 15 anni consecutivi (1960-74), e giocò in quattro World Series. Alla fine carriera aveva una media battuta di .267, con 2848 valide, 268 home run e 1357 RBI. Robinson fu leader dell’American League nella percentuale fielding per 11 volte, e al momento del suo ritiro, la sua media di .971 è la più alta di sempre per un terza base. Le 2870 partite giocate in terza base, 2697 eliminazioni, 6205 assistenze, 8902 totali opportunità e 618 doppi giochi, sono i suoi record al momento del ritiro. Robinson giocò per 23 stagioni con la stessa squadra un record della Major League, eguagliato solo da Carl Yastrzemski. Solo Yastrzemski (3308), Hank Aaron (3076) e Stan Musial (3026) giocarono più partite per un franchigia. Robinson effettuò anche quattro tripli giochi nel corso della sua carriera, un record della Major League. Robinson così commentò il suo record: "Non mi dispiacerebbe vedere qualcuno cancellare il mio record dei quattro tripli giochi". A conclusione della sua ultima stagione nel 1977, la sua casacca con il numero 5 fu ritirata dagli Orioles. Robinson venne eletto nella Hall of Fame del baseball nel 1983, uno dei soli 16 giocatori votati al primo turno (non compresi i cinque soci fondatori scelti nella prima elezione nel 1936). Brooks e Frank Robinson furono i primi due giocatori inseriti nella Hall of Fame della franchigia degli Orioles. A Robinson, considerato tra i più grandi degli Orioles di tutti i tempi, e a Johnny Unitas, considerato il più grande giocatore di football dei Baltimore Colt, furono dedicate due targhe in loro onore al Memorial Stadium di Baltimore. Quando gli Orioles giocarono la loro ultima partita il 6 ottobre del 1991, Brooks e Unitas furono invitati a lanciare le prime palle cerimoniali (Unitas lanciò un pallone da football). Dopo la conclusione della partita, alcuni ex giocatori degli Orioles scesero in campo con le uniformi del loro tempo e si fermarono nelle loro vecchie posizioni sul campo e Brooks fu scelto per essere il primo giocatore ad uscire (Cal Ripken Jr. fu l'ultimo). Nel 1999, venne classificato al numero 80 nella lista dei 100 più grandi giocatori del baseball da Sporting News, ed è stato eletto per la Major League Baseball All-Century Team. E’ stato un sostenitore di lunga data del movimento degli Scout e servì per molti anni nel consiglio esecutivo dell’Area Council di Baltimore Boy Scouts of America, e venne insignito del Silver Beaver Award. Il 5 dicembre 2006 ottenne il riconoscimento Lifetime Achievement Award dalla Bobby Bragan Youth Foundation per le sue attività benefiche fuori dal campo. Il 16 maggio 2007, Radio Tower Drive, una strada a Pikesville, Maryland, fu ribattezzata "Brooks Robinson Drive" in onore del suo 70° compleanno. Il 2 luglio 2008, il team di Minor League di York, Pennsylvania, dove Robinson iniziò, tenne una cerimonia in suo onore per essere stato votato come membro dell’All-Time Rawlings Gold Glove Team. Il premio creato dalla Rawlings e votato dai tifosi per celebrare l'anniversario d'oro del premio. Nel 2008, Brooks ha creato un vino per beneficenza chiamato Brooks Robinson Chardonnay, e tutti i suoi proventi ricavati dalla vendita sono stati donati alla Baltimore Community Foundation in un fondo creato da Brooks e da sua moglie Constance Louise Butcher. Brooks Robinson attualmente serve come presidente della Major League Baseball Players Alumni Association (MLBPAA), un'organizzazione che aiuta i giocatori e i tifosi ad interagire fuori dal campo. Le leggende della Major League come Bob Boone, George Brett, Chuck Hinton, Mike Hegan, Robin Yount, Rusty Staub, Carl Erskine e Al Kaline sono i Vice Presidenti. Robinson è uno degli investitori della Opening Day Partners group, di cui possiede quattro squadre nell’Atlantic League of Professional Baseball. All'ingresso del Sovereign Bank Stadium a York, Pennsylvania, c’è in suo onore la Brooks Robinson Plaza. Nel 1970, Robinson pubblicò la sua autobiografia dal titolo "Third Base is My Home". Il libro descrive anche la storia di come conobbe sua moglie. Era un'assistente di volo su un aereo che trasportava la squadra degli Orioles, e Robinson fu così colpito da lei, che continuò a ordinarle tè ghiacciato fino a quando finalmente fu esaurita tutta la bevanda in cucina. Dopo il ritiro come giocatore, Robinson iniziò una carriera di successo come color commentator per le trasmissioni televisive degli Orioles. Nel 1982, le televisioni locali della WMAR di Baltimora, nel Maryland, scesero in sciopero e picchettarono la sede della WMAR per i due mesi mentre si avvicina la stagione del baseball. Quando Robinson si rifiutò di attraversare la linea di picchetto, il proprietario della WMAR aprì i negoziati e lo sciopero terminò il giorno successivo.

Brooks Robinson gioca con suo figlio di quattro anni, David Brooks, nel corso dell'annuale Father and Son game al Memorial Stadium degli Orioles nel 1965

Tre immagini delle straordinarie prese di Brooks Robinson nelle World Series del 1970

 

Curt Flood

Curtis Charles Flood

Nickname : "Curt", "Flash Food" o "Rembrandt"

Nato: 18 Gennaio 1938 a Houston, TX
Morto: 20 Gennaio 1997 a Los Angeles, CA
Debutto: 9 Settembre 1956
Batte:
Destro / Tira: Destro

Charles Curtis Flood nacque il 18 gennaio del 1938 a Houston, Texas, il più giovane di sei figli di Herman e Laura Flood. Nel 1940 la famiglia si trasferì a Oakland, in California. Il fratello maggiore di Flood, Carl, ebbe problemi con la legge fin dall'infanzia e scivolò in una vita criminale. Flood, però, iniziò a giocare a baseball all'età di nove anni e divenne un esterno nel liceo dove allenava George Powles che aveva prodotto giocatori come Frank Robinson, Vada Pinson, Joe Morgan e Jesse Gonder. L'altra persona che tenne lontano dai guai Flood fu Jim Chambers che incoraggiò la sua predisposizione e il talento nel disegno e nella pittura e che lo spinse ad iscriversi all’Herbert Hoover High School di Oakland. Dopo aver preso una certa famigliarità con l’arte alla fine del 1950, affinò il suo talento artistico come pittore di ritratti di marine che gli fece guadagnare il soprannome di "Rembrandt" tra i suoi compagni di squadra. Le sue performance artistiche decollarono dopo aver dipinto Busch Jr., il proprietario dei Cardinals, mentre ammirava il suo yacht. Alla fine del 1960 Flood dipingeva dai tre ai quattro ritratti ogni due settimane, ad un prezzo di 250 - 300 $. Molti dei suoi dipinti ritraevano altri giocatori e le loro famiglie. Ebbe modo di dire: "Il baseball e la pittura sono un buon equilibrio. Il baseball è virile. E' ruvido e duro. La pittura è delicata, tranquilla. E' uno sfogo per superare la tensione". Flood giocò a baseball per tutta la sua adolescenza e divenne un atleta promettente pur essendo piccolo e magro. Nonostante la sua bassa statura, firmò con i Cincinnati Redlegs nel 1956 per uno stipendio di quattromila dollari. Non ricevette alcun bonus per la firma, ma il contratto era impressionante per un ragazzo della classe operaia che si era appena diplomato al liceo. Come giocatore di minor league a Tampa, in Florida, dovette sopportare gli scherni razziali e le ingiurie che altri giocatori di pella nera avevano sofferto quando l’integrazione era arrivata nel Sud. Essendo cresciuto nella West Coast, non aveva mai toccato con mano la segregazione del sud, e fu per lui una rivelazione scioccante. Le probabilità che Flood potesse giocare nella major league erano poche, ma colpì .340 nel suo primo anno di baseball professionista, con ventinove home run. Così alla fine della stagione arrivò a giocare con i Reds come terza base, ma non aveva futuro in quella posizione con l'organizzazione. Nel dicembre del 1957 i Cincinnati lo scambiarono con i St. Louis Cardinals, che fecero di lui un centerfielder, una posizione che mantenne per i successivi dodici anni. Al momento in cui Flood si aggregò ai Cardinals, questi erano geograficamente la squadra più meridionale della major league. Nella franchigia di proprietà di August Busch Jr., già proprietario della birra Anheuser-Busch, e che per molti aspetti era prevedibilmente conservatore, il clima era sorprendentemente liberale e un miraggio per i giocatori di colore. La minoranza e i giocatori bianchi andavano molto d'accordo e la squadra insistette sugli alloggi integrati per i suoi atleti durante lo spring training. Grazie ai manager Johnny Keane e Red Schoendienst, la squadra fiorì sul campo a metà degli anni ‘60. Con stelle come il lanciatore Bob Gibson, il terza base Ken Boyer, il seconda base Julian Javier, il prima base Bill White, l’esterno Lou Brock, insieme al gioco eccezionale di Flood, che non era solo un buon battitore, ma uno dei migliori esterni del suo tempo, i Cardinals vinsero le World Series nel 1964, battendo i New York Yankees. Con l’aggiunta dell’esterno Roger Maris e del prima base Orlando Cepeda, vinsero ancora nel 1967, battendo i Boston Red Sox. I St. Louis arrivarono alle World Series di nuovo nel 1968, ma persero con i Detroit Tigers in sette partite. Busch cominciò a smembrare la sua squadra nel 1968, e i Cardinals non arrivarono più alle World Series fino al 1982. Flood esplose dopo che Johnny Keane divenne il manager nel 1961, battendo .322, e seguitò a battere .296 nel 1962 con 12 home run. Continuò a migliorare in attacco, nel 1963, colpendo .302 e segnando 112 punti (il suo record in carriera), terzo nella NL; ottenne anche dei record in carriera per i doppi (34), tripli (9), basi rubate (17) e colpì 200 valide in 662 turni alla battuta, il record della NL. Nello stesso anno ricevette il primo dei suoi sette consecutivi Gold Gloves. Fu chiamato per la prima volta nella selezione dell’All-Star nel 1964, come leader della National in valide e media battuta con .311. Con i suoi 679 turni alla battuta divenne nuovamente leader della NL posizionandosi al quinto posto con il più alto totale nella storia delle League, fino a quel momento, e stabilì il nuovo record di squadra superando Taylor Douthit che nel 1930 ne ottenne 664; Lou Brock battè il record del team tre anni dopo con 689. Fu anche leader della NL per numero di valide con 211. Battitore leadoff nelle World Series 1964 contro i New York Yankees, ottenne solo una media battuta di .200 ma segnò in tre delle vittorie dei Cardinals che conquistarono il titolo in sette partite dal lontano 1946. Nel 1965 Flood ebbe la sua miglior prestazione in battuta con 11 home run, 83 RBI e una media battuta di .310. Ritornò a far parte dell’All-Star di nuovo nel 1966, una stagione in cui non commise nessun errore all’esterno; il suo record di partite consecutive senza errori fu di 226 (record NL) e 568 totali opportunità (record della Major League) e va dal 3 settembre 1965 al 4 giugno 1967. Nel 1967 realizzò la sua media battuta più alta con .335, nonostante la sua media si fosse abbassata nel precedente anno, aiutando i Cardinals ad arrivare ad un altro campionato del mondo. Nelle World Series del 1967 contro i Boston Red Sox battè un doloroso .179, ma mise a segno alcuni contributi fondamentali. In gara 1, fece avanzare Brock in terza base per due volte, mettendolo in grado di segnare il punto della vittoria per 2-1, in gara 3, fece segnare Brock il primo punto della partita terminata 5 a 2 per i Cards. Come co-capitano della squadra (con Tim McCarver) nel 1968, forse il suo anno migliore, guadagnò la sua terza selezione nell’All-Star e il quarto posto nel ballottaggio dell’MVP (vinto dal compagno di squadra Bob Gibson), grazie ad una media battuta di .301 e 186 valide. Contro i San Francisco Giants quell'anno, Flood fu coinvolto nel primo back-to-back no-hitter della storia della Major League. Il 17 settembre andò strikeout per l’ultimo out della vittoria del pitcher Gaylord Perry per 1 a 0. Il giorno dopo, Flood prese al volo la palla battuta da Willie McCovey per il risultato finale del pitcher dei Cardinals, Ray Washburn, per 2 a 0. Probabilmente, se non avesse giudicato male una volata di Jim Northrup (che diventò un triplo), con due out nella settimo inning di gara 7 delle World Series del 1968 contro i Detroit Tigers, i Cardinals avrebbero vinto il loro terzo campionato del decennio; Detroit segnò tre punti in quell’inning, e vinse per 4 a 1. Fino a quel momento Flood stava affrontando le migliori Series della sua carriera, nonostante alcuni problemi personali, ottenendo una media battuta di .286 e tre basi rubate. Sport Illustrated gli dedicò la copertina del 19 agosto 1968 mentre compie una presa straordinaria all'esterno centro definendolo "The Best Centerfielder in Baseball". Nel 1969, nonostante l’abbassamento generalizzato delle prestazioni dei lanciatori che vide per contro un aumento generalizzato delle media battuta della League, la sua media in battuta scese a .285. Suo fratello era stato arrestato durante la stagione e lui ebbe un paio di confronti pubblici con il management dei Cardinals. All'inizio della stagione entrò in conflitto con i Cardinals nel tentativo di ottenere uno stipendio di 100000 $. Verso la fine della stagione criticò pubblicamente la squadra per averla riorganizzata prima che fossero ufficialmente eliminati dalla competizione. Ricevette il suo settimo Gold Glove  e altri eventi della sua carriera cominciarono a influenzare tutto lo sport. Flood raccolse la prima valida della regular season della Major League in Canada. Mise a segno un doppio contro il lanciatore Larry Jaster dei Montreal Expos nel primo inning della partita casalinga inaugurale degli Expos, il 14 aprile 1969 al Jarry Park. (Jaster era un compagno di squadra di Flood l'anno prima, ed era stato selezionato dagli Expos nel progetto di espansione della MLB). Nonostante la sua eccezionale carriera di giocatore, l'eredità principale di Flood si sviluppò al di fuori del campo. Egli credeva che la “reserve clause” della Major League Baseball, vecchia di decenni, fosse ingiusta, nel senso che i giocatori erano legati per tutta la vita alla squadra con cui originariamente avevano firmato, anche quando avevano soddisfatto i termini e le condizioni di tali contratti. Il 7 ottobre 1969, i Cardinals scambiarono Flood, il  catcher Tim McCarver, l'outfielder Byron Browne e il lanciatore mancino Joe Hoerner con i Philadelphia Phillies per il prima base Dick Allen, il seconda base Cookie Rojas e il lanciatore destro Jerry Johnson. Tuttavia, Flood rifiutò di andare ai moribondi Phillies, citando i risultati deludenti della squadra e il fatto che giocavano al Connie Mack Stadium, ormai in rovina, davanti ai belligeranti - e, Flood credeva, razzisti - tifosi. Alcuni rapporti dicono che fosse anche notevolmente irritato, per aver appreso dello scambio da un giornalista, ma nell’autobiografia di Flood si dice che apprese dell’operazione dal livello medio del management dei Cardinals e si arrabbiò che la comunicazione non fosse venuta dal general manager. Incamerò il contratto relativamente redditizio di 100000 $ rifiutando di essere oggetto di scambio, e consultò il sindacato dei giocatori, diretto da Marvin Miller. Inoltre incontrò il general manager dei Phillies, John Quinn, che lasciò l'incontro con la convinzione che Flood sarebbe andato a Philadelphia. Dopo essere stato informato che il sindacato era disposto a pagare le spese del processo, scelse di procedere. In una lettera al Baseball Commissioner Bowie Kuhn, Flood chiese che lo dichiarasse free agent:

24 dicembre 1969
Dopo dodici anni nella major league, non mi sento un pezzo della proprietà ed essere comprato e venduto a prescindere dalla mia volontà. Credo che qualsiasi sistema che produce tale risultato viola i miei diritti di base come cittadino e non è coerente con le leggi degli Stati Uniti e dei vari Stati. E' mio desiderio di giocare a baseball nel 1970, e sono in grado di giocare. Ho ricevuto un'offerta di un contratto con il club di Philadelphia, ma credo di avere il diritto di prendere in considerazione offerte da altri club prima di prendere qualsiasi decisione. Io, dunque, chiedo che lei faccia conoscere a tutti i club della Major League i miei sentimenti in questa materia, e di consigliare loro la mia disponibilità per la stagione 1970.

Il Commissioner Kuhn negò la sua richiesta, citando la correttezza della “reserve clause” e la sua inclusione nel contratto di Flood del 1969. In risposta, Flood presentò una querela di 1 milioni dollari (che sarebbe automaticamente triplicata in base allo Sherman Act) contro Kuhn e la Major League Baseball, il 16 gennaio 1970, sostenendo che la Major League Baseball aveva violato le leggi federali antitrust. Anche se Flood stava prendendo 90000 $, al momento, aveva paragonato la “reserve clause” alla schiavitù, ed era un’analogia controversa anche tra coloro che si opponevano alla “reserve clause”. Tra coloro che testimoniarono a suo nome c’erano ex giocatori come Jackie Robinson, Hank Greenberg e l'ex proprietario Bill Veeck; nessun giocatore in attività testimoniò né assistette al processo. Anche se i rappresentanti dei giocatori avevano votato all'unanimità per sostenere la causa, i giocatori erano fortemente divisi, con molti che sostenevano la posizione del management. Il caso, Flood vs. Kuhn (407 US 258), finalmente arrivò alla Corte Suprema. L’avvocato di Flood, ex giudice della Corte Suprema, Arthur Goldberg, affermò che la “reserve clause” abbassava i salari e limitava i giocatori di una squadra per tutta la vita. Il consiglio della Major League Baseball replicò che il Commissioner Kuhn aveva agito così "per il bene del gioco". In definitiva, la Corte Suprema, agì in "stare decisis (in latino: "rimanere su quanto deciso": è un principio generale dei sistemi di common law, in forza del quale il giudice è obbligato a conformarsi alla decisione già adottata in una precedente sentenza, nel caso in cui la fattispecie portata al suo esame sia identica a quella già trattata nel caso deciso. In questo modo, i precedenti desunti dalle sentenze anteriori operano come fonte di diritto e, negli ordinamenti di common law, a tutt'oggi, la maggior parte delle norme è prodotta proprio tramite questa fonte), dichiarandosi, 5 contro 3, a favore della Major League Baseball, confermando una pronuncia del 1922 nel caso della Federal Baseball Club vs. National League (259 US 200). Il  giudice Lewis Powell non partecipò, a causa dell'acquisto di in magazzino dalla Anheuser-Busch, di proprietà dei Cardinals. Flood saltò l'intera stagione del 1970. Alla fine, i Cardinals furono costretti a rinunciare a due minor leaguers dei Phillies a titolo di risarcimento per il rifiuto di Flood a trasferirsi, uno dei quali, l’esterno centro Willie Montañez, continuò a giocare per 14 anni nella major league. Nel frattempo, nel novembre del 1970 Flood fu scambiato dai Phillies con i Senators di Washington in un trade di cinque giocatori, e firmò un contratto di 110.000 $ con Washington. Concluse la sua carriera dopo 13 partite per i Senators nel 1971, in cui aveva battuto solo .200 giocando in maniera poco brillante all’esterno centro. L'ex compagno di squadra Gibson scrisse in seguito che Flood una volta tornò nello spogliatoio e trovò nel suo armadietto una corona funebre. Nonostante le dimostrazioni di fiducia del manager Ted Williams, Flood si ritirò all'età di 33 anni. Aveva ottenuto una media battuta vita di .293 con 1861 valide, 85 home run, 851 punti e 636 RBI. Nello stesso anno, Flood scrisse una apologetica e difensiva autobiografia intitolata “The Way It Is”. Si dedicò al suo amore per la pittura. In definitiva, la “reserve clause” venne eliminata nel 1975, quando l’arbitrato Peter Seitz stabilì che, poiché i lanciatori Andy Messersmith e Dave McNally avevano giocato per una stagione senza un contratto, potevano diventare free agent. Questa decisione sostanzialmente smantellò la “reserve clause” e aprì le porte ad una diffusa free agency. La decisione Seitz si basò sulla vaga formulazione della clausola di riserva nel contratto standard dei giocatori, e la sfida fallita di Flood aveva poca o nessuna attinenza con la sentenza. Poco dopo il suo ritiro, Flood divenne proprietario di un bar nella località turistica spagnola di Palma di Maiorca dove si trasferì per sfuggire dal fallimento della sua impresa Curt Flood Associates, da due cause, e da un pegno IRS su una casa che aveva comprato per la madre. Alla fine tornò al baseball come parte del team di speaker degli Oakland Athletics nel 1978. Fu anche il commissioner della breve vita della Senior Professional Baseball Association nel 1988. Nel suo tempo libero, Flood dipingeva. Il suo ritratto ad olio del 1989 di Joe DiMaggio venne venduto all'asta per 9500 dollari. Flood smise di fumare nel 1979 e a bere nel 1985, nonostante fosse stato un forte bevitore e fumatore per anni. Gli fu diagnosticato un cancro alla gola nel 1995, è inizialmente gli fu dato un 90% di probabilità di sopravvivenza, ma Flood morì a casa sua a Los Angeles. Flood lasciava i suoi cinque figli, Debbie, Gary, Shelly, Scott e Curt Flood Jr., la moglie, l'attrice Judy Pace e le sue due figlie. Venne sepolto nel cimitero di Inglewood Park, in California. La sua eredità venne ricordata al Congresso attraverso un disegno di legge, Baseball Fans and Communities Protection Act del 1997; numerato HR 21 (il numero della casacca di Flood con i Cardinals) e inserito il primo giorno del 105° Congresso del 1997 dall’United States House of Representatives John Conyers, Jr. (D-Michigan), eliminando la controversa esenzione antitrust del baseball per quanto riguarda il lavoro. Il senatore Orrin Hatch (R-Utah), introdusse una legislazione simile al Senato lo stesso anno, chiamata “Curt Flood Act” del 1998 (SB 53).

1969 - Curt Flood (al centro) con Lou Brock (a sinistra) e Vada Pinson (a destra)

Due incredibili prese di Curt Flood

 

Gil Hodges

Gilbert Raymond Hodges

Nickname : "The Miracle Worker"

Nato: 4 Aprile 1924 a Princeton, IN
Morto: 2 Aprile 1972 a West Palm Beach, FL
Debutto: 3 Ottobre 1943
Batte:
Destro / Tira: Destro

Gilbert Ray Hodges nacque a Princeton, Indiana, il 4 aprile 1924. Il padre Charlie, di professione minatore, e la moglie Irene decisero di trasferire la famiglia nella vicina Petersburg, quando Gil aveva sette anni. Hodges fu una stella in quattro sport alla Petersburg High School, guadagnò assieme sette lettere universitarie per il football, baseball, basket e atletica leggera. Declinò l'offerta di un contratto con i Detroit Tigers nel 1941 e invece frequentò il Saint Joseph's College con la speranza di diventare un allenatore di college. Firmò con i Brooklyn Dodgers nel 1943, ed apparve in una partita come terza base nello stesso anno. Entrò nel Corpo dei Marines durante la seconda guerra mondiale, dopo aver partecipato al programma ROTC (Reserve Officers' Training Corps) al Saint Joseph's, servendo come artigliere antiaereo nelle battaglie di Tinian e di Okinawa, ricevendo la Stella di bronzo e un encomio per il coraggio delle sue azioni dimostrate sotto il fuoco nemico. Dopo il suo congedo militare nel 1946 ritornò ai Brooklyn e giocò come catcher nel 1947, unendosi al nucleo già solido della squadra composta da Jackie Robinson, Pee Wee Reese e Carl Fusillo; ma l'emergente Roy Campanella rese evidente che Hodges non aveva futuro dietro il piatto, e venne spostato dal manager Leo Durocher in prima base, dove il suo gioco divenne esemplare. Hodges apparve una sola volta nelle World Series del 1947 contro i New York Yankees, come pinch-hitter per il lanciatore Rex Barney in gara 7; andò strikeout. Come rookie nel 1948, colpì .249 con 11 fuoricampo e 70 RBI. Il 25 giugno del 1949, colpì per un cycle. Fu leader della NL in putouts (1336), doppi giochi (142) e nella  media fielding (.995), ed eguagliò il record del club di Hack Wilson del 1932 per i battitori destri con 23 homer. Con i suoi 115 RBI fu quarto nella NL, e fece la sua prima apparizione nella squadra dell’All-Star. I Dodgers affrontarono  ancora gli Yankees nelle World Series del 1949, e Gil battè solo .235 ma volpì la valida per il punto della vittoria dei Brooklyn in gara 2 per 1 a 0. In gara 5 colpì un fuoricampo da 3 punti con due out nel settimo per avvicinare i Dodgers, sotto 10 a 3, ma fu messo strikeout alla fine della partita e delle Series. Il 31 agosto del 1950 contro i Boston Braves, eguagliò Lou Gehrig, come il secondo giocatore dal 1900 a colpire quattro fuoricampo in una partita senza il beneficio di inning supplementari, battendo contro quattro lanciatori diversi, e il primo contro Warren Spahn. Ottenne 17 basi totali nella partita, posizionandosi al terzo posto nella storia della Major League. Nello stesso anno fu leader della League per la media difesa (.994) stabilendo un record della NL con 159 doppi giochi, rompendo quello detenuto da Frank McCormick, dei Cincinnati Reds, di 153 del 1939; superò il suo record personale di 171 ottenuto nel 1951, un record che rimase fino a quando Donn Clendenon, dei Pittsburgh Pirates, lo superò con 182 nel 1966. Finì la stagione del 1950 al terzo posto sia in homer (32) che RBI (113), ed arrivò in ottava posizione nella votazione dell’MVP. Nel 1951 divenne il primo Dodgers a battere 40 fuoricampo, rompendo il record di 35 ottenuto da Babe Herman del 1930; Campanella ne colpì 41 nel 1953, ma Hodges avrebbe riconquistato il record con 42 nel 1954, prima che Snider lo superasse di nuovo con 43 nel 1956. Battè l’ultimo fuoricampo del 1951 il 2 ottobre contro i New York Giants e Brooklyn si impose per 10 a 0. I Dodgers erano arrivati alla pari con i Giants e si erano rese necessarie una serie di 3 partite di playoff per definire la squadra che avrebbe vinto il pennant della NL. Con una partita a testa si giocò la gara decisiva il 3 ottobre e i Giants vinsero il pennant  grazie al fuoricampo che ribaltò il risultato nella parte bassa del nono inning da quattro punti di Bobby Thomson denominato "Shot Heard 'Round the World". Nel 1951, Hodges fu leader della NL con 126 assist, secondo in HR, terzo nei punti segnati (118) e nelle basi totali (307), quinto nella media slugging (.527) e sesto negli RBI (103). Hodges fu per otto volte All-Star, dal 1949 al 55, consecutivamente, e nel 1957. Con il suo ultimo fuoricampo del 1952, eguagliò il record di 139 ottenuto da Dolph Camilli nella sua carriera con i Dodgers, e lo sorpassò nel 1953; Snider lo avrebbe superato nel 1956. Ancora una volta fu  leader della NL con 116 assist nel 1952, terzo per home run (32), quarto per RBI (102) e slugging (.500). Amato dai fan di Brooklyn, è stato forse il solo Dodgers a non essere regolarmente fischiato all’Ebbets Field. I tifosi furono di molto supporto, anche quando Hodges subì uno slump tra i più famosi nella storia del baseball, non battendo valido nelle ultime nove partite del 1952, nel corso delle World Series del 1952 contro gli Yankees, terminò 0-21, con i Brooklyn che persero in sette partite. Quando la sua crisi continuò fino alla primavera successiva, i tifosi reagirono inviandogli innumerevoli lettere, doni porta fortuna e un prete di Brooklyn, padre Herbert Redmond, della  St. Francis Roman Catholic Church - disse al suo gregge: "Fa troppo caldo per l'omelia. Osservate i Comandamenti e dite una preghiera per Gil Hodges". Hodges colpì di nuovo poco dopo, e non successe mai più nelle World Series. Hodges fu coinvolto in una cattiva chiamata nelle World Series del 1952 . Nella quinta partita, Johnny Sain, degli Yankees, battè nel decimo inning, una palla a terra verso la seconda e fu chiamato out sull’assistenza del seconda in prima dall’arbitro di prima base Art Passarella. La fotografia della giocata, tuttavia, mostra Sain che tocca la prima base, mentre Hodges, ha anche lui un piede sul sacco per riceve la palla, che è a circa un piede di distanza dal suo guanto. Eppure, Passarella chiamò Sain out. Il Baseball Commissioner Ford Frick, lui stesso un ex-giornalista, si rifiutò di difendere Passarella. Concluse la regular season del 1953 con una media battuta di .302, anche se fu solo quinto nella NL negli RBI (122) e sesto negli home run (31). Contro gli Yankees nelle Series del 1953, Hodges colpì un impressionante .364, battendo tre valide tra cui un homer nella gara 1 persa per 9 a 5, ma i Dodgers persero nuovamente in sei partite. Sotto il nuovo manager Walter Alston nel 1954, Gil giocò una delle sue migliori stagioni, stabilendo il record di home run del team, colpendo la più alta media battuta in carriera di .304 e fu di nuovo leader della NL in putouts (1381) e assist (132). Fu secondo nella League a Ted Kluszewski per home run e RBI (130), quinto in basi totali (335) e sesto in slugging (.579) e punti segnati (106), piazzandosi al decimo posto nella votazione per l’MVP. Nella regular season del 1955, Gil ebbe un calo di produzione ottenendo una media battuta di .289, 27 HR e 102 RBI, ma l'anno si concluse nella maniera più soddisfacente. Dopo aver vinto il pennant, i Dodgers si trovarono di fronte nelle World Series gli Yankees per la quinta volta, e Hodges andò 1 su 12 nelle prime tre partite prima di esplodere. In gara 4, nel quarto inning, colpì un homer run da due punti portando i Brooklyn avanti 4 a 3, e più tardi mise a segno un RBI con un singolo, vincendo per 8 a 5; segnò il primo punto in gara 5 per la vittoria dei Dodgers per 5 a 3. In gara 7, battè una valida, con due out nel quarto inning, e spinse a punto Campanella portando i Dodgers in vantaggio per 1 a 0, e con una volata di sacrificio, e un out nel sesto inning, fece segnare Reese. Il pitcher dei Dodgers, Johnny Podres, contenne bene le mazze avversarie,  concedendo solo otto valide. L’ultimo out fu quello di Reese che raccolse e tirò il grounder battuto da Elston Howard sul guanto di Hodges portando alla vittoria i Brooklyn per 2 a 0 e alle prime World Series nella storia della franchigia. Nel 1956 ottenne 32 fuoricampo e 87 RBI, con i Brooklyn che vinsero nuovamente il gagliardetto, e ancora una volta incontrarono gli Yankees nelle World Series. Nel terzo inning di gara 1 colpì un homer run da 3 punti per il vantaggio dei Brooklyn per 5 a 2, vincendo 6 a 3; colpì tre valide e quattro RBI in gara 2 terminata 13 a 8, portando i Dodgers un vantaggio per 7 a 6 nel terzo e battendo due doppi, nel quarto e quinto inning, per il vantaggio di 11 a 7. In Gara 5 andò strikeout, una volata al centro e una lineout sulla terza base nel perfect game del pitcher degli Yankees, Don Larsen, e Brooklyn perse in sette partite. Nel 1957 Hodges stabilì il record dei grand slam della NL in carriera, superando i 12 condivisi da Rogers Hornsby e Ralph Kiner; alla fine furono 14 e vennero eguagliati da Hank Aaron e Willie McCovey nel 1972, e superati da Aaron nel 1974. Ebbe un'altra stagione eccellente, finendo settimo nella NL con una media battuta di .299 e quinto con 98 RBI, fu leader del campionato con 1317 putouts. Fu anche tra i primi dieci giocatori della NL in HR (27), valide (173), punti (94), tripli (7), slugging (.511) e basi totali (296); alla fine di settembre guidò gli ultimi punti dei Dodgers all’Ebbets Field, e anche gli ultimi punti nella storia dei Brooklyn. Venne chiamato per la sua ultima volta nella squadra All-Star, e si piazzò settimo nel ballottaggio per l’MVP. Dopo che i Dodgers si trasferirono a Los Angeles, il 23 aprile 1958, divenne il settimo giocatore a colpire 300 home run nella NL, contro Dick Drott dei Chicago Cubs. Nello stesso anno eguagliò un record, post 1900, delle league nei doppi giochi (134) per la quarta volta, eguagliando McCormick e Kluszewski; Clendenon alla fine superò il record nel 1968. Ma aveva solo 22 HR e 64 RBI, con i Dodgers che finirono al settimo posto nella loro prima stagione in California. Sempre nel 1958, ruppe il record di Cavilli della NL di 923 strikeout in carriera. Le cose cambiarono nel 1959, con i Dodgers che conquistarono un altro titolo della NL, e Hodges contribuì con 25 HR, 80 RBI e una media battuta di .276, arrivando settimo in campionato con una media slugging di .513, ma fu leader della league con una media fielding di .992. Battè .391 nelle World Series del 1959 contro i Chicago White Sox (la prima contro una squadra che non fossero gli Yankees), con il suo fuoricampo da un punto all'ottavo inning di gara 4 diede ai Dodgers la vittoria per 5 a 4, trionfando in sei partite per un altro titolo di campioni del mondo. Nel 1960 ruppe il record di Kiner della NL per battitori destri di 351 fuoricampo in carriera, ed apparve nel programma TV Home Run Derby. Nella sua ultima stagione con i Dodgers nel 1961, divenne leader del team per RBI con il 1254, superando Zack Wheat; Snider lo superò l'anno successivo. Hodges vinse i primi tre Gold Glove Awards dal 1957-1959; la sua carriera con una media difesa di .992 è semplicemente eccezionale. Dopo essere stato scelto nel progetto di espansione delle franchigie della MLB, Hodges fu uno degli originali Mets del 1962; nonostante i problemi al ginocchio fu convinto a continuare la sua carriera a New York, e colpì il primo fuoricampo nella storia della franchigia. Alla fine dell'anno, in cui aveva giocato solo 54 partite, si classificò al decimo posto nella storia della Major League, con 370 fuoricampo, secondo soltanto a Jimmie Foxx, tra i battitori destri. Dopo 11 partite con i Mets nel 1963, durante le quali aveva battuto .227 senza homer ed era stato tormentato dagli infortuni, venne ceduto agli Washington Senators alla fine di maggio per l’outfielder Jimmy Piersall con lo scopo di sostituire Mickey Vernon come manager degli Washington. Hodges annunciò subito il suo ritiro come giocatore per concentrarsi chiaramente sulla sua nuova posizione. Willie Mays dei Giants lo aveva superato settimane prima, il 19 aprile, per diventare il leader della NL in fuoricampo, tra i battitori destri; l’ultima partita di Hodges era stata il 5 maggio in un doubleheader contro i Giants (che si erano trasferiti a San Francisco nel 1958). Hodges diresse i Senators fino al 1967, e anche se erano migliorati in ogni stagione, non raggiunsero mai un record vincente. Uno degli episodi più importanti della sua carriera si verificò nel corso dell'estate del 1965, quando il lanciatore Ryne Duren - arrivato alla fine della sua carriera e sprofondato nell’alcolismo - salì su un ponte con l’intenzione di suicidarsi; Hodges gli parlò convincendolo a desistere. Nel 1968 Hodges fu chiamato a dirigere i Mets perennemente deludenti, e nonostante fosse l'unica squadra ad aver registrato un record di 73-89 fu comunque un segnale positivo nei loro sette anni di esistenza. Nel 1969, guidò i "Miracle Mets" alle World Series, battendo i favoriti Baltimore Orioles, dopo aver perso gara 1, vinsero quattro gare consecutive, di cui due con il punteggio di 2 a 1. Finirono al primo posto per la prima volta, dopo esser finiti sempre al nono posto, i Mets divennero non solo la prima squadra dell’espansione a vincere le Series, ma anche la prima squadra a vincere le Series dopo aver terminato almeno 15 partite sotto i .500 l'anno precedente. Hodges fu nominato Manager of the Year dal The Sporting News. Il momento considerato più memorabile nella storia del team dai molti tifosi dei Mets di una certa età e dall’Hall of Fame slugger e announcer dei Mets, Ralph Kiner, e anche il punto di svolta della squadra nella stagione del 1969, avvenne il 30 luglio nel terzo inning della seconda partita di un doubleheader contro gli Houston Astros. Quando l’esterno sinistro e star dei Mets, Cleon Jones, non si affrettò a raccogliere una palla battuta sull’esterno, Hodges, lo rimosse dal gioco. Ma piuttosto che segnalare semplicemente dalla panchina a Jones di uscire, o delegare il compito ad uno dei suoi coach, Hodges lasciò il dugout e lentamente, deliberatamente, camminò lungo il campo sinistro per rimuovere Jones, e assieme rientrarono in  panchina. Per il resto della stagione, non successe mai più che Jones non si muovesse con rapidità. Kiner raccontò la storia decine di volte durante le trasmissioni dei Mets, sia come tributo a Hodges, per spiegare il suo carattere tranquillo, ma disciplinato. Dopo due identici terzi posti nelle stagioni del 1970 e del 1971 con un record di 83-79, Gil Hodges morì improvvisamente per un attacco cardiaco a West Palm Beach, Florida, mentre giocava a golf con gli altri membri del coaching staff dei Mets, compreso Yogi Berra, durante un giorno di riposo dallo spring training, il 2 aprile 1972. Aveva subito un precedente attacco di cuore durante una partita nel mese di settembre del 1968. Lasciò la moglie, Joan Lombardi, che aveva sposato il 26 dicembre 1948, e i tre figli. Berra fu chiamato a succedergli come manager. I Mets indossarono la fascia nera sulla manica sinistra della loro casacche durante la stagione del 1972 in suo onore. Hodges aveva battuto in carriera .273, con una media slugging di .487, 1921 valide, 1274 RBI, 1105 punti, 295 doppi e 63 basi rubate nelle 2071 partite giocate. Con i suoi 361 home run con i Dodgers si piazza al secondo posto nella storia della squadra dopo i 389 di Snider. Con i suoi 1614 doppi giochi si piazza dietro solo a Charlie Grimm (1733) nella storia della NL, ed era un record della Major League per un prima base destro fino a che Chris Chambliss lo superò nel 1984. I suoi 1281 assist lo collocano al secondo posto nella storia della lega dietro a Fred Tenney con 1363, e superato solo da Ed Konetchy con 1292 tra tutti i prima base destri. Snider ruppe il suo record della NL di 1137 strikeout in carriera nel 1964. Hodges venne eletto nella New York Mets Hall of Fame nel 1982. I Mets ritirarono anche il suo numero 14 nel 1973. Ricevette la più alta onorificenza civile dalla città di New York, il Bronze Medallion nel 1969. Nel 1978, il Marine Parkway Bridge, che collega l'area del Marine Park di Brooklyn con il Rockaways nel Queens, venne ribattezzata la Parkway Marine-Gil Hodges Bridge alla sua memoria. Altri posti a Brooklyn vennero chiamati con il suo nome come un parco a Carroll Street, un campo della Little League nella MacDonald Avenue a Brooklyn, una sezione di Avenue L e PS 193. Inoltre, una parte di Bedford Ave. a Brooklyn si chiama Gil Hodges Way. Una pista da bowling di Brooklyn porta anche il suo nome Gil Hodges Lanes. Lo stadio di baseball della high school nel suo paese natale di Princeton, Indiana, e un ponte che attraversa la East Fork sul White River, nel nord del Pike County, Indiana State Road 57 portano il suo nome. Nel 2007, Hodges venne eletto nel Marine Corps Sports Hall of Fame. Hodges è figura di primo piano in molte delle storie raccontate nel libro Carl Erskine's Tales from the Dodgers Dugout: Extra Innings (2004), scritto da Erskine, un suo vecchio compagno di squadra. Ci sono state polemiche sul fatto che Gil Hodges non è stato eletto come membro della Baseball Hall of Fame. Fu considerato uno dei migliori giocatori degli anni 1950, e si laureò come manager di successo con i Mets. Ma i critici della sua candidatura asseriscono che, nonostante la sua abilità offensiva, non ha mai portato la NL in qualsiasi categoria offensiva come i fuoricampo, RBI, o media slugging, e non è mai riuscito a vincere un premio MVP. Il secondo fatto può essere dovuto in parte al fatto che ottenne le sue migliori stagioni (1950-51, 1954, 1957) negli anni in cui i Dodgers non vinsero il pennant. Inoltre, la sua media battuta in carriera di .273 aveva fatto probabilmente aggrottare le sopracciglia ai molti elettori della Hall of Fame nei suoi primi anni di ammissibilità e, al tempo della sua morte, solamente cinque giocatori erano stati eletti dalla Baseball Writers Association of America, con medie di battuta sotto .300, tutti catcher o shortstops, e solo uno (Rabbit Maranville) che aveva una media inferiore e che non aveva vinto un premio MVP. Con il tempo la sua ammissibilità iniziale è scaduta nel 1983, il BBWAA aveva eletto solo altri due giocatori con medie al di sotto .274 – il terza base Eddie Mathews (.271), che ha colpito più di 500 HR, leader NL due volte, e Brooks Robinson (.267), che ha vinto un premio MVP e numerosi record difesivi. Tuttavia, Hodges era il prototipo del moderno slugging prima base, e mentre dopo il 1961, nell’era dell’ espansione, che portò numerosi giocatori a superare i suoi fuoricampo e gli RBI totali, rimane l'unico dei 21 giocatori che aveva ottenuto più di 300 fuoricampo nel momento del suo pensionamento, che non venne eletto (tutti, ma Chuck Klein e Johnny Mize vennero eletti dalla BBWAA). Alcuni osservatori hanno suggerito che la sua prematura scomparsa nel 1972, lo rimosse dalla coscienza pubblica, mentre altri ballplayers - compresi numerosi grandi Dodgers - erano sotto gli occhi dell'opinione pubblica negli anni successivi, ricevendo l'esposizione che permise la loro elezione. Hodges, tuttavia, raccolse 3010 voti dalla BBWAA durante il suo periodo di ammissibilità iniziale 1969-1983 - un record per un giocatore non selezionato (Jim Rice aveva superato questo totale, nel 2007, ma fu poi votato nella Hall nel gennaio 2009). Hodges è stato regolarmente preso in considerazione per la selezione da parte della Hall of Fame dal Veterans Committee sin dal 1987, mancando un voto nell’elezione del 1993, quando non ci furono candidati selezionati. Negli anni dal ritiro di Hodges, tuttavia, la Hall of Fame ha rifiutato l'ammissione di molti giocatori con record simili, o addirittura superiori. Frank Howard, per esempio, aveva colpito 382 home runs dal 1958 al 1973, con una media battuta di .273, una percentuale di arrivi in base di .352 e una percentuale di slugging di .499, rispetto a Hodges con una media battuta di .273, una percentuale di arrivi in base di .359 e percentuale slugging di .487. Inoltre, gli anni del 1960 erano molto meno orientati offensivamente rispetto agli anni del 1950 in cui Hodges era stato una star. Howard non ricevette mai seria considerazione dalla Hall of Fame. Un grande murale (52 ft.x16ft.) è stato recentemente dedicato a Petersburg, Indiana, la sua città natale. Il murale è stato dipinto dal pittore Randy Hedden e comprende tre immagini di Gil come Brooklyn Dodgers, come manager dei Mets, e alla battuta all’Ebbetts Field. Lo scopo del murale è quello di “aumentare la consapevolezza dell’assenza di Hodges dalla Baseball Hall of Fame” e si trova all'incrocio tra Hwys 61 & 57.

Gene Hermanski, Jackie Robinson e Gil Hodges dopo aver realizzato un triplogioco il 26 aprile 1949

1961 - Frank Howard, Gil Hodges Jr e Gil Hodges allo spring training

Pee Wee Reese e Gil Hodges

Da sinistra a destra: Rod Kanehl, Jim Hickman, Gil Hodges, Frank Thomas e Charlie Neal. La festa nella clubhouse al Polo Grounds dopo la prima vittoria in casa dei Mets, 8-6, rcon i Phillies il 29 aprile 1962. Neal realizzò un paio di home run in quella storica vittoria

Il murale dedicato a Gil Hodges

 

Lefty Gomez

Vernon Louis Gomez

Nickname : "El Goofy", "Goofy" o "Gay Caballero"

Nato: 26 Novembre 1908 a Rodeo, CA
Morto: 17 Febbraio 1989 a Greenbrae, CA
Debutto: 29 Aprile 1930
Batte:
Sinistro / Tira: Sinistro

Vernon Louis "Lefty" Gomez nacque il 26 novembre 1908 a Rodeo, California. Di sangue misto, messicano-americano, giocò a baseball amatoriale a Oakland mentre frequentava la Richmond High School. Fu durante quel tempo che venne ingaggiato dai San Francisco Seals. I New York Yankees lo acquistarono per una cifra stimata attorno ai 39000 dollari. Vinse più di 20 partite per quattro volte e fu un All-Star ogni anno dal 1933 al 1939. Gomez fu leader della league due volte per le partite vinte, percentuale vittorie e ERA, e tre volte ciascuna in shutouts e strikeout. Nel primo grande storico All-Star Game (6 luglio 1933), Gomez non solo fu il lanciatore vincente per l'American League, ma anche battè valido portando a casa il primo punto nel secondo inning. La sua battuta rientrava negli standard dei lanciatori, noti per colpire poco. "Non ho mai rotto una mazza fino a quando avevo 73 anni. E questo è successo indietreggiando con la macchina fuori dal garage". Riusciva sempre a vedere l'umorismo nei suoi travagli al piatto: "Loro lanciano, io giro. Ogni tanto mi lanciano dove sto girando e ottengo una valida". Lefty fu praticamente un buco nell'acqua con la mazza. Babe Ruth, una volta scommise con lui 500 dollari che non avrebbe ottenuto 10 valide in una stagione intera. Secondo Lefty, ottenne quattro valide nell'opening day e poi entrò in slump per 42 partite. Gomez detiene il record per il maggior numero di inning lanciati in una sola partita dell’All-Star Game. Il 1934 fu considerato la migliore stagione di Lefty, vinse 26 partite e ne perse solo cinque. In entrambe le stagioni del 1934 e 1937, vinse la "Triple Crown" dei lanciatori, guidando il campionato in vittorie, ERA e strikeout, ma fu anche leader dell’AL in shutouts in entrambe le stagioni. La sua percentuale di vittorie di .649 lo piazza al 15° posto nella storia della MLB tra i lanciatori con 200 o più decisions; e tra i lanciatori che fecero il loro debutto nella ML dal 1900 al 1950, è dietro solo a Lefty Grove, Christy Mathewson e Whitey Ford che avevano più vittorie e la percentuale vittorie più elevata di Gomez. Lefty detiene anche un paio di record nelle World Series: sei partite vinte e nessuna sconfitta (1932-1, 1936-2, 1937-2, 1938-1), e il maggior numero di basi su ball ricevute da un battitore nel medesimo inning (al 6° inning di gara 1, il 6 ottobre 1937). Il 26 febbraio del 1933, Lefty sposò June O’Dea. Una vedette di Broadway che aveva recitato nel musical Of Thee I Sing, e che abbandonò la carriera nel 1936. Nel 1937 il matrimonio cominciò a scricchiolare. A quanto pare nel tentativo di ravvivare la loro relazione, andarono a gennaio nelle Bermuda. Ma fu evidente che ciò non aveva aiutato la loro unione, e Lefty depositò le carte del divorzio in Messico, per incompatibilità. Essendo una cattolica devota, June negò il divorzio, ma accettò una separazione formale, citando l'abbandono, crudeltà e l’inumano trattamento. Pubblicamente, Lefty disse che l'intera idea del divorzio era assurda, ma dopo il primo dell'anno si trasferì a Reno per ottenere in sei settimane il divorzio. Il procedimento di separazione continuò per mesi, fino al maggio del 1938. Lefty e June ebbero, poi, due figlie, Vernona e Sharon, e un figlio di nome Gary. Si guadagnò il soprannome "Goofy" a causa del suo comportamento eccentrico e dello spirito autoironico che lo rese famoso con la stampa. In una partita, andò a battere quando era calata una leggera nebbia. Bob Feller era sul monte e Gomez accese un fiammifero prima di entrare nel box del battitore. "Qual è la grande idea?" ringhiò l'arbitro "Pensi che questo cerino ti aiuterà a vedere una veloce di Feller?". "No, io non sono preoccupato di questo" disse Lefty "Voglio solo essere sicuro che mi possa vedere!". Un altro esempio dello spirito allegro di Gomez lo riservò a un gruppo di giornalisti. Notando i suoi accurati e frequenti brushback pitches (anche conosciuto come "lanciare addosso al battitore"), uno dei reporter chiese a Gomez: "E 'vero che ti sentiresti di lanciare così anche a tua madre" e Gomez rispose "tu hai perfettamente ragione perchè lei è un battitore maledettamente buono". Quando Joe DiMaggio era un rookie nel 1936, si muoveva all'esterno centro in maniera molto superficiale. Gomez, allora, consigliò al suo compagno di stanza di giocare più profondo. DiMaggio disse: "Non ti preoccupare. Ho intenzione di far dimenticare il grande Tris Speaker". Dopo che un avversario aveva piazzato un triplo sopra la testa DiMaggio, Gomez gli disse: "Roomie, se non indietreggi un po', stai andando a far dimenticare il grande Lefty Gomez". In un’altra partita, nel 1937, provò la pazienza di Tony Lazzeri, che era stato lodato di recente sui giornali come un giocatore di testa fine, così come quella del suo manager Joe McCarthy. Lefty era sul monte quando un battitore colpì un grounder di su di lui, invece di tirare a Frank Crosetti all’interbase, per avviare un doppio gioco, tirò al seconda base Lazzeri, che prese la palla in difesa: "Perché diavolo hai lanciato la palla a me?" gli chiese Tony. "Tony", gli rispose Gomez, "Tutto quello che ho sentito è che sei un giocatore intelligente. Volevo solo vedere cosa avresti fatto con la palla quando la si ha e non te l’aspetti". Joe McCarthy corse sul monte, pazzo fumante: "Qual è la grande idea di tirare a Lazzeri?" chiese. Con una faccia seria, Lefty gli disse: "ho dimenticato a quale italiano tirare. Con Crosetti all’interbase e Lazzeri, in seconda, non riuscivo a pensare a quale italiano tirare". McCarthy rabbioso indicò il centro del campo e disse: "È una fortuna che non hai visto Joe DiMaggio!" Nel 1940, Lefty subì un infortunio al braccio, giocando solo 9 partite, ma nel 1941 giocò abbastanza bene, vincendo 15 partite e perdendone 5. Durante quella stagione, fu detto che era un grande lanciatore partente, ma vinse con il supporto di Johnny Murphy, che lo rilevava negli inning finali. Anche in questo caso l'accettazione di sé e l'umorismo furono la sua medicina. Lefty disse: "Sto lanciando così duro come ho sempre fatto, ma la palla non è solo lanciarla più veloce". Dopo che si concluse la stagione del 1942, Lefty lavorò come spedizioniere con la General Electric River Works, una fabbrica di produzione bellica a Lynn, Massachusetts, dove era pagato solo 40 dollari alla settimana. Poi, il 27 gennaio 1943, gli Yankees lo vendettero ai Boston Braves per 10000 $. Lefty non apparve mai in nessuna partita con i Braves, e più tardi nel corso dell'anno venne rilasciato e firmò con gli Washington Senators. Lanciò una sola partita prima di ritirarsi definitivamente. Nella sua carriera, quasi interamente trascorsa con gli Yankees, aveva ottenuto un record di 189-102 con 1468 strikeout, un ERA di 3.34 in 2503 inning lanciati. Conosciuto per il suo grande ingegno, Gomez spesso ricordava: "Preferirei essere fortunato che buono". Dopo il suo ritiro, Gomez divenne un ricercato oratore noto per i divertenti aneddoti da giocatore e le personalità che aveva conosciuto. Era un po’ demenziale, e si divertiva a giocare scherzi a tutti, dai compagni di squadra agli arbitri. Una volta fermò una partita delle World Series per vedere un aereo volare alto. Aveva escogitato l'idea di una boccia per pesci rossi girevole per rendere la vita più facile agli anziani pesci rossi. Durante gli anni ‘60, allenò spesso i bambini della Carquinez Grammar School di Carquinez, in California, ad est di Rodeo. A quel tempo, Rodeo non aveva una scuola, ma voleva fare qualcosa per i bambini. Avvicinandosi ai sessant’anni, non aveva perso il suo senso dell'umorismo e intratteneva i bambini tanto con i suoi aneddoti, che allenandoli e tenendo lezioni sulla sportività. Il 2 febbraio 1972, il Veterans Committee, all'unanimità, elesse Gomez nella National Baseball Hall of Fame, insieme all’esterno dei Giants  Ross Young e all'ex presidente dell’American League Will Harridge. Con il cappellino degli Yankees, Gomez divenne il secondo giocatore ispanico ad essere inserito nell'Olimpo del baseball. Dopo la sua operazione al cuore nel 1980, disse, "Ho appena avuto un'operazione di triplo bypass. Il solo triplo che io abbia mai fatto". Il 2 agosto del 1987, lui e Whitey Ford vennero onorati con le targhe al Monument Park dello Yankee Stadium. Sulla placca di Gomez c’è scritto "Noto per la sua arguzia e la sua fastball, era veloce sia con la battuta (di spirito) che con il lancio". Nonostante l'avanzare dell'età, fu in grado di partecipare alla cerimonia. Anche se venne onorato con la placca, la sua uniforme numero 11 non fu mai ritirata, e da allora è stata indossata da Joe Page, Johnny Sain, Hector Lopez, Fred Stanley, Dwight Gooden, Chuck Knoblauch, Gary Sheffield, Doug Mientkiewicz, Morgan Ensberg e Brett Gardner. Lefty trascorse gli ultimi anni della sua vita a Novato, in California, e morì di insufficienza cardiaca il 17 febbraio 1989. Un decennio più tardi, venne classificato al numero 73 nella lista dei 100 migliori giocatori della storia del baseball da Sporting News ed è stato un candidato per la Major League Baseball All-Century Team. Dopo la morte di Gomez il catcher Bill Dickey, suo compagno di squadra, ricordò che un battitore con cui aveva avuto problemi in particolare era stato Jimmie Foxx. Gomez diceva di Foxx: “Ha i muscoli nei suoi capelli”. Una volta, con Foxx alla battuta, Dickey diede un segnale dopo l'altro e Gomez li rifiutò tutti. Infine Dickey corse sul monte. “Cosa vuoi lanciarli?”. “Io non voglio lanciare niente”, disse Gomez, “Forse si stancherà di aspettare e se ne andrà”.
“Quando Neil Armstong mise il primo piede sulla luna, lui e tutti gli scienziati dello spazio rimasero perplessi da un oggetto non identificabile bianco. Subito ho capito che cosa fosse. Era la palla dell’home run che Jimmie Foxx mi aveva battuto nel 1933". Lefty Gomez

Il classico caricamento di Lefty Gomez

14 luglio 1941: Una foto spiritosa di Joe DiMaggio e Lefty Gomez

Lefty Gomez, Lou Gehrig e Jimmie Foxx all'All-Star Game del 1939

 

Cal Ripken

Calvin Edwin Ripken Jr.

Nickname : "Iron Man"

Nato: 24 Agosto 1960 a Havre de Grace, MD
Debutto: 10 Agosto 1981
Batte: Destro / Tira: Destro

Calvin Edwin Ripken Jr. nasce il 24 agosto del 1960 nella piccola città del Maryland, Havre de Grace, da Viola e Calvin Sr. Il padre, che dal 1957 era nella franchigia dei Baltimore Orioles come catcher nelle minor-league, dopo un infortunio alla spalla vide precluse le sue speranze di una carriera nella Big League. Ripken Sr. rimase con il club come coach e manager, sia nelle minor che nella major. Mentre la famiglia di fatto risiedeva a Aberdeen, Maryland, il padre di Ripken si dovette spostare dal Wisconsin al South Dakota prima di assumere la direzione del team di minor-league degli Orioles nel North Carolina. Calvin Sr. continuava a lavorare durante l’estate, per aiutare le entrate, e la famiglia lasciava Aberdeen, a circa 30 miglia a nord di Baltimora, viaggiando durante la stagione del baseball. Nonostante tutti i viaggi a fianco del padre, Ripken Jr. lo vedeva pochissimo a causa delle lunghe ore passate sui campi da gioco. Ben presto giunse alla conclusione che l'unico modo di vedere suo padre sarebbe stato che avesse giocato a baseball. Seduto in tribuna a guardarlo allenare, il giovane Ripken imparò a conoscere tutti gli aspetti del gioco che un giorno sarebbe stata la sua vita. Dopo le partite, analizzava con suo padre le giocate. All'età in cui i bambini sognano di diventare un pompiere o un astronauta, Ripken aveva già deciso quale sarebbe stato il suo futuro professionale. "Sono sempre stato sul serio nel baseball", raccontò Ripken al Washington Post. "Dagli otto o nove anni in poi, sapevo che lo sport sarebbe stato la mia vita. Gli insegnanti ci dissero di scrivere quello che avremmo voluto essere e io risposi “che volevo essere un giocatore di baseball". All’età di 12 anni, si allenava già in campo con la squadra di suo padre, idolatrando il suo giocatore preferito della minor-league, Doug DeCinces, che un giorno avrebbe sostituito nel lineup degli Orioles. Nel 1976, il padre di Ripken Jr. fu promosso al ruolo di coach con i Baltimora Orioles e Cal era presente ad ogni allenamento, recuperando palle e  ricevendo consigli da stelle della Major League come Brooks Robinson, sognando di diventare un Orioles. Dopo le partite, Cal discuteva con suo padre su quanto era successo in campo, raccogliendo sempre più informazioni circa la complessità del gioco. Nonostante avesse vinto per due volte una lettera nel football, il baseball fu il suo vero amore e durante il liceo fece parte della squadra dell’università come matricola. Ripken giocò nella Mickey Mantle World Series in Texas nel 1977, e vinse il titolo di battuta Harford County con una media sorprendente di .492, al suo anno da senior. Dopo questa partita, la sua squadra del liceo fu incoronata campione della Classe A nel 1978 dello stato e, subito dopo, Ripken venne selezionato dagli Orioles, nel secondo round dell’annuale draft. Il suo sogno era finalmente realizzato, e ora era un membro della squadra di baseball dei Baltimora Orioles. Ripken fu inserito nel team degli Orioles nel campionato amatoriale a Bluefield, West Virginia, dove decise di giocare interbase, invece che pitcher. Pensava che se avesse fallito come interbase, avrebbe potuto sempre provare come lanciatore. La sua prima stagione con l'organizzazione degli Orioles non fu un grande successo, ottenendo una media battuta mediocre di .264 e fu leader della League negli errori con 33. Poco dopo, venne mandato nel team degli Orioles nella Florida Instructional League a Miami dove migliorò la media battuta portandola a .303. A fine della stagione 1979, fu promosso nella squadra di AA a Charlotte, North Carolina, conseguendo una media battuta di .180 dopo solo 61 apparizioni al piatto. Nel 1980 la sua media salì a .276 e colpì 25 home run, dopo averne battuti solo otto nelle sue due precedenti stagioni. In seguito a questa performance, venne chiamato nell’All-Star della Southern League e salì ancora un gradino nella scala che lo avvicinava alla major, questa volta con il team di AAA a Rochester, New York, nel 1981. Continuò a fare esperienza a Rochester, con una media battuta di .288 e 23 home run, prima di essere chiamato in major league a Baltimora ad agosto dello stesso anno. Ripken ottenne una bassissima media battuta di .128 in 39 presenze alla battuta durante la sua prima stagione con gli Orioles, ma la sua seconda stagione si rivelerà uno spartiacque. Gli Orioles avevano scambiato l’ex terza base Doug DeCinces, che era con il club dal 1977, con i California Angels credendo che la terza base sarebbe stata la posizione finale di Ripken nella squadra. Invece Ripken nella sua carriera fece la spola tra la terza base e l'interbase. Il manager degli Orioles Earl Weaver spostò Ripken in terza base nella sua seconda stagione. Dopo aver colpito un fuoricampo durante il primo turno alla battuta della sua seconda stagione, le prestazioni di Ripken precipitarono ad appena .117 di media battuta. Dopo aver consultato il padre e il futuro Hall of Famer e stella del baseball Reggie Jackson, la performance di Ripken migliorò con una media di .264 e 28 home run e venne selezionato per il Rookie of the Year dell’American League. Ripken rivelò allo Sporting News: "[Reggie Jackson] mi disse di essere solo me stesso e tutto sarebbe andato a posto .... Dopo di che, tutto sembrò fare clic". Con il club che lottava durante le gare di playoff al termine della stagione 1982, Ripken venne spostato all’interbase, una posizione che molti reputavano non adatta a lui perchè troppo giovane e troppo alto per poterla svolgere efficacemente. Gli Orioles persero l’Eastern Division Championship contro i Milwaukee Brewers, ma Ripken aveva giocato bene e la consulenza di Jackson aveva funzionato. Ripken avrebbe continuato a giocare all’interbase fino al 1996 prima di trasferirsi in terza base. Nel 1983, con Ripken saldamente al suo posto, gli Orioles vinsero le World Series contro i Philadelphia Phillies. Per il suo impegno fu votato MVP dell’American League delle Series e Player of the Year da Sporting News. All'inizio di quello stesso anno, aveva anche contribuito come capitano della squadra dell’All-Star dell’American League alla prima vittoria dal 1971 sulla National League. Nel 1984, Ripken firmò un nuovo contratto di quattro anni, ma nonostante avesse iniziato ad inanellare una serie di record dopo record, il suo team finì solo al quinto posto. Nel 1985, gli Orioles finirono al quarto posto, ma Ripken ottenne una rispettabile media battuta di .282. Nel 1986, gli Orioles finirono ultimi nella loro division, la prima volta che questo accadeva nella storia della squadra. In risposta il management licenziò il manager e assunse Ripken Sr. All'inizio della stagione 1987, vi erano tre Ripken nello spring training degli Orioles, Cal Sr. e Jr. e il fratello minore Billy, che avrebbe giocato in seconda base. Ripken realizzò solo una media battuta di .252 quell’anno, ma fu leader degli shortstop dell’American League negli assist e nello stesso anno firmò un nuovo contratto di un anno per 1.75 milioni di dollari. Alla fine della stagione 1987, Ripken sposò la sua fidanzata di lunga data, Kelly Greer. Durante la stagione 1988, il padre di Ripken fu licenziato per aver ottenuto il peggior record nella storia del baseball. Tuttavia, Cal era stato riconosciuto dai fan e dalla direzione come un giocatore di cui non si poteva fare a meno, e ben presto firmò un nuovo contratto quadriennale del valore di 8.4 milioni di dollari. Durante la stagione 1989, Ripken venne lentamente identificato come leader della squadra, dopo che Eddie Murray, era stato scambiato con i Los Angeles Dodgers. Nonostante avessero perso il titolo divisionale con i Toronto Blue Jays, Ripken commise solo otto errori e colpì 21 home run. Questo fece di lui il primo shortstop ad avere messo a segno otto stagioni con 20 homer. Il 12 giugno 1990, Ripken si piazzò al secondo posto per il record di partite consecutive giocate con 1308, superando Everett Scott. Ripken aveva anche rotto il record di Scott per il maggior numero di partite giocate in una posizione. "Non era il mio prossimo obiettivo della Big League quello di non perdere una partita", disse Ripken al New York Times, "Basta cercare di prepararsi ogni giorno e andare là. Otto anni dopo, è successo". Purtroppo, la media battuta di Ripken diminuì ogni anno dal 1983 e molti si chiesero se la sua insistenza a giocare ogni partita era il motivo per cui la BA si era abbassata. Ma, il suo gioco difensivo stava migliorando e nella stagione 1990, fece solo tre errori. Aveva anche stabilito un record, per gli shortstops, giocando 95 partite senza commettere un errore. Nel 1990, gli Orioles finirono solo al quinto posto, ma Ripken continuò a colpire più di 20 home run e fu finalista per il Gold Glove award . Nel 1991 vinse l’MVP della American League per la seconda volta e fu votato major-league player of the year da Sporting News e Associated Press. Quello stesso anno vinse il Gold Glove per il miglior giocatore difensivo e venne eletto MVP nell'All-Star Game. L'apertura della stagione 1992 vide Ripken impantanato nelle trattative contrattuali con la direzione degli Orioles. Anche se continuò a giocare, la sua media battuta diminuì drasticamente rispetto all'anno precedente. I tifosi dimostrarono il loro supporto e l'empatia, facendo di lui il leader dei voti nel ballottaggio degli all-star. Nel suo trentaduesimo compleanno, le trattative con il management si risolsero e Ripken firmò il più ricco affare nella storia del baseball con un contratto di cinque anni del valore di 30.5 milioni di dollari. L'accordo migliorò il suo gioco, con una media battuta di .300 per la stagione 1993 e nel 1994 superò Brooks Robinson per il record dei punti segnati nella storia della franchigia degli Orioles. Il 6 settembre del 1995, Ripken diventò "Iron Man" del baseball, quando superò il record di Lou Gehrig ("The Iron Horse") delle 2130 partite giocate consecutivamente. Non aveva perso una partita dal 30 maggio 1982 e quando il gioco diventò ufficiale nel quinto inning, la folla che riempiva il Camden Yards di Baltimora urlò la sua approvazione. Durante il discorso tenuto dopo la storica partita, Ripken minimizzò la sua realizzazione e mostrò l'umiltà che era diventata il suo marchio di fabbrica. "Stasera sono qui, attonito, con il mio nome legato con il grande e coraggioso Lou Gehrig. Sono veramente lusingato che i nostri nomi hanno parlato con lo stesso respiro. Qualcuno potrebbe pensare che la nostra forte connessione è perché abbiamo giocato molte partite consecutive. Eppure io credo nel mio cuore che il nostro vero legame è una motivazione comune, l'amore per il gioco del baseball, una passione per la nostra squadra e la volontà di competere ai massimi livelli ". Il 29 maggio 1996, Ripken colpì il suo 334° fuoricampo per il primo posto nella storia degli Orioles. Il 14 giugno 1996, giocò nella sua 2216 partita consecutiva. Con questo record superò quello di Sachio Kinugasa degli Hiroshima Carp della Central League Giapponese diventando l’unico detentore del mondo. Dopo essersi trasferito in terza base, contribuì a portare gli Orioles ai playoff nella stagione 1997. Ripken giocò ancora 502 partite consecutive, dal momento del suo record, nei successivi tre anni, e la sua striscia terminò con 2632 partite quando volontariamente sottrasse il suo nome dal lineup nella partita casalinga di finale della stagione 1998. Ripken firmò un prolungamento del contratto per giocare con gli Orioles per tutta la stagione 1999. Nel 1999, Ripken statisticamente ebbe la sua migliore stagione dal 1991. Nonostante si fosse infortunato all'inizio e alla fine della stagione, riuscì a colpire 18 homer in soli 332 at-bats (un HR ogni 18.4 AB), mentre realizzava la media battuta più alta in carriera pari a .340. Egli giocò la miglior partita individuale della sua carriera il 13 giugno 1999 contro gli Atlanta Braves, andando 6 su 6 con 2 homer contro John Smoltz e stabilendo un record per il club con 13 basi totali. La stagione finì presto per un infortunio quando gli mancavano solo 9 valide per entrare nel 3000 club hit. Raggiunse finalmente la pietra miliare all'inizio della stagione 2000, in una partita contro i Minnesota Twins il 15 aprile 2000 al Metrodome. Ripken ebbe una buona notte al piatto, ottenendo tre valide, la terza delle quali fu la pietra miliare battuta contro il rilievo Hector Carrasco. I Twins distribuirono un certificato commemorativo per i tifosi, quando uscirono dal Metrodome dopo la partita. Nel giugno del 2001, Ripken annunciò che si sarebbe ritirato alla fine della stagione. Fu votato come il terza base partente dell’All-Star game al Safeco Field di Seattle, il 10 luglio 2001. In omaggio ai successi e alla statura del suo gioco, l’interbase Alex Rodriguez (senza sapere, cosa gli avrebbe prefigurato il suo futuro) insistette nel voler scambiare la posizione con Ripken per il primo inning, in modo che Cal potesse giocare all’interbase come aveva fatto per la maggior parte della sua carriera. Nel terzo inning, Ripken fece la sua apparizione al piatto e fu accolto con una standing ovation. Cal colpì un home run sul primo lancio di Chan Ho Park e venne eletto con tutti gli onori All-Star MVP. E’ uno dei quattro giocatori nella storia della MLB con molteplici All Star Game MVP Award (1991 e 2001). Gli Orioles avevano previsto di ritirare il # 8 di Ripken, in una cerimonia prima della partita casalinga del 6 ottobre 2001. La partita finale di Cal era stata fissata inizialmente per essere giocata allo Yankee Stadium, ma l’11 settembre 2001 ci furono gli attacchi alle Torri Gemelle che rinviarono di una settimana le partite. Le partite rinviate furono giocate alla fine della stagione già programmata. Dal momento che tutte le partite mancanti degli Orioles erano in casa, questo cambiò il percorso del gioco finale di Ripken all’Oriole Park, per la gioia dei tifosi. Cal Ripken concluse la sua carriera nel deck circle in fondo al nono inning. Brady Anderson, da lungo tempo compagno di squadra di Cal e che giocava anche lui la sua ultima partita per gli Orioles, sventolò una fastball alta e interna sul conteggio di 3 a 2 per chiudere la partita. Alla fine, Ripken tenne un discorso ringraziando i tifosi per il loro supporto in oltre 20 stagioni. Cal con la sua altezza ha aperto la strada ad un nuovo prototipo di interbase, ed è considerato uno dei migliori shortstops e terza base della storia del baseball. Fu per 19 volte All-Star e membro del club delle 3000 valide. Venne eletto nella National Baseball Hall of Fame nel 2007, al primo scrutinio con una percentuale di voti che è la terza più alta (98,53%) nella storia della Hall of Fame, alle spalle di Tom Seaver (98,84%) e Nolan Ryan (98,79%). Cal Ripken Jr. è molto attivo in svariate attività filantropiche con donazioni  e raccolte di fondi per molte cause, comprese le donazioni a sostegno della ricerca sul morbo di Lou Gehrig. Insieme con suo fratello Billy, ha costiruito la Cal Ripken Sr. Foundation per dare ai bambini svantaggiati la possibilità di frequentare campi di baseball in tutto il paese e imparare il gioco. La Fondazione è una branca della Ripken Baseball. Oltre a controllare queste attività, Ripken possiede delle squadre di minor league. È proprietario di parte dei IronBirds di Aberdeen della New York-Penn League, Classe A affiliata alla Minor League Baseball all'interno del sistema degli Orioles. La squadra gioca al Ripken Stadium nella città natale di Cal a Aberdeen, nel Maryland. Il 28 giugno 2005, annunciò che aveva acquistato i GreenJackets di Augusta della South Atlantic League, una consociata di classe A dei San Francisco Giants e i Stone Crabs di Charlotte (affiliato con il Tampa Bay Rays). La Ripken Baseball opera a scopo di lucro organizzando camp per i giovani, università, e squadre di professionisti. La Cal Ripken youth leagues compete con la Little League e assume sempre maggiore importanza. Tra il 2001 e il 2004, compreso, Ripken fu nominato commissario della White House Tee Ball Initiative  dal Presidente George W. Bush, e in questa veste ha lavorato per promuovere il valore del lavoro di gruppo tra giocatori e la volunteership tra il pubblico, contribuendo ad insegnare i fondamentali del tee ball per le squadre di bambini alla Casa Bianca. Nel 2007, Ripken, assieme a grandi atleti come Andre Agassi, Muhammad Ali, Lance Armstrong, Warrick Dunn, Mia Hamm, Jeff Gordon, Tony Hawk, Andrea Jaeger, Jackie Joyner-Kersee, Mario Lemieux, e Alonzo Mourning hanno fondato Athletes for Hope, un'organizzazione di beneficenza , che aiuta gli atleti professionisti coinvolti in cause caritatevoli e ispira milioni di non-atleti al volontariato e al sostegno della comunità. Cal Ripken vive con la moglie e due figli, Rachel e Ryan a Reistertown, nel Maryland.

1984 - Cal Ripken Junior e il padre Cal Ripken Senior

10 luglio 2001 Cal Ripken Jr. premiato MVP dell'All-Star Game

Il 6 settembre del 1995, Cal Ripken Jr. saluta il pubblico dopo aver battuto il record di Lou Gehrig delle 2130 partite giocate consecutivamente

 

Dom DiMaggio

Dominic Paul DiMaggio

Nickname : "The Little Professor"

Nato: 12 Febbraio 1917 a San Francisco, CA
Morto: 8 Maggio 2009 a Marion, MA
Debutto: 16 Aprile 1940
Batte:
Destro / Tira: Destro

Who hits the ball and makes it go?

Dominic DiMaggio.

Who runs the bases fast, not slow?

Dominic DiMaggio.

Who’s better than his brother Joe?

Dominic DiMaggio.

But when it comes to gettin’ dough,

They give it all to brother Joe.


Parodia della canzone di Les Brown: “Joltin’ Joe DiMaggio”

Dominic Paul DiMaggio, il più giovane di nove figli, nacque il 12 febbraio 1917 e crebbe in una tipica casa della classe operaia al 2047 di Taylor Street, nella sezione North Beach-Telegraph Hill di San Francisco. Dom e il fratello Joe da piccoli vendevano i giornali nel centro di San Francisco e agli angoli delle strade tra Sauter e Sanson. Il patriarca del clan, Giuseppe DiMaggio, era un laborioso pescatore emigrato dalla Sicilia che parlava poco e male l'inglese. La madre, Rosalee, un ex insegnante, nascondeva al marito che i ragazzi giocavano a baseball, poichè il padre riteneva che lo sport era frivolo e che violasse il suo codice etico del lavoro. Tre dei fratelli DiMaggio, Joe, Vince e Dom, continuarono a giocare e diventarono degli esterni centro della Major League, e si diceva che dei fratelli Joe era il miglior battitore, Dom aveva il miglior braccio, e Vince, che aveva aspirazioni di diventare un cantante d'opera, avesse la migliore voce. In gioventù Dom voleva diventare un ingegnere chimico, e gli fu offerta una borsa di studio al Santa Clara College, ma scelse invece di seguire la strada dei suoi fratelli più vecchi. Vince era entrato nel roster della minor league dei San Francisco Seals, che militavano nella Pacific Coast League, all'inizio della stagione 1932. Vince aprì la strada a suo fratello Joe e si unì al team quando divenne disponibile un posto all'interbase. Mentre Dom era ancora alla high school, Joe bruciò le tappe della Pacific Coast League e fu venduto ai New York Yankees per 25000 dollari. Nel 1934, come senior alla Galileo High School, Dom era un lanciatore solido e giocava anche all’interbase colpendo .400. Domenic giocò all'interbase nella squadra amatoriale North Beach Merchants, mentre lavorava alla fabbrica di materassi Simmons. Fu visionato dai Seals, e poi partecipò ad un camp comune di baseball e tryout per i Seals e i Cincinnati Reds. Fu immediatamente ingaggiato dai Seals e gli fu offerto un contratto. Nel 1936, Joe iniziò a giocare con gli Yankees, e il successivo anno Vince cominciò con i Boston Braves. Nel frattempo, Dom iniziò a giocare per i Seals nel 1937. Colpì .306 in quella stagione, ma fu oggetto di critiche da parte di alcuni che pensavano che era stato ingaggiato non per il suo talento, ma a causa del suo nome famoso. Dom rifiutò la possibilità di saltare l'ultima partita della stagione al fine di preservare la sua media di .302 e invece ne aggiunse altri quattro punti. Dom continuò a dimostrare il suo valore con una solida stagione nel 1938, colpendo .308, e poi il 1939 diventò la stagione del suo esordio. Dom riuscì ad aggiungere 20 pounds al suo fisico, e con l’istruzione di Lefty O'Doul, manager dei Seals, Dom portò la sua media battuta a .361, finendo secondo nella Pacific Coast League e vincendo il premio di MVP. Dom era stato il primo nelle valide e nei punti segnati e secondo nelle basi rubate e tripli. Pochi anni prima, O'Doul aveva anche contribuito ad alzare la media battuta di Joe di quasi 60 punti. Dominic elogiò O'Doul nel suo libro del 1990, Real Grass, Real Heroes, chiamandolo "... di gran lunga il miglior istruttore di battuta che avesse mai indossato un’uniforme da baseball". Dopo la stagione 1939, i Red Sox stipularono un contratto con Dom per 75000 $. Lefty O'Doul ancora una volta dimostrò la sua conoscenza del gioco, dicendo ai giornalisti di San Francisco che DiMaggio avrebbe fatto sensazione a Boston: "Boston è una città dove i tifosi conoscono ed apprezzano a tutto tondo i buoni ballplayers. Boston sta per idolatrare Dom" (da Real Grass, Real Heroes). Dominic fece il suo debutto in Major League il 16 aprile del 1940, ed ebbe poca difficoltà di adattamento alla Big League, colpendo .301 e segnando 81 punti in 108 partite, nella sua stagione da rookie. Durante lo spring training, Dom era preoccupato di non giocare perché Boston aveva una linea di esterni molto buona: Ted Williams a sinistra, Doc Cramer al centro, Lou Finney a destra, e Joe Vosmik, un veterano di 10 anni, come riserva. Ma Dom, all'età di 22 anni, ebbe un solido impatto allo spring e riuscì a prendere il posto di Finney come titolare a destra. Più tardi nella stagione, Dom venne spostato all’esterno centro, e vi rimase per il resto della sua carriera. I Red Sox gli dimostrarono fiducia scambiando Doc Cramer con i Senators durante l’offseason. Negli anni Dom dichiarò di avere dei bei ricordi della rivalità tra Red Sox e Yankees, e in particolare dell'interesse dei media sui fratelli DiMaggio al centro del campo. Ricordava che i giornali fecero una grande tiratura la prima volta nel 1940, quando gli Yankees andarono a Boston per una serie di cinque partite. Dom aveva ottenuto 11 valide contro le 9 di Joe, o come Dom diceva: "Venti valide per la famiglia in una sola serie". Una settimana dopo a New York, Joe avvisò il fratello minore di spostarsi indietro perché la palla viaggiava bene in quella parte del ballpark. Il giorno successivo Dom, avvalendosi dei consigli di Joe, fu in grado di correre su una palla al volo distante 460 piedi dal piatto battuta dal fratello Joe. "Sì, è mio fratello e io sono suo fratello", amava dire Dom DiMaggio, "E 'stata una lotta per tutta la mia vita .... mi ha seguito durante tutta la mia carriera nella major league. Sono sempre stato il giovane fratello di Joe .... Non ho mai incoraggiato i miei due figli a giocare a baseball. Sapevo che sarebbe stata due volte più dura su di loro come era stata su di me. La leggenda Joe DiMaggio era troppo forte". Nel 1941, Domenic arrivò allo spring training conoscendo il suo ruolo: center fielder e leadoff hitter. Dopo un avvio lento, che lui attribuì alle mani deboli (aveva giocato a carte nell’offseason nel nuovo ristorante del fratello Joe a San Francisco, invece di andare a pescare con il padre) concluse al terzo posto con 117 punti segnati, battendo un solido .283 e fu selezionato nella squadra All-Star, per la prima volta. Nel suo primo All-Star Game mise a segno un singolo facendo segnare suo fratello Joe. L'attenzione dei media sui fratelli DiMaggio era molto forte, soprattutto a causa del successo di tutti e tre gli esterni centro, e riportarono delle false voci su un film che sarebbe stato girato a Hollywood, che ispirò allo scrittore sportivo Grantland Rice questa poesia:

Out in the olive trail they go

Vincent, Dominic, and Joe,

Lashing, flashing, steaming hot

In the fabled land of swat.

Where the big ash sings its song

For the glory of the throng,

Or the big mace through the fray

Sends the apple on its way

Watch them as they whirl, careen,

Over the fields of verdant green.

Rulers of the batting eye,

Where their gaudy triples fly,

In the sunset’s shining glow

Who is it that steals the show?

Vincent, Dominic, and Joe.

Durante la stagione del '42, con la seconda guerra mondiale che aveva coinvolto anche gli Stati Uniti, molti ballplayers furono chiamati sotto le armi. In questo periodo Dom fu soprannominato “Little Professor” per il suo aspetto, l'intelligenza, l’espressione seria e gli occhiali - necessari per correggere la sua miopia. Dom si guadagnò la sua seconda selezione All-Star in quella stagione, mentre la sua media battuta di .286 con 110 punti segnati, gli valsero il terzo posto nella League con 272 basi totali e 36 doppi. All'inizio della stagione, Dom tentò di arruolarsi in Marina, ma gli fu detto che la sua vista era un problema. "Ho dovuto battermi per entrare in Marina", disse DiMaggio, "Mi hanno respinto a causa della mia vista, e per molto tempo, ho insistito per arruolarmi. Ero deciso a fare la mia parte in guerra". Nonostante una classificazione 4 F, fu in grado di arruolarsi dopo aver completato la stagione, e lasciò il lavoro e la casa per tre anni arruolato nella Guardia Costiera degli Stati Uniti. Mentre era in servizio, DiMaggio giocò per la squadra Norfolk Naval Training Station in Virginia e andò anche oltreoceano. Domenic tornò al baseball nel 1946, insieme a Ted Williams, Johnny Pesky, Bobby Doerr, e molti degli oltre 500 giocatori di baseball professionisti che avevano servito in tempo di guerra. I Red Sox ebbero un anno incredibile, finendo 12 partite avanti i Tigers e 17 prima degli Yankees, con 104 vittorie e solo 50 sconfitte. Dom fu ancora una volta un All-Star, colpendo .316 con 73 punti. I Red Sox erano al settimo cielo e molto fiduciosi di giocare la loro prima World Series dal 1918. Le Series, quell’anno furono decise in una leggendaria gara sette al Sportsman's Park di St. Louis. Nella parte alta dell'ottavo inning, con un vantaggio di 3-1 per i Cardinals, Domenic andò a battere con due out e uomini in seconda e terza. Con Ted Williams sul deck, colpì una palla lunga sul centro destra. Dom pensando di trasformarlo in un triplo spinse la sua corsa sulle basi, ma si dovette accontentare di arrivare zoppicando in seconda base a causa di uno strappo al tendine del ginocchio. Venne sostituito in base e poi all’esterno centro da Leon Culberson. Ted Williams battè un popfly per chiudere l’inning. Con il punteggio in parità, 3-3, St. Louis mise il sigillo sulle Series grazie a Enos Slaugher che battè un singolo all’esterno centro, e un doppio di Harry Walzer sempre sulla stessa zona. Dom pensò che se fosse stato in grado di rimanere in gioco, il risultato sarebbe stato sicuramente diverso. Aveva più esperienza all’esterno centro rispetto a Culberson ed era più a suo agio con le dimensioni dello Sportsman’s Park. Nel corso delle stagioni successive DiMaggio fu costantemente tra i leader della League per punti segnati, basi su ball, valide e doppi. Nel 1947 e 1948, colpì rispettivamente .283 e .285. Nel 1948, era secondo nei punti (127), quarto nelle basi su ball (101) e quinto nei doppi (40). Dom ottenne nel 1949 il record della più lunga striscia di valide nella storia dei Red Sox, battendo valido in 34 partite consecutive. Nel corso della striscia, dal 26 giugno al 7 agosto, colpì .357 e ottenne 35 punti. La striscia finì contro gli Yankees su una palla volo presa dal fratello Joe. Dom colpì .307 nella stagione e terminò al terzo posto nella League in tre categorie con 186 valide, 126 punti e 34 doppi, e di nuovo fu selezionato nella squadra All-Star. Dominic incontrò Emily Alberta Frederick  nel 1943, durante una partita esibizione a Boston per promuovere gli “War Bonds”. Nonostante fosse scoccata una scintilla romantica tra Dom e Emily, si rincontrarono solo dopo quattro anni. Nel 1949 si sposarono. Emily non era una fan appassionata di baseball, ma era una leader appassionata della comunità. Ted Williams la chiamava affettuosamente "the Queen", a causa della sua forte personalità. Dom e Emily ebbero tre figli, Domenic Jr., Emily e Peter. Il 1950 fu la più bella stagione di Dom DiMaggio, con la più alta media battuta in carriera .328 e 193 valide (terzo nella League), diventando leader della League con 131 punti e 15 basi rubate. Nel 1951 continuò il suo momento caldo in battuta, mettendo insieme una striscia di 27 partite con almeno una valida, battendo .296 con 189 valide, e mettendo a segno 113 punti diventando leader del campionato. Nel 1952 DiMaggio giocò in sole 128 partite, ma battè un solido .294, giocando nella sua ultima All-Star Game. Dopo essere stato relegato in panchina l'anno successivo giocando in appena tre partite dall’inizio stagione, Dom si ritirò il 9 maggio. Il nuovo manager dei Red Sox, Lou Boudreau, riteneva che Dom fosse diventato lento e perdeva troppe palle e lo sostituì con Tommy Umphlett. Domenic non aveva nessuna voglia di restare in panchina. Finì con una media battuta in carriera di .298 e 1680 valide. Johnny Pesky dichiarò che Dominic DiMaggio "era un giocatore quasi perfetto, così intelligente e così pieno di talento". Dom è stato inserito nell’Italian American Sports Hall of Fame nel 1978, e nella Red Sox Hall of Fame nel 1995, ma è stato finora trascurato dal Veterans Committee for Cooperstown nonostante l'energica campagna nel 1990 guidata dall'ex compagno di squadra Ted Williams. Verso la fine della sua carriera, Dom espresse preoccupazione per il trattamento dei ballplayers per mano di alcuni proprietari. Si unì con Johnny Murphy, Allie Reynolds, Fred Hutchinson, Bob Feller, Eddie Yost, e altri players per costituire un sindacato dei giocatori, uno sforzo che alla fine portò alla formazione della Major League Baseball Players Association. Dominic trovò il successo anche dopo essersi ritirato dal baseball. Nel 1953, dopo il suo ritiro, fondò l'American Latex Fiber Corporation insieme a due partner a Lawrence, nel Massachusetts. Producevano imbottitura per il confezionamento delle munizioni, l'isolamento dei carri merci, mobili e imbottitura per materassi. Dom successivamente liquidò i suoi partner e iniziò a produrre imbottiture dei sedili per l'industria automobilistica. Nel 1961, acquistò una società devastata da un incendio in Pennsylvania e fuse le società per formare una nuova società: il Delaware Valley Corporation, che includeva la produzione di prodotti innovativi per la medicina, la costruzione di interni per “recreational vehicle” terrestri e nautici. L'azienda è ancora gestita da un Dom DiMaggio, anche se ora è nelle mani del figlio Dominic Jr. "Oh, Joe DiMaggio è stato un grande giocatore, ma Domenic ha tutti i cervelli della famiglia", rivelò in un’intervista del 1971 la moglie Emily DiMaggio. Dopo che il proprietario dei Red Sox, Tom Yawkey, morì nel 1976, DiMaggio a capo di un gruppo di uomini d'affari del New England presentò un'offerta di acquisto per i Red Sox. Il trust istituito per gestire le disposizioni del ballclub respinse una serie di offerte tra cui quella capeggiata da Dom. Tra le altre imprese commerciali, Dom è stato coinvolto nella gestione del Ristorante DiMaggio sul famoso Fisherman's Warf di San Francisco, e nel settore immobiliare su entrambe le coste. E 'stato co-fondatore della franchigia di football dei Boston Patriots, e sostenne attivamente numerosi enti di beneficenza. Emily DiMaggio fu una fiduciaria del Jimmy Fund di Boston per molti anni. Dom è stato co-fondatore (nel 1966) ed ex presidente del BoSox Club, un'organizzazione di fan di lunga data fondata per promuovere l'interesse per i Red Sox e il baseball, e per avvicinare il contatto tra i Red Sox e la comunità. L’amore di Dom per il gioco del baseball è eloquentemente espresso in un passo dal Real Grass, Real Heroes:
"E' stata meravigliosa identità, anno dopo anno. Possiamo sempre contare sul baseball per essere lo stesso caldo e soleggiato gioco, sugli stessi campi, nelle stesse città. Abbiamo amato il baseball non solo per sé ma per la sensazione della sicurezza di continuità che ci ha dato. Ci siamo sentiti devoti al baseball, perché è stato fedele con noi". Dominic DiMaggio trascorse il suo tempo libero tra le case nel Massachusetts e in Florida. Soffrì per il morbo di Paget dal 1962, ma rimase attivo dopo l'azienda di famiglia e i Red Sox. Il suo senso dell'umorismo è evidente nella risposta che diede ad una domanda rivoltagli per il suo 90° compleanno:

"Novanta anni domani. Quali obiettivi?"

"Arrivare a 91"
rispose l’indomito Dom.

Il rinomato scrittore David Halberstam descrisse Dom così:" probabilmente il giocatore più sottovalutato del suo tempo". DiMaggio morì l’8 maggio del 2009 nella sua casa di Marion, Massachusetts. Aveva 92 anni ed era stato colpito dalla polmonite. I Red Sox in un comunicato dopo il suo decesso dissero: "Era un grande compagno di squadra e ancor di più il migliore essere umano". Il principale proprietario dei Red Sox, John W. Henry, ha detto: "La sua perdita addolora tutti noi, ma i suoi contributi per la gloria e la tradizione del nostro ballclub saranno sempre impressi negli annali della storia dei Red Sox".

Dom DiMaggio in difesa

Dom DiMaggio, con gli occhiali, assieme a suo fratello Joe e al suo compagno di squadra Ted Williams durante l'All-Star Game del 1941

Le statue di fronte al Fenway Park dei quattro "Teammates": Ted Williams, Bobby Doerr, Johnny Pesky e Dom Dimaggio (a sinistra)

 

Minnie Minoso

Saturnino Orestes Armas (Arrieta) Minoso

Nickname : "Cuban Comet", "Minnie", "Mr. White Sox", "El Charro Negro" e "The Black Cowboy"

Nato: 29 Novembre 1925 a l'Havana, Cuba
Morto: 1 Marzo 2015 a Chicago, IL
Debutto: 19 Aprile 1949
Batte:
Destro / Tira: Destro

Saturnino Oreste Arrieta, conosciuto come Minnie Minoso, nasce il 29 novembre del 1925 a El Perico, un paesino vicino a l'Avana, Cuba. Arrieta era il nome da nubile di sua madre, mentre il nome di suo padre era Carlos Lopez. Entrambi lavoravano nei campi di canna da zucchero nella periferia della grande città. Minnie aveva due sorelle e due fratellastri. A Minnie non piaceva la scuola e abbandonava spesso il lavoro sui campi di canna per giocare a baseball. Quando il suo datore di lavoro, la piantagione Lonja, non schierò una squadra giovanile, Minnie la organizzò lui stesso, trovò i giocatori e le attrezzature e gestì il club. Chiese ai suoi di imparare i segnali, e li multava 50 centavos, quando ne perdevano uno. Questo tipo di orgoglio e di determinazione - combinato con la capacità di andare d'accordo con tutti - sarebbe stato di enorme aiuto a Minnie durante tutte le fasi della sua vita nel baseball. La carriera di giocatore ebbe inizio nei pressi della sua casa a El Perico, con suo fratellastro più vecchio Francisco Minoso. Tutti chiamavano il ragazzo più giovane Minoso e il soprannome "Minnie" gli fu dato quando raggiunse gli USA - a Cuba, era conosciuto come Oreste. Intorno all'età di 14 anni, Minnie vide giocare Dihigo Martin, e cercò di imitarlo. Minnie era un astuto battitore in campo opposto ed era abbastanza veloce per battere un lancio interno e inviarlo urlante sopra la testa dell’esterno sinistro. Ogni volta che si presentava alla battuta diventava un gioco del gatto col topo. Come il suo eroe Dihigo, Minnie ricopriva ogni ruolo, ma fu soprattutto un catcher. Un giorno, ricevette un colpo da un battitore e sua madre, che stava guardando dalla tribuna, gli ordinò di trovare una nuova posizione. Andò a lanciare e ottenne un no-hitter, all'età di 18 anni, contro una squadra all-star juniores della Cental Espana. La vittoria però fu agrodolce per Minnie, poiché sua madre era morta un mese prima. Minnie girava Cuba giocando a baseball e facendo lavori saltuari, utilizzando come base la casa di un amico di famiglia benestante, Juan Llins. Dopo il suo 20° compleanno, Minnie avvicinò Rene Midesten, che gestiva la squadra Ambrosia Candy a l'Avana. Midesten Minnie gli chiese in che posizione giocasse. Il giovane stava spiegando che lanciava e riceveva quando vide il terza base della squadra, che sembrava avere un momento difficile sul campo. Aggiunse subito il terza base nel suo curriculum. A Midesten piacque ciò che vide e assunse Minnie per 2 $ a partita per la stagione 1943, più 8 $ alla settimana di lavoro nel garage aziendale. Nella sua prima apparizione alla battuta con la squadra colpì un triplo che fece vincere la partita. Grazie a questo diventò titolare e ottenne una media battuta di .364. Minnie salì la scala dei semipro e andò a lavorare come confezionatore di sigari e terza base con Partagas. Verso la fine del 1945, Minnie stipulò un contratto di 150 $ al mese con il club Marianao dell'Avana, uno delle squadre di vertice della winter league nei Caraibi. Il suo manager, Armando Marsans, rimase così colpito che rapidamente gli fece aumentare lo stipendio a 200 $ per impedirgli di passare a pascoli più verdi. Quella stagione Minnie battè .300 e fu premiato come Rookie of the Year. Nel 1946, Minnie firmò un contratto di 300 $ al mese per giocare per i New York Cubans della Negro National League. Alex Pompez, proprietario del team, aveva ricevuto una soffiata e inviò Alex Carrasquel a Cuba a  farlo firmare prima che qualcun altro lo anticipasse. Ci fu una saturazione di talenti nel baseball pro in quel periodo con i grandi leaguers di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale, le Negro League e il baseball latino. La Mexican League, in lizza per diventare la seconda Major League, attraeva i giocatori di tutti i colori che rinunciavano ai loro contratti per giocare a sud del confine. Pompez intuì che Minnie sarebbe stato un bersaglio. In effetti, gli furono offerti 15 mila dollari dalla Mexican League, ma onorò il suo contratto con i Cubans e rimase negli Stati Uniti. Inoltre, si erano diffuse voci che ai leaguers messicani avrebbero vietato di giocare a baseball negli Stati Uniti. Questo, oltre al fatto che i Dodgers di Brooklyn avevano ingaggiato Jackie Robinson, incoraggiò i giocatori come Minnie a rimanere negli Stati Uniti. Minnie giocò in terza base per la squadra dei Cubans che aveva nelle sue fila anche il catcher Ray Noble e il lanciatore Luis Tiant Sr. Apparve in 33 partite ufficiali e finì il 1946 con una media battuta di .260. Nel 1947, Minnie diventò il più efficace leadoff hitter della NNL, con una media di .294, aiutando i Cubans a vincere il pennant. Fu anche il terza base partente dell’All-Star Game. Nelle World Series, i Cubans sconfissero i Cleveland Buckeyes della Negro American League. L'uomo che scoprì Minnie per il baseball americano bianco fu Abe Saperstein, famoso per gli Harlem Globetrotters. Saperstein aveva occhio per il talento, e aveva buoni contatti con i suoi giocatori di basket - molti dei quali giocavano per la Negro League, raccogliendo del denaro extra. Saperstein e un vecchio scout, Killefer Bill, fecero un viaggio a New York per vedere Jose Santiago dei Cubans. Erano lì, per il proprietario dei Cleveland, Bill Veeck, che aveva già firmato Larry Doby, diventato il primo giocatore afro-americano dell’American League. Saperstein e Killefer trovarono Santiago nel suo albergo, ma tutti i pitcher stavano facendo baldoria con il suo compagno di stanza, Minnie Minoso. Minnie aveva già fatto un tryout con i St. Louis Cardinals, ma non gli avevano offerto nessun contratto. Dopo averlo visto in azione, Saperstein raccomandò agli Indians entrambi i giocatori, che vennero immediatamente presi. Minnie fu mandato a Dayton, nella Central League, per le ultime due settimane della stagione, e collezionò nove valide da extra-base in 11 partite ottenendo una caldissima media di .525. Minnie entrò nel roster degli Indians nel 1949, debuttando in Major League il 19 aprile. Ma fu poco utilizzato e battè sotto .200. Fu mandato nella west coast per fare esperienza, poiché i Cleveland utilizzarono nell'angolo caldo il veterano Ken Keltner. Nel corso delle successive due stagioni, Minnie schiacciò i pitcher della Pacific Coast League per i San Diego Padres. Colpì .297 con 22 homer nel '49, poi battè .339 nel 1950, con 130 punti, 115 RBI e 30 basi rubate. Minnie ritornò al nord con gli Indians per lo spring training del 1951, anche se non aveva una posizione in cui giocare. La terza base ora apparteneva ad Al Rosen, mentre il campo esterno veniva presidiato dai veterani Larry Doby, Dale Mitchell e Bob Kennedy. Eppure, Minnie aveva dimostrato tutto il suo valore contro i pitcher del PCL, quindi non c'era motivo di tenerlo nella minor. Fece qualche apparizioni in prima base sostituendo Luke Easter, ma sostanzialmente passò aprile in panchina. Il 30 aprile, Minnie fu ceduto ai Chicago White Sox in un’importante trade tra tre team che vide Gus Zernial e Dave Philley passare da Chicago a Philadelphia, Lou Brissie da Philadelphia a Cleveland e vennero scambiati anche molti altri giocatori. Minnie scese in campo per la sua nuova squadra contro gli Yankees il 1° maggio. Per la prima volta, i tifosi al Comiskey Park videro un uomo nero che indossava l’uniforme degli White Sox. A loro piaceva ciò che vedevano. Minnie colpì un fuoricampo nella sua prima apparizione alla battuta, frustando un lancio di Vic Raschi distante 415 piedi. Gli perdonarono più tardi un errore in terza nell’ultimo inning che consentì ai New York di segnare il punto vincente. Due settimane dopo, il team ottenne una striscia vincente di 14 partite e Minnie fu festeggiato dalla città. I tifosi gli dedicarono una giornata proprio dopo quella stagione, creando per la prima volta nella storia degli White Sox dei festeggiamenti per un esordiente. Minnie divise il resto dell'anno, tra il campo a sinistra e la terza base, diventando un esterno a tempo pieno quando gli White Sox acquistarono, per gestire l'angolo caldo, il veterano Bob Dillinger dai Pittsburgh Pirates. Con il veloce giovane Jim Busby che aveva colpito .283 e rubato 26 basi, secondo nel club a Minnie, leader della League con 31, e l’interbase Chico Carrasquel che ne aveva rubate 14, il lineup dei Chicago era composto di fatto da un solo battitore di potenza, il prima base Eddie Robinson. I Go-Go Sox stavano cominciando a prendere forma. Minnie aveva anche ottenuto una media battuta di .324, secondo nell’AL dietro a Ferris Fain con .344. I 14 tripli di Minnie erano il record del baseball nel 1951, e con i suoi 112 punti segnati era a sole due lunghezze dal record della League. Nel mese di luglio, fu selezionato per l'All-Star Game - la prima delle sette apparizioni. Gil McDougald vinse il Rookie of the Year davanti a Minnie, ma i fan del South Side non avrebbero cambiato i loro velocista cubano per tre McDougalds. Gli White Sox, che dovevano essere un club da .500 nel '51, vinsero otto partite in più delle sconfitte. È interessante notare che, al termine della stagione, la trade di aprile sembrò un affare vincente per Cleveland e Chicago. Brissie aveva dato agli Indians quello che esattamente volevano da lui, Zernial fu leader dell’AL in homer e RBI, e i Sox avevano un top di battitori nel lineup, con la star emergente Nellie Fox. Minnie fu una rivelazione per i fans di Chicago con la sua frenesia inarrestabile e l’abilità di rubare le basi. Ogni volta che raggiungeva la base, i tifosi al Comiskey Park cantavano: "Go! Go! Go!" Minnie faceva infuriare i lanciatori avversari con la sua capacità di rubare la "prima". Stava vicinissimo al piatto ed era un esperto nel farsi colpire da lanci interni, avendo imparato a ruotare via al momento dell'impatto per diminuire la gravità del colpo. Fu colpito 16 volte nel 1951 diventando il leader della League, e si ripetè come leader dell’hit-by-pitch in nove delle successive 10 stagioni. Nel 1952 gli White Sox continuarono la loro ascesa all’onorabilità, finendo al terzo posto, anche se con lo stesso record di 81-73. Billy Pierce stava cominciando ad affermarsi come l'asso del pitching staff, e il bullpen migliorava sensibilmente. Le battute di Minoso e Fox aiutarono il club a realizzare più di 600 punti e una media battuta squadra di .252. Minnie rubò 22 basi, battè .281 e ottenne una media slugging di .424, la seconda media più alta degli White Sox. Si affermò come l’esterno sinistro della squadra e non mancarono un paio di avventure, ma la sua velocità compensò alcuni suoi errori, e il suo braccio fu più che sufficiente, anche nel cavernoso Comiskey Park. Anche se non era proprio una superstar del baseball a questo punto, Minnie amava recitare la parte. Era difficile non vederlo quando girava per le strade della Città del Vento. Guidava una Cadillac verde, indossando camicie di seta dai colori brillanti e cappelli a tesa larga, sfoggiava un enorme anello di diamanti, e portava un rotolo di biglietti da 100 dollari nel taschino della camicia. Con l’auto fece per molti anni viaggi avanti e indietro da Chicago a l'Avana, con una fermata annuale in Florida per lo spring training. Nel 1953, all'età di 30 anni, Minnie effettivamente esplose come uno dei migliori battitori dell’AL. Battè .313, superando quota 100 nei punti segnati ed RBI, e aiutò l’attacco dei Sox, con Nellie Fox e l’esterno centro Jim Rivera. Billy Pierce vinse 18 partite e fu leader della League in strikeout, e il bullpen assieme collezionò 89 vittorie. La striscia vincente primaverile degli Yankees aveva messo fuori discussione la sua vittoria del pennant, ma gli White Sox sembravano essere diventati una potenza in attacco pronta a battersi con New York e Cleveland per la supremazia nell’AL. La squadra disponeva di un nuovo slugger che rispondeva al nome di Minnie. Nel 1954 colpì 19 home con una media slugging di .535. Ottenne due cifre in tutte e tre le categorie extra-base, eguagliando Mickey Mantle e Mickey Vernon come gli unici battitori del circuito junior a compiere questa impresa. Minnie concluse l'anno con una media di .320 e 119 punti segnati, e gli White Sox salirono a 94 vittorie. Tuttavia, una stagione record degli Indians accoppiata con un anno di sfortuna nera per Pierce tenne Chicago in terza posizione. Un episodio di quella stagione durante una partita contro gli Yankees illustra che cosa era la novità di un giocatore latino nella Major League Baseball durante la metà del anni ‘50. Casey Stengel, sempre alla ricerca di un vantaggio, ordinò all’utility interno Willie Miranda di parlare con Minoso sperando di distrarlo, mentre era nel box del battitore. Miranda assunse un atteggiamento minaccioso, e con un tono duro lo invitò a cena dopo la partita. Minoso che aveva giocato insieme, agitando il pugno verso Miranda rispose con un tono altrettanto minaccioso che ne sarebbe stato felice. Fece un passo dentro il box e colpì un triplo vincente. Quell'inverno, Minnie si prese una pausa dalla winter league dopo una disputa con i funzionari del club cubano di Marianao. Aveva giocato per la squadra in ogni off-season salvo la stagione 1949-1950, dopo aver lasciato Cuba. I fans rimasero male poiché lui era uno dei beniamini delle folle latine. Alla fine Minnie riprese  la sua attività dopo la stagione invernale 1955 per cessare definitivamente nel 1961, quando la rivoluzione sospese il baseball professionistico. Fu leader in battuta del campionato invernale nel 1956-57. Nel '55, gli White Sox finalmente aggiunsero un po’ di carne al loro lineup nella persona di Walt Dropo. Anche se Dropo non si espresse al meglio, aiutò il lineup a vincere 91 volte e terminare a sole cinque partite fuori il primo posto. Marty Marion, che aveva preso il posto di Paul Richards in panchina verso la fine del 1954, era ora lo skipper a tempo pieno. Pierce tornò a lanciare con un frizzante 1.97 di ERA, e Dick Donovan - preso dai Tigers - aveva vinto 15 partite per dare un formidabile uno-due pitching a Chicago. Minnie ottenne un solido anno, con una media battuta di .288, 10 homer e 19 basi rubate. Dopo la stagione del 1957, Minnie fu scambiato quando agli White Sox venne offerto un affare che odiavano fare, ma che non potevano rifiutare. Gli Indians diedero in cambio Al Smith - un giocatore simile a Minnie, che era più giovane di cinque anni - e l’Hall of Fame Early Wynn. Anche l’utility dei Chicago Fred Hatfield fece parte della trade. Sebbene fossero passati solo quattro anni dalla loro grande stagione del '54, i Cleveland erano quasi irriconoscibili. Bobby Avila era l'unico titolare a sinistra della squadra vincitrice del pennant. Lo slugger più forte della squadra era ormai Rocky Colavito. Il club aveva talento - tra i giocatori giovani c’erano atleti come Mudcat Grant, Gary Bell, Russ Nixon, Roger Maris e Gary Geiger - ma il manager Bobby Bragan non riuscì a trasformare il suo roster in vincitori, e fu licenziato dopo 67 partite. Purtroppo per i Tribe, uno dei ragazzi che venne scambiato nell'estate fu Maris, ceduto agli A's per Vic Power e Woodie Held. Gli Indians migliorarono con il nuovo skipper Joe Gordon, e Minnie chiuse una stagione ai massimi livelli. Fu leader di Cleveland con 168 valide, 94 punti e 14 basi rubate, e fu secondo nel team, dietro a Colavito, con 24 homer, 80 RBI e 25 doppi. Gli Indians finirono quarti con un recupero tardivo per finire a 77-76. La potenza di fine carriera di Minnie era una rarità a quei tempi, ma pochi fan rimasero sorpresi. Anche se veloce, fu sempre considerato come un giocatore muscoloso per gran parte della sua carriera. Tendeva a indossare un'uniforme abbondante, e tirava giù i pantaloni ben al di sotto delle ginocchia. Minnie camminava anche come un uomo grande e grosso, con le punta dei piedi verso l'esterno. Visto senza divisa, però, era lo stesso nerboruto di 175 libbre che aveva fatto irruzione nella Big League un decennio prima. Gli Yankees ebbero finalmente una stagione negativa nel 1959, e sembrava che Minnie fosse, per la prima volta, nel posto giusto al momento giusto. Cleveland era in lotta per il primo posto con il vecchio team di Minnie. Ma i fastidiosi Sox proprio non mollavano e sorpassarono Cleveland alla fine di luglio. Quando le due squadre si incontrarono per una serie di quattro partite alla fine di agosto, la tribù venne spazzata via e non recuperò mai più, perdendo il pennant di cinque partite. Sulla carta, gli Indians avrebbero potuto vincere. Colavito era stato il campione dell’AL dei fuoricampo, Held ne colpì 29 e Minnie 21. Tito Francona, preso in una trade d'inverno, quasi vinse il titolo di battuta. Dopo la stagione, il proprietario dei Chicago, Bill Veeck, promise a Minnie un anello del campionato per essere stato uno degli originali Go-Go Sox. Minnie, in seguito ad una trade, rientrò tra le fila degli White Sox. E così, il giorno dell'apertura, Minnie indossava ancora la sua familiare uniforme dei Sox. Celebrò al meglio il suo ritorno colpendo un paio di homer, che innescò i fuochi d'artificio sul nuovo tabellone segnapunti da 350000 $, spesi da Veeck. Minnie giocò una buona stagione per i campioni uscenti, leader dell’AL con 184 valide e 105 RBI. Ma gli Yankees erano ritornati in forma e i giovani lanciatori dei Baltimore Orioles erano maturati, relegando gli White Sox  al terzo posto con un record di 87-67. Peggio ancora, una serie di scambi - tra cui quello per Minnie - impoverì gli White Sox dei suoi migliori giovani giocatori. Per Minoso furono ceduti Norm Cash e Johnny Romano. Earl Battey e Don Mincher furono scambiati per Sievers Roy. Se ne andò anche Johnny Callison, ceduto ai Philadelphia Phillies per il terza base Gene Freese - che poi fu dirottato ai Reds e contribuì a far vincere il pennant ai Cincinatti nel 1961. Nessuno se la prendeva con Minnie, che era ancora un Dio per i fan del Comiskey. Nella stagione del 1961, gli White Sox trascorsero gran parte del campionato alla caccia dei Tigers e degli Yankees. Finirono con 86 vittorie, al quarto posto. Minnie era come al solito produttivo e durevole, battendo .280 in 152 partite. La sue basi totali rubate si ridussero ad una sola cifra (9), ma ancora correva sulle basi in modo aggressivo, e c'erano un sacco di volate lasciate nella sua mazza. Volate sufficienti, almeno, per scatenare l’interesse da parte dei St. Louis. Con Veeck che non aveva più il controllo dei Sox, i nuovi proprietari cedettero Minnie durante l'inverno ai Cards - in cerca di un compagno per i veterani esterni Curt Flood e Stan Musial. Purtroppo, Minnie si ruppe un polso limitando la sua apparizione con i Cardinals a solo 39 partite e una media di .196. La sua tappa successiva fu Washington, dove servì come riserva per i Senators nel 1963. Con tre battitori di potenza - Don Lock, Jim King, Chuck Hinton - nella formazione di partenza, Minnie per lo più giocò quando King era in panchina contro i mancini. Questo si riflettè nella sua media battuta di appena .229. Nel 1964, Minnie tornò a Chicago per la sua terza volta. Fu utilizzato come pinch-hitter e, a volte, come prima base durante l’emozionante inseguimento per il pennant tra i Sox, Orioles e Yankees. Chicago perse la conquista del titolo per una sola partita. Minnie giocò quella stagione anche per un certo periodo con il AAA di Indianapolis, battendo .264 in 52 partite. La fine era vicina. La velocità era scomparsa, e non batteva più come ai tempi d’oro. Anche se era tempo di lasciare la Big League, lo status di Minnie in questo sport lo aveva reso famoso in tutti i Caraibi. Nel 1965, iniziò una seconda carriera con Jalisco nella Mexican League. Ora, era quasi rigorosamente un prima base, e battè .360 nella sua prima stagione, diventando leader della League con 106 punti e 35 doppi. Minnie giocò un altro grande anno per Jalisco, nel 1965, battendo .348. Nelle successive otto stagioni vestì anche i colori dei club di Orizara, Puerto Mexico e Torreon. Nel 1973, all'età di 50 anni, Minnie giocò in 120 partite e colpì .265 con 12 homer e 83 RBI. Dopo quella stagione, finalmente si ritirò. Il pensionamento di Minnie si protrasse fino a quando Bill Veeck riguadagnò il controllo degli White Sox. Nel 1976, Bill assunse Minnie come coach, che poi giocò in una partita come DH all'età di 53 anni. Non ottenne nessuna valida contro i California Angels in quattro apparizioni alla battuta. Il giorno dopo, Minnie entrò come pinch-hitter. Rimase con la squadra come coach nel 1978, e riapparve con l’uniforme degli White Sox nel 1980, facendo due apparizioni ufficiali al piatto per raggiungere Nick Altrock come il secondo giocatore pro di baseball con cinque decenni (Nick entrò come pinch hitter nel 1933 a 57 anni). Divenne anche il terzo giocatore più vecchio a giocare, dietro a Nick Altrock e a Satchel Paige (che fece la sua comparsa a 59 anni). Nel 1983 gli White Sox ritirarono il suo numero 9. Nel 1993, all'età di 70 anni, Minnie firmò un contratto con i St. Paul Saints dell’American Association of Independent Professional Baseball. Battè una rimbalzante nella sua sola apparizione alla battuta per la squadra. La palla e la mazza furono mandati a Cooperstown per segnare il momento in cui, nel baseball pro, c’era stato il primo giocatore apparso in sei decenni. L'11 agosto del 2002, Minnie Miñoso fu inserito nell'Hispanic Heritage Baseball Museum Hall of Fame, durante una cerimonia prepartita al Comiskey Park. Nel 2003, Minnie entrò di nuovo come pinch hitter per i Saints. Prese tre lanci ball, aspettò il quarto lancio e trotterellò verso il sacco di prima base, sperando ancora di rubare la "prima". L'arbitro chiamò uno strike, e Minnie mise in foul il lancio successivo prima di prendere la base su ball e avviarsi a piedi e nei libri di storia come l’unico giocatore pro presente in sette decenni. Il suo contratto, ripartito per una partita, fu pagato 32 dollari. Ora resta da vedere se Minoso entrerà nella Hall of Fame del baseball. Minnie iniziò tardi soprattutto a causa del colore della pelle, e nonostante tutto ebbe molte grandi stagioni nel corso degli anni ‘50. E’ stato uno straordinario giocatore che ha onorato il baseball in tutta la sua vita e continua ad onorarlo anche oggi che non è ancora stato eletto nell’Olimpo del baseball. "Se dovrà succedere, succederà", disse Minnie quando ancora una volta è svanita la possibilità di essere eletto nella Hall of Fame, "Sono veramente onorato di essere considerato. Ho dato la mia vita per il baseball, e il gioco mi ha dato tanto. Questo è ciò che conta di più per me". Minoso aveva partecipato ad un festa di compleanno di un amico il 28 febbraio del 2015, e fu trovato morto al posto di guida della sua auto nei pressi di un distributore di benzina a Chicago all'una di notte del 1° marzo. L'autopsia stabilì che era morto per la rottura di un'arteria polmonare.

1947 - Minnie Minoso con la casacca dei New York Cubans

1949 - Il potente swing di Minnie Minoso

1951 - Minnie Minoso con i fans a firmare autografi

1954 - Minnie Minoso allo spring training in Florida

1955 - Minnie Minoso in battuta

1959 - Nellie Fox (# 2) a casa base, stringe la mano a Minnie Minoso, nella partita contro i Red Sox

1958/1959 - Minnie Minoso con la casacca degli Indians

1962 - Minnie Minoso con la casacca dei Cardinals

1963 - Minnie Minoso con la casacca dei Senators

Minnie Minoso posa vicino alla sua statua sita nello U.S. Cellular Field

 

Elston Howard

Elston Gene Howard

Nato: 23 Febbraio 1929 a St. Louis, MO
Morto: 14 Dicembre 1980 a New York, NY
Debutto: 14 Aprile 1955
Batte:
Destro / Tira: Destro

Elston Howard nacque il 23 febbraio del 1929, a St. Louis, Missouri, figlio di Emmaline Webb e Travis Howard. La madre, insegnante a Sikeston, fuggì da St. Louis, quando Howard, il suo principale, si rifiutò di sposarla. Studiò e lavorò per diventare una dietologa, e quando Elston ebbe 5 anni, sposò Wayman "Big Poppy" Hill. Elston frequentò la Toussaint L'Ouverture high school e la MT. Zion Baptist Church. Il pastore della chiesa, il reverendo Jeremiah M. Baker, diventò il padrino di Elston, e il ragazzo fu educato al lavoro duro e al mangiare sano (grazie alla madre dietologa). Nell'estate del 1945, e Howard aveva 16 anni, stava giocando una partita di baseball in una partita di quartiere quando Frank Tetnus "Teannie" Edwards lo avvicinò. "Il più grande ragazzo sul campo era capace di colpire la palla più difficile e così lontano che fece impazzire Teannie", scrisse Arlene Howard nel suo libro Elston and Me. "Quando arrivai al campo scoprì che il ragazzo più grande, in effetti, era uno dei più giovani giocatori". Edwards, un ex giocatore della Negro Leagues, aveva fondato i St. Louis Braves e voleva Elston. Convincere la madre Emmaline fu la parte più difficile. Edwards dovette promettere che il giovane Elston avrebbe mangiato correttamente. La domenica di Pasqua del 1946 (21 aprile), Howard debuttò nella Tandy League (Colored Industrial League), ricevendo in una partita contro Kinloch. Battè due valide ed eliminò due corridori che cercavano di rubare la seconda, ma la squadra perse 5 a 4. L'anno seguente, Jackie Robinson ruppe la barriera del colore nella Major League. A 18 anni, Howard lavorava alla drogheria Bauer e studiava alla Vashon High School, scuola di soli neri. Dopo l'esordio di Robinson, Vashon frettolosamente formò una squadra di baseball. Elston era già un atleta stellare a Vashon, giocava a football, era un velocista in atletica, e giocava splendidamente a basket. Era sicuramente il miglior giocatore di baseball, ma anche dopo la laurea a Vashon, giocò un'altra estate con i Braves. Fu sollecitato da Teannie Edwards a partecipare ad un tryout per i St. Louis Cardinals allo Sportsman's Park, ma non lo presero (I Cardinals non avrebbero messo in campo un giocatore nero fino al 1954, Tom Alston). Nel frattempo, giocò, con tre Big Ten school (Illinois, Michigan e Michigan State), che chiesero i suoi servizi nel football, atletica, pallacanestro e baseball. Emmaline sperava che il figlio potesse continuare a studiare per diventare medico. Ma Edwards lo chiamò per uno scout con i Kansas City Monarchs, l'élite delle squadre della Negro Leagues, dove aveva giocato Jackie Robinson. I Monarchs furono così impressionati che andarono da sua madre a negoziare un contratto da professionista. Elston ottenne 500 dollari al mese, spediti direttamente a sua madre. A Kansas City, Howard, come il resto dei Monarch, fu trattato come un re. L’allenatore-giocatore Buck O'Neil e Earl "Mickey" Taborn, il catcher dei Monarchs e compagno di stanza di Ellie, gli svelarono tutti i segreti. Avevano degli abiti su misura, del cibo fantastico e la migliore musica jazz della nazione a Kansas City. Poiché Taborn era il catcher titolare, Howard giocò all’esterno sinistro, e in prima base quando O'Neil era fuori lineup. Poi, nel 1949, Taborn andò a giocare nel Triplo-A con i Newark Bears. Quando tornò nel 1950, il nuovo compagno di stanza di Howard era un giovanotto di nome Ernie Banks. I giocatori neri si resero conto di ciò che stava per succedere. Il proprietario dei Monarchs, Tom Baird, aveva scoperto che c'era da fare soldi  vendendo i giocatori alle major. Ernie e Ellie fecero una scommessa: chi fosse andato per primo nelle major avrebbe chiamato l'altro per dirgli com’era. Tom Greenwade, il leggendario scout degli Yankees, fu chiamato a visionare un altro giocatore, ma Buck O'Neil lo indirizzò su Howard. In pochi giorni, Elston Howard e Frank Barnes furono venduti per 25 mila dollari ai New York Yankees. A 21 anni, Howard debuttò il 26 luglio 1950, all’esterno sinistro nella classe A con i Clippers di Muskegon, Michigan. Avrebbe guadagnato 400 dollari al mese. I Clippers avevano un record di 39-46, quando arrivò, e andò 36-18 in 54 partite in cui giocò Howard, arrivando ai playoff. Howard batteva come cleanup e colpì bene, ma i Clippers non vinsero il campionato. Tornando a St. Louis nell’off-season, Elston annunciò di voler sposare la sua fidanzata della high school, Delores Williams. Poco prima del matrimonio, fu arruolato nell'esercito, al culmine della guerra di Corea. Mentre era nel corso di addestramento, il matrimonio con Delores finì. Howard fu mandato all'estero, ma non combattè mai in Corea. Una volta che l'esercito si rese conto che aveva un grande giocatore di baseball tra le mani, venne assegnato ai servizi speciali e inviato in Giappone. E tutto quello che fece Howard nell'esercito: fu quello di giocare a baseball. Nel 1953 Howard giocava per la top farm degli Yankees, i Kansas City Blues. In squadra c’era un altro giocatore nero, Vic Power da Puerto Rico. Power batteva .349 ma a causa della quantità di guai che aveva combinato fu considerato una mina vagante per indossare la divisa a pinstripes. Power fu poi ceduto ai Philadelphia A's. Nel mese di agosto, la rivista Jet pubblicò un articolo con il titolo: "Howard May be First Negro With Yankees". Poco prima di Natale, Elston si dichiarò a Arlene Henley, la cui sorella era stata a scuola con Howard. Trascorse il mese di febbraio del 1954 allo “Yankee Prospects School” a Lake Wales, Florida, con altri 28 ballplayers e a marzo era allo spring training con il big club, condividendo lo spogliatoio con Yogi Berra, Phil Rizzuto, Mickey Mantle e Billy Martin. Bill Dickey, grande ex degli Yankees, lavorò con lui per farlo diventare un catcher di major league. Alcuni giornali, come il Baltimore Afro-American, criticarono gli Yankees sostenendo che il passaggio a catcher segnava una battuta d'arresto e che era stato ideato per mantenere Howard nelle minor. Quando gli Yankees iniziarono la stagione presero tre ricevitori: Yogi Berra, Charlie Silvera, e Ralph Houk. Non mandarono Howard ai Blues, ma fu fatto giocare con i Toronto Maple Leafs nella International League. Il Canada era un po' più accogliente per i giocatori neri. Howard vinse l’MVP Award della League, con una media di .330, 22 homer e 109 RBI. Alla fine della stagione, regalò ad Arlene l’anello di fidanzamento, e progettarono di sposarsi nella primavera del 1955. Secondo la stampa, le possibilità che Howard diventasse uno yankee entro la primavera aumentarono, con una forte pressione sugli Yankees per l’integrazione. Gli Yankees avevano vinto 103 partite nel 1954, ma non il pennant. Cleveland, con l’esterno nero Larry Doby, aveva vinto il pennant con 111 vittorie, segno che gli Yankees avevano bisogno di integrarsi. Gli Yankees decisero di inviare Howard in inverno alla winter league di Puerto Rico. Il matrimonio con Arlene fu celebrato il 4 dicembre del 1954. Il padrino di Howard, il reverendo Baker, li sposò nel soggiorno della casa della madre di Arlene. Trascorsero la luna di miele a San Juan, dove vivevano nello stesso palazzo con Willie Mays e Sam Jones. Poi Howard fu chiamato a St. Petersburg per il camp degli Yankee, Arlene tornò a St. Louis, incinta del primo figlio della coppia. Casey Stengel fece battere Howard come clineup per gran parte dello spring traininig, inducendo Arthur Daley a scrivere sul New York Times: "Egli sembra sicuro di essere il primo nero a fare parte degli Yankees ... Hanno aspettato che arrivasse uno che fosse “the Yankee type”. Elston è un bel ragazzo, tranquillo e riservato, dall'atteggiamento signorile che ha ricevuto la completa accettazione di ogni yankee". Daley aveva ragione. Ralph Houk andò nelle minor, a Howard gli fu assegnato il suo numero di uniforme (32) e il 21 marzo il general manager George Weiss annunciò che Elston Howard sarebbe andato a New York. Il suo debutto a New York City avvenne la domenica notte prima dell'inizio stagione, quando apparve con Stengel e due altri debuttanti allo Ed Sullivan Show. Il suo debutto sul campo fu il 14 aprile al Fenway Park, in sostituzione di Irv Noren, che era stato espulso per aver protestato con un arbitro. Ottenne una valida e segnò un punto. Forse l'effetto più memorabile della presenza di Howard sugli Yankees in quell’anno, però, fu che il team cambiò la sua politica degli hotel, andando solo in alberghi in cui Howard fosse accettato come ospite. Yogi Berra, Phil Rizzuto e Hank Bauer furono i suoi migliori amici. Colpì .290 in 97 partite nella sua prima stagione da rookie, con altre cinque valide nelle World Series, tra cui un home run nella sua prima presenza alla battuta alle WS. Tale performance fu compensata da otto strikeout, e i Dodgers vinsero la loro prima World Series. Howard fu l’ultimo out della settima partita, e poi si recò in Giappone con gli Yankees per un buon tour. Durante il tour di 25 partite del Pacifico, Howard colpì .468 e fu il leader della squadra. Nel frattempo era nato Elston Jr. Lo stipendio di Howard salì, nel 1956, da 6000 a 10000 $ e comprò una casa a St. Louis, confortato dalle parole di Stengel che l’avrebbe utilizzato molto di più come catcher. Howard portò la famiglia in Florida, da un amico del suo padrino, un predicatore di nome Martin Luther King. Ma la prima notte la casa di King fu incendiata e loro non poterono più rimanere lì. Sfortunatamente, Howard si ruppe un dito nello spring training. Norm Siebern fu mandato nelle minor, e Howard lo sostituì in campo esterno e ogni tanto faceva delle apparizioni dietro il piatto. Apparve in solo 98 partite, 26 come catcher, e finì l'anno con una media battuta, così così, di .262, 5 homer e 34 RBI. Mentre aveva giocato in tutte e sette le partite delle World Series nel 1955, il nuovo acquisto di Enos Slaughter da parte degli Yankees spinse Howard in panchina per le prime sei partite della Series del 1956. Tuttavia, Stengel lo fece entrare in gara sette, e Howard siglò un homer e un doppio e gli Yankees vinsero 9 a 0. L'era del cambiamento continuava a spazzare New York. Jackie Robinson si era ritirato, e entro un anno i Giants e Dodgers si spostarono ad ovest, lasciando New York agli Yankees e Elston Howard divenne l'unico giocatore nero della major league della città. Nel 1957, tornò ancora una volta con gli Yankees, sperando di giocare molto di più. Quando Moose Skowron si infortunò, Howard giocò di più, e nella mezza stagione Stengel lo nominò per la squadra dell’American League All-Star. Concluse la stagione battendo .253, con 8 fuoricampo e 44 RBI, struggendosi ancora perchè stava giocando poco. Come iniziò la stagione 1958, la speranza di Howard di avere più spazio dietro al piatto stava prendeva corpo. Berra fece capire nuovamente a Stengel che non poteva ricevere così tanto. Howards comprò una casa a Teaneck, New Jersey. Era ancora in campo a sinistra nell’opening day a Boston. La figlia Cheryl era nata il 9 maggio, e Howard ricevette la sua prima partita l’11 maggio nella prima di un doubleheader. A un certo punto la media battuta di Howard aveva raggiunto .350, ma non aveva apparizioni dietro al piatto sufficienti per ottenere il titolo della league per la BA. Stengel era irremovibile sulla scelta dei suoi giocatori nello stesso ruolo, e Howard chiuse l'anno colpendo .314, con 11 homer e 66 RBI in 103 partite, di cui 67 dietro il piatto. L’eroismo di Elston come uno yankee venne  cementato nelle World Series del 1958. Sotto tre partita ad una, Howard partì come titolare a sinistra in gara cinque, pur avendo subito un intervento odontoiatrico quella stessa mattina. Nel sesto inning, prese con un tuffo spettacolare una linea all’esterno sinistro e prontamente tirò al taglio per l’eliminazione del corridore in prima, in un doppio gioco che trasformò di colpo le Series. "Sapevo che mi sarei fatto male tuffandomi per prendere la palla", disse ai giornalisti dopo la partita, "Mi sono sbucciato la pelle del ginocchio e lo stomaco per prederla. Io non sono un outfielder. Sono un catcher, ma il manager mi ha messo lì e ho dovuto fare del mio meglio". La partita successiva fu vinta nuovamente dagli Yankees per 4 a 3, dopo dieci inning in cui Howard mise a segno due valide e segnò un punto. In gara sette, con il punteggio in parità, 2 a 2 all'ottavo, Howard battè la valida del 3 a 2. I New York Baseball Writers gli assegnarono il Babe Ruth Award come miglior giocatore delle World Series. Nel 1959, l’annuale previsione di Casey che Berra avrebbe ricevuto di meno era di nuovo sbagliata. In realtà, Yogi fu utilizzato come ricevitore in 116 partite, più dell'anno precedente. Anche se Elston aveva raggiunto il punto più alto della sua carriera, il sistema utilizzato di platoon dal suo manager lo faceva sentire come un giocatore part-time. Nel frattempo gli Yankees avevano preso un altro giocatore in una trade, il panamense Hector Lopez, che veniva da Kansas City. Ma Mickey Mantle si infortunò, il gomito di Whitey Ford era dolorante e per gli Yankees fu tutto in salita quell'estate. Persero subito male delle serie di partite, tra cui cinque al Fenway Park, e finirono terzi in classifica. Poiché il club aveva giocato male, il general manager George Weiss cercò di tagliare, nel 1960, le retribuzioni dei giocatori. A Howard fu offerto un salario inferiore di 5000 dollari rispetto a quello dell'anno precedente, e non condividendo la scelta rimase fuori non presentandosi all’inizio dello spring training. Weiss cedette, dandogli 25500 $ e un aumento di  3000 $. Elston, come il resto della squadra, ebbe degli alti e bassi in quella stagione, ma alla fine ne uscì alla grande. Limitato da alcuni infortuni, giocò comunque in 107 partite, 91 come ricevitore, facendo parte della squadra All-Star. Si slogò un dito nell’ultimo giorno della stagione. I medici dissero che non avrebbe giocato fino a gara tre delle World Series, ma Casey lo utilizzò come pinch hitter in gara uno. Colpì un fuoricampo da due punti nella sconfitta per 6 a 4 a Pittsburgh. Giocò una serie molto buona fino a quando non si ruppe un dito battendo contro Bob Friend. Ottenne una media di .462 nelle Series, ma gli Yankees persero sul celebre home run di Bill Mazeroski. La sconfitta portò alla caduta di entrambi i manager Casey Stengel e il GM George Weiss. Ralph Houk, l’ex secondo catcher spinto nelle minor in seguito all’emergere di Elston, divenne il nuovo manager nel 1961. Preferendo una formazione più stabile di quella di Stengel, Houk preferì Howard come catcher facendolo giocare 111 volte dietro il piatto, e portando Berra sul campo sinistro. Il nuovo hitting coach Mosè Wally incoraggiò Howard a tenere i piedi più vicini in battuta, permettendogli di battere la palla a tutto campo. Howard rispose con la più alta media in carriera, colpendo .348 con 21 fuoricampo in 129 partite. Fece di nuovo parte della squadra All-Star e avrebbe battuto Norm Cash dei Detroit per il titolo di battuta se avesse avuto le apparizioni al piatto (Cash vinse, battendo .361). La stagione fu contraddistinta da una storica gara di fuoricampo tra Roger Maris e Mickey Mantle, e dal pitching terrificante (Ford vinse 25 partite), che permise agli Yankees di vincere 109 partite e in solo cinque partite sconfissero Cincinnati nelle World Series. Howard ricevette tutte e cinque le partite e nell’off-season fu eletto dalla città St. Louis' Man of the Year. Il 1962 portò un altro miglioramento. Ci furono pressioni per eliminare la segregazione dei loro giocatori di colore negli alloggi durante lo spring training, e gli Yankees spostarono il loro camp a Fort Lauderdale. Gli fu aumentato lo stipendio a 42500 dollari, e se li era ampiamente guadagnati. Colpì 21 home run con 138 valide e una media battuta di .279 in 136 partite, il numerò più alto di giochi in carriera. I tre ricevitori, Howard, Berra e Johnny Blanchard, insieme ottennero 44 fuoricampo in quella stagione. Ma la media in battuta di Howard ne soffrì un po' e al 30 giugno era a .268, ma fece parte nuovamente della squadra All-Star. La maggior parte dei fuoricampo furono battuti in fine stagione nella corsa al pennant con i Minnesota, e lui e Mantle assicurarono agli Yankees la cattura del titolo dell’AL. Affrontarono i San Francisco Giants nelle World Series dominate dal pitching e disturbate dalla pioggia su entrambe le coste. Elston giocò dietro il piatto quando Ralph Terry assicurò la vittoria per 1 a 0, nella finale di gara sette. Howard comprò un terreno abbandonato a Teaneck su cui costruì una casa più grande. Il sindaco Matty Feldman lo pregò di non costruire nel quartiere bianco. Howard lo ignorò, e anche se subirono scritte vandaliche e razziste e atti di sabotaggio durante la costruzione, vi si trasferirono verso la fine della stagione del 1963. Elston passò ad una mazza più pesante, di trentotto once, che aiutò la sua potenza nelle battute a destra. Colpì 28 home run nel 1963, il numero più alto in carriera, molti sotto il portico a destra dello Yankee Stadium, e con Mantle e Maris entrambi bloccati però da infortuni, Howard battè spesso come cleanup quello stesso anno. Concluse la stagione con una media di .287, e divenne il primo afro-americano a vincere l'MVP Award dell’American League. Gli fu assegnato pure il Gold Glove con la sua percentuale difensiva di .994. Howard apparve nelle sue ottave World Series, battendo .333, ma il lanciatori dei Dodgers Sandy Koufax e Don Drysdale mantennero gli Yankees sotto controllo. I Dodgers spazzarono gli Yankees in quattro partite. Il premio MVP significava nell’off-season banchetti e Howard mise su dieci libre partecipando a queste cene. Il premio inoltre portò le pubblicità commerciali, e Elston, sua moglie e la famiglia furono utilizzati negli annunci per i fiocchi d’avena, la senape e la birra. Howard divenne anche il primo nero ad indossare come modello dei vestiti per la rivista GQ. Il suo salario nel 1964 balzò a 60 mila dollari, facendo di lui uno dei giocatori meglio pagati nel baseball. (Mantle guadagnava 107000 $). Dopo la stagione, Ralph Houk fu trasferito al piano di sopra per diventare GM; Yogi Berra divenne il nuovo manager in campo. Howard disse ai giornalisti che aveva messo gli occhi sul titolo della battuta. "Ci vuole pianificazione", disse loro, "Quest’anno colpirò .348 ... sono uno swinger di valide, non di home-run". Promise di andare di più sui lanci e di non essere troppo pull-cosciente. I suoi sforzi ebbero successo. Nelle 150 partite, il numero più elevato in carriera, ottenne 172 valide con una media di .313, mentre il suo totale di fuoricampo scese a 15. Ottenne 48 basi su ball, il suo record in carriera. Non vinse il titolo della battuta, ma ricevette tutti i nove innings dell’All-Star Game. Gli Yankees andarono alle World Series ancora una volta, ma i Cardinals e Bob Gibson li sconfissero in sette partite. La sconfitta produsse grandi cambiamenti. Yogi Berra venne licenziato come manager, sostituito da Johnny Keane, e la CBS che acquistò la squadra non fece nulla per migliorare il vecchio roster. Howard si ferì al gomito durante la formazione di primavera e peggiorò nelle successive settimane. Il 13 aprile il gomito era talmente gonfio che non riusciva a piegare il braccio abbastanza da mangiare la prima colazione. Furono rimossi chirurgicamente frammenti ossei dal suo gomito e gli Yankees scivolarono in classifica. Howard non giocò fino al 13 giugno e insistette nel ricevere 95 partite dopo il suo ritorno, nonostante il braccio dolorante. Concluse con la media più bassa della sua carriera .233, mentre gli Yankees finirono al sesto posto. Il 1966 non fu migliore. Soffriva ancora al gomito e a 37 anni colpì .256. Gli Yankees finirono all’ultimo posto. Poi venne il 1967. Gli Yankees decisero di tagliare lo stipendio di 10000 $ a Houward. Dopo aver tenuto duro per quattro giorni, Elston accettò soltanto un taglio di 6000 dollari e una clausola in cui, se avesse giocato bene, avrebbe potuto riguadagnare tutti i suoi soldi. Ma il 26 giugno, Rick Monday sprizzò una palla che colpì Elston al dito e la sua media battuta ne soffrì. Il 3 agosto Houk gli telefonò per dirgli che era stato ceduto ai Red Sox. Boston era al secondo posto in quel momento, a differenza degli Yankees, e avevano la possibilità di raggiungere la cima. Tom Yawkey, dei Boston, chiamò Howard per assicurargli quanto lo volevano. Elston aveva considerato anche di ritirarsi, ma la possibilità di giocare le sue decime World Series era troppo allettante. "Se posso aiutare i Red Sox a vincere il pennant quest'anno sarebbe la più grande emozione della mia carriera", disse allo scrittore Jim Ogle. Si unì ai Sox mentre giocavano contro Minnesota e fu accolto dal manager Dick Williams, due anni più giovane. Elston giocò il giorno dopo contro i Twins in una partita trasmessa in televisione a livello nazionale. Non fu un inizio di buon auspicio: andò strikeout con le basi cariche perdendo per 2 a 1. Boston raccolse solo tre valide contro Dave Boswell. Elston ricevette anche il giorno dopo quando il miglior pitcher dei Boston, Jim Lonborg, salì sul monte. Ma la pioggia fermò la partita, e Minnesota vinse 2 a 0 in cinque inning, con Dean Chance che non concesse nulla ai corridori e mise strikeout quattro battitori. Persero nuovamente dopo un giorno di riposo, a Kansas City, la prima volta che perdevano quattro partite di fila dal 9 luglio.La squadra incontrò molte difficoltà fino al 18 agosto, quando sconfissero 3 a 2 gli Angels al Fenway, una partita in cui Howard ricevette il complete game con quattro valide di Gary Bell. La partita sarebbe stata ricordata, però, per il tragico incidente che frantumò l’orbita a Tony Conigliaro. Forse ispirati a vincere per Tony e aiutati dalla presenza di Howard, i Sox snocciolarono una striscia di sette vittorie, andando 14 a 5 nel resto del mese. Undici partite furono decise da un punto. In quel lasso giocarono cinque doubleheaders e ne vinsero tre o quattro a New York. Quando Howard andò alla battuta contro la sua ex squadra, la folla dello Yankee Stadium gli dedicò una standing ovation, quella che in seguito descrisse come: "la migliore ovazione che io abbia mai ricevuto in vita mia". Uno dei momenti memorabili della corsa al pennant arrivò quando i Sox staccarono il 27 agosto Minnesota di mezza partita. Quel giorno di fronte ai Red Sox c’erano i Chicago White Sox, e Boston era aggrappato a un vantaggio di 4 a 3 nel nono. Ken Berry, il punto del pareggio in terza, cercò di segnare su una battuta al volo poco profonda catturata dall’esterno destro Jose Tartabull che effettuò un tiro alto, ma Elston fece un balzo incredibile prendendo la palla e toccando il corridore con lo stesso movimento - Berry era fuori e la partita era finita. Il maggior contributo di Howard al The Impossible Dream, però fu una cosa che non poteva essere misurata, ed era la sua influenza sui lanciatori e nella clubhouse. La sua conoscenza dei battitori del campionato, la sua abilità nel chiamare i giochi, e la sua rassicurante presenza aiutò l'intero pitching staff. "Era come un pitching coach per Lonborg, Gary Bell, Gary Waslewski, Lee Strange, ragazzi così", disse Reggie Smith, "Non ho nessun dubbio che Elston ci abbia aiutato a vincere. Eravamo un gruppo giovane. La nostra età media era di 26 anni. Avevamo bisogno di qualcuno come Ellie a indicarci il cammino. Portò l'aura vincente yankee ai Red Sox". I Red Sox, naturalmente, tirarono fuori due vittorie incredibili su Minnesota, mentre Detroit perse l'ultimo giorno della stagione, dando a Boston il pennant. Sembrava destino che Elston Howard giocasse le sue decime ed ultime World Series contro la sua vecchia città, St. Louis. Purtroppo, i Cardinals sconfissero i Sox; Elston raccolse solo due valide nelle Series. Nell’off-season meditò di ritirarsi, pur ricevendo varie offerte. I Red Sox gli chiesero di giocare e poi di allenare. Gli Yankees gli offrirono un lavoro come coach nelle minor league o come scout. Bill Veeck disse che voleva far diventare Howard il primo manager nero del gioco, se avesse comprato gli Washington Senators. Alla fine, l'offerta di Veeck per comprare i Senators venne respinta. Howard aiutò un imprenditore del New Jersey, Frank Hamilton, nella produzione di ciambelle - non il genere commestibile, ma l'anello di metallo che viene usato oggi nel deck circle dal battitore inserito nella mazza. Ma quando venne la primavera, i Red Sox gli offrirono un aumento 1000 dollari e Howard decise di giocare ancora un anno. Però i Red Sox e Elston erano disastrati. Lonborg si ruppe una gamba sciando. Tony Conigliaro non riacquistò la vista e rimase fuori per tutta la stagione, la sua carriera sembrava finita. La media di George Scott scese a .171 quando il suo peso aumentò. Nel frattempo, il gomito di Howard ricominciò a fargli male. A metà stagione, non poteva raddrizzarlo e non voleva l'intervento chirurgico. Il suo tempo in campo fu limitato a causa della lesione cronica e Howard giocò solo 71 partite. Nella sua ultima partita al Fenway, ricevette una standing ovation. Aveva colpito .241, con cinque homer e 18 RBI. Tenne una conferenza stampa il 21 ottobre per annunciare il suo ritiro dal gioco. Poi, il 22 ottobre tenne un'altra conferenza stampa, questa volta a New York per annunciare che accettava il lavoro di coach di prima base per i New York Yankees. Elston era diventato il primo coach nero per una squadra dell’American League, ma non raggiunse mai il suo obiettivo di diventare il primo manager nero (Frank Robinson lo divenne nel 1975 con gli Indians). Mentre allenava, intraprese diversi business, pur continuando la produzione di doughnuts per la battuta, entrò in una società tipografica e aprì una galleria d'arte con Arlene a Englewood, New Jersey, dove vendeva quadri haitiani e d'arte moderna. Fece parte della direzione di un Group Travel, che organizzava tour per le star e crociere aziendali, la sua Elston Howard Sausage Company ebbe in concessione lo stand allo Yankee Stadium, e fu vice presidente del consiglio di amministrazione della Home State Bank, una banca interraziale per la comunità nera. George Steinbrenner, che acquistò gli Yankees nel 1973, non rese Howard un manager, ma voci occasionali dicevano che volesse spostare Elston dal coaching al front office. Nel frattempo, allo Yankee Stadium, divenne un importante contrappeso per il focoso Billy Martin nel "The Bronx Zoo". Allenò per tutta la stagione del 1978. A metà febbraio del 1979, dopo essere quasi collassato all'aeroporto La Guardia, gli fu diagnosticato una miocardite. I muscoli del suo cuore erano stati attaccati dal virus coxsackie e i medici gli prescrissero il riposo assoluto. Elston non poteva partecipare allo spring training. George Steinbrenner gli disse di non preoccuparsi. Quando si riprese, il suo posto di coach era assicurato e rimase sul libro paga. Ad agosto, Howard era ancora troppo debole per partecipare al funerale di Thurman Munson. Nel febbraio del 1980, un anno dopo il suo attacco all'aeroporto, Elston, nominato da Steinbrenner, entrò nello staff del front office degli Yankees. Sarebbe stato l’assistente di Steinbrenner, e le sue funzioni andavano dall’apparire ai banchetti fino alla scoperta dei giovani talenti nelle minor league del sistema degli Yankees. Però, la sua salute non si riprese mai e spesso era troppo debole per viaggiare. Il suo cuore stava cedendo e il 4 dicembre 1980 fu ricoverato alla Columbia Presbyterian Hospital. Due settimane più tardi, morì all'età di 51 anni. Nel 1984, gli Yankees ritirarono il suo numero 32.

20 Febbraio 1959 - Elston Howard lancia tre guanti a Yogi, con Ellie che è diventato ora il primo catcher, mentre Yogi giocherà di più in prima e all'esterno (didascalia e foto pubblicate su Sporting News)

1963 - Elston Howard riceve l'MVP dell'AL