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I CUBS e la "maledizione di Billy Goat"

La maledizione di Billy Goat è una leggenda metropolitana legata alle ormai tantissime cattive stagioni nella regular e nella postseason dei Chicago Cubs. Spiega il perché i Cubs non vincono le World Series dal 1908 e anche perché non raggiunsero più le World Series dal 1945.

La maledizione "The Billy Goat" Sianis

Questa è la storia della maledizione di Billy Goat che tutt'ora grava sui Chicago Cubs e che iniziò il 6 ottobre del 1945. William (Billy) Sianis, un immigrato greco da Paleopyrgos, proprietario di una taverna vicino (l'ormai famosa Billy Goat Tavern) al Wrigley Field, e fans dei Cubs, ottenne due biglietti del costo di $ 7,20 per Gara 4 delle World Series del 1945 tra i Chicago e i Detroit Tigers. Sianis decise di portare allo stadio la sua capra Murphy (o Sinovia secondo altri racconti), che aveva raccolto e curato nella taverna, quando la capra era caduta da un camion azzoppandosi e diventandone la mascotte. La capra indossava una coperta con una scritta che diceva "Abbiamo la capra dei Detroit". Sianis e la capra furono ammessi nello stadio Wrigley Field e poterono anche sfilare sul campo prima della partita ma subito alcuni addetti intervennero e li condussero fuori dal campo. Dopo una vivace discussione, sia Sianis che la capra furono autorizzati a rimanere allo stadio occupando le poltrone per le quali avevano i biglietti. A questo punto, Andy Frain (capo della sicurezza del Wrigley Field), sventolando i biglietti in aria disse: "Se lei mangia i biglietti sarà tutto risolto". Ma la capra non li mangiò. Prima che la partita fosse finita, Sianis e la capra furono espulsi definitivamente dallo stadio su ordine del proprietario dei Cubs, Philip Knight Wrigley, a causa degli sgradevoli odori dell’animale. Sianis si indignò per l'espulsione e lanciò una maledizione sui Cubs che non avrebbero mai più vinto un altro pennant o giocato in una World Series al Wrigley Field perché l’organizzazione dei Cubs aveva insultato la sua capra. Il giorno successivo lasciò gli Stati Uniti per una vacanza in Grecia. La quarta partita persa dai Cubs nelle World Series del 1945, indusse Sianis a scrivere a Wrigley dalla Grecia, dicendo: "Chi puzza ora?" Nel 1946, i Cubs finirono terzi nella NL e per i 20 anni successivi non raggiunsero mai più la seconda posizione. Questa serie finalmente terminò nel 1968, perchè l'anno dopo Leo Durocher, divenne il manager del club portando i Cubs al secondo posto. Ma alla maledizione della capra si aggiunse quella del gatto nero. Nel 1969 accadde che i Cubs in lotta con i Mets per le posizione di testa, a sole 9 partite e 1/2 da questi, durante una serie di gare fondamentali allo Shea Stadium furono colpiti da un nuovo segno del destino. Nel bel mezzo della partita entrò in campo un gatto nero che girò per tre volte attorno a Ron Santo che si trovava nell'on-deck circle, gelando di fatto tutta la squadra. Comunque sia i Cubs non vinsero più né un pennant della NL e non arrivarono mai più alle World Series. La più lunga striscia di mancanza di titoli della storia della Major League. Sianis morì nel 1970.

I tentativi di spezzare il maleficio

Billy Scott, nipote di Sam Sianis, fu portato sul campo con una capra più volte nel tentativo di rompere la maledizione: il giorno di apertura, nel 1984 e nel 1989 (il Cubs vinsero la loro division in entrambi gli anni), nel 1994 per fermare una serie di sconfitte casalinghe, e nel 1998 per la partita decisiva per la wild card (vinta dai Cubs). Un gruppo di tifosi dei Cubs nel 2003 a Huston, tentarono di guadagnare l’ingresso al Minute Maid Park con una capra chiamata "Virgilio Omero". Gli fu negato l’ingresso e la possibilità di leggere un versetto che diceva "invertiamo la maledizione". Quell’anno gli Houston si fecero superare dai Cubs per una partita, permettendo a Chicago di vincere la Central Division. I Cubs stavano per strappare l’accesso alle World Series ai Florida Marlins, quando a 5 out dalla fine della sesta partita un fan, Steve Bartman, tentò di prendere un palla foul, interferendo con Moises Alou, che era sul punto di raccoglierla. I Cubs persero la partita e si andò alla settima. I Marlins, sconfissero Chicago aggiudicandosi il pennant e le World Series con un secco 4 a 0 agli Yankees. Prima dell’inizio della stagione 2004 Steve Bartman distrusse la palla durante una cerimonia all’Harry Caray's Restaurant di Chicago. Si racconta che il 3 ottobre 2007 fu fatta ritrovare una capra macellata e impiccata sulla statua di Harry Caray (famosissimo speaker dei Cubs) all'esterno del Wrigley Field, ma il Sun Times così commentava : "Se questa bravata era destinata a invertire la maledizione di “Billy Goat”, sembra proprio che non abbia funzionato”.

La cura

Sam Sianis, nipote di William Sianis, ha spiegato che "la maledizione di Billy Goat può essere curata solo dall'organizzazione dei Chicago Cubs, dimostrando una vera e sincera simpatia per le capre lasciandole entrare nello Wrigley Field, non solo per motivi pubblicitari, ma perchè loro amano i Cubs".

Ex Cubs, che hanno vinto un titolo delle World Series con altre squadre

Un altro fattore che può giocare un ruolo nella maledizione è il numero di giocatori che hanno vinto titoli delle World Series dopo aver lasciato i Cubs. Questi sono gli ex Cubs fortunati: Andy Pafko (1945), Smoky Burgess, Don Hoak, Dale Long, Lou Brock, Lou Johnson, Jim Brewer, Moe Drabowsky, Don Cardwell, Ken Holtzman, Billy Nord , Bill Madlock, Manny Trillo, Rick lunedì, Burt Hooton, Bruce Sutter, Willie Hernández, Joe Niekro, Dennis Eckersley, Joe Carter, Greg Maddux, Joe Girardi, Glenallen Hill (dopo il suo secondo ritorno con i Cubs), Luis Gonzalez, Mike Morgan, Mark Grace, Mark Bellhorn e Bill Mueller. Dontrelle Willis e Jon Garland furono scambiati con le Minor League.

Ex Cubs che hanno contaminato con la maledizione altre squadre

Viceversa, molti "ex Cubs" sembrano aver contagiato con la maledizione altre squadre nelle postseason. Questa teoria raggiunse il suo apice nel 1990, quando il fattore ex Cubs predisse che gli Oakland Athletics (nel cui roster giocavano alcuni ex players di Chicago) sarebbero stati puniti nelle World Series. E così accadde. Gli A's furono letteralmente spazzati dai Cincinnati Reds, in una sconvolgente serie terminata in 4 partite (casualmente poi il manager dei Reds, Lou Pinella, passò anche ai Cubs). Nelle World Series del 2001 gli Arizona Diamondbacks opposti agli Yankees, che avevano tre ex Cubs nel loro roster, non solo vinsero la drammatica serie, ma rimontarono grazie a Mark Grace, anche lui un ex-Cubs, screditando di fatto la teoria degli "ex Cubs". Il prima base Bill Buckner dei Boston Red Sox (ex Cubs) fu accusato della sconfitta nelle World Series del 1986 perdendo una normalissima palla rimbalzante che gli passò in mezzo alle gambe. Si è recentemente scoperto che al momento della giocata, ma anche in molte altre situazioni, Buckner indossasse un vecchio e consumato guantino da battuta dei Chicago Cubs sotto il guanto . Mike Krukow, ex lanciatore dei Cubs che andò a giocare con i San Francisco Giants, e che attualmente è un loro commentatore, è sospettato di essere l’origine della leggendaria maledizione denominata "Krukow Kurse". La maledizione "Krukow Kurse" spiega il fallimento dei Giants nelle Worl Series da più di cinquanta anni, da quando cioè si sono trasferiti a San Francisco. Prima dell'inizio di ogni stagione, Krukow afferma, durante il suo show radiofonico, la previsione ottimista che i Giants hanno la possibilità di vincere le World Series. La leggenda dice che la maledizione terminerà nel momento in cui Krukow non affermerà mai più nelle sue previsioni la vittoria dei Giants alle World Series. Un altro ex Cubs, Mitch Williams, mise il segno nelle World Series del 1993, quando concedendo una leggendaria base intenzionale permise a Joe Carter, dei Toronto Blue Jays, di spedire un home run al nono inning di Gara 6 sul punteggio di parità, consegnando il Campionato Mondiale ai Toronto Blue Jays. Williams giocò l’anno dopo per gli Houston Astros che persero la possibilità di vincere il pennant della NL a causa dello sciopero. La casualità vuole che Carter sia stato anche lui un ex Cubs, ma non negli stessi anni di Williams.

 

 

Anche se non sono in molti, non si tratta certo di una razza in via di estinzione: i "crazy boys" nel baseball ci sono sempre stati forse proprio per quel tocco di follia che ci vuole per affrontare un campionato di 162 partite su e giù per gli Stati Uniti. Gente come Jimmy Piersall che, una volta, dopo essere arrivato in scivolata in seconda, si alzò ancora avvolto dalla nube di polvere e, con la massima naturalezza, sparò all'arbitro con la sua pistola ... ad acqua. Se frequentate uno spogliatoio dei pro, prima o poi, vi capiterà senz'altro di imbattervi in uno di questi mattacchioni, allora sarà bene che stiate attenti perchè i "volti nuovi" solitamente sono le vittime degli scherzi più feroci. Non tutti sono tranquilli come il rilievo Tug Mc CGraw che si limitava a coltivare piantine di pomodori nel bullpen. Per alcuni la "pazzia" si manifesta solo mediante qualche innocua stravaganza come il lanciatore Bill Caudill degli A's che una volta salì sul monte con la barba solo nella parte destra del viso. Qualcun altro, invece, è più pericoloso: uno degli scherzi più comuni, soprattutto nei caldi dugout degli spring training, quando l'attenzione lascia il posto ad un pò di sonnolenza, ecco allora uscire di colpo la scatola di fiammiferi per dar fuoco ai lacci delle scarpe di chi si è "distratto". Steve Mc Catty, anche lui degli A's, una squadra che in quanto a pazzia non ha avuto rivali, era un vero maestro in quest'arte: riusciva a dare fuoco un pò a tutto, senza mai farsi scoprire. Un'altra specialità del suo repertorio era di mettere schiuma da barba al posto della salsa di cipolle, negli hamburger dei compagni. "Mi ricordo che nessuno più si fidava a mangiare panini - racconta Reggie Jackson che, in quegli anni, era la punta di diamante del terrificante attacco degli A's - nessuno lo ametteva, ma piuttosto di controllare il panino prima di mangiarlo, si preferiva scegliere qualcosa d'altro. Per miracolo che c'erano questi scherzi, se no l'atmosfera nel dugout sarebbe stata davvero insostenibile, con tutte le battaglie che dovevamo sostenere con Charlie O. Finley, proprietario della squadra ... Qualcuno dice che si trattava di comportamenti sciocchi, ma deve anche capire la tensione che abbiamo durante le partite, la concentrazione, se poi ci si rilassa un pò ... bè tanto di guadagnato. Poi è un modo come un altro per tenere uniti i ragazzi; ricordo quando un giornalista arrivò raccontandoci che evevano operato al cuore Charlie O. e che l'operazione era durata 8 ore, allora Joe Rudi spezzò la tensione dicendo: "Già, ci hanno messo sette ore e mezza solo per trovare dove aveva il cuore !!". Un'altra squadra parecchio allegra era quella di Tom Lasorda, vittima designata del 90% degli scherzi dei Dodgers. Tom, da consumato uomo pubblico, era il primo a favorire questo cameratismo a patto che i suoi giocatori vincessero sempre. C'è chi gli ha fatto del caffè con del ... tabacco (Jerry Reuss), chi gli ha dato fuoco ai pantaloni (Micky Hatcher), chi gli ha fatto trovare un porcellino sotto la scrivania, chi gli ha messo un dollaro arroventato in tasca. "Sono bravi ragazzi - spiega Tom - è giusto che si divertano un pò prima di ... andare alla guerra (questo era il modo in cui Lasorda definiva la partita di baseball)". Sempre nei Dodgers ha imperversato uno dei "pazzi" per antonomasia: Jay Johnstone. Una volta si piazzò dietro Fernando Valenzuela che si stava lavando i capelli, naturalmente ad occhi chiusi. Ogni qual volta Fernando si risciacquava, lui versava un'abbondante lozione di shampo, cosicchè la schiuma non aveva mai fine. Solitamente sono i lanciatori ad inventare gli scherzi migliori, anche perchè sono quelli che hanno più tempo libero dovendo lanciare ogni 4 o 5 partite. Moe Drabowsky, dopo esser stato per sette anni agli Orioles, passò ai Royals, alla prima trasferta nel suo vecchio stadio, dal quale conosceva ogni segreto e ... soprattutto, tutti i numeri di telefono interni, chiamò il bullpen degli Orioles ed imitando la voce di Earl Weaver, ordinò ad un rilievo di scaldarsi. Vedendo il movimento dei suoi pitchers, immediatamente, Weaver telefonò a sua volta chiedendo perchè diavolo quel lanciatore si stesse scaldando. Al che Moe riprese il ricevitore e, sempre imitando l'accento di Weaver, ribadì: "Chi vi ha detto di smettere di scaldare quell'idiota?". La cosa si protrasse a lungo ed i giocatori Orioles giurarono che il loro manager, in quell'occasione, andò parecchio vicino al colpo apoplettico. Per i giornalisti i "crazy boys" sono una vera miniera: quando non sanno cosa scrivere basta andare da loro per avere uno spunto o qualche battuta. Famose quelle del rilievo Tug Mc Graw. A chi gli chiedeva di definire la vita in Major League rispose: "Alcuni giorni cavalchiamo la tigre, in altri, è la tigre che fa colazione con noi ..". Oppure a chi domandava come investisse i suoi soldi: "Il novanta per cento dei miei guadagni vanno in donne, divertimenti, whiskey scozzese, il restante dieci per cento probabilmente è mal speso!". Ma la "stranezza" maggiore avvenne a Fort Lauderdale, allo spring training degli Yankees nel 1973 quando i lanciatori Fritz Peterson e Mike Kekich annunciarono pubblicamente di essersi scambiati le famiglie ... e non era uno scherzo. La moglie di Peterson, infatti, assieme ai suoi due figli, si trasferì in casa Kekich mentre Susanne Kekich, insieme alle due bambine, andò a vivere con Peterson. "Ci fu un gran baccano sulla vicenda - ricorda Bob Fishel, direttore delle pubbliche relazioni degli yankees - come quando Joe di Maggio portò per la prima volta Marilyn Monroe allo spring training. Ricordo che dei vecchietti che avevo visto perennemente seduti sulla loro sedia a rotelle si alzarono belli arzilli, seguendo la coppia ovunque andasse ...". Non c'era da stupirsi dunque, se entrando nello spogliatoio dei Cardinals si trovava Joaquin Andujar che faceva la doccia con la divisa addosso, oppure se accanto all'armadietto di Don Stanhouse c'era un gorilla che beveva birra ed aiutava il suo amico a vestirsi, oppure se vedevate il pitcher degli Astros Frank La Corte bruciare la sua uniforme perchè aveva perso la partita, nel pazzo mondo dei pro capita questo ed altro.

 

 

 
 

 
 
 

 

LA GRANDE NARRATIVA DEL BASEBALL AMERICANO

Zane Gray è uno dei più noti scrittori americani, tutti conoscono i suoi racconti ambientati nel West, pochi sanno che in gioventù Grey fu giocatore di baseball, prima nel college, poi addirittura con i professionisti. Non poteva dunque mancare nella sua biografia un ricordo del "Gran Old Game", una breve novella intitolata "Esterni Rossi".

L'orgoglio e la disperazione della cittadina di Rochester era quell'incredibile linea di esterni tutti dai capelli rossi: Red Gilbat a sinistra, Reddy Clammer a destra e Red Ray al centro. Ormai nelle leghe minori li conoscevano tutti. Red Gilbat batteva come un dannato, oltre .370, aveva però il grosso difetto di essere sempre introvabile: Quando la squadra si riuniva potevate scommettere sul sicuro: 10 a 1 lui non c'era. Reddy Clammer era un giocatore da platea, proprio quel genere odiato visceralmente dai managers: Ogni cosa la eseguiva nella maniera più difficile per renderla spettacolare: prese da circo, tiri da circo, rubate da circo. Batteva .305 e, quando non era impegnato in una delle sue giocate a sensazione (era l'unico che riusciva a trasformare una facile volata diritta su di lui in una presa in corsa tuffandosi) parlava ininterrottamente lamentandosi con qualcuno. Reddie Ray nel suo college era stato un campione di corsa: Vederlo sulle basi era qualcosa di sensazionale: Non c'era battuta che non riuscisse a trasformare in valida grazie alla sua tremenda velocità. I Grays di providence e gli Stars di Rochester erano insieme in testa alla classifica e la loro lunga rivalità si accendeva adesso di toni nuovi: le due squadre si dovevano affrontare e l'aria settembrina del New England sembrava elettrificarsi di tensione. Ormai le tribune erano piene e mentre i Grays si scaldavano in campo gli Stars attendevano in panchina. "Coraggio ragazzi - esortava il manager Delaney - questo nuovo arbitro, Fuller, non è granchè, anzi è proprio un ladro, ma non fateci caso il nostro lanciatore è in forma, i tre "rossi" sono scatenati, vinciamo queste tre partite ed il gioco è fatto!". A questo punto qualcuno si accorge che uno dei "rossi", naturalmente Red Gilbat, non c'era. "Gesù! - esclamò disperato Delaney - Siamo da capo! Correte a cercarlo mentre io vado a parlare con quel fesso dell'arbitro per guadagnare tempo!". Dallo spogliatoio arriva una voce: "Ehi capo, il custode dice di aver visto Gilbat a due isolati da qui che gioca per strada con i ragazzini". Finalmente una squadra di recupero scovò l'esterno e le due formazioni fecero il loro ingresso in campo. Tutti i giocatori eccetto, guarda caso, Gilbat attardatosi nel dugout . "Iniziamo bene! - mormorò tra i denti il manager Delaney il cui colorito stava pericolosamente cambiando. Ed in effetti il primo inning rappresentò subito un duro test per le coronarie dello skipper degli Stars: con due eliminati ed un uomo in terza una facile volata sulla sinistra viene presa proprio come non si dovrebbe, con una sola mano, cadendo subito, beffardamente dal guanto di Gilbat. Entra il punto e i veterani della squadra iniziano a mugugnare i loro sospetti sulle parentele di Gilbat. Poi la difesa chiude e Delaney cerca di mantenere la calma mentre ricorda l'errore commesso a Gilbat: "Vedi ragazzo, forse ti sei dimenticato che in questa lega non solo è proibito usare due mani quando si prendono le palle al volo, ma è DOVEROSO!!!". "Si capo - risponde candido il rosso - lo so, ma nell'altra mano avevo le noccioline, lo sa che se mastico mentre gioco mi rilasso ...". Per trattenere il manager ci si devono mettere in quattro: "Lasciatemelo strozzare!" implora Delaney cercando di liberarsi dalla stretta mentre Gilbat prudenzialmente si affretta, una volta tanto, verso il box di battuta rassicurandolo: "Tranquillo capo! Vedrà che adesso quel punto lo pareggio subito!". E a vederlo nel box dava proprio l'impressione del battitore formidabile, statuario e sprezzante apostrofò subito il pitcher: "Ehi prova a piazzarne una qui, salsicciotto!". La cosa non fece piacere al pitcher che sembrò stranamente attirato dai capelli rossi di Gilbat, i primi tre lanci infatti, gli arrivarono dritti alla testa. Poi sul quarto, finalmente in zona, Gilbat picchiò lungo raggiungendo salvo la terza. Toccava ora a Clammer, l'esibizionista, che vista l'importanza della partita pensò bene di concentrare su di sè l'attenzione della folla secondo il suo codice di comportamento che, in ordine di importanza, si preoccupava di: 1°) la sua presenza al cospetto della folla; 2°) la sua media battuta; 3°) il punto da portare a casa. Il pitcher se lo lavorò con cautela mandandolo in base per balls, una vera disdetta per Clammer cui era stata tolta la possibilità di far vedere al pubblico quanto era bravo. Rimaneva, però, una possibilità, così, di sua iniziativa, pensò bene di scattare verso la seconda dove atterrò con la più plateale e polverosa delle scivolate anche se la difesa avversaria non aveva accennato la benchè minima giocata su di lui. Toccava ora a Reddie Ray. Il primo lancio, interno, gli sfiorò la casacca, ma lui rimase immobile. Il secondo, direttamente alla testa, lo fece spostare solo di qualche centimetro, giusto per evitare la palla. Il terzo dentro, fu colpito con la solita aggraziata ferocia: valida sulla destra, entra il punto di Gilbat seguito da Clammer (che questa volta può finalmente scivolare con la difesa che fa gioco su di lui) mentre Ray "l'espresso rosso" vola in terza alla sua solita incredibile velocità. Poi mentre il pitcher si appresta al lancio successivo, Ray scatta di nuovo e con uno sprint bruciante arriva anche lui a punto, in piedi, visto che Kane, il battitore successivo, aveva toccato la palla in diamante. Finalmente il manager Delaney si può rilassare; "Bravi ragazzi, in fondo - spiega al suo ascoltatore di turno - basta prenderli per il loro verso e ti trascinano la squadra da soli. Tre punti così rapidi non se li sognano nemmeno quegli sbruffoni delle Grandi Leghe!". Nel mentre i Grais completavano il terzo out, niente da fare per gli Stars al secondo, punteggio in parità (3 - 3) al terzo quando si devono presentare di nuovo in battuta i tre "rossi". "Eh, eh - sogghigna Delaney - ora gli facciamo vedere" poi di colpo impallidisce quando una voce dal fondo chiede: "Ma dov'è finito Gilbat?". Proprio mentre si stava diffondendo il panico nella panchina eccolo apparire dalla porta del magazzino attrezzi. Come se nulla fosse, affrettatissimo, prende una mazza qualunque, va nel box, lascia passare tre strike e sempre in gran fretta, imbocca nuovamente la porta del magazzino. Il manager, annichilito, assiste alla scena senza riuscire a reagire. Fa il suo maestoso ingresso in campo Clammer, l'impareggiabile, bello e pieno di sè come una prima donna di una rivista di Broadway. Si piazza nel box e, con sufficienza, si appresta a cogliere il lancio del pitcher ... ma ecco che si apre la porta del magazzino e, fra l'ilarità generale, entra Gilbat spingendo una carrozzina che, con fare cerimonioso, va ad offrire allo stupitissimo Clammer. Ora dovete sapere che, come in tutte le leghe minori, anche a Rochester era usanza comune offrire ai giocatori qualche regalo che se da una parte arrotondava gli introiti non certo principeschi degli atleti, dall'altra costituiva un'ottima pubblicità per i donatori anche perchè la consegna veniva effettuata prima di un turno di battuta, di fronte a tutto il pubblico. Fin qui tutto bene, c'era però il fatto che gli atteggiamenti divistici di Clammer pesassero non poco sullo stomaco dei compagni che, da tempo, si erano ripromessi uno bello scherzo. Concentrati sul finale di campionato, però, non avevano avuto tempo di architettare nulla, solo Gilbat, in una delle sue tante assenze, aveva avuto l'idea luminosa: l'esibizionismo di Clammer era rivolto soprattutto alle ragazze che popolavano numerosissime gli spalti, perchè allora non ridicolizzarlo proprio di fronte a loro? L'ingresso della carrozzina fu salutato da una vera ovazione soprattutto da parte dei compagni di squadra che potevano finalmente sfogare i loro sentimenti. Clammer, invece, che di senso dell'umorismo ne aveva poco davvero, era diventato dello stesso fiammeggiante colore dei suoi capelli con gli occhi che schizzavano veleno mentre tutto lo stadio rideva di lui. Fatto il suo show Gilbat scomparve nuovamente da dove era venuto e la partita potè finalmente riprendere. Clammer, sul primo lancio, giro violentissimo mancando la palla e mollando la mazza che saettò diritta nel dugout degli Stars. I compagni, sul chi vive, si scansarono in tempo, mentre Delaney ormai accasciato sulla panca, si beccò il missile proprio in un ginocchio. Non fiatò nemmeno, emise un sospiro, cambiò di nuovo colore e scosse tristemente la testa. Clammer recuperò la mazza, tornò nel box sui due lanci successivi rimase al piatto, però con molta eleganza. Due fuori e Reddy Ray, il velocista, a battere. Esterni lunghi, diamante profondo, per aspettare la legnata e la conseguente volata del "rosso". Ray dà un'occhiata alla disposizione degli avversari poi deposita un bunt a sorpresa lungo la linea di terza e scatta salvo in prima. I battitori seguenti, però, sono poca cosa e l'inning finisce subito. Con i due pitchers a controllare ottimamente la gara si deve aspettare il quinto inning per vivere qualche emozione, con Gilbat che si ripresenta nel box. Solito attimo di panico per vedere se c'è, poi eccolo che appare ma ... con indosso un ... impermeabile?. Che non fosse molto in quadro con la testa si sapeva, ma comportarsi così proprio nella partita decisiva del campionato era veramente eccessivo. Gilbat, come se nulla fosse, si presentò in battuta mentre le due panchine ed il pubblico urlavano, in maniere diverse, di togliersi quell'affare. L'arbitro non fu da meno e lo apostrofò serio: "Levati quel coso o ti multo!". "Che me ne frega dei soldi!" ribatte sprezzante il "rosso". "Questo ti costa 25 dollari!". "Mi ci compro le sigarette". "Questo ti costa 50 dollari!". "Bah! Perchè non vai dall'oculista?". "Settantacinque" rilanciò l'imperturbabile umpire. "Perchè non arrivi a cento?". "Ora sono duecento dollari di multa". Quest'ultima dichiarazione ruppe la tracotanza di Ray che sbottò: "Ladro!!". Infine si riprese a giocare con il lanciatore innervosito per le continue interruzioni e Ray schiumante di rabbia per la megamulta. Sul 3 a 1 il lanciatore deve entrare per forza e Ray scarica i tutti i suoi nervi sulla maledetta palla che velocemente scompare dietro al muro di sinistra. Fuoricampo!. mentre Ray compie il suo giro delle basi saltellando come uno stambecco dagli spalti si stacca una voce "Testa rossa". Appena lo sente Ray sembra avere un infarto, si ferma, barcolla, tocca il piatto poi si dirige verso la zona da dove proveniva il grido. "Fermatelo! - urlano dalla panchina - Bloccatelo! fate qualcosa!". Nessuno dei giocatori sembra però aver intenzione di correre quel rischio così Gilbat arrivò davanti al luogo incriminato, dove mettendo le mani sulla balaustra per prepararsi a scavalcare chiese, con fare inquisitorio e minaccioso: "Dov'è il furbo che mi ha chiamato testa rossa?". "Allora, chi è stato a chiamarmi testa rossa?". Gilbat urlò nuovamente la sua minacciosa richiesta mentre con una gamba aveva già scavalcato la barriera, ma questo non fece che scatenare la reazione compatta della folla. Come una persona sola si alzarono tutti in piedi urlando la parola incriminata: "ROSSO !!!": Sembrava un uragano che aumentava d'intensità per avventarsi sul povero Gilbat che, ammutolito, se ne stava li come un fesso con una gamba oltre la barriera ed il resto del corpo ancora in campo. Delaney, il manager, sospirò un debole: "Oh, oh" mentre calcolava rapidamente se era meglio lasciarlo in pasto alla folla scatenata o recuperarlo per la partita. Alla fine prevalsero i suoi interessi sportivi ed un drappello di volontari schiodò Gilbat dalla transenna mentre tutto il pubblico non smetteva di ricordargli il colore dei suoi capelli. La partita, così riprese nuovamente. All'inning seguente, però, quando la squadra entrò in difesa si notò subito l'assenza di Gilbat e nemmeno la frenetica ricerca dei compagni e degli inservienti servì a scovarlo: Il brutto era che Delaney non aveva sostituti da inserire al posto del "rosso" così, ricorrendo a tutta la sua dialettica, visto che ormai Gilbat sembrava scomparso nel nulla, provò a proporre all'arbitro: "Ehi Fuller ... non ti secca mica se giochiamo con due esterni soli?". L'umpire, che ormai di quella partita pazza ne aveva piene le scatole, rispose sconsolato: "Se va bene al manager del Providence ... basta che chiudiamo in fretta ...". Lo skipper avversario, interrogato in proposito, valutò velocemente la possibilità di vincere per forfeit, poi in fondo, da uomo di campo , considerando il buco che si andava ad aprire sul campo lungo del Rochester, facendolo pesare parecchio, concesse il suo benestare. Con due soli outfielders, il velocissimo Ray e Clammer l'esibizionista iniziò la ripresa e, guarda caso, la prima battuta volò subito lunga. Clammer corre, si tuffa, e cattura al volo. Uno fuori. Anche il secondo battitore tocca profondo e di nuovo è Clammer a volare verso la barriera effettuando una presa veramente difficile, una prodezza vera - questa volta - che gli frutta gli applausi sinceri del pubblico. Proprio quello per cui Clammer vive. Gli applausi gli entrano nel sangue come una droga, alimentando il suo orgoglio già smisurato, lo ingingantiscono. Sulla battuta successiva, vicino alla line di foul, Clammer deve per forza superarsi: la palla è alta, a campanile, piuttosto facile, lui ritarda volutamente lo scatto per creare la giusta tensione tra la folla, poi parte a tutta birra, acquista velocità arriva sulla palla a pieno regime, la raccoglie, poi ... si schianta contro la barriera con una violenza che fa tremare mezza tribuna. Accorrono i soccorritori ma per Clammer la partita è finita, in un silenzio totale viene portato nello spogliatoio talmente stordito da non preoccuparsi per la sua divisa spiegazzata. Nel dugout delle Stars non si sente volare una mosca, poi come un gemito il manager riassume la situazione: "Avevamo la partita in pugno poi quel pazzo di Gilbat l'ha buttata alle ortiche. Abbiamo rimesso in sesto la situazione poi quel deficiente di Clammer ci ha rimesso in braghe di tela. Ora che facciamo?"."Tranquillo capo - fa il solito ottimista del gruppo - abbiamo ancora Ray l'espresso "rosso" l'esterno più veloce del baseball, gli dia una possibilità, lui non chiede altro che di correre, con tutto quel terreno da coprire sarà contento ...!". Delaney alzò gli occhi verso Ray che lo ricambiò con un sorriso in cinemascope ed uno strano luccichio negli occhi. "Va bene. A questo punto ... proviamo!. Come sette disperati i superstiti continuano la partita e come avviene spesso quando la situazione si fa disperata quegli uomini trovano nella loro disgrazia la forza di reagire, per battersi uniti, per giocare insieme come raramente era capitato. Col punteggio pari lo stanco Scott ritrova sul monte la velocità perduta da tempo, intorno a lui tutto il diamante sembra rifiorire a nuova vita e fino alla fine dell'ottavo nemmeno una palla passa l'esterno dove Ray è pronto e impaziente allo scatto. Al nono, però, Perry Blak picchia duro verso destra, una valida che ai più sembra da tre basi. Ma là all'esterno c'è "l'espresso rosso" che insegue la palla, la raccoglie e spara in seconda bloccando Blake sul cuscino di prima. Il pubblico applaude ma il bunt di Dorr è valido e sembra sgretolare la compattezza fin qui dimostrata dagli Stars. Con corridore in prima e seconda Whitney deposita la palla sull'esterno sinistro, vicino alla linea e Ray fa già un miracolo a fermarlo in seconda. Entrano i due punti ed il gioco sembra ormai fatto. Con il destro Hanley in battuta Ray si piazza a sinistra ma il battitore tocca lungo a destra, la palla è alta e lunga, Ray non ce la può fare. Scatta come una pantera, la palla sembra non scendere mai , poi quando cade in picchiata appare troppo lontana anche per Ray al pieno della sua velocità. E' una corsa folle ma il rosso, con un guizzo disperato, la vince. Una presa incredibile quasi all'angolo di destra e lo dimostra il fatto che White riesce ad andare a casa dalla seconda. Con tre punti di svantaggio la folla non pensò nemmeno di iniziare a sfollare, voleva rimanere fino all'ultimo per sostenere i ragazzi che, nonostante tutto, con quell'incredibile finale, stavano dimostrando di essere giocatori di baseball. In campo gli Stars ruggivano come leoni, incoraggiandosi a vicenda. Il solo Ray era all'esterno pronto a scattare come una tigre. Con uno strike out si chiude l'inning e si passa all'ultimo attacco. Gli umini che si presentano nel box sembrano animati da una forza superiore: Hanley picchia subito valido a destra, Morrisey spara una linea tremenda che quasi decapita il seconda base che, in qualche maniera, riesce a bloccarla al volo. Tocca quindi a Halloran che dopo tre fouls conseutivi viene preso al volo. Due fuori, due in base. In battuta Scott, il pitcher, uno che non ha mai battuto. Sostituirlo non è possibile; non c'è nessuno!. Ma ecco che il lanciatore avversario lo colpisce e lo manda in base! Cuscini pieni e ... Ray in battuta! "Reddie lo sapevo che saresti stato tu la chiave di tutto - urla speranzoso il manager dal dugout - vinci questa maledetta partita!". In fin dei conti si tratta di una partita di baseball e neanche di una delle più belle, ma vedere quel magnifico atleta nel box, prepararsi a battere, con tutto il pubblico in piedi che urlava il suo incitamento, era qualcosa di sensazionale. Il pitcher aveva un'espressione penosa: nessuno avrebbe voluto essere al suo posto. Ray si avventa sul primo lancio, batte con incredibile violenza, la palla sembra scomparire, poi la si intuisce volare a velocità ultrasonica verso l'esterno destro. I corridori scattano, mentre la difesa cerca invano di fermare quel proiettile che sta rimbalzando da tutte le parti là all'esterno. Ray è già in terza quando sono entrati i primi due uomini, vederlo correre è qualcosa di stupefacente: il pubblico, i compagni, i suggeritori sono ammutoliti davanti a quell'esibizione di potenza e coordinazione. Ray è inarrestabile, sullo slancio sorpassa Scott proprio mentre sta per arrivare sul piatto di casa base. L'arbitro Fuller, unico a non farsi distrarre dalla prodezza atletica di Ray (ma si sa, gli arbitri sono senza cuore) alza il pugno nell'aria con uno stentoreo "OUT!". Ray è fuori per aver sorpassato il compagno, il manager Delaney si accascia sulla panca e con l'ultimo fiato rimastogli sentenzia: "Mio Dio ... Lo sapevo che avrebbe fatto qualcosa di risolutivo ...".

 

 

The Curse of Rocky Colavito è il fenomeno che impedisce alla squadra dei Cleveland Indians di vincere sia le World Series che il pennant dell’American League, di raggiungere i play off della postseason, o persino di non entrare in corsa per il pennant. La sua origine si fa risalire allo scambio impopolare dell’esterno destro Rocky Colavito per Harvey Kuenn nel 1960. E' il classico esempio di una leggenda metropolitana o il capro espiatorio per i fallimenti degli Indians del passato.

Nel  1960, i Cleveland Indians scambiarono "The Rock", il campione degli home run del 1959 con Harvey Kuenn, dei Detroit Tigers, campione della media battuta del 1959. Fu un’unica trade tra un campione di fuoricampo, 42 home run nel '59, e un campione che batteva con una media di .359 sempre nello stesso anno. I tifosi di Cleveland furono indignati per il tradimento del loro general manager Frank "Trader" Lane. In soli 2 anni agli Indians, Lane aveva preso un roster di 40 uomini, molto buono e di successo, e aveva scambiato ogni singolo giocatore che aveva ereditato. Al contrario, i tifosi di Detroit furono molto felici dello scambio.

La nascita dell'idea della "maledizione" fu presentata alla stampa da Terry Pluto, che in precedenza aveva seguito gli Indians per il Cleveland Plain Dealer. Nel suo libro del 1994 "The Curse of Rocky Colavito: A Loving Look at a 33-Year Slump", Pluto suggeriva che il commercio, fatto dal general manager Frank Lane degli Indians per smussare la popolarità di Colavito e le sue richieste salariali, aveva portato ad una striscia in cui gli Indians al massimo erano arrivati a 11 partite del primo posto dal 1960 al 1993. A tutto il 1994, la squadra non aveva ancora vinto un pennant dal 1954 o una World Series dal 1948.

Nel libro The Curse of Rocky Colavito, Pluto descrive le molte disgrazie che colpirono gli Indians a seguito del commercio di Colavito:

● Per  il ritorno agli Indians di Colavito nel 1965, dai Kansas City Athletics, dovettero rinunciare al lanciatore Tommy John e l’outfielder Tommie Agee per i Chicago White Sox in un trade a tre squadre. John, vincitore di due partite in major league sino a quel punto, ne avrebbe vinte altre 286, soprattutto per i Los Angeles Dodgers e i New York Yankees, e avrebbe giocato con quattro squadre che hanno raggiunto le World Series. Agee, che era ancora un prospetto nel 1965, avrebbe vinto l'American League Rookie of the Year nel 1966, e sarebbe stato ceduto ai New York Mets, dove il suo attacco e la sua difesa diventarono un fattore importante nella loro stagione 1969 per la vittoria delle World Series.

Tommy John
Tommie Agee

● La trade del lanciatore Jim "Mudcat" Grant ai Minnesota Twins nel 1964, per Lee Strange e George Banks. Grant aveva 28 anni, quasi vecchio per il ruolo di lanciatore, e aveva già vinto 67 partite nella sua carriera. Dopo il commercio, ne avrebbe vinte più di 78, di cui 21 nel 1965, quando aiutò i Twins a vincere il loro primo pennant. Sarebbe poi tornato agli Indians come annunciatore radiofonico.

Jim "Mudcat" Grant

● L'alcolismo del lanciatore Sam McDowell, che era uno dei migliori lanciatori del gioco nel 1960, lo fece diventare un pitcher inaffidabile che lasciò il baseball a 32 anni. Avrebbe finalmente smesso di bere e divenne un consulente per atleti con problemi di alcolismo.

● La malattia mentale dell’esterno sinistro Tony Horton, un battitore di potenza che non riusciva a gestire lo stress di giocare nella major league, e che lasciò il gioco a metà della stagione 1970 all'età di 25 anni. Come McDowell, avrebbe intrapreso un trattamento per il recupero, ma non ritornò mai più al baseball.

Tony Horton

● La corsa del lanciatore Steve Dunning in major league. La seconda scelta assoluta nel draft del 1970, venne portato direttamente in major league dalla Stanford University, senza mai lanciare nelle minor. Chiamato troppo presto, smise di giocare nel 1977, all'età di 28 anni, con un record in carriera di 23 vittorie e 41 sconfitte.

Steve Dunning

● La firma e l’infortunio di Wayne Garland. Nel 1976, Garland, era un lanciatore destro di 25 anni che per i Baltimore Orioles aveva vinto 20 partite e perse solo 7. Diventato free agent dopo quella stagione, gli Indians gli offrirono un contratto del valore di 2.3 milioni dollari in 10 anni. Ma si fece male alla spalla nel suo primo spring training con gli Indians, e scelse di lanciare attraverso il dolore, piuttosto che sottoporsi ad un intervento chirurgico immediato, e andò 13-19 nel 1977. Si ritirò nel 1980, all'età di 30 anni, con un record in carriera di 55-66.

● La trade del lanciatore Rick Sutcliffe per i Chicago Cubs nel 1984, insieme a due altri giocatori, per l’outfielders Joe Carter e Mel Hall e altri due. Sutcliffe avrebbe aiutato i Cubs a vincere il titolo della National League Eastern Division in quell'anno - avrebbe vinto il Cy Young Award della NL e di nuovo nel 1989. Aveva vinto 35 partite in poco più di due stagioni con gli Indians, e ne vinse altre 114 dopo lo scambio. Hall era un buon battitore ma fu una delusione, e anche se Carter divenne uno dei top picchiatori del baseball con gli Indians, essi non ebbero mai un lanciatore buono come Sutcliffe, nello stesso tempo. Carter sarebbe stato ceduto ai San Diego Padres nel 1989 per il catcher Sandy Alomar e il seconda base Carlos Baerga, forse la miglior trade nella storia recente degli Indians, con Alomar e Baerga che sarebbero stati gli ingranaggi più importanti nei loro successo degli anni ‘90. I Padres cambiarono Carter con i Toronto Blue Jays, che li avrebbe condotti back-to-back alle vittorie delle World Series,soprattutto nel 1993, quando il suo fuoricampo fece vincere le serie.

● Nel 1987, la copertina della rivista Sports Illustrated. In seguito ad una stagione degli Indians sorprendente con 84 vittorie nel 1986, la copertina mostrava i picchiatori Carter e Cory Snyder, con il titolo "INDIAN UPRISING" e il sottotitolo "Believe it! Cleveland is the best team in the American League!". Gli Indians persero 101 partite in quell'anno (la peggiore della Major League Baseball), anche se alcuni ritengono che la maledizione che portò a questo collasso fosse attribuibile al "The Dreaded SI Cover Jinx" (The Sports Illustrated Cover Jinx è una leggenda metropolitana che afferma che gli individui o le squadre che appaiono sulla copertina della rivista Sports Illustrated saranno successivamente scalognati).

● Nel 1993 l’incidente in barca, durante lo spring training, che uccise i lanciatori di rilievo Steve Olin e Tim Crews e ferito il pitcher partente Bob Ojeda. Il rilievo Kevin Wickander era così addolorato per la perdita di Olin che venne scambiato a metà stagione e mai riacquistò la sua efficacia, così gli Indians sostanzialmente persero quattro lanciatori a causa di un incidente.

Dopo la pubblicazione del libro nel 1994, Pluto ha scritto due seguiti: "Burying the Curse" nel 1995 e "Our Tribe" nel 1999, il secondo insiste sulla maledizione che era ancora in vigore.

Nonostante le "prove" di una maledizione sulla squadra, Colavito ha negato sempre di averla mai lanciata.

Un altra maledizione?

Prima della pubblicazione del libro di Pluto The Curse of Rocky Colavito, c'era stata un'altra spiegazione per le difficoltà degli Indians, quello che avvenne dopo la vittoria nelle World Series del 1954 ma che precedette la trade di Colavito nel 1960. Gli Indians licenziarono il manager Bobby Bragan nel 1958. Secondo la storia, Bragan uscendo dal monte del Cleveland Municipal Stadium, lanciò una maledizione sugli Indians, dicendo che non avrebbero mai vinto un altro pennant. Bragan però negò sempre che una cosa del genere fosse accaduta.

Bobby Bragan

Gli Anni Recenti

Nel 1994, l’anno in cui fu pubblicato il libro di Pluto, gli Indians si spostarono dal vecchio e fatiscente Municipal Stadium per il nuovissimo Jacobs Field. Erano solo una partita dietro agli White Sox nell’American League Central Division appena creata, quando lo sciopero pose fine alla stagione. Nonostante la brusca interruzione, questa era la prima volta che gli Indians erano veramente in gara per il pennant dal 1959, la stagione antecedente prima che Colavito fosse scambiato.

Negli anni successivi, gli Indians hanno goduto di enormi successi: 7 titoli di division (di cui 5 di fila) e 2 pennant dell’American League. Tuttavia, le deludenti inefficienze nella post season hanno dimostrato che una maledizione può ancora incombere sul club.

● Nel 1995 lo sciopero accorciò la stagione, gli Indians vinsero 100 partite in una stagione di 144 gare, finendo con un record di 30 partite sui Kansas City Royals. Spazzarono i Boston Red Sox nella Division Series e sconfissero i Seattle Mariners in sei gare per il pennant dell’American League. Apparvero per la prima volta nelle World Series dopo  41 anni, contro gli Atlanta Braves. Nonostante fossero fortemente favoriti, gli Indians persero in 6 partite, inclusa una sola valida nella partita finale. Nei cinque viaggi degli Atlanta Braves nelle World Series nel corso del decennio, Cleveland fu  l'unico team dell’American League ad essere sconfitta.

● Nel 1997, gli Indians si sono trovati ancora una volta nelle World Series, questa volta di fronte ai Florida Marlins, una squadra che era nata solo cinque stagioni prima. Una battaglia altalenante seguì  la serie è si andò a gara 7. In quello che è ricordato come un classico nella storia delle World Series, gli Indians conducevano sui Marlins per  2 a 1 con un out nella parte bassa del nono inning. Ma il rilievo Jose Mesa non riuscì ad ottenere gli ultimi due out, con i Marlins che pareggiarono la partita, e poi vinsero all’undicesimo per 3 a 2. Gli Indians non sono più tornati alle World Series da allora, mentre i Marlins hanno  vinto un altro titolo nel 2003. Mesa fu poi coinvolto in una faida personale con l'ex compagno di squadra Omar Vizquel cinque anni dopo la sua performance poco brillante delle Series.

● Nel 1998, vinsero di nuovo la Central Division, ma persero l'American League Championship Series con i New York Yankees, pur essendo due partite a una, con Gara 4 e 5 in casa.

● Nel 1999, di nuovo vinsero la Central Division ma persero la Division Series con i Boston Red Sox, sconfitti nelle ultime tre partite dopo aver vinto le prime due (pur avendo gara 5 in casa, dove avevano vinto le prime due partite). L'incapacità di vincere una World Series, nonostante i 5 titoli divisionali ha portato diritto al licenziamento del manager Mike Hargrove. Gli Indians non hanno giocato i playoff nei due anni successivi, da allora, né hanno avuto stagioni consecutive vincenti come dal 1994 al 1999.

● Nel 2000, gli Indians, dopo aver perso terreno nella Central Division, avevano cercato di entrare con la wild card. Nel giorno finale della stagione, erano a 1 partita dietro i Seattle Mariners per la Wild Card dell’AL - una vittoria e una sconfitta dei Mariners avrebbe significato una partita di spareggio per la wild card. Nonostante gli Indians avessero vinto, i Mariners fecero altrettanto e si aggiudicarono la wild card. Gli Indians finirono 90-72, 2 partite e mezza migliori dei New York Yankees vincitori delle World Series in quell'anno - e quindi avrebbero vinto loro l’AL East, se i campionati fossero stati divisi in 2 o 3 divisioni.

● Nel 2005, gli Indians  avevano un record di 92-63 nella settimana finale della stagione con una presa salda sulla wild card solo che persero 6 delle ultime 7 partite e uscirono dalla Wild Card a Boston (due di queste sconfitte furono opera dei Tampa Bay Devil Rays, ora Tampa Bay Rays).

● Nel 2006 e 2007, gli Indians tagliarono Brandon Phillips al fine di mantenere Ramon Vazquez. Vazquez fu successivamente tagliato, mentre Phillips divenne un player stand-out a Cincinnati, diventando membro del Club 30-30 nel 2007, vincendo un guanto d'oro nel 2008, e diventando un All-Star nel 2010.

● Nel 2007, gli Indians erano davanti a Boston di tre partite a uno nell’American League Championship Series, con il vincitore dell’AL Cy Young, CC Sabathia, che lanciava la partita decisiva in casa. Ma Boston vinse gara 5, 6 e 7, concedendo a Cleveland solo 5 punti contro i 30 segnati dai Sox per vincere il pennant dell’AL. I Red Sox avrebbero continuato vincendo le World Series.

● Nel 2009, due pitchers ex Indians CC Sabathia e Cliff Lee iniziarono gara 1 delle World Series.

● Nel 2010 gli Indians hanno chiuso la regular season al quarto posto nella Central Division con un record negativo di 63-93.

 

 

"L'ERRORE CHE HA CAMBIATO IL GIOCO"

Merkle's Boner (L’errore marchiano di Merkle) si riferisce alla famigerata gaffe relativa alla corsa sulle basi commessa dal rookie Fred Merkle dei New York Giants in una partita contro i Chicago Cubs nel 1908. Il mancato avanzamento di Merkle verso la seconda base su quello che poteva essere un gioco vincente successivo ad una valida si trasformò invece in un out forzato in seconda e ad una partita terminata in parità. I Cubs vinsero successivamente la partita recuperata, che si rivelò decisiva poiché sconfissero i Giants e vinsero il pennant della National League nel 1908 per un game. E' stato descritto come "il gioco più controverso nella storia del baseball".

Fred Merkle

LA SITUAZIONE

La corsa per il pennant della NL del 1908 fu una lotta a tre squadre tra i team che avevano dominato il campionato nel primo decennio dell'era moderna: i Pirates (vincitori del pennant nel 1901,'02 e '03), i Giants (vincitori nel 1904 e '05) e i Cubs (vincitori nel 1906 e ‘07). Le squadre rimasero raggruppate vicine in classifica per tutto l'anno, con Pittsburgh che non fu mai sopra di 2 partite e 1/2 o sotto di 5 , i Giants mai più di 4 partite e 1/2 o 6 e1/2 indietro, e i Cubs mai più avanti di quattro partite o sotto di sei. Quando la partita  iniziò il 23 settembre 1908, i Cubs e i Giants erano in parità per il primo posto (anche se i Giants avevano sei partite da giocare, con un record di 87-50, in contrasto con i Cubs che avevano un record di 90-53), e i Pirates erano a 1 partita e 1/2 dietro, con un record di 88-54.

Fred Merkle aveva diciannove anni, nel 1908, il più giovane giocatore nella National League. Aveva giocato solo 38 partite in tutto l'anno, undici delle quali in prima base, come sostituto del prima base titolare dei Giants, Fred Tenney. La mattina del 23 settembre, Tenney si svegliò con una forte lombalgia, e il manager dei Giants, John McGraw, mise Merkle in prima base. Era la sua prima partita da titolare nella big-league.

LA PARTITA

Il partente e futuro Hall-of-Famer Christy Mathewson cominciò per i Giants, mentre Jack Pfiester fu il pitcher scelto dai Cubs. Come era consuetudine del tempo, il gioco aveva solo due arbitri: Bob Emslie in base e Hank O' Day dietro il piatto.

I Giants erano la squadra di casa. Mathewson e Pfiester lanciarono entrambi senza concedere punti attraverso quattro inning. Nel quinto, l’interbase dei Cubs Joe Tinker colpì la palla all’esterno destro, e il difensore Mike Donlin corse troppo avanti facendosi  superare dalla palla che continuò a rotolare nel cavernoso Polo Grounds. Tinker girò le basi ottenendo un fuoricampo inside-the-park che diede a Chicago il vantaggio per 1 a 0. Fu il primo homer di Tinker dal 17 luglio e il primo contro Mathewson. I Giants pareggiarono nel sesto quando Buck Herzog mise a segno un singolo, avanzò in seconda su un errore, andò in terza su un sacrificio di Roger Bresnahan e poi segnò su singolo di Donlin. Il gioco era ancora in parità, 1-1, quando i Giants iniziarono l’ultimo attacco del nono inning.

L’ERRORE MARCHIANO

Pfiester rimase sul monte per i Cubs. Il leadoff, Cy Seymour fu eliminato su un groundout dal seconda base. Art Devlin colpì un singolo, mettendo il punto vincente in prima base con un out. Moose McCormick  batté a terra verso la seconda, ma Devlin scivolo aggressivo e impedì un doppio gioco permettendo a McCormick di raggiungere la prima base salvo. Con due out e McCormick in prima, Fred Merkle si avviò alla battuta. Merkle, che aveva solo 47 presenze al piatto in tutta la stagione del 1908, colpì una linea sull’esterno destro. McCormick, aveva avanzato fino alla terza base con l'opportunità di segnare e vincere la partita.

Si presentò alla battuta l’interbase Al Bridwell - due outs e i corridori agli angoli. Bridwell girò al primo lancio di Pfiester, una fastball, e forò con un singolo il centro del campo. McCormick corse a casa dalla terza, e la partita sembrava finita, vittoria per 2 a 1 dei Giants. I tifosi dei Giants saltarono festosi all’interno del campo. Merkle, mentre avanzava dalla prima base, vide i tifosi riversarsi sul campo di gioco. Si voltò e corse nel dugout, senza mai toccare la seconda. La regola ufficiale 4.09 affermava che "Un punto non è valido se viene  effettuata la terza eliminazione ... per gioco forzato".  Tuttavia, nel 1908, questa regola dell’out forzato di solito non era mai stata applicata nelle valide walkoff.

Purtroppo per Fred Merkle, il seconda base dei Cubs Johnny Evers vide l'opportunità di applicare la regola. Urlò all’esterno centro Solly Hofman che, tra il caos causato dalle migliaia di fans che volevano celebrare i Giants, recuperasse la palla e gliela tirasse. Secondo un racconto, Joe McGinnity, un lanciatore dei Giants che era coach di prima base quel giorno, intercettò la palla e la gettò via in mezzo alla folla dei fans. Evers recuperò la palla, o aveva trovato un’altra palla e toccò la seconda base. L'arbitro Emslie si consultò in fretta con O'Day, che aveva visto il gioco da casa base, stabilendo che Merkle non aveva toccato la seconda base, e su tale regola Emslie lo eliminò per gioco forzato e O'Day stabilì che il punto non era valido. Il gioco si trasformò immediatamente in una polemica. Alcuni giornali raccontavano le storie più disparate da chi avesse avuto la palla Evers e come. Christy Mathewson insistette sul fatto che "Merkle aveva toccato la seconda base. L’ho visto farlo". Un giornale sostenne che i giocatori dei Cubs fisicamente trattennero Merkle impedendogli di avanzare in seconda. Raccontando la storia nel 1944, Evers insistette sul fatto che dopo che McGinnity (che non aveva giocato nella partita) aveva gettato via la palla, il lanciatore dei Cubs Rube Kroh (che pure non era in partita) l’aveva recuperata da un fan e la tirò all’interbase Tinker, che la passò a Evers. (Di regola, dopo che un fan o un giocatore che non è in partita tocca la palla, essa avrebbe dovuto essere dichiarata morta). La versione contemporanea del Chicago Tribune sosteneva questa tesi. Tuttavia, otto anni prima di questa versione, Evers aveva affermato di aver ottenuto la palla direttamente da Hofman. Cinque anni dopo la partita, Merkle ammise che aveva lasciato il campo senza toccare la seconda, ma solo dopo che l’arbitro Emslie gli aveva assicurato che avevano vinto la partita. Nel 1914, O'Day disse che la toccata di Evers era irrilevante: aveva chiamato il terzo out dopo che McGinnity aveva interferito con il tiro di ritorno dell’esterno centro. Il futuro Hall of Fame, l’arbitro Bill Klem affermò che l’errore marchiano di Merkle fu "la decisione più disgustosa della storia del baseball"; Klem riteneva che la regola vigente fosse intesa ed applicabile a valide interne, non ad hit sull’esterno.

O'Day terminò poi la partita a causa del buio che si chiuse in parità, 1-1. Il presidente  della National League, Harry Pulliam confermò la decisione. Il 2 ottobre, Pulliam respinse l'appello dei Giants sull’applicazione del regolamento di O'Day e la richiesta dei Cubs della vittoria per forfeit e venne ancora confermata la decisione degli arbitri, dichiarando il gioco forzato su Merkle valido e la partita in parità. La corsa al pennant tra Cubs-Giants e Pirates continuò fino alla fine della regular season. I Giants  furono costretti a chiudere la stagione giocando dieci partite in sette giorni a causa di game rinviati per pioggia. Dopo il Merkle's boner, i Giants vinsero  10 delle ultime 15 partite realizzando alla fine un record di 98-55. I Cubs ne vinsero otto delle loro dieci, dopo la partita contestata, per finire anche loro 98-55. I Pirates, che avevano battuto i Dodgers 2-1 il 23 settembre avevano guadagnato mezza partita sui loro rivali, vinsero nove delle ultime dieci e recuperarono una partita sospesa con i Cubs il 4 ottobre. I Cubs sconfissero i Pirates 5-2, pareggiando con i Giants e lasciando Pittsburgh a mezza partita dietro con un record di 98-56, e quindi eliminati.

Il 6 ottobre, il Consiglio di Amministrazione della National League convenne con i suoi arbitri e con Hank Pulliam, emanando una sentenza definitiva che ribadiva che Merkle non era riuscito a toccare la seconda base e che la regola vigente era stata applicata correttamente. Pertanto i Cubs e i Giants erano in parità, 98-55, e si richiese uno spareggio per decidere il pennant della National League che venne giocato l'8 ottobre. Mathewson, scelto per iniziare il gioco, disse: "Io non sono adatto a lanciare oggi. Sono stanco morto". Il pubblico presente era stimato in circa quarantamila persone, la più grande folla nella storia del baseball a quel tempo. Pfiester lanciò per i Cubs ancora una volta nella rivincita, ma venne rimosso dal gioco nel primo inning dopo aver colpito Tenney, mandato in base Herzog (prontamente preso fuori base), concesso un doppio a Donlin e RBI e ancora una base su ball a Seymour. Il futuro Hall of Famer Mordecai "Three Finger" Brown lo sostituì e uscì da questa sitazione con un solo punto. Nel terzo, Tinker dei Cubs colpì un triplo e segnò su un singolo di Johnny Kling. A Evers fu concessa la base su ball, Frank Schulte lo seguì con un doppio e RBI, e poi Frank Chance con un doppio e due punti. Da lì Chicago si incamminò alla vittoria per 4-2, diventando campione della National League per il terzo anno consecutivo. I New York Giants erano rimasti senza un titolo che pensavano fosse loro.

LO STRASCICO

I Cubs vinsero le World Series del 1908, battendo Ty Cobb e i Detroit Tigers, quattro giochi a uno. Oltre un secolo dopo, resta l'ultimo titolo di Campioni del Mondo nella storia della franchigia dei Cubs. I Pirates vinsero le World Series 1909, ancora contro i Tigers di Cobb. I Giants sarebbero tornati alle World Series per 3 anni di fila, solo per perdere ogni anno - due contro la dinastia dei Philadelphia Athletics di Connie Mack nel 1911 e 1913, e i Boston Red Sox nel 1912. Il club di John McGraw non avrebbe vinto un altro campionato fino al 1921, quando sconfissero gli emergenti  New York Yankees per 2 anni consecutivi con Babe Ruth alla prima apparizione nelle Series.

Il New York Times per la storia della partita del 23 settembre 1908 diede la colpa della sconfitta alla "censurabile stupidità da parte del giocatore Merkle ... ". Per il resto della sua vita Fred Merkle avrebbe vissuto con il soprannome di "Bonehead". Merkle sostituì nel 1910 Tenney come prima base dei Giants a tempo pieno e fu un titolare con i Giants, Dodgers e Cubs per altri dieci anni. Giocò in cinque World Series, e tutte per la squadra perdente. Amareggiato dal veleno dei tifosi e dai media, Merkle si ritirò dal gioco nel 1920 (aveva abbandonato il ruolo di manager di una minor league dopo che un giocatore lo aveva chiamato Bonehead) e si ritirò a pescare in Florida. Evitò il baseball fino al 1950, sei anni prima di morire, quando i Giants lo invitarono per il giorno delle vecchie glorie. Merkle sorprese la sua famiglia per aver accettato. La figlia Marianne disse che si prefigurava un altro giro di fischi e che era il prezzo da pagare un'ultima volta. Invece, quando venne annunciato al Polo Grounds, i tifosi lo applaudirono e lo incoraggiarono. Il giornalista sportivo Barney Kremenko disse che il boato fu il più forte che avesse sentito pari a quello che seguì l’homer di Bobby Thomson l'anno successivo. Merkle e i fans avevano fatto pace. Il dolore era stato mitigato e la colpa assolta.

L'emblematica raffigurazione di Fred Merkle su S.I.

 

 

La statua di Billy Penn

La "Curse of Billy Penn" è un presunta maledizione usata per spiegare il fallimento delle maggiori squadre sportive professioniste, con sede a Philadelphia, nel vincere i campionati dopo la costruzione avvenuta nel marzo del 1987 del grattacielo One Liberty Place, che ha superato l'altezza della statua di William Penn posizionata sopra il Philadelphia City Hall.

Philadelphia City Hall

La maledizione apparentemente si concluse il 29 ottobre 2008, quando i Philadelphia Phillies vinsero le World Series, un anno e quattro mesi dopo che una statuetta di William Penn fu installata, il 18 giugno 2007, durante la rituale cerimonia del "topping-off" sull’ultima trave sopra il Comcast Center, l'edificio più alto della città.

Le origini della maledizione

Sopra la City Hall (Municipio) di Philadelphia si trova la statua di William Penn, il fondatore della città e titolare originario dell'allora colonia britannica della Pennsylvania (che significava "Penn's Woods"). Per anni, un "gentlemen's agreement" (accordo tra gentiluomini), aveva stabilito che la Philadelphia Art Commission non avrebbe approvato nessun edificio della città che oltrepassasse questa statua. Questo tacito accordo finì nel marzo del 1987, quando fu eretto un moderno grattacielo di acciaio e vetro, One Liberty Place, a tre isolati di distanza. One Liberty Place è più alto della City Hall di 397 piedi (121 m), e misura 945 piedi (288 m) con una differenza di altezza rispetto al cappello della statua di Penn di 547 piedi (167 m). Un secondo grattacielo dello stesso architetto, il Two Liberty Place, venne costruito nel 1990 e misura 848 ft (258 m).

One Liberty Place e il Two Liberty Place

Le squadre sportive di Philadelphia avevano goduto di una striscia di successi. I Phillies della Major League Baseball avevano vinto le World Series nel 1980 e il pennant della National League nel 1983; i Flyers della National Hockey League vinsero back-to-back la Stanley Cup nel 1974 e 1975, ed andarono in finale nel 1976, 1980, 1985 e 1987; gli Eagles della National Football League apparvero nel XV Super Bowl, dopo la stagione 1980, perdendo contro gli Oakland Raiders; i 76ers della National Basketball Association vinsero le finali NBA nel 1983, oltre a partecipare alle finali nel 1977, 1980 e 1982. Prima del 1980, i Phillies erano apparsi in sole due altre World Series, nel 1915 e nel 1950, e gli Eagles avevano vinto due campionati di conference NFC dal 1966 in cui fu creato il Super Bowl, mentre i 76ers avevano vinto titoli NBA come Philadelphia e nella loro precedente incarnazione come Syracuse Nationals. La costruzione dello One Liberty Place iniziò nel 1985, due anni dopo l'ultimo scudetto stagionale a Filadelfia.

Nella stagione 1980, tutte e quattro le squadre raggiunsero la vittoria nelle loro rispettive league. Alla fine, solo i Phillies avrebbero vinto il titolo quell'anno.
 
L'inizio della maledizione degli sports di Philadelphia

Dopo che l'One Liberty Place fu costruito, la franchigia di Philadelphia incorse in una serie di fallimenti nella corsa al titolo delle World Series. I Flyers persero la finale della Stanley Cup due volte, nel 1987 con gli Edmonton Oilers in sette partite, dopo due mesi che l'One Liberty Place era stato inaugurato e nel 1997, in una sweep di quattro partite dai Detroit Red Wings. I Phillies persero le World Series del 1993 in sei partite con i Toronto Blue Jays, con la serie che si concluse con il walkoff homerun da tre punti di Joe Carter. I 76ers persero le Finali NBA del 2001 con i Los Angeles Lakers in cinque partite. Gli Eagles persero tre partite di fila della NFC Championship nelle stagioni dal 2001 al 2003, prima di raggiungere il XXXIX Super Bowl dopo la stagione 2004, solo per essere sconfitti dai New England Patriots di tre punti. In realtà, i soli anni in cui le franchigie di Philadelphia raggiunsero la vittoria nella loro league, dopo che l'One Liberty Place fu inaugurato, furono gli anni in cui i presidenti degli USA giurarono per il loro mandato, ad eccezione dei Flyers nel 1987, e le sconfitte nel corso degli anni che risalgono alla sconfitta dei 76ers nel 1977.

Inoltre, le sconfitte nei turni di semifinale si verificarono otto volte dopo l'apertura dello One Liberty Place, incluse cinque dei Flyers, nel 1989, 1995, 2000, 2004 e 2008. La squadra del 2000 fu ad una vittoria dall'approdare alla finale della Stanley Cup, dopo aver dominato i campioni finali dei New Jersey Devils per 3-1 prima di perdere tre partite consecutive (tra cui partita 5 e 7 in casa), nel 2004 la squadra perse gara 7 della Eastern Conference Finals con i campioni finali dei Tampa Bay Lightning, e nel 2008 persero con i Pittsburgh Pinguins, loro rivali di sempre, in cinque partite. Gli Eagles rappresentano le altre tre sconfitte di finale di conference; persero la NFC Championship (il vincitore si scontra con il vincitore dell'altra league, la AFC, nel Super Bowl) per tre anni di fila dal 2001 al 2003, diventando così la prima squadra della NFL a fare questo in entrambe le conference dai Dallas Cowboys del 1980-1982, perdendo le ultime due in casa dopo aver registrato il miglior record della NFC. Nessun'altra squadra nella storia della NFL aveva perso back-to-back le partite per il titolo della conference in casa propria da quando la NFL iniziò la sua pratica nel 1975 di assegnare il vantaggio del fattore campo nella post season  in base al record nella regular season.

Altri sport

Si dice che la maledizione abbia incluso anche il cavallo purosangue Smarty Jones, di base a Bensalem-Township, che vide sfuggire la Triple Crown quando arrivò secondo nel 2004 al Belmont Stakes dopo le vittorie nel Kentucky Derby e Preakness Stakes.

Anche se la maledizione non è stata generalmente considerata come un'estensione allo sport universitario, due squadre di basket di college, di base a Philadelphia, i St. Joseph Hawks e i Villanova Wildcats, che ebbero delle stagioni di successo, rispettivamente nel 2004 e 2006, non riuscirono a raggiungere la Final Four della NCAA Basketball Tournament. Entrambe furono eliminate nella quarta fase della Elite Eight, con St. Joe's, prima nella East Regional, che perse in un match stretto con Oklahoma State e Villanova, prima nella Minneapolis Regional, che perse con Florida, i campione finali della NCAA. Villanova aveva vinto il campionato nazionale nel 1985, due anni prima dell'inaugurazione dell'One Liberty Place, e mai più da allora. Una terza squadra di Philadelphia, i Temple Owls, persero cinque volte nella Elite Eight (1988, 1991, 1993, 1999, 2001).

La maledizione, però, non era apparentemente estesa ai team professionistici al di fuori dei quattro della major league. I Philadelphia Wings della NLL (campionato invernale al coperto di lacrosse) vinsero sei titoli dal 1989, e l'ormai defunto Philadelphia Barrage della MLL (campionato estivo all'aperto di lacrosse) vinse tre campionati (2004, 2006 e 2007). I Philadelphia Phantoms della AHL (American Hockey League), il top della minor league affiliati ai Flyers dal 1996 al 2009, vinsero la Calder Cup nel 1998 e nel 2005. Inoltre, il Philadelphia KiXX della MISL (Major Indoor Soccer League) vinsero il loro campionato di lega nel 2002 e nel 2007. I Philadelphia Soul della AFL (Arena Football League) vinsero l’Arena Bowl XXII nel 2008. I Philadelphia Freedoms, una squadra di tennis della World Team Tennis League, vinse i titoli nel 2001 e nel 2006.

La caduta della maledizione

La statuetta di Billy Penn

Il 18 giugno del 2007, gli operai della Local Union 401 con la rituale cerimonia del "topping-off" posero l'ultima trave sopra la costruzione del Comcast Center tra la 17th Street e il John F. Kennedy Boulevard, nel centro di Philadelphia. Il Comcast Center è attualmente l'edificio più alto della città pari a 975 piedi (297,2 m). Nel tentativo di porre fine alla maledizione, i lavoratori John Joyce e Dan Ginion attaccarono una piccola statuetta di William Penn alla trave, insieme con la bandiera americana e il tradizionali piccolo albero sempreverde.  
Dopo che la prima statuetta di William Penn fu rubata, venne sostituita con una più piccola di 4 pollici.

John Joyce e Dan Ginion fissano la statuetta di Billy Penn alla trave

La trave viene issata sulla cima del Comcast Center

La vittoria dei Phillies

Il 29 ottobre 2008, i Philadelphia Phillies vinsero le World Series in cinque partite contro i Tampa Bay Rays, ponendo fine alla presunta maledizione. Durante la copertura televisiva della sfilata che ebbe luogo due giorni dopo, Comcast diffuse un annuncio congratulandosi con i Phillies e ricordando che la piccola statuetta di William Penn stava in cima alla torre del Comcast Center.

Phanatic durante la parata dei Phillies, dopo la vittoria nelle World Series 2008, si rivolge alla statua di Billy Penn

Decorazione di Penn

Nonostante la maledizione, quando le squadre sportive di Philadelphia agguantano il loro titolo della league, la statua di Penn viene a volte agghindata per supportare il successo di quella squadra. Ad esempio, dopo che i Phillies vinsero il pennant della National League nel 1993, sulla testa di Penn fu messo un enorme berretto rosso da baseball dei Phillies. Quando i Flyers arrivarono alla finale della Stanley Cup del 1997, la città ornò Penn con la maglia con il corpo di colore rosso e le maniche bianche (a quel tempo questa combinazione era la casacca dei Flyers per le trasferte).

Billy Penn con il cap dei Phillies
Billy Penn con la maglia dei Flyers

Quando i Sixers incontrarono i Lakers nella finale NBA del 2001, Billy Penn non fu decorato. Pat Croce, co-proprietario dei Sixers, disse che l'avrebbe "addobbata", se avessero vinto i Sixers, ma non prima. Billy Penn non fu vestito, quando gli Eagles giocarono il XXXIX Super Bowl nel 2005.

Foto panoramica che abbraccia la statua di Billy Penn, al centro, l'One Liberty Place, a sinistra, e il Comcast Center a destra