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La rivalità tra i Philadelphia Phillies e i Pittsburgh Pirates è stata considerata da molti come uno delle migliori nella National League. La rivalità cominciò quando i Pittsburgh Pirates entrarono nella National League nel 1887, quattro anni dopo i Phillies.

I Phillies e i Pirates rimasero insieme dopo che la NL si divise in due division nel 1969. Durante il periodo delle due division (dal 1969 al 1993), le due rivali della National League East vinsero il più alto numero di division championships, quasi esclusivamente negli anni '70 e ancora nei primi anni '90, nove titoli per i Pirates e sei per i Phillies; insieme le due squadre vinsero 15 championships che rappresentano più della metà dei 25 titoli della NL East durante quel periodo.

Dopo che i Pirates si trasferirono nella National League Central nel 1994, le squadre si affrontarono solo in due serie ogni anno e la rivalità diminuì. Tuttavia, molti fan, soprattutto i più anziani, conservano la loro antipatia per l'altra squadra e le differenze regionali tra la Pennsylvania Eastern e Western alimentano ancora la rivalità.

Storia antica a prima del 1970

Prima del 1970, la rivalità era moderata, perché le due squadre furono raramente altrettanto forti allo stesso tempo. Tuttavia, nel 1901, i Phillies ed i Pirates finirono primi e secondi in classifica per la prima volta, con i Pirates che finirono 7 partite e 1/2 davanti ai Phillies. 

In seguito, i Phillies non riuscirono a vincere il loro primo pennant della National League fino al 1915, grazie ai lanci di Grover Cleveland Alexander e alla potenza in battuta di Gavvy Cravath, che stabilì il record per la prima singola stagione con 24 fuoricampo. Durante questo periodo, i Pirates dominarono la National League, vincendo altri tre pennant nel 1902, 1903, quando persero la serie inaugurale delle World Series, e quando vinsero la loro prima World Series, nel 1909, diventando la prima squadra ad inaugurare un nuovo stadio con il Fall Classic Championship, avendo giocato la loro prima stagione al Forbes Field nello stesso anno. 

Grover Cleveland Alexander
Gavvy Cravath

I Phillies furono nel bel mezzo di un periodo di inconsistenza dal 1918 al 1948, quando i Pirates vinsero le World Series del 1925 e il pennant della National League nel 1927. Durante questo periodo, i Phillies ebbero solo una stagione vincente, nel 1932. Dal 1933 al 1948, i Phillies completarono 16 stagioni consecutive terminando penultimi o ultimi, un record della Major League, che resistette fino al 2009 (interrotto dai Pirates).

Dopo la seconda guerra mondiale, i Pirates ebbero un limitato successo, nonostante la presenza di un'autentica stella come Ralph Kiner, che aveva guidato la National League nei fuoricampo per sette stagioni consecutive (dal 1946 al 1952). Durante quel periodo, i Phillies realizzarono nel 1949 la loro prima stagione vincente in 17 anni, e l'anno successivo, gli Whiz Kids dei Phillies vinsero il loro secondo pennant della National League, anche se persero con i New York Yankees le World Series del 1950. Nel 1960, i Phillies erano in ultima posizione quando i Pirates vinsero le World Series.

Anni '70: Il predominio nelle division championships

Una rissa negli anni '70/'80 ( a sx è riconoscibile Mike Schmidt)

Fu durante gli anni '70 che la rivalità divenne intensa. I Phillies e i Pirates parteciparono a 10 delle 22 possibili apparizioni nelle National League Championship Series, dal 1970 al 1980. Nelle apparizioni delle NLCS, i Phillies ne visero 1 su 3 e i Pirates 2 su 4. Nella maggior parte delle volte, i team dovettero affrontare nelle NLCS la "Big Red Machine" dei Cincinnati Reds. In ciascuno degli anni le due squadre vinsero il pennant e le World Series: i Pirates nel 1971 e 1979 e i Phillies nel 1980. 

Danny Ozark

Dal 1970 al 1980, le due squadre regnarono esclusivamente come campioni della National League East, tranne che nel 1973, quando i New York Mets vinsero il pennant della NL. Il successo dei Phillies, sotto il manager Danny Ozark, venne attribuito ad un buon poderoso lineup con Greg Luzinski e Mike Schmidt leader della squadra in homers, Steve Carlton e Tug McGraw leader del pitching e Larry Bowa e Garry Maddox i punti fermi della difesa di Philadelphia. I Pirates, sotto i manager Danny Murtaugh e Chuck Tanner, ebbero anche un attacco tremendo guidato da Willie Stargell, Dave Parker, Rennie Stennett e il catcher Manny Sanguillen, gli infielders Bill Madlock e Phil Garner erano gli specialisti difensivi, e Dock Ellis, John Candelaria, Steve Blass e Bob Moose leader del pitching.

Danny Murtaugh
Chuck Tanner

1970-1973: Tre ripetizioni dei Pirates

Three Rivers Stadium

Entrambe le squadre inaugurarono i nuovi stadi negli anni successivi. I Pirates inaugurarono il  Three Rivers Stadium nel 1970, mentre i Phillies aprirono il Veterans Stadium nel South Philadelphia Sports Complex l'anno successivo.

Veterans Stadium

Il punto dove Willie Stargell colpì il fuoricampo al Veterans Stadium

Durante questo periodo, i Pirates vinsero tre consecutivi titoli di division, dal 1970 al 1972. Al contrario, i Phillies non godettero di alcun successo, finendo penultimi nel 1970 e all'ultimo posto nel 1971 e 1972. Il 25 giugno 1971, Willie Stargell dei Pirates colpì il più lungo home run nella storia del Veterans Stadium nella vittoria dei Pirates per 14-4. Il punto in cui la pallina si fermò fu contrassegnato con una stella di colore giallo con una "S" nera dentro un cerchio bianco fino alla morte di Stargell del 2001, e poi il cerchio bianco venne dipinto di nero. La stella rimase fino alla demolizione dello stadio nel 2004.

La sezione del Veterans Stadium dove il fuoricampo colpì le tribune

1974-1980

La rivalità si infiammò perché entrambi i team regnarono esclusivamente come campioni della Nationa league East Division (Inoltre giocarono tra loro 126 volte e si divisero in parti uguali le vittorie e le sconfitte, 63-63).

Altra rissa negli anni '70/'80

I Pirates vinsero la division nel 1974 e nuovamente nel 1979. Dal 1975 al 1978, entrambe le squadre si classificarono al primo e al secondo posto in classifica. I Pirates vinsero la divisione nel 1975, mentre i Phillies vinsero tre titoli consecutivi della division dal 1976 al 1978.

Durante la stagione 1974. Il seconda base dei Phillies Dave Cash coniò la frase "Yes We Can" per la squadra. Infatti, per un certo tempo, sembrò che potessero farcela. Guidarono la division per 51 giorni. Tuttavia, nel mese di agosto e settembre, i Phillies subirono un piccolo collasso, andando 25-32 e la frase si trasformò in "No They Couldn't" (No che non potevano) dando ai Pirates il titolo della division. I Pirates persero le National League Championship Series del 1974 con i Los Angeles Dodgers.

Dave Cash

Nel 1975, i Pirates vinsero il campionato della division in casa contro i Phillies e finirono 6 partite e 1/2 davanti a loro. Nelle National League Championship Series del 1975 furono spazzati dai Reds, campioni delle World Series.

Nel 1976, le due squadre aprirono la loro stagione una contro l'altra a Filadelfia. Johnny Oates dei Phillies era stato designato come platoon al fianco del catcher Bob Boone nella stagione. Nella gara inaugurale della stagione, Oates si ruppe la clavicola in una collisione a casa base con Dave Parker e perse quasi la metà della stagione. I Phillies vinsero il loro primo titolo della National League East, eclissando per la prima volta nella storia della franchigia il marchio del secolo per le vittorie in una stagione con 101 successi, nove partite più dei Pirates. Come per i Pirates l'anno prima, i Phillies furono spazzati nelle National League Championship Series dai Reds, nuovamente vincitori delle World Series.

Nel 1977, i Phillies realizzarono per il secondo anno di fila il record di 101 vittorie, cinque partite sopra i Pirates, ma persero le National League Championship Series per mano dei Los Angeles Dodgers.

Nel 1978, i Pirates riuscirono a risalire dal quarto posto, 11 partite e 1/2 dietro a metà agosto, fino a sfidare i Phillies per il titolo della division. Le squadre si affrontarono nelle ultime giornate della regular season per decidere il vincitore della division. I Phillies arrivarono a Pittsburgh il 29 settembre per una serie di quattro partite, avanti sui Pirates di 3 partite e 1/2. I Pirates spazzarono un doubleheader estendendo la loro striscia di vittorie in casa a 24 per portare il deficit a una 1 partita e 1/2. Nella terza partita della serie, Willie Stargell colpì un grand slam e sembrò che la partita potesse prendere la piega delle precedenti. Invece, il pitcher dei Phillies Randy Lerch colpì due fuoricampo per aiutare i Phillies a recuperare e vincere la partita, 10-8, vincendo il terzo titolo divisionale consecutivo nel successivo e ultimo giorno della stagione. Questa fu la prima volta che la squadra ospite vinse un titolo di division al Three Rivers Stadium. Nella postseason, i Phillies persero per il secondo anno di fila dai Dodgers nelle National League Championship Series.

Willie Stargell

Entrambe le squadre vinsero le World Series negli anni successivi, nel 1979 e 1980. Nel 1979, i Phillies acquistarono gli infielders Manny Trillo e Pete Rose, ma i Pirates furono troppo dominanti con Stargell, che condivise l'onore dell'MVP con Keith Hernandez, e vinsero il loro più recente titolo mondiale nello stesso anno. L'anno successivo, i Phillies vinsero le loro prime World Series.

Manny Trillo
Pete Rose

I Phillies vincendo le World Series del 1980 decretarono un momento di pace nella rivalità. L'attimo dopo che il pitcher Tug McGraw mise strikeout Willie Wilson dei Kansas City Royals con le basi occupate per preservare la vittoria di Steve Carlton e dei Phillies, saltando dal monte per abbracciare il catcher Bob Boone sul diamante del Veterans Stadium di Philadelphia, il governatore della Pennsylvania, Dick Thornburgh, firmò un proclama dichiarando che il giorno successivo si sarebbe festeggiato nello stato il "World Championship Philadelphia Phillies Day". Durante la celebrazione nel dopo sfilata della squadra al John F. Kennedy Stadium, il governatore Thornburgh disse che la rivalità era in pace: "Nessuno compete oggi con i Phillies", disse il governatore, "Philadelphia, Pennsylvania, oggi è la capitale del baseball nel mondo. Tutti la Pennsylvania è orgogliosa di voi"

Anni '80

Negli anni '80, per due volte la rivalità vide un momento di pace. La partita tra le due squadre nell'opening day in casa dei Phillies il 13 aprile 1981 fu un momento di pace nella rivalità. Quando i Phillies ricevettero gli anelli delle World Series, la squadra nel dugout dei visitors era i Pirates. I Phillies vinsero la partita 5-1, e il pitcher partente dei Phillies Steve Carlton realizzò la 250a vittoria.

Nel 1982, quando Willie Stargell giocò la sua ultima stagione, sia i Phillies che i Pirates proclamarono il "Willie Stargell Day" in onore all'ultima partita di Stargell. I Pirates lo onorarono il 6 settembre, dopo la vittoria in una partita contro i New York Mets, mentre i Phillies lo celebrarono nel corso di una partita contro i Pirates il ​​19 settembre, ultima partita di Stargell a Philadelphia.

Entrambe le squadre si classificarono al primo e al secondo posto con i Phillies che finirono sei partite davanti ai Pirates nella loro stagione del pennant del 1983.

Nella seconda metà degli anni '80, la rivalità fu sotto tono, in quanto entrambe le squadre affondarono in classifica. L'unica volta durante quel periodo che entrambe le squadre furono in grado di realizzare un record vincente si ebbe negli anni dei playoff con i New York Mets, e in entrambe le occasioni, non solo arrivarono secondi in classifica, ma furono anche le uniche squadre della National League East diverse dai Mets a finire con un record vincente (i Phillies nel 1986 e i Pirates nel 1988).

Ciò nonostante, la rivalità ebbe dei momenti memorabili in quel periodo. Nella vittoria 8-6 dei Phillies a Pittsburgh, il 18 aprile 1987, Mike Schmidt dei Phillies colpì il suo 500° fuoricampo da tre punti nel nono inning.

1989: I Phillies recuperano dieci punti

Forse, il momento più memorabile nella rivalità durante gli anni '80 arrivò l'8 giugno del 1989. I Pirates avevano segnato 10 punti nella parte alta del primo inning in una partita al Veterans Stadium, di cui tre sul fuoricampo di Barry Bonds. Come i Phillies andarono a battere nella parte bassa del primo inning, il broadcaster dei Pirates (ed ex lanciatore) Jim Rooker dichiarò in onda: "Se perdiamo questa partita, vado a a casa a piedi". Invece, sia Von Hayes che Steve Jeltz colpirono due fuoricampo (quest'ultimo ne avrebbe colpiti solo cinque nel corso della sua carriera in major league) per innescare la rimonta dei Phillies.

Jim Rooker

I Phillies inseguirono ed erano ora solo 11-10 nell'ottavo inning, pareggiarono su un lancio pazzo, e poi presero il comando con un singolo sull'esterno centro da due punti di Darren Daulton e continuarono vincendo 15 a 11. I Pirates diventarono la prima squadra a perdere una partita dopo aver segnato 10 punti nel primo inning. Rooker dovette aspettare fino a dopo la stagione per portare a compimento la sua promessa di "walk home", percorrendo 300 e più miglia a piedi per beneficienza da Philadelphia a Pittsburgh.

1990-1993: Un altro esclusivo dominio nelle division championships

Nel 1990, i Phillies e Pirates iniziarono un altro esclusivo periodo di dominio della National League East, anche se entrambe le franchigie non furono contendenti nelle stagioni di quel regno. I Pirates, con i picchiatori Barry Bonds e Bobby Bonilla e il lanciatore Doug Drabek, con il manager Jim Leyland, ne vinsero tre consecutivamente, dal 1990 al 1992 (Bonilla non era più con i Pirates nel 1992), mentre i Phillies, guidati da star del calibro di Darren Daulton, John Kruk, Lenny Dykstra e Curt Schilling vinsero nel 1993 il pennant della NL. Tutti i titoli della NL East division durante questo periodo, fatta eccezione per il 1990, furono vinti al Three Rivers Stadium.

Jim Leyland

1990-1992: I Pirates si ripetono ancora tre volte

Nel 1990, i Pirates andarono alla postseason per la prima volta da quando avevano vinto le World Series del 1979, ma persero con i Cincinnati Reds per le National League Championship Series.

I Pirates del 1991 vinsero la division per il secondo anno consecutivo, aiutati dai loro record di 12-6 contro i Phillies, nel corso dello scontro finale tra le due squadre il 22 settembre. Quando i Phillies videro i Pirates festeggiare il titolo, l'outfielder Wes Chamberlain e lo shortstop Dickie Thon dissero che avevano guardato, ma il manager dei Phillies Jim Fregosi disse di "non aver guardato" dopo che la polizia di Pittsburgh e la sicurezza dei Pirates circondarono il campo. I Pirates divennero la prima squadra della NL East a vincere titoli consecutivi di division dai Phillies nel 1978, ma persero con gli Atlanta Braves nelle National League Championship Series.

Jim Fregosi

Nel 1992, il seconda base dei Phillies Mickey Morandini eseguì un triplo gioco non assistito contro i Pirates e, così facendo, diventò il primo seconda base nella storia della National League e il primo giocatore a farlo nella stagione regolare. I Pirates vinsero per la seconda volta, e furono la prima squadra della National League East a farlo dopo i Phillies del 1978. Ancora una volta, persero con i Braves nelle National League Championship Series.

Mickey Morandini

1993: I Phillies passano dalla peggiore posizione al pennant della National League

Nel 1993, i Phillies, che avevano chiuso all'ultimo posto nel 1992, si portarono stabilmente in testa alla NL East e vi rimasero per tutti i giorni tranne uno, il 9 aprile. I Pirates furono al primo posto il giorno stesso in cui i Phillies non lo furono. Il 29 agosto, i Phillies avevano 10 partite e ½ di vantaggio, ma a causa di una scivolata a settembre alcuni editorialisti della città confrontarono il club con la squadra del 1964, che cedette 6 partite e 1/2 di vantaggio durante le ultime settimane della stagione, perdendo 10 partite di fila con 12 partite ancora da giocare e vedendo svanire il pennant di una partita con i campione finali dei St. Louis Cardinals. Persero cinque delle sette in casa, riducendo il loro vantaggio a quattro con 13 partite ancora da giocare.

Il 27 settembre, i Phillies andarono a Pittsburgh per una serie di quattro partite contro i Pirates. I Phillies erano avanti di 6 partite con sette ancora da giocare: quattro contro i Pirates e le ultime tre contro i Cardinals. I Phillies vinsero la gara di apertura, 6-4, e i Florida Marlins superarono in casa i Montréal Expos al secondo posto, 3-1, conquistando almeno il pareggio per il primo posto nella division. Il giorno dopo, i Phillies erano sotto 4-3 dopo aver concesso tre punti nel sesto inning, ma con sei run nel settimo inning, grazie soprattutto al grand slam di Mariano Duncan, vinsero il loro primo titolo di division dal pennant del 1983. L'outfielder Wes Chamberlain mise la parola fine a tutti i riferimenti al 1964, urlando: "E' il 1993, baby! Non è il 1964. Dove sono adesso tutti quei fantasmi". Molti fans dei Phillies avevano fatto il viaggio attraverso lo stato fino a Pittsburgh per vedere la loro squadra vincere e dopo la partita, il manager Jim Fregosi lanciò loro il berretto mentre usciva dal campo. Anche se Fregosi aveva vinto l'American League West come manager dei California Angels nel 1979, confessò che il 1993 fu "l'anno più gratificante che io abbia mai passato nel baseball. E 'semplicemente fantastico. Non c'è nulla di così. Sono così orgoglioso di questi ragazzi. Sono stati grandi per tutto l'anno".

Wes Chamberlain

Il manager dei Pirates Jim Leyland, questa volta, dovette assistere alla celebrazione dei Phillies dalla panchina della squadra di casa. Osservò la festa, e a differenza di Fregosi due anni prima, disse: "Per me, la vera faticata è la 162a partita in calendario ... A nome di tutta l'organizzazione dei Pirates, mi congratulo con i Phillies che hanno fatto un lavoro incredibile. E' meritato. Hanno meritato tutto quello che hanno ottenuto. Dovrebbero essere realmente orgogliosi di averlo fatto, e realmente orgogliosi del modo in cui lo hanno fatto". Era solo la terza volta che una squadra ospite vinceva un titolo di division al Three Rivers Stadio, dopo gli stessi Phillies nel 1978 e i Chicago Cubs nel 1984.

Come i Pirates nel 1991 e 1992, i Phillies affrontarono i Braves nelle National League Championship Series. Al contrario dei Pirates riuscirono a sconfiggere i Braves, ma persero le World Series con i Toronto Blue Jays con il famoso walk-off home run di Joe Carter.

Fine della rivalità

Le due squadre si erano affrontate 18 volte durante la stagione e per l'ultima volta nel 1992. L'anno successivo, il numero di confronti diretti fu ridotto a 13, con l'allargameno della NL per includere i Florida Marlins.

La rivalità si concluse quando la MLB riallineò per il 1994 ciascuna league in tre division, e l'aggiunta di un playoff format. Quando fu approvato il riallineamento, i Pirates passarono nella nuova Central Division e al loro posto nella NL East entrarono gli Atlanta Braves.

Reazione al riallineamento

Il Presidente dei Pirates Mark Sauer dichiarò che "ci sono un sacco di motivi per cui i Pirates sono … nella Central ... La nostra chiave del marketing people ... tutti crediamo che questa sia la strada da percorrere". Disse anche che i "Cleveland Indians, la più vicina franchigia a Pittsburgh, aveva scelto la Central al posto della East". Tuttavia, il manager Jim Leyland ritenne che lo "spostamento avrebbe dovuto avere poco impatto sul campo". Il general manager di Pittsburgh, Cam Bonifay, disse che "sulla base delle nostre rivalità e la nostra base di fans, ci sentiamo comodi  ad essere nella Central Division". Basò anche sul fatto che i Pittsburgh Steelers nella National Football League erano nella stessa division con le stesse due città della NL Cental Division, Cincinnati e Houston, dicendo che "non riteniamo che ci sia alcuna differenza sostanziale tra l'Eastern e la Central Division. Con l'esistenza degli Steelers nella Central Division, dal punto di vista dei nostri tifosi, non ci sarebbero limitazioni nella nostra rivalità. La nostra base di fans capisce dove siamo geograficamente. La dimensione dei mercati di Houston, St. Louis e Cincinnati sono più in linea".

Sul lato dei Phillies, il presidente Bill Giles disse che il riallineamento lo aveva "deluso per aver perso la rivalità inter stato" e che "sento fortemente che Pittsburgh deve stare nella East Division, perché abbiamo avuto una rivalità con loro per 104 anni. Penso solo che ci sia un argomento più legittimo per mantenere le due squadre della Pennsylvania insieme". Tuttavia, egli ebbe la fortuna che il riallineamento solidificò la loro rivalità con i New York Mets.

Dopo la fine della rivalità

Dopo la loro sconfitta con gli Atlanta Braves nelle NLCS del 1992, i Pirates persero Bonds e Doug Drabek, passati free agent, e non recuperarono mai veramente la loro perdita, realizzando un record di 19 stagioni consecutive perse, il maggior numero negli sport. I Phillies, dopo la vittoria del pennant del 1993, lottarono anche loro fino alla fine degli anni '90, ma a partire dal 2001, realizzarono una stagione vincente ogni anno (tranne che nel 2002), vincendo quattro consecutive division championships dal 2007 al 2011, rompendo la maledizione di Billy Penn a vincendo le World Series nel 2008.

Anche se la rivalità non può riaccendersi a breve, dal 2005, tutti coloro che sono collegati con i Phillies ed i Pirates vorrebbero vedere riaccesa la rivalità, in modo da poter vedere entrambe le squadre giocare molto più spesso.

Nel 2005, il lanciatore dei Phillies Jon Lieber, un ex Pirates, disse che era "una vergogna" che le due squadre "non giocassero più spesso", e che, "ci piacerebbe tornare a giocare di più tra le squadre della NL". Il broadcaster dei Pirates Bob Walk disse che "questa è una rivalità con cui sono cresciuto ... Per alcuni di noi anziani Pirates, fans dei Phillies, spettatori e giocatori, la rivalità è una specie di ancora lì ... Conosco questa storia ... Perché sono stato anche dall'altra parte". Il General Manager dei Phillies Ed Wade disse che poteva "certamente sentirla, dopo essere stato su entrambe le franchigie", avendo iniziato la sua carriera con i Pirates nelle loro ufficio di pubbliche relazioni alla fine degli anni '70.

Durante la serie tra le due squadre al Citizens Bank Park di Philadelphia nel 2006, l'outfielder dei Pirates Jason Bay disse: "ragazzi si faccia solo una serie qui e una volta a casa nostra. In sei partite è difficile dar fuoco davvero alla rivalità che c'è ... Se mai si arrivasse ai playoff, sarebbe sicuramente amplificata". Tuttavia, l’outfielder dei Phillies Bobby Abreu aveva detto che il riallineamento significava partite tra Phillies e Pirates "queste sono solo due squadre che giocano una contro l'altra, cercando solo di vincere".

Jason Bay

Il presidente dei Pirates Frank Coonelly, lui stesso nato e cresciuto a Philadelphia, aveva detto che voleva vedere di più, sia i Phillies che i New York Mets al PNC Park. Egli disse che "è un peccato che i nostri fans abbiano solo un'opportunità in un anno di vedere due club con i quali abbiamo avuto grandi rivalità", e che, "la nostra sfida ... è che la combinazione di gioco interleague e il calendario sbilanciato significa che noi vediamo solo ... i Phillies e Mets una volta l'anno a Pittsburgh. Abbiamo bisogno più spesso di questi rivali a Pittsburgh. Questo può essere realizzato attraverso il riallineamento o un programma più equilibrato". Il manager John Russell e il prima base Adam LaRoche sono d'accordo, dicendo che i Phillies, Pirates e Mets dovrebbero essere nella stessa division, poichè tutti e tre "sono un po' intercambiabili, con grandi accoppiamenti ... Ma adesso, siamo i più separati". Dopo essere diventato manager dei Mets per la stagione 2011, Terry Collins ha sollevato la questione ulteriormente quando scelse di portare il numero 10 per onorare Jim Leyland, dopo aver servito nel suo coaching staff, con i Pirates nel 1992 e nel 1993.

Anche numerosi fans di Filadelfia e Pittsburgh vogliono che la rivalità venga riaccesa. La rivalità è stata anche attribuita alla vicinanza tra le due più grandi città dello stato della Pennsylvania, che sono a circa sei ore di distanza in auto. I fans dei Phillies provengono dalla Delaware Valley (l'area metropolitana di Philadelphia), che comprende Southeastern Pennsylvania, New Jersey centrale a sud di Princeton, New Jersey del sud, Delaware del nord e l'estrema parte del nordest del Maryland. Al contrario, i fans dei Pirates sono generalmente dalla zona metropolitana di Pittsburgh, che include la Western Pennsylvania. La rivalità tra Philadelphia-Pittsburgh è evidente in altri sport, come ad esempio tra i Philadelphia Flyers e Pittsburgh Penguins della National Hockey League.

 

 

Brooklyn ha una lunga e complessa storia come città di baseball. Naturalmente la maggior parte della gente conosce la lunga permanenza che godettero i Dodgers a Flatbush, ma poche persone sanno che i primi nomi della franchigia includevano soprannomi come Bridegrooms, Superbas e Trolley Dodgers. Durante il mandato (1914-1931) di un manager particolarmente colorito, Wilbert Robinson, furono spesso chiamati Robins in onore del loro allenatore, che aveva acquisito il soprannome di "Uncle Robbie".

Wilbert Robinson

Robinson era salito alla ribalta come un accorto ricevitore, un determinato giocatore dei Baltimore Orioles degli anni 1890, che stabilì un record nel 1892 per aver realizzato sette valide in nove inning in una partita. Dopo aver prestato servizio come coach dei Giants per il suo ex compagno di squadra e amico John McGraw, Uncle Robbie venne nominato manager della franchigia rivale di Brooklyn nel 1914. Mantenendo il suo atteggiamento gioviale e accomodante, guidò i Robins alla loro prime apparizioni nelle due World Series nel 1916 e 1920. Wilbert Robinson venne sostituito da Max Carey quando si ritirò nel 1931. La squadra venne allora soprannominata Brooklyn Canaries, perché il vero cognome di Carey era in realtà Carnarius. Dopo il 1933 ci fu una discussione sulla ridenominazione di Robins e Brooklyn Canaries, ma il nome Brooklyn Dodgers ritornò per restare per sempre. Nei loro anni successivi, 1940 e 1950, i Brooklyn Dodgers presero il loro baseball seriamente. Prima di quel tempo erano conosciuti come i Daffiness Boys, e il daffiest (letteralmente: sciocco) per eccellenza era Babe Herman, che oltre ad essere un grande battitore e un pessimo difensore era un genuino strampalato sulle basi.

Babe Herman

Giocò la maggior parte della stagione in prima base, ma la sua difesa era atroce e commise 14 errori in 101 partite. Nel 1927, aveva più di 21 errori e lo trasferirono all’esterno. Come esterno destro guadagnò rapidamente la fama di peggior difensore della league, commettendo più di 10 errori in cinque delle sue prime 6 stagioni all’esterno. Fresco Thompson, un compagno di squadra di Babe, disse di Herman: "Impugnava un guanto per un motivo: perché era una consuetudine della league". Babe fu la candela di accensione per il pazzo periodo dei Dodgers che culminò con tre uomini sulla base - la stessa base. Il marchio di questo periodo di gioco dei Dodgers si verificò quando Herman battè in doppio gioco, e tre giocatori - Dazzy Vance, Chick Fewster e Herman - finirono tutti in terza base nello stesso tempo.

Dazzy Vance
Chick Fewster

Nel 1926, la partita con i Boston Braves era in parità 1-1, nella parte bassa del settimo, con le basi piene e un out. Hank DeBerry era in terza, Dazzy Vance in seconda e Chick Fewster in prima e con Herman alla battuta. Herman colpì un forte drive a destra, e i corridori si bloccarono un attimo per vedere se la palla fosse stata presa, un'eventualità che Herman non sembrava mai prendere in considerazione quando correva sulle basi.

La palla andò a sbattere contro il muro e DeBerry andò a punto. Vance toccò la terza e si diresse verso il piatto. Fewster era tra la seconda e la terza quando fu scioccato nel vedere Herman fumante che piombava su di lui, anche lui verso la terza. Anche Mickey O'Neil, coach di terza, vedendo Herman precipitarsi irragionevolmente a capofitto iniziò ad urlare "indietro, indietro". Vance, quasi a casa, si fermò, pensando che le istruzioni frenetiche erano per lui, e tornò indietro verso la terza. Fewster, in corsa per la sua vita, arrivò sulla base in piedi proprio quando Vance arrivò scivolando da casa base e Herman dalla seconda. Così a questo punto c’erano tre Dodgers confusi in terza base. Il terza base dei Boston ricevette la palla dopo che era stata tirata a casa e toccò Vance e Herman, ma in realtà non toccò Fewster, che vagava fuori dalla base in uno stato di intontimento. Infatti, il terza base dei Boston non aveva effettivamente toccato nessuno. Il primo corridore Vance aveva diritto alla base, così la toccata su di lui era stata senza senso. Non c'era neanche bisogno di toccare Herman, in quanto era out automaticamente per aver superato Fewster. Nel frattempo, Fewster semplicemente decise che un doppio gioco aveva chiuso l’inning. Trotterellò verso la seconda base per attendere il suo guanto sul limite dell'erba, in attesa di prendere la sua posizione in difesa. Infine Doc Gatrea, il seconda base di Boston, chiamò la palla e toccò Fewster, che sarebbe stato salvo se fosse semplicemente tornato in seconda. Con la toccata, l'arbitro urlò: "Fewster, sei fuori". Fewster rispose: "Pensavo di esserlo già cinque minuti fa". Questo pose fine al confuso inning con la realizzazione di un solo punto. Babe Herman non riusciva a capire perché fu sottoposto a così tanti insulti anche se ammise che, mentre non aveva triplicato in un triplo gioco come qualcuno aveva detto, aveva certamente raddoppiato in un doppio gioco. Nonostante l'incidente la squadra di Brooklyn superò i Braves in entrambe le partite con i punteggi di 4-2 e 11-3. Circolava una famosa barzelletta che ebbe origine quando un fan dovette lasciare l'Ebbets Field prima del completamento della partita dei Dodgers. Come entrò nel taxi, l'autista gli chiese come stava andando la gara. "Abbastanza bene", rispose il passeggero. "I Dodgers hanno tre uomini in base". Il tassista risposte: "Sì, su quale base?". In un'altra occasione, Herman colpì una palla sul campo esterno con un corridore in prima. Herman era sicuro di aver realizzato un doppio. Abbassò la testa, corse in prima e girò per la seconda. L’altro corridore, invece, che si era avventurato in seconda, poi realizzò che la palla poteva essere presa al volo. Veloce come un lampo si girò e tornò in prima. Lui ed Herman si incrociarono in direzioni opposte! Wilbert Robinson era al timone dei Brooklyn durante gran parte dei "Daffiness Days". Il vecchio catcher degli Orioles era così di buon umore e scanzonato che tutti parlavano di lui come "Uncle Robbie". E i giocatori di Brooklyn, in quei giorni, furono chiamati i "Robins" in suo onore. Anche se la squadra restò al sesto posto per la maggior parte del tempo, aveva alcuni buoni giocatori nel roster. In realtà lo stesso Babe Herman, giocatore molto diffamato, era un ottimo battitore che battè .393 per i Dodgers. Anche il lanciatore Dazzy Vance era un altro buon giocatore. Aveva raggiunto il team dopo aver trascorso 11 anni nelle minors. Vance fu leader della League negli strikeouts per sette stagioni di fila. In 10 anni a Brooklyn, eliminò 2045 battitori. Un anno ne mise strikeout 262 mentre vinse 28 partite. Come squadra, però, Brooklyn era piuttosto scarsa. Ebbero un breve ritorno nel 1930, quando per 75 giorni rimasero al primo posto nella National League. Ma alla fine della stagione scesero al quarto posto. Robinson venne retrocesso da presidente a manager. L'anno successivo Brooklyn terminò ancora al quarto posto, e Robbie rassegnò le dimissioni alla fine della stagione. Il management armeggiò provando diverse cure. Provarono anche a riportare un ex giocatore di Brooklyn, Casey Stengel, prima come coach e poi come team manager. Ma i Dodgers scivolarono al sesto posto. Anche i fedeli fan smisero di aspettarli fuori dello stadio per vedere i "Daffiness Boys". All'inizio della stagione 1934 un giornalista sportivo chiese a Bill Terry, manager dei Giants, che cosa pensasse sulle possibilità dei Brooklyn. "Brooklyn?" scattò Terry. "Sono ancora nella League?". Terry dovette rimpiangere questa affermazione. Nell'ultimo sabato della stagione i Giants giocavano contro i Dodgers al Polo Grounds. Cinquantamila tifosi di Brooklyn urlavano: "Brooklyn è ancora nella League? Lo scoprirai oggi, nel tuo sedere?". E Terry scoprì che i Dodgers sconfissero i Giants 5-1. Il giorno seguente li sconfissero di nuovo 8-5. A causa della lotta feroce contro i Dodgers gli sfortunati Giants persero il pennant dai Cardinals. Con l'inizio della stagione 1939 il management dei Dodgers apportò realmente delle modifiche radicali. Larry MacPhail, l'uomo che aveva portato il baseball giocato di notte a Cincinnati, divenne il nuovo presidente del club.

Larry MacPhail
Leo Durocher

Un duro interbase con il nome di Leo Durocher venne assunto come manager. Leo Durocher aveva iniziato nelle major come interno con i New York Yankees. Pur non essendo un battitore da .300, fu pericoloso al piatto con gli uomini in base. In campo era furbo e veloce. Durocher parlava così in fretta, così ad alta voce e così spesso che gli scrittori sportivi lo soprannominarono "Leo the Lip". La sua impudenza e il suo talento per scatenare risse fece sì che gli Yankees lo spedirono nella National League, dove giocò con i Reds e i Cardinals prima di entrare nel club dei Dodgers. Come manager, Durocher era un ritorno a John McGraw. Egli intimoriva gli arbitri e costantemente scorticava vivi i suoi avversari con la sua voce impudente e la lingua veloce. Anche se i suoi modi non erano dei migliori, seppe emozionare il suo ballclub e tenerlo in movimento. Alla fine della stagione 1940 i Dodgers avevano combattuto per il secondo posto nella National League, e avevano vinto 16 delle 21 partite con i Giants. Da tutti i fans di Brooklyn partì il grido: "Wait till next year!" (Aspetta l'anno prossimo!). E infatti il 1941 fu l'anno in cui i Dodgers finalmente vinsero il loro terzo pennant. Anche se persero le World Series con gli Yankees in cinque partite, una cosa era assai chiara: i giorni "daffiness" erano finiti.

 

 

La Dead Ball Era è un termine del baseball usato per descrivere il periodo tra il 1900 (anche se alcuni lo datano agli inizi del baseball) e l'emergere di Babe Ruth, come battitore di potenza nel 1919. Nel 1919, Ruth stabilì un record di 29 fuoricampo nella League, una spettacolare prova in quel momento.

Questo periodo fu caratterizzato da partite a basso punteggio e mancanza di fuoricampo. La media più bassa di punti nella storia fu realizzata nel 1908, quando la media squadre fu di solo 3,4 punti segnati a partita.

Il baseball durante la Dead Ball Era

Durante la Dead Ball Era, il baseball era molto più di una strategia della partita, utilizzando uno stile di gioco ormai conosciuto come "small ball" o "inside baseball". Esso si è basava molto più su tipi di giochi come le basi rubate e batti e corri che sugli home run. Queste strategie, forse per necessità, enfatizzarono la velocità. Le squadre giocavano in spaziosi ballpark che limitavano le battute di potenza e, rispetto al baseball moderno, la palla utilizzata era "dead" sia nel design che per l'uso eccessivo. Valide di bassa potenza come la "Baltimore Chop", sviluppata nel 1890 dai Baltimore Orioles, furono utilizzate per arrivare in base. Una volta sulla base, un corridore spesso rubava o veniva eseguito un bunt verso la seconda base per far avanzare in terza base o a punto su una giocata di batti e corri. In nessun altra epoca le squadre rubarono così tante basi come nella Dead Ball Era.

La media slugging  durante la Dead Ball Era (area evidenziata, 1900-1918 incluso) e andamento (dall'alto in basso) degli (HR), tripli (3B), doppi (2B) e singoli (1B)

Punti segnati a partita durante la Dead Ball Era (area evidenziata, 1900-1918 incluso)

Ci sono molti esempi di questa epoca che mostrano quanta più enfasi è stata posta sulla velocità che sulla potenza. Tra il 1900 e il 1920, ci furono 13 occasioni in cui il leader delle League nei fuoricampo avevano meno di 10 homerun per stagione, e solo quattro in cui i leader ne realizzarono 20 o più. Intanto ci furono 20 casi in cui i leader nei tripli delle League ne avevano 20 o più. L'outfielder Owen "Chief" Wilson dei Pittsburgh Pirates stabilì il record di 36 tripli nel 1912, un record poco noto che probabilmente è uno dei record indistruttibili del baseball, come lo sono i 309 tripli in carriera di Sam Crawford collezionati durante questo periodo.

Owen "Chief" Wilson

Nonostante la loro velocità, le squadra lottarono per segnare durante la Dead Ball Era. Le medie battuta cumulative delle Major League erano comprese tra .239 e .279 nella National League, e tra .239 e .283 nell'American League. La mancanza di potenza nel gioco significava anche medie slugging e percentuali arrivi in base inferiori, con i lanciatori che potevano sfidare i battitori senza più la minaccia della palla lunga. Il punto più basso della Dead Ball Era si verificò attorno al 1907 e 1908, con una media in battuta league a livello di .239, media slugging di .306, ed ERA sotto i 2.40. Quell'anno, i Chicago White Sox colpirono tre fuoricampo nell'intera stagione, ma finirono 88-64, con solo un paio di partite di distacco per vincere il pennant.

"Questo dovrebbe dimostrare che la pelle è più forte del legno" (Il manager degli White Sox Fielder Jones, dopo che i suoi Hitless Wonders del 1906 vinsero le World Series con una media battuta squadra di .230).

Russ Ford

Ci furono alcune lamentele riguardo al basso punteggio nelle partite e il baseball cercò di porre rimedio alla situazione. Nel 1909, Ben Shibe inventò il cuore di sughero al centro della palla, e la Reach Company - fornitrice ufficiale della palla dell'American League - iniziò la sua commercializzazione. Spalding, che forniva la National League, seguitò con il proprio tappo al centro della sfera. La variazione della palla ebbe un impatto drammatico su entrambe le League. Nel 1910, la media battuta dell'American era di .243, nel 1911 salì a .273. La National League ebbe un salto nella media battuta da .256 nel 1910 a .272 nel 1912. Capitò così che il 1911 fu la migliore stagione della carriera di Ty Cobb; Cobb battè .420 con 248 valide. Joe Jackson colpì .408 nel 1911, e l'anno successivo Cobb battè .410. Queste furono le uniche medie .400 tra il 1902 e il 1919. Nel 1913, però, i lanciatori iniziarono a riprendere il controllo, aiutati da una fortuita invenzione di un lanciatore della minor league, Russ Ford. Ford accidentalmente scorticò una palla da baseball contro un muro di cemento, e lanciando notò che la palla si abbassava quando raggiungeva il battitore. Era nato l'emery pitches (lancio smeriglio). Presto i lanciatori non ebbero solo la dominante spitball, ma avevano anche un altro lancio nel loro arsenale per controllare il battitore, aiutati dal fatto che la stessa palla veniva usata durante il gioco e quasi mai sostituita. Con il proseguire della partita, la palla si consumava sempre di più, ed era sempre più difficile colpirla poichè si muoveva di più durante il lancio ed era più difficile vederla quando diventava più sporca. Dal 1914 i punti segnati essenzialmente tornarono agli anni pre 1911, e tali rimasero fino al 1919.

Ty Cobb, Joe Jackson, Sam Crawford: 1911-12

Tale mancanza di potenza nel gioco originò uno dei soprannomi più ironici per un giocatore nella storia del baseball. Frank Baker, uno dei migliori giocatori della Dead Ball Era, si guadagnò il soprannome di "Home Run" Baker, solo per aver colpito due fuoricampo nelle World Series del 1911. Sebbene Baker fosse il leader dell'American League in fuoricampo per quattro volte (1911-1914), il suo più alto numero di homerun in una stagione fu di 12, e concluse con 96 fuoricampo in carriera.

"Home Run" Baker

Il miglior slugger della Dead Ball Era fu l'outfielder "Cactus" Gavvy Cravath dei Philadelphia Phillies. Cravath fu leader della National League nei fuoricampo per sei volte, con un totale di 24 per i vincitori del pennant dei Phillies nel 1915 e 19 in entrambe le stagioni del 1913 e del 1914. Cravath, tuttavia, fu aiutato perchè batteva nel Baker Bawl, uno stadio notoriamente hitter-friendly che aveva soli 280 piedi (85 m) di distanza dal piatto alla parete destra del campo.

"Cactus" Gavvy Cravath

Fattori che contribuirono alla Dead Ball Era

I seguenti fattori contribuirono al drammatico declino dei fuoricampo durante la Dead Ball Era:

La regola del foul strike

La regola del foul strike è stato il principale cambiamento delle regole che, in pochi anni, portò il baseball da un alto punteggio nelle partite a quello in cui ciascun punto segnato era un grande sforzo. Prima di questa regola, le palle in foul non erano contate come strike: in tal modo un battitore poteva battere in foul un'infinità di lanci, senza che venissero contati gli strike contro di lui, fatta eccezione per i tentativi di bunt. Questo diede un enorme vantaggio al battitore in quel momento. Nel 1901, la National League adottò la regola del foul strike, e l’American League seguì l'esempio nel 1903.

La palla stessa

Prima del 1921, era comune che una palla da baseball rimanesse la sola in partita per oltre 100 lanci. La palla sarebbe stata utilizzata fino a quando cominciava a disfarsi. Le League all'inizio erano molto attente ai costi, quindi i fans dovevano tirare in campo le palle che era stato colpite in tribuna. Più a lungo la palla veniva utilizzata e più morbida diventatva, e battendola si aumentava il deterioramento. Una palla morbida è molto più difficile mandarla lontana che colpire una nuova e più dura. Vi è anche la tesi secondo cui la stessa palla era già più morbida all'inizio, rendendo meno probabile il fuoricampo.

1910: Palla usata dalla National League nella Dead Ball Era, con le caratteristiche cuciture strette di colore nero e rosso

La spitball

La palla era anche difficile da colpire, perché i lanciatori potevano manipolarla prima di un lancio. Per esempio, la spitball fu permessa nel baseball fino al 1921. I lanciatori spesso segnavano la palla, la consumavano, ci sputavano sopra, o qualsiasi altra cosa in loro potere per ottenere un effetto sul movimento della palla. Ciò rese la "danza" della palla e la deviazione molto più evidente di quanto non sia ora, rendendo più difficile la battuta. Spesso veniva anche applicato sputo di tabacco sulla palla, che la macchiava. Ciò rese la palla difficile da vedere, soprattutto perché i ballpark non avevano le luci fino alla fine del 1930. Questo fatto rendeva difficile sia la battuta che la difesa.

Dimensioni dei Ballpark

Molti ballparks avevano grandi dimensioni, come il West Side Grounds dei Chicago Cubs, che distava 560 piedi (171 m) alla recinzione del centro del campo, e l'Huntington Avenue Grounds, dei Boston Red Sox, che misurava 635 piedi (194 m) alla recinzione del centro del campo. Le dimensioni del Braves Field spinse Ty Cobb a dire che nessuno avrebbe mai colpito la palla fuori da esso.

West Side Grounds

Huntington Avenue Grounds

La fine della Dead-Ball Era

La Dead Ball Era finì all'improvviso. Nel 1921, gli attacchi segnarono il 40% in più di punti e battendo quattro volte con molti fuoricampo come avevano fatto nel 1918. La repentinità di questo drammatico cambiamento provocò un ampio dibattito tra gli storici del baseball, e non ci fu unanimità tra loro per quanto riguarda la causa di questa trasformazione. Sei teorie popolari furono avanzate:

Cambiamenti nella palla: ​​Questa teoria sostiene che i proprietari sostituirono la palla con una nuova "palla vivace" (a volte indicata come "jackrabbit" ball  - la palla lepre), presumibilmente con l'intenzione di aumentare l'attacco e, di conseguenza, la vendita dei biglietti. Questa teoria fu smentita dalla Major League Baseball. Il filo usato per avvolgere il nucleo della palla fu cambiato prima della stagione 1920, anche se i test da parte dello United States Bureau of Standards non trovarono nessuna differenza nelle proprietà fisiche dei due diversi tipi di palle.

La messa al bando della spitball: La spitball, un lancio molto efficace per tutta la Dead Ball Era, venne messo fuori legge in quel momento. Questa teoria afferma che senza la spitball nell'arsenale dei lanciatori, i battitori ottennero un vantaggio.

Più palle da baseball durante la partita: Il fatale colpo alla testa di Ray Chapman nel corso della stagione 1920 portò ad una regola che la palla doveva essere sostituita ogni volta che si sporcava. Con una palla pulita in gioco in ogni momento, i giocatori non dovettero più fare i conti con una palla che "viaggiava attraverso l'aria in modo irregolare, e che tendeva a sfumare verso gli ultimi inning, e come arrivava sopra il piatto, era molto difficile da vedere".

Fuoricampo game-winning: Nel 1920, la Major League Baseball adottò la proposta dello scrittore Fred Lieb che il punto vincente home run con gli uomini sulle basi doveva essere considerato come un fuoricampo, anche se il suo punto non era necessario per vincere la partita. I proprietari tentarono (ma fallirono) di eliminare la base intenzionale (riuscendo solo a cambiare le regole che imponeva al catcher di essere all'interno del box del ricevitore quando un lancio veniva rilasciato), e si decise che tutto quello che era accaduto in una partita protestata sarebbe stato aggiunto alla registrazione della stessa. (Dal 1910 al 1919, i record nei giochi protestati erano stati esclusi).

Babe Ruth: Questa teoria sostiene che il successo prolifico di battere fuoricampo di Babe Ruth portò tutti i giocatori delle League ad abbandonare i loro vecchi metodi di battere (descritti sopra) e adottare una strategia di "free-swinging" (sventolare liberamente) progettato per battere forte la palla con un colpo uppercut, con l'intenzione di colpire più fuoricampo. I critici di questa teoria sostengono che esso non tiene conto del miglioramento nelle medie battute tra il 1918 e il 1921, in tale periodo la media delle League migliorò da .254 a .291.

Dimensioni dei Ballpark: Questa teoria sostiene che la causa dell'esplosione offensiva cambiò con le dimensioni dei ballparks del tempo. Stime accurate delle dimensioni dei ballpark dell'epoca sono difficili da ottenere. Vi è un certo disaccordo sulla questione se le dimensioni cambiarono effettivamente durante questo tempo, e anche se le modifiche portarono ad un aumento dell'attacco. Un fatto correlato a questo fu che un cambiamento delle regole, emanate per la stagione 1920, per la prima volta aveva stabilito che le palle che venivano colpite oltre la recinzione in territorio buono, ma finivano in foul prima di atterrare venissero chiamate buone, e quindi fuoricampo, piuttosto che foul ball. Questo cambiamento delle regole rese molto contenti entrambi i battitori delle squadre di New York, che aveva avuto molti fuoricampo rubati chiamati foul al Polo Grounds.

 

 

La Live Ball Era, nota anche come "lively ball era", è il periodo della Major League Baseball che iniziò nel 1920 e che seguì la Dead Ball Era. Durante questo anno le statistiche offensive aumentarono in modo sensazionale in quello che sarebbe stato erroneamente attribuito all'introduzione di una nuova "lively" ball. Durante l'hitter-friendly era stato introdotto intorno al 1910 il nocciolo di sughero al centro della palla e la costruzione delle palle era rimasta coerente tra il passaggio dalla "Dead" alla "Live Ball Era". Molti cambiamenti dei regolamenti diedero più vantaggi al battitore.

Prima di allora, la stessa palla veniva utilizzata per tutta la partita e le palle in foul dovevano essere tirate di nuovo in campo e riutilizzate. La palla poteva essere sostituita solo se iniziava a disfarsi. Mentre la partita progrediva, la palla sarebbe diventata sempre più sporca e consumata, difficile da vedere e il suo movimento irregolare. I lanciatori erano in grado di favorire questo processo di deterioramento, sputandoci sopra, e dopo la scoperta di Russ Ford nel 1913, tagliandola con una limetta da unghie. La spitball fu ampiamente utilizzata regolarmente. Tutti questi effetti diedero al lanciatore un grande vantaggio. Anche l'usura fisica della palla per essere stata ripetutamente colpita la rendeva meno elastica come il gioco progrediva, rendendo sempre più difficile colpire lungo.

Ci furono anche dei cambi delle regole che contribuirono ai bassi punteggi nelle partite. Nel 1901 la National League adottò la "foul strike rule", che conteggiava le palle in foul come strike. Prima di questa regola, i battitori potevano tranquillamente sventolare un'infinità di lanci, che non solo stancavano il lanciatore, ma che permettevano più valide in totale nel caso in cui una "flukey" hit atterrava in campo. Con l'introduzione della regola del foul-strike il battitore doveva lasciare "andare" molti più lanci, senza sventolare, riducendo drasticamente pure il numero totale di valide. L'American League seguì l'esempio nel 1903, rendendo la regola universale.

Ray Chapman
Carl Mays

La Dead Ball Era si concluse dopo il fatale lancio alla testa di Ray Chapman nel corso della stagione 1920. Chapman rimase ucciso da un lancio sottomarino di Carl Mays nel quinto inning di una partita al crepuscolo. I testimoni affermarono che mai Chapman cercò di allontanarsi dalla traiettoria della palla, e si presume semplicemente che non potesse vederla. Il nuovo Commissioner of Baseball, Kenesaw Mountain Landis, istituì diverse nuove regole nel corso della stagione, sia in risposta alla morte di Chapman che come un tentativo per vivacizzare il gioco. A partire dal 1920 furono sostituite le palle al primo segno di usura, di conseguenza la palla era molto più brillante ed era più facile per un battitore vederla. L'altro principale cambiamento fu l'eliminazione della spitball. La lively ball era fu l'epoca in cui il baseball ritornò sulla scena ed esplose come popolarità.

Kenesaw Mountain Landis

Nel 1920, il gioco cambiò dal solito basso punteggio agli alti punteggi delle partite, con una fiducia ritrovata nei fuoricampo. In quell'anno Babe Ruth, stabilì il record per la percentuale slugging, colpì 54 home run, distruggendo il suo vecchio record di 29. Nel 1921, ruppe nuovamente il suo record, colpendo 59 fuoricampo. Sei anni dopo, Ruth superò il record del 1921 colpendo 60 home run, in una sola stagione, record che rimase per 34 anni. Nel 1920 anche George Sisler realizzò il suo record di lunga data di 257 valide in una sola stagione, che non sarebbe stato superato fino al 2004 con Ichiro Suzuki dei Seattle Mariners.

George Sisler
Ichiro Suzuki

La Live Ball Era ebbe anche un impatto duraturo sui lanciatori. Tra il 1910 e il 1920, l'ultimo decennio della Dead Ball Era, otto lanciatori avevano un record di 30 vittorie in stagione.

Lefty Grove
Dizzy Dean

Dall'inizio della stagione 1921, la prima stagione completa della Live Ball Era, solo tre lanciatori realizzarono un record di 30 vittorie in stagione (Lefty Grove nel 1931, Dizzy Dean nel 1934, e Denny McLain nel 1968).

Denny McLain

 

 

Il "seventh-inning stretch" è una tradizione nel baseball che si svolge a metà del settimo inning di gioco. I fans di solito usano alzarsi e allungare le braccia e le gambe e, a volte camminare. E' un intermezzo popolare per mangiare un panino e bere l'ultimo bicchiere. L'interruzione funge anche da breve pausa per i giocatori. Se un gioco va a un quinto inning supplementare, si celebra un simile "fourteenth-inning stretch" - 14° inning - (così come è possibile che ci sia il "twenty-first inning stretch" - 21° inning - o il "twenty-eighth inning stretch" - 28° inning). Nelle partite di softball e le partite amatoriali è previsto solo per il settimo inning, o nei doubleheaders (tranne che per la Major League Baseball, entrambe le partite sono di nove inning ciascuna per regolamento), può essere sostituito dal "fifth-inning stretch"(5° inning).

Origine

L'origine del seventh-inning stretch è molto contestata, ed è difficile certificare ogni presunta storia.

Un reclamante è Brother Jasper of Mary, della F.S.C. (Institute of the Brothers of the Christian Schools), che ebbe il merito di aver portato il baseball al Manhattan College nel tardo 19° secolo. Essendo sia il Prefect of Discipline così come l'allenatore della squadra, Brother Jasper doveva anche sorvegliare i tifosi degli studenti ad ogni partita casalinga. In una giornata particolarmente calda e afosa nel 1882, durante il settimo inning contro un team semi-pro chiamato i Metropolitans, il Prefetto notò che i giocatori stavano diventando irrequieti. Per rompere la tensione, chiamò un time-out e istruì tutti i membri della tribuna che si alzassero e si rilassassero. Aveva funzionato così bene che iniziò a chiedere per il settimo inning un periodo di riposo ad ogni partita. Il Manhattan College diffuse l'usanza alle major league dopo che i New York Giants ne rimasero affascinati durante una partita dimostrativa.

Brother Jasper of Mary

Però, una lettera scritta da Harry Wright dei Cincinnati Red Stockings datata 1869 - 13 anni prima che Brother Jasper avesse l'idea del time-out - documenta qualcosa di molto simile ad un seventh-inning stretch. Nella lettera, fa la seguente osservazione sul comportamento dei tifosi nel ballpark: "Tutti gli spettatori si alzano tra le metà del settimo inning, allungano le gambe e le braccia e talvolta camminano. Così facendo godono il sollievo offerto dal relax dopo una lunga postura sulle dure panche". Un altro racconto sostiene che la fermata per lo stretch fu inventato da un manager che aveva bisogno di tempo per scaldare un lanciatore di rilievo.

Harry Wright

Una storia popolare sulle origini dello stretch racconta che il presidente William Howard Taft durante una partita degli Washington Senators nel 1910 sentì male al fondo schiena e decise di alzarsi e di stirarsi. Dopo aver visto quello che succedeva sulla tribuna d'onore, il resto degli spettatori presenti si sentirono obbligati a unirsi al presidente nei suoi movimenti. A differenza delle altre, questa storia è datata molto tempo dopo.

William Howard Taft - 27° Presidente degli Stati Uniti

Per quanto riguarda il nome della pratica, sembra che non vi sia alcuna traccia della frase "seventh-inning stretch" prima del 1920. A quel punto la pratica aveva già quantomeno 50 anni.

La prassi attuale

Nel baseball moderno, alzarsi in piedi e cantare "Take Me Out to the Ball Game" durante il settimo inning è una forte tradizione. La canzone venne scritta nel 1908 dalla star del vaudeville Norworth Jack per la Tin Pan Alley, e per ironia della sorte l'autore non aveva mai partecipato ad una reale partita di baseball prima di scrivere la canzone.

Norworth Jack

Non c'è una data certa in cui la tradizione iniziò, ma la pratica acquistò eccezionale notorietà con il commentatore Harry Caray. Caray cantava la canzone lui stesso dalla cabina di trasmissione durante lo stretch mentre commentava il play-by-play per i Chicago White Sox. Dopo averlo sentito cantare un giorno, il proprietario Bill Veeck Jr. degli White Sox, il famoso promotor del baseball, accese il microfono di Caray in modo che lo stadio potesse sentirlo cantare. Quando Caray si spostò nella cabina di trasmissione dei Chicago Cubs, continuò la pratica, coinvolgendo regolarmente la folla a cantare la canzone ad ogni seventh-inning stretchs. Scatenando quella che poi è diventata una tradizione dei Cubs.

Harry Caray mentre canta Take Me Out to the Ball Game nel seventh-inning stretch (SENTI)

Dopo la sua morte, i Cubs hanno invitato varie celebrità a guidare la folla durante lo stretch, tra cui James Belushi, John Cusack, Mike Ditka, Michael J. Fox, Bill Murray, Ozzy Osbourne, Eddie Vedder, Mr. T e Billy Corgan. Quando Nelly cantò la canzone, gridò il famoso "let's get some lunch!" alla conclusione (aveva frainteso la popolare acclamazione di "let's get some runs!") che il celebre cantante usa spesso per terminare le canzoni.

John Cusack nel 2009 mentre canta Take Me Out to the Ball Game nel seventh-inning stretch

Tradizioni di squadra

Molte squadre suonano anche una canzone tradizionale adottata prima o dopo Take Me Out to the Ballgame. Dal 1970, i Baltimore Orioles hanno spesso suonato la canzone di John Denver "Thank God I'm a Country Boy" alla conclusione di "Take Me Out to the Ballgame". Durante un passaggio della canzone, in cui Denver ha una lunga nota, i tifosi urlano "Ooooooooh!" (dato che il nome degli Orioles viene spesso abbreviato in "O"). Anche gli Atlanta Braves cantano questa canzone dopo "Take Me Out To The Ball Game".

Alla prima partita in casa dei Tampa Bay Devil Rays nel 1998, hanno suonato la popolare canzone di Jimmy Buffett "Fins" durante il seventh-inning stretch. Gli uomini preposti a sistemare il campo durante la pausa del settimo inning indossavano indumenti tropicali, e tutti nello stadio agitavano le braccia come delle pinne (fins) a sinistra e a destra, "Fins to the left, fins to the right", per il ritornello del brano. Questa tradizione è stata abbandonata nel primo decennio del 21° secolo.

Al Great American Ballpark di Cincinnati, il seventh inning stretch dopo "Take Me Out to the Ballgame" è tradizionalmente seguita da "Twist and Shout" dei Beatles .

I Milwaukee Brewers, in onore alla storia della produzione di birra della loro città, suonano "The Beer Barrel Polka", dopo la conclusione di "Take Me Out to the Ballgame".

Quando i St. Louis Cardinals erano di proprietà di Anheuser-Busch, l'organista Ernie Hays suonava al Busch Memorial Stadium durante lo stretch "Here Comes the King", un jingle comunemente riconosciuto per la birra Budweiser. Nell'Opening Day, durante le partite di playoff e nelle "big nights", come le partite contro i Chicago Cubs, una squadra di cavalli Clydesdale, mascotte della Budweiser, effettuano un'esibizione sul warning track. Nel momento in cui Anheuser-Busch cedettero i Cardinals nel 1996, "Take Me Out to the Ballgame" è stato suonato nella metà del 7° inning, mentre "Here Comes The King" viene cantata nella parte superiore dell'8°. Spesso "Take Me Out to the Ballgame" è seguita da una interpretazione strumentale di "Meet Me in St. Louis". I Clydesdales fanno ancora la loro esibizione all'Opening Day e durante i playoff.

I Clydesdales in azione al Bush Stadium

Jane Jarvis, l'organista allo Shea Stadium dei New York Mets dal 1964-1979, suonava il "Mexican Hat Dance" durante lo stretch. Dopo che i Mets passarono alla musica registrata, "Take Me Out to the Ballgame" diventò lo standard. Negli ultimi decenni, è stata seguita la canzone "Lazy Mary" di Lou Monte.

I Toronto Blue Jays prendono il termine seventh-inning stretch alla lettera, con funzionari della Health Canada che dirigono i tifosi al Rogers Centre negli esercizi di stretching, mentre la canzone del club "OK Blue Jays" viene suonata prima di "Take Me Out to the Ballgame". 

I Florida Marlins, nel tentativo di imitare la canzone di stretching dei Blue Jays nel loro anno inaugurale del 1993, crearono un gruppo di ballerini, alcuni ex della University of Miami Sunsations e ballerini dei Miami Heat, e chiamarono il gruppo "The Seventh Inning Stretchers". Alla prima partita, questo gruppo andò sul campo nella parte superiore del 7° inning, e incoraggiarono la folla ad alzarsi in piedi e ad effettuare lo stretching, sulla coreografia della canzone di Gloria Estefan "Get On Your Feet". La folla, pensando che fosse l'attuale settimo inning, fischiarono rumorosamente. Il gruppo apparve alla seconda partita la sera seguente, ma venne fischiato ancora una volta e non fu mai più visto dopo quella partita.

In Texas, gli Houston Astros a seguire "Take Me Out to the Ballgame" suonano "Deep in the Heart of Texas", mentre i Texas Rangers suonano "Cotton-Eyed Joe".

I Los Angeles Angels di Anaheim suonano "Build Me Up Buttercup" che segue "Take Me Out to the Ballgame".

Al Safeco Field, i Seattle Mariners fanno sempre seguire "Take Me Out to the Ballgame" con "Louie Louie" dei Kingsmen.

I fans dei Colorado Rockies cantano una cover di "Hey! Baby" dopo "Take Me Out to the Ballgame", gridando "Oooh! Ah!" ogni volta dopo "Hey Baby!".

Gli Washington Nationals suonano "Shout" seguito da "Take Me Out to the Ballgame ". Quando viene cantata "God Bless America"​​ precede queste due canzoni.

Tradizioni dell'8° inning

Mentre tutte e trenta le franchigie della Major League attualmente cantano il tradizionale "Take Me Out to the Ballgame" nel settimo inning, numerosi altri team cantano le loro canzone preferite tra la parte superiore e inferiore dell'ottavo inning. I fans dei Boston Red Sox al Fenway Park, per esempio, cantano "Sweet Caroline" insieme alla registrazione di Neil Diamond. Gli Washington Nationals hanno anche loro adottato questa tradizione, come i New York Mets prima di abbandonare da poco "Sweet Caroline" e sostituirla con "Meet the Mets" (anche se questa tradizione è stata avviata dai fans dei New York Jets e New York Rangers). Allo stesso modo, a partire dal 2008, i Kansas City Royals hanno cominciato a cantare durante la metà dell'8° "Friends in Low Places" del celebre supporter e cantante country Garth Brooks, che fu invitato una volta allo spring training.

Anche i Los Angeles Dodgers mantengono la tradizione dell'ottavo inning, con i tifosi che cantano "Don't Stop Believin'" dei Journey. Ci fu polemica quando l'autore della canzone, Steve Perry, nativo della Bay Area e tifoso dei San Francisco Giants chiese ai Dodgers di non cantarla. La squadra rifiutò e ha continuato a riproporre il brano con la stagione 2010. I Minnesota Twins, che suonavano la stessa canzone, hanno smesso la tradizione quando passarono nel 2010 nel nuovo stadio Field Target.

La canzone "Lights" dei Journey è spesso cantata alle partite di baseball dei San Francisco Giants (tra cui una versione fatta da Perry stesso in mezzo all'8° inning in Gara 2 delle World Series del 2010) e nella sfida tra le bays, con gli Oakland Athletics, quando iniziano i fuochi d'artificio dopo partita.

Gli effetti dell'11 settembre

Dopo gli attacchi dell'11 settembre del 2001, la canzone God Bless America è diventata comune nel corso del settimo inning stretch, a volte oltre a "Take Me Out to the Ballgame", e a volte la sostituisce completamente. Alcuni stadi cantano God Bless America solo la domenica. Allo Yankee Stadium e al Dodger Stadium la canzone è ormai suonata in ogni partita, oltre a "Take Me Out to the Ballgame".

Ronan Tynan nel 2009 allo Yankee Stadium durante le American League Division Series mentre canta Good Bless America

Il rinomato tenore irlandese Ronan Tynan è famoso per la sua versione della canzone, che ha guadagnato notorietà per la sua lunghezza (la sua versione include il prologo della canzone che raramente si sente). Dal 2002, God Bless America è stata eseguita in tutti gli All-Star Games e playoff, spesso con un artista famoso ("Take Me Out to the Ballgame" a volte è fatta poi sulla registrazione della leggenda Harry Caray), così come l'Opening Day, il Memorial Day, Independence Day, Labor Day, Patriot Day, e molte partite di post-season.

Durante la quinta partita decisiva delle National League Division Series del 2011, Lauren Hart (figlia del commentatore Gene Hart, Hockey Hall of Famer) si esibì al Citizens Bank Park per cantare God Bless America durante il settimo inning stretch poichè lei era diventata un appuntamento fisso alle partite dei Philadelphia Flyers e cantava quella canzone in duetto con Kate Smith come portafortuna dei Flyers prima di importanti partite, con la speranza che portasse anche fortuna ai Philadelphia Phillies.

 

 

Tre donne nere, escluse da tutte le league bianche, trovarono un posto per giocare a baseball nelle Negro Leagues.

C'è una scena nel film A League of Their Own, sulla nascita della All-American Girls Professional Baseball League durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la palla si allontana dalle giocatrici in campo e si ferma vicino ad una donna afro-americana, che non partecipava all'azione. Lei la prende e gliela tira, e la palla esplode impressionante nel guanto di una delle giocatrici.

Il momento era uno struggente ricordo, nel corso di una storia altrimenti edificante, del fatto che questa unica opportunità non fosse disponibile agli afro-americani. Non che la League, che durò dal 1943 al 1954, avesse delle regole scritte contro di loro ma purtroppo la realtà è che furono escluse e sotto sotto il problema razziale anche se non sbandierato fu la chiave di tutto.

"Le persone con cui ho parlato non hanno colpa per l'assenza dovuta al pregiudizio delle giocatrici di colore", disse Bill Madden, autore di The All-American Girls Professional League Baseball Rekord Book, "Più di una persona che ho intervistato mi ha detto che semplicemente non erano competitive. Hanno detto che le donne nere al tempo non erano realmente coinvolte nel softball, lo sport da dove avevano preso la maggior parte delle loro giocatrici".

"Abbiamo avuto poche donne nere a provare, ma semplicemente non erano buone", disse Carl Winsch, manager della formazione South Bend Blue Sox dal 1951 al '54. Ma dopo alcune considerazioni, ammise: "Se la League avesse cercato di più, smuovendo le acque, come si diceva, ci poteva venire in mente qualcuno".

Quel qualcuno potrebbe essere stata Mamie "Peanut" Johnson. Infatti, la donna di colore nel film voleva rappresentare la Johnson, che aveva partecipato a un tryout a Alexandria, in Virginia, nei primi anni '50.

"Mi presentai con una mia amica, Rita Jones", disse la Johnson, "Mi guardavano come se fossi matta. Non mi hanno mai nemmeno lasciata provare".

Al contrario, Johnson avrebbe continuato a giocare nelle Negro League - con gli uomini. Fu in realtà una delle tre donne conosciute all'epoca che giocò nella League, insieme a Toni Stone e Connie Morgan.

Stone fu la prima delle tre a farlo. Dopo aver girato con le squadre di minor league alla fine del 1940, firmò con gli Indianapolis Clowns nel 1953 per sostituire un seconda base di nome Hank Aaron, che aveva lasciato per giocare nelle Major League. Quando Aaron e alcune delle altre superstar nere cominciarono ad andare nelle Majors, le Negro Leagues furono costrette a cercare nuove attrazioni.

"In verità, l'incentivo era quello dei fans", disse Ray Doswell, curatore del Museo delle Negro Leagues a Kansas City, "Ma non era come prendere chiunque per la strada. Avevano trovato una vera atleta in Toni Stone".

Le statistiche delle Negro Leagues non erano compilate in modo efficiente come lo erano quelle delle Major Leagues, ma secondo il The Biographical Encyclopedia of the Negro Baseball Leagues di James Riley, Stone battè un rispettabile .243 nella sua prima stagione, che comprendeva una valida contro il leggendario pitcher Satchel Paige.

"[Paige]era così buono che avrebbe chiesto ai battitori dove la volevano, solo così avrebbero avuto una possibilità", disse Stone prima di morire nel 1996, "Così per incitarmi mi disse: Ehi, T, come ti piace? E io dissi: Non importa, basta che non mi fai del male. Quando cominciò il caricamento - aveva questi grandi vecchi piedi - tutto quello che potevo vedere era la sua scarpa. Rimasi lì tremando, ma colpii una valida. Alla destra lontana dalla seconda base. Il momento più felice della mia vita".

Stone fu ceduta ai Kansas City Monarchs dopo 50 partite, e fu sostituita da un'altra donna, di 19 anni, Connie Morgan.

"Morgan è stata un'altra grande atleta", disse Doswell, "Aveva praticato diversi sport, tra cui il basket, nella offseason".

Ma l'asso di questo trio fu Johnson. Mentre Stone e Morgan hanno giocato entrambe in seconda base, Johnson, che si unì ai Clowns come lanciatore a partire dal 1953, fece parte della rotazione regolare.

"Lanciavo ogni sei giorni o giù di lì", disse Johnson, "A volte sono andata per nove innings, altre volte sei o sette".
E come aveva fatto? "Ho realizzato la mia parte di strikeout".

Una vittima, che giocava con i Birmingham Black Barons, fu particolarmente memorabile.

"Aveva detto che la palla non era grande come una nocciolina, ma da come viaggiava mi aspettavo di mettere strikeout chiunque", disse Johnson. E com'è andata? "Oh, l’ho messo strikeout".

Anche se le fu appiccicato il soprannome di "Peanut", non ci fu alcun risentimento verso Johnson. Per la maggior parte, il resto dei giocatori la accettarono con tutto il cuore. "Gli uomini con cui ho giocato erano dei veri signori", sottolineò Johnson.

Doswell raccontò, che era stato testimone in prima persona di come Ms. Johnson venisse accolta durante riunioni della Negro League: "Mamie Johnson era proprio come uno dei ragazzi".

Tale circostanza fu del tutto evidente nel corso di una conferenza sulla Negro League presso LaGuardia Community College il 29 marzo del 2001, nel Queens, New York. Johnson prese il suo posto presso il palco con altri ex giocatori della Negro League: Bob Scott, Jim Robinson e Lionel Evelyn. Si sedette accanto a loro, ricordando con i ragazzi quando giocavano a baseball da bambini, parlando dei loro ricordi preferiti e lamentando la mancanza del senso della storia dei giocatori moderni.

Ma tra il pubblico, Johnson si distingueva chiaramente. Poche persone avevano familiarità con gli ex Negro Leaguers al di là di una manciata di superstar. Ancora meno erano consapevoli che le donne avessero giocato - e avuto il loro successo - a fianco di alcune di queste leggende del gioco. Ma lì seduta Peanut Johnson, era il testamento vivente di un affascinante pezzo di storia del baseball.

Un tipico momento di "Peanut" arrivò quando Bruce Brooks, il moderatore dell'evento e docente a LaGuardia (così come appassionato del baseball professionista) chiese che raccontasse una nota storia di quando Satchel Paige le insegnò come lanciare una palla curva. La Johnson si finse indignata per l'accenno al fatto che avesse avuto bisogno di tale consulenza. "Lui non mi ha insegnato come lanciare, lui mi ha insegnato a perfezionarla", corresse Johnson, "Sapevo lanciarla".

E quanti lanci fece! Nel corso di tre stagioni, le statistiche mostrano che Johnson realizzò un record complessivo di 33-8.
Mentre aveva solo ricordi positivi sui suoi giorni da giocatrice, Johnson aveva alcune forti opinioni sui giocatori di oggi.

"Non credo che si rendano conto, o capiscano, che se non fosse per questi signori", disse Johnson, riferendosi ai suoi colleghi membri del gruppo, "per il signor Robinson, per il signor Banks, il signor Aaron, il signor Mays, allora non sarebbero dove sono oggi".

Johnson lasciò le Negro Leagues nel 1955 - "Ho avuto un figlio piccolo, ed era tempo per me di tornare a casa" - portando avanti una carriera di infermiera per più di 30 anni. Ma lei non ha mai lasciato il gioco. Segue un negozio della Negro League Baseball con suo figlio, Gary, nel Maryland.

Chiaramente, il baseball è rimasto una parte dell'anima di Mamie "Peanut" Johnson. "Quelli furono i tre migliori anni della mia vita", disse Johnson, "Solo sapere che ero abbastanza buona per essere lì è stata una cosa enorme per me. Se non mi avessero lasciato giocare, non sarei quella che sono oggi, e sono molto orgogliosa di questo".

MAMIE  "PEANUT" JOHNSON

Nata: 27 settembre 1935
Lanciatore - Batte: destro - Tira: destro

1953-55 Indianapolis Clowns

La giovane Mamie Johnson
Mamie Johnson con la divisa dei Clowns

Mamie Johnson, figlia di Gentry Harrison e Della Belton Havelow, è nata il 27 settembre 1935, a Ridgeway, South Carolina. Quando aveva solo sette anni, cominciò a giocare a baseball tutti i giorni. Quando se ne andò dalla South Carolina per continuare la sua istruzione universitaria nel 1943, si rifiutò di lasciare che qualcuno o qualcosa interferisse con il suo amore per il gioco del baseball. Continuò a praticarlo pur seguendo i suoi studi presso la New York University. Al momento, le squadre di baseball dilettanti e professioniste erano segregate. Quando compì 17 anni, Ms. Johnson fu respinta come membro del team della White Female Baseball League. Questo trattamento ingiusto e i pregiudizi divennero la sua vittoria. Lei proclamò: "Se avessi giocato con le ragazze bianche, sarei stata solo un'altra giocatrice, ma ora sono qualcuno che ha fatto qualcosa che nessun'altra donna ha fatto". Nel 1953, Bish Tyson, un ex giocatore della Negro League, osservò Ms. Johnson giocare su un campo a Washington DC, e fu sopraffatto dalle sue capacità atletiche. Egli sostenne che era una grande giocatrice e le suggerì di giocare a baseball professionale. La presentò a Downs Bunny, manager degli Indianapolis Clowns. Dopo un provino, Mamie Johnson entrò in squadra. Un risultato eccezionale per un'atleta di sesso femminile! Mentre lanciava la sua prima partita con i Clowns, un battitore della squadra avversaria le gridò: "Cosa ti fa pensare di poter mettere strikeout un battitore? Perché, non hai niente più grande di una nocciolina!". Mamie non disse una parola, ma il battitore ben presto scoprì quello che poteva fare! 1 - 2 - 3 - OUT! Da quel giorno, la giocatrice di 45 kg. ebbe il soprannome di Peanut. Mamie Johnson giocò a baseball professionista per tre stagioni, dal 1953 al 1955, con gli Indianapolis Clowns. Durante la sua permanenza in carica, vinse 33 partite e ne perse 8. La sua media battuta variò da .262 a .284.

Mamie Johnson nel 2007

CONSTANCE "CONNIE" ENOLA MORGAN

Nata: 17 ottobre 1935
Morta: 14 ottobre 1996
Seconda base - Batte: destro - Tira: destro

1954-55 Indianapolis Clowns

Da sinistra King Tut, Oscar Charleston e Connie Morgan

Constance "Connie" Enola Morgan di Philadelphia, Pennsylvania, giocò seconda base per gli Indianapolis Clowns con Ms. Johnson nel 1954 e nel 1955. Morgan sostituì Toni Stone che era stata ceduta ai Kansas City Monarchs dopo 50 partite. Nata il 17 ottobre del 1935, Morgan giocò a basket, softball e baseball alla John Bartram High School, sia con squadre maschili che femminili. Inoltre frequentò la William Penn Business School a Philadelphia. Dal 1949 al 1954 giocò con la squadra tutta femminile della North Philadelphia Honey Drippers, battendo .368 nell'ultimo anno. Veniva spesso utilizzata anche come ricevitore. Giocò anche a basket con le Rockettes, che era una delle squadre al top dello stato. Dopo che la Stone e la Johnson erano entrate nella formazione degli Indianapolis Clowns, Morgan chiese al proprietario della squadra, Syd Pollack, di farle fare un tryout. Accettò che provasse come terza base, ma sapendo che questo angolo era troppo caldo la spostò in seconda base. Alta 1.63 per 61 kg., Morgan firmò un contratto per due anni e il manager Oscar Charleston disse che era una delle più sensazionali giocatrici donna che avesse mai visto. Morgan aveva nostalgia di casa e dopo la fine del contratto tornò a Philadelphia. Lavorò presso la AFL-CIO e guidò i bus per le scuole. Si sposò ma non ebbe figli. Partecipava costantemente alle riunioni della Negro League e nel 1995 venne eletta nella Pennsylvania Sports Hall of Fame. Morgan morì il 14 ottobre 1996, tre giorni dopo il suo 61° complenno.

Connie Morgan con Jackie Robinson nel 1953

TONI STONE
(vero nome) Marcenia Lyle Alberga

Nata: 17 luglio 1931
Morta: 2 novembre 1996
Seconda base - Batte: destro - Tira: destro

1953 - Indianapolis Clowns
1954 - Kansas City Monarchs

Toni Stone

Tony Stone nacque il 17 luglio 1921, a St. Paul, Minnesota, e scrisse la storia nel 1953 quando firmò per giocare in seconda base con gli Indianapolis Clowns delle Negro Leagues, facendo di lei la prima donna che giocava professionisticamente con gli uomini in un campionato maschile. I genitori di Stone credevano fermamente che i loro quattro figli dovessero ricevere una buona istruzione. Ma la loro atletica figlia non condivise lo stesso talento in aula dei suoi fratelli. Amava invece competere, ed eccelleva, in tutti i tipi di sport tra cui il pattinaggio sul ghiaccio, corsa e salto in alto. Il baseball, tuttavia, era il suo vero amore e lei passava il suo tempo in un ballpark locale, assorbendo la cultura e dedicando ore di impegno per migliorare il suo gioco. I suoi genitori non approvavano. Già all'età di 10 anni, Stone fu costretta ad ascoltare un sacerdote locale, che i suoi genitori avevano invitato nella speranza che la dissuadesse dal suo interesse per il gioco del baseball. Invece, verso la fine dell'incontro padre Keith le chiese di giocare nella sua squadra nella Catholic Midget League. All'età di 15 anni, Stone sommessamente si guadagnò la reputazione di una sorta di fenomeno. Giocò con i Twin City Colored Giants, una squadra di baseball itinerante che affrontava altri club concorrenti in una league dei macelli per carni. Nel 1940, Stone si trasferì a San Francisco per aiutare una sorella ammalata. E' lì che la sua vita cominciò a cambiare nel modo in cui aveva sperato. Ma fu un inizio umile. Si seppe in seguito che lei aveva solo 50 centesimi in tasca al suo arrivo, e dopo aver soggiornato nella stazione degli autobus per diverse notti iniziò a racimolare da vivere lavorando in una caffetteria ed in un cantiere come operatore al carrello elevatore. Stone iniziò anche quella che può essere considerata solo una personale reinvenzione. Cambiò il suo nome in Toni Stone e si tolse 10 anni per aumentare il suo interesse alle squadre maschili. Non passò molto tempo prima che ricominciasse a giocare a baseball ancora una volta, firmando con un club dell'American Legion. Nel 1949, entrò a far parte dei San Francisco Sea Leons della West Coast Negro Baseball League. La paga non era terribile (circa 200 $ al mese) e migliorò l'esposizione di Stone per i manager di alto profilo e i proprietari dei team. Ma non fu sempre una vita facile. Come donna, Stone fu oggetto di una raffica di insulti dai fans e qualche volta anche dai compagni di squadra che si opponevano nel vedere una donna competere in un gioco "maschile". Le regole complicate che circondano le leggi Jim Crow amplificavano la pressione, quando lei e gli altri giocatori neri dovevano stare attenti a non entrare nei ristoranti e in altre strutture per i soli clienti bianchi.
Eppure, il talento di Stone era incontenibile e non poteva non essere notato. Nel 1953, prese la sua grande occasione quando gli Indianapolis Clowns la presero nel loro roster. Il club, che un tempo aveva sviluppato una reputazione come una sorta di appariscente squadra, non dissimile da quella che sarebbe diventata la squadra di basket degli Harlem Globetrotters, aveva bisogno di una spinta. Dal momento della prima apparizione di Jackie Robinson nelle Majors nel 1947, le Negro Leagues avevano visto un calo notevole di presenze e di talento. Le partenze inclusero anche il forte seconda base dei Clowns, Hank Aaron. Sulla scia di tutto questo sconvolgimento, il proprietario del team Sydney Pollack capì che Stone poteva attirare diversi fans. Toni, però, giocò duro e non fece mai marcia indietro in tutte le sfide che la coinvolsero. Sostenuta piuttosto bene dalla public relation dei Clowns nel mostrare la loro nuova giocatrice femminile, Stone apparve in 50 partite quell'anno, colpendo un rispettabile .243, una striscia che comprendeva una valida contro il leggendario lanciatore, Satchel Paige. Ebbe anche la possibilità di giocare con un certo numero di eccellenti talenti giovani, tra cui Willie Mays e Ernie Banks. Ma anche se Stone era una parte del roster, lei non lo era. Il fatto che lei fosse una donna significava che non le erano permessi gli spogliatoi degli uomini. I suoi avversari le mostrarono poca deferenza, e a volte scivolavano duro con gli spikes alti per colpire. Il tempo di Stone con i Clowns fu breve. Nell'offseason, venne ceduta ai Kansas City Monarchs. Fu un adattamento difficile per lei. L'età si fece sentire e Stone non era più veloce, e i suoi nuovi compagni di squadra e dirigenti non nascosero il loro risentimento. Alla fine dell'anno, si ritirò. Toni Stone, sposò Aurelious Alberga nel 1950, un noto politico di San Francisco che aveva circa 40 anni più di lei, passando la sua vita a Oakland. Alla fine si guadagnò il rispetto che da tempo si meritava dal mondo di baseball. Nel 1993 venne eletta nella Women's Sports Hall of Fame a Long Island, New York. Nel 1996, la settantacinquenne Toni Stone morì per problemi cardiaci in una casa di cura a Alameda, California.

Toni Stone in difesa nel 1949

Toni Stone mentre effettua un bunt nel 1953

Toni Stone con il campione di pugilato Joe Luis nel 1949

 

 

"Casey at the Bat: A Ballad of the Republic Sung in the Year 1888" è un poema sul baseball scritto nel 1888 da Ernest Lawrence Thayer. Venne pubblicato per la prima volta dal The San Francisco Examiner il 3 giugno del 1888, e fu successivamente diffuso dall'attore DeWolf Hopper in molti spettacoli di vaudeville.

Il poema fu pubblicato originariamente in forma anonima (con lo pseudonimo di "Phin", dal nickname del college di Thayer, "Phineas"). In un primo momento l'identità dell'autore rimase sconosciuta e numerosi impostori falsamente affermarono di aver scritto il poema. Gli sforzi di Thayer per chiarire la paternità del testo furono spesso ignorati.

Ernest Lawrence Thayer

Riassunto

Una squadra di baseball della città immaginaria di Mudville (che è la squadra di casa) sta perdendo di due punti con due out nel loro ultimo inning. Sia la squadra che i suoi tifosi (nel poema, sono circa 5000 ad assistere alla partita) credono di poter ancora vincere "solo se" potrà andare a battere in qualche modo "Mighty Casey" (il giocatore stellare di Mudville). Ma, Casey è il quinto battitore dell'inning, e i primi due battitori (Cooney e Barrows) non hanno raggiunto la base. I successivi due giocatori (Flynn e Jimmy Blake) sono considerati deboli battitori con poche possibilità di andare in base per consentire a Casey di presentarsi al piatto. Sorprendentemente, Flynn colpisce un singolo e lo segue Blake con un doppio (Flynn raggiunge la terza). Entrambi i corridori sono ora in posizione punto e Casey rappresenta il potenziale punto vincente. Casey è così sicuro delle sue capacità che non sventola i primi due lanci, entrambi strike. Sul lancio successivo, il troppo sicuro di sé Casey va strikeout, chiudendo la partita e mandando a casa gli infelici tifosi.

Testo

Il testo è pieno di riferimenti al baseball come lo era nel 1888. La poesia racchiude gran parte del fascino del baseball, con il coinvolgimento della folla. Ha anche una discreta quantità di gergo del baseball che può creare qualche problema per i non iniziati.

Questa è la poesia completa come originariamente apparve nel The San Francisco Examiner con alcuni commenti.

Dopo la pubblicazione, vennero prodotte versioni multiple con piccole modifiche.

The outlook wasn't brilliant for the Mudville Nine that day;

The score stood four to two, with but one inning more to play,

And then when Cooney died at first, and Barrows did the same,

A sickly silence fell upon the patrons of the game.

● "Mudville Nine" potrebbe stare (con l'uso del sineddoche) per ogni squadra di baseball. Rimanda anche al momento di quando le sostituzioni non erano ammesse, tranne che nei casi di infortuni.

"One inning more to play" nel gergo del baseball vuol dire che alla squadra di casa è rimasto ancora un turno di battuta: la poesia parte dall'inizio del turno finale di Mudville (di una partita regolare), nel nono inning.

Un giocatore "dying" significa che è stato eliminato. Ci sono solo tre out per squadra in un inning nel baseball, quindi con un altro in più sarebbe finita la partita (con la sconfitta di Mudville).

A straggling few got up to go in deep despair. The rest

Clung to that hope which springs eternal in the human breast;

They thought, if only Casey could get but a whack at that -

They'd put up even money, now, with Casey at the bat.

● La seconda riga è un'allusione al poema An Essay on Man di Alexander Pope (1734), che contiene "Hope springs eternal in the human breast" (la speranza è la molla eterna nel cuore umano).

But Flynn preceded Casey, as did also Jimmy Blake,

And the former was a pudding and the latter was a fake;

So upon that stricken multitude grim melancholy sat,

For there seemed but little chance of Casey's getting to the bat.

La versione originale del poema utilizzava "lulu" e "cake" per descrivere Flynn e Blake. "Cake" stava a indicare qualcuno che è inutile e non particolarmente "virile", mentre "Lulu" nel gergo del baseball è "un giocatore non qualificato".

In The Annotated Casey at the Bat, Martin Gardner afferma che "lulu" qui viene utilizzato ironicamente. In ogni caso, Flynn e Blake sono considerati come dei deboli battitori, quindi, la folla ritiene che Casey ha poche possibilità per un potenziale game-winning in battuta.

But Flynn let drive a single, to the wonderment of all,

And Blake, the much despised, tore the cover off the ball;

And when the dust had lifted, and the men saw what had occurred,

There was Jimmy safe at second and Flynn a-hugging third.

Sebbene il termine "men" viene spesso usato genericamente in inglese, in quei giorni il baseball era ampiamente seguito dagli uomini. Se le donne andavano alla partita, erano spesso isolate in una sezione lontana dagli uomini, presumibilmente per prendere le distanze da eventuali volgarità che gli spettatori di sesso maschile (o giocatori) potevano proferire. Tuttavia, la frase "the men" rompe il metro della riga, e nelle versioni successive viene semplicemente sostituito da "they". Nella versione originale, un errore di stampa diceva che "Johnnie" era salvo in seconda. Le versioni successive corressero con "Jimmy".

Then from 5,000 throats and more there rose a lusty yell;

It rumbled through the valley, it rattled in the dell;

It knocked upon the mountain and recoiled upon the flat,

For Casey, mighty Casey, was advancing to the bat.

There was ease in Casey's manner as he stepped into his place;

There was pride in Casey's bearing and a smile on Casey's face.

And when, responding to the cheers, he lightly doffed his hat,

No stranger in the crowd could doubt 'twas Casey at the bat.

Ten thousand eyes were on him as he rubbed his hands with dirt;

Five thousand tongues applauded when he wiped them on his shirt.

Then while the writhing pitcher ground the ball into his hip,

Defiance gleamed in Casey's eye, a sneer curled Casey's lip.

And now the leather-covered sphere came hurtling through the air,

And Casey stood a-watching it in haughty grandeur there.

Close by the sturdy batsman the ball unheeded sped-

"That ain't my style," said Casey. "Strike one," the umpire said.

Prendere il primo o anche il secondo strike senza sventolare, non è insolito. Il battitore può decidere di valutare un nuovo lanciatore (anche se il testo non indica un cambiamento di pitcher), per trarre vantaggio da un lanciatore che può avere problemi di controllo (soprattutto dopo aver concesso due valide a due battitori deboli), o per vedere se il lanciatore cerca di "lanciargli attorno" per giocarsi il battitore successivo (con la prima vuota, una base su ball non implica il punto e consente il potenziale gioco forzato in qualsiasi di base, compresa casa base, con il rischio che il battitore successivo sentendo che il lanciatore lo considera "debole" rispetto a Casey si sforzi di più per produrre un punto). Tuttavia, sembra che Casey ignori i lanci, non come una tattica del baseball, ma orgoglioso delle sue capacità.

From the benches, black with people, there went up a muffled roar,

Like the beating of the storm-waves on a stern and distant shore.

"Kill him! Kill the umpire!" shouted someone on the stand;

And it's likely they'd a-killed him had not Casey raised his hand.

With a smile of Christian charity great Casey's visage shone;

He stilled the rising tumult; he bade the game go on;

He signaled to the pitcher, and once more the spheroid flew;

But Casey still ignored it, and the umpire said, "Strike two."

"Fraud!" cried the maddened thousands, and echo answered fraud;

But one scornful look from Casey and the audience was awed.

They saw his face grow stern and cold, they saw his muscles strain,

And they knew that Casey wouldn't let that ball go by again.

The sneer is gone from Casey's lip, his teeth are clenched in hate;

He pounds with cruel violence his bat upon the plate.

And now the pitcher holds the ball, and now he lets it go,

And now the air is shattered by the force of Casey's blow.

Oh, somewhere in this favored land the sun is shining bright;

The band is playing somewhere, and somewhere hearts are light,

And somewhere men are laughing, and somewhere children shout;

But there is no joy in Mudville — mighty Casey has struck out.

Mudville

Una sorta di rivalità si è sviluppata tra le due città che pretendono di essere la Mudville descritta nel poema.

I residenti di Holliston, nel Massachusetts, dove c'è un quartiere chiamato Mudville, la considerano la Mudville descritta nella poesia. Thayer era cresciuto nella vicina Worcester, Massachusetts, dove scrisse il poema nel 1888, e la sua famiglia possedeva un lanificio a meno di un miglio dal campo da baseball di Mudville.

Tuttavia, anche gli abitanti di Stockton, California - che era nota per un certo tempo come Mudville prima dell'incorporazione nel 1850 - pretendono di essere l'ispirazione per la poesia. Nel 1887, Thayer seguì il baseball per il San Francisco Examiner - di proprietà del suo compagno di Harvard William Randolph Hearst - e si dice che seguisse la locale squadra, della California League, dei Stockton Ports. Per la stagione 1902, dopo che il poema diventò popolare, la squadra di Stockton venne ribattezzata Mudville Nine. Il team ha ripristinato il nomignolo Mudville Nine per le stagioni 2000 e 2001.

I Visalia Rawhide, un'altra squadra della California League, mantiene vivo attualmente Mudville giocando con la casacca il 3 giugno di ogni anno.

Nonostante le dichiarazioni delle città rivali, Thayer disse al Syracuse Post-Standard che "la poesia non aveva alcun fondamento nella realtà".

I residenti di Marshalltown, Iowa (sede dell'Hall of Famer Cap Anson) si riferiscono spesso alla loro città come Mudville, anche se forse per motivi di irriverenza ha ben poco a che fare con l'ex residenza di Anson.

Impatto sulla cultura popolare

Per una poesia relativamente breve, apparentemente buttata giù in fretta (e negata dal suo autore per anni), "Casey at the Bat" ha avuto un effetto profondo sulla cultura popolare americana. E' stata recitata, rimessa in vigore, adattata, sezionata, parodiata e sottoposta a quasi ogni altro trattamento si possa immaginare.

Plagio

Un mese dopo che il poema fu pubblicato, venne ristampato come "Kelly at the Bat" dal New York Sporting Times. Oltre a lasciare fuori i primi cinque versi, gli unici cambiamenti rispetto all'originale erano le sostituzioni di Kelly per Casey, e Boston per Mudville. Mike "King" Kelly, poi dei Boston Beaneaters, era uno delle due più grandi stelle del baseball del momento (insieme a Cap Anson).

Nel 1897, "Current Literature", controllò le due versioni e disse: "La località, come originalmente data è Mudville, non Boston; quest'ultima è stata sostituita per dare alla poesia del colore locale".

Spettacolo dal vivo

L'attore DeWolf Hopper recitò per la prima volta la poesia il 14 agosto 1888, al Wallack Theatre di New York come parte dell'opera buffa Prinz Methusalem alla presenza delle squadre di baseball di Chicago e di New New York, White Stockings e i Giants; il 14 Ago 1888 era anche il 25° compleanno di Thayer. Hopper era conosciuto come un oratore di poesie, e la recitò per più di 10000 volte (alcuni dicono che il numero fu di quattro volte superiore) prima della sua morte.

DeWolf Hopper

Sul palco negli anni del 1890, la star del baseball Kelly recitò l'originale "Casey" circa una dozzina di volte e non la parodia.

Durante gli anni 1980, gli illusionisti Penn & Teller eseguirono una versione di "Casey at the Bat" con Teller (il partner "silenzioso") che lottava per sfuggire a una camicia di forza mentre era sospeso a testa in giù sopra una piattaforma di punte d'acciaio taglienti. Tutto si fondava sul fatto che se Penn Jillette avesse concluso la poesia, prima della fuga di Teller, lui sarebbe saltato fuori della sua sedia, lasciando la corda che sosteneva Teller, e mandando il suo partner ad una morte orribile. Il dramma della performance ebbe un'impennata dopo la terza o la quarta strofa, quando Penn Jillette cominciò a leggere il resto del poema molto più velocemente rispetto alle strofe di apertura, riducendo notevolmente il tempo che Teller aveva per liberarsi dai suoi legami.

Il 4 Luglio del 2008 Jack Williams recitò la poesia accompagnato dalla Boston Pops durante l'annuale Boston Pops Fireworks Spectacular a Boston per la celebrazione del 4 luglio.

L'ispirazione speculativa di Thayer: Kelly

Nel 1887, la stella della National League Kelly diventò famoso - probabilmente il primo giocatore di baseball a diventarlo così rapidamente - quando Boston pagò a Chicago la somma record di 10000 $ per lui. Aveva una personalità allegra e derisoria che ai fan piaceva. Egli inoltre era accomunato con "Casey at the Bat" e a una ben nota canzone come espressione per evitare il pericolo di essere chiamato out: "Slide, Kelly, Slide!". Nel 1927, la MGM produsse un film muto con tema il baseball dal titolo "Slide, Kelly, Slide".

Mike King Kelly

A partire dal 1887, Kelly fu particolarmente conosciuto come "$10,000 Beauty" (la bellezza di 10000 dollari). Nel 1881, l'attrice Louise Montague era stata così chiamata dopo aver vinto un concorso di 10000 dollari per la donna più bella del mondo.

Dopo la stagione 1887, Kelly fece un tour dimostrativo a San Francisco. Thayer, che avrebbe scritto "Casey" nel 1888, vi lavorava per il San Francisco Examiner. Anche se Thayer disse letteralmente che scelse dopo il nome "Casey" da un non-giocatore di origini irlandesi che una volta conosceva, aprì però il dibattito se qualcuno era stato preso a modello per Casey. Il miglior candidato della big league era Kelly, il più colorato, il top dei giocatori del momento di origini irlandesi. Thayer, in una lettera che scrisse nel 1905, individuò Kelly come esempio di "impudenza" per aver affermato di aver scritto il poema. L'autore della biografia definitiva di Kelly del 2004 disse che effettuando un fitto monitoraggio della sua carriera vaudeville non aveva mai trovato che Kelly affermasse di esserne stato l'autore.

Inoltre, mentre Kelly era a San Francisco durante il tour, avvenne il suo famoso acquisto di 10 mila dollari da parte di Boston.

Versioni registrate

La prima versione registrata di "Casey at the Bat" fu narrata da Russell Hunting con un forte accento irlandese nel 1893.

La recitazione più famosa registrata da DeWolf Hopper fu effettuata nel mese di ottobre 1906.

Nel 1946, la Walt Disney realizzò una registrazione della narrazione della poesia da parte dell'attore Jerry Colonna, che avrebbe accompagnato l'adattamento del poema a cartoni animati (vedi sotto).

Nel 1996, la star del cinema James Earl Jones ha registrato la poesia con l'arrangiatore/compositore Steven Reineke e la Cincinnati Pops Orchestra.

Adattamenti

Il primo adattamento cinematografico del poema di Casey at the Bat, fu un film del 1927 con Wallace Beery, nella parte di Casey.

Ci sono stati due adattamenti cinematografici d'animazione della poesia di Walt Disney: "Casey at the Bat" (1946), che utilizzava il testo originale (ma impostato nel 1902 secondo il testo della canzone di apertura, invece che nel 1888). Questa versione è recitata da Jerry Colonna (vedi sotto).

L'art-song e compositore Sidney Homer trasformò la poesia in una canzone. Lo spartito venne pubblicato da G. Schirmer nel 1920 come parte della raccolta Six Cheerful Songs to Poems of American Humor.

"Casey at the Bat" fu adattata in un'opera nel 1953 dal compositore americano William Schuman. Allen Feinstein compose un adattamento per orchestra con narratore.

Una versione orchestrale fu composta da Stephen Simon nel 1976 per il bicentenario; Maestro Classics l'ha registrata con la London Philharmonic Orchestra sotto la direzione del maestro Stephen Simon con Yadu (nome d'arte del Dr. Konrad Czynski, professore di lettere e filosofia alla Minnesota State University-Moorhead) nel ruolo di narrante.

Un adattamento orchestrale del compositore Frank Proto è stato registrato dalla Cincinnati Pops Orchestra diretta da Erich Kunzel con la star del baseball Johnny Bench, come voce narrante.

La Dallas Symphony commissionò un arrangiamento di "Casey" ad Alan Randol Bass nel 2001, che poi arrangiò per orchestra.

Una versione per orchestra di fiati e narratore di Donald Shirer sulla base di "Take Me Out to the Game Ball" ebbe la sua anteprima mondiale nel luglio 2008.

Jackie Gleason nel suo personaggio di "Reginald Van Gleason III" (in alta uniforme da baseball Mudville) decantò il poema nel suo spettacolo televisivo Jackie Gleason Show nel corso degli anni 1950.

Wallace Tripp illustrò in un famoso libro il poema nel 1978.

Nel 1986, Elliott Gould interpretò il ruolo di "Casey" nella serie televisiva Tall Tales and Legends di Shelley Duvall che adattava le leggende della storia, accanto a Carol Kane, Howard Cosell, Bob Uecker, Bill Macy e Rae Dawn Chong. La sceneggiatura venne scritta da Andy Borowitz con la produzione di David Steinberg.

Nel 2000, Michael J. Farrand adattò il sistema di rime, il tono, e il tema del poema, invertendo il risultato, per creare la sua poesia "The Man Who Gave All the Dreamers in Baseball Land Bigger Dreams to Dream" sul fuoricampo di Kirk Gibson contro Dennis Eckersley in Gara 1 delle World Series del 1988. La poesia la si può trovare su Baseball Almanac.

Sequel

"Casey Revenge", di Grantland Rice (1907), dà a Casey un'altra possibilità contro il lanciatore che lo aveva eliminato nella storia originale. Fu scritto nel 1906, e la sua prima pubblicazione conosciuta avvenne nella rivista trimestrale The Speaker nel giugno del 1907, sotto lo pseudonimo di James Wilson. In questa versione, Rice cita il soprannome "Strike-Out Casey", da qui l'influenza sul nome di Casey Stengel. La squadra di Casey è sotto di tre punti nel nono inning, e ancora una volta Casey ha due strike e questa volta con le basi piene. Ma come nelle migliori favole, colpisce la palla così lontano che non verrà mai più trovata, e la strofa finale recita:

Oh! somewhere in this favored land dark clouds may hide the sun;

And somewhere bands no longer play and children have no fun;

And somewhere over blighted loves there hangs a heavy pall;

But Mudville hearts are happy now--for Casey hit the ball.

La Walt Disney, in risposta alla popolarità del 1946, produsse un sequel, "Casey Bats Again" (1954), in cui Casey ha nove figlie che riscatteranno la sua reputazione.

Nel 1988, nel 100° anniversario della poesia, lo scrittore Frank Deford di Sports Illustrated costruì una storia di fantasia (poi estesa a forma di libro) in cui presupponeva che Katie Casey, il soggetto della canzone "Take Me Out to the Game Ball", fosse la figlia del famoso slugger del poema.

Nel 2010, Ken Eagle ha scritto "The Mudville Faithful", che copre un secolo di nuove imprese dei Mudville Nine da quando Casey andò strikeout. I fans fedeli tifano ancora per la squadra perennemente perdente, e sono finalmente ricompensati dal'apparizione alle World Series, guidati dal pronipote di Casey, che porta anche lui il nome dell'antenato.

Parodie

Mad ripubblicò la versione originale del poema nel 1950 con i disegni di Jack Davis e senza modifiche al testo (clicca sui numeri per vedere il comics: 1, 2, 3, 4, 5 e 6). Più tardi il satirico Mad incluse "Cool' Casey at the Bat" (1960), con una interpretazione del poema in stile beatnik, con i disegni di Don Martin; "Casey at the Dice ching pow" nel 1969, di un giocatore professionista; "Casey at the Talks" nel 1977, una versione della famosa poesia in cui Mudville tenta invano di firmare il free agent Casey (l'ultima riga è "Mighty Casey has held out");"Howard at the Mike, sul giornalista sportivo Howard Cosell; "Casey at the Byte" (1985), il racconto di un giovane arrogante esperto di computer che accidentalmente cancella il piano di bilancio della Casa Bianca; "Clooney as the Bat", una parodia con George Clooney nei panni di Batman in Batman and Robin, e nel 2006 come "Barry at the Bat", dove si ridicolizza il presunto coinvolgimento di Barry Bonds nello scandalo Balco. Un'altra parodia si svolge in Russia, che si conclude con "Kasey" imprigionato in un gulag. Nel "Poetry Round Robin", dove vengono riscritte famose poesie in linea con lo stile del poeta, che in questo caso è Edgar Allan Poe.

L'attore comico Foster Brooks scrisse "Riley on the Mound", che racconta la storia dal punto di vista del lanciatore.

Nella versione parodica della poesia eseguita dal radio performer Garrison Keillor, egli reimaggina il gioco come una partita in trasferta per la squadra di Mudville, invece di una partita casalinga. Gli stessi eventi si verificano con Casey che colpisce nel nono inning, come nel poema originale, ma tutto raccontato dal punto di vista della squadra avversaria.

In un episodio di Tiny Toon Adventures caratterizzato da un breve titolo "Buster at the Bat", si vede il gatto Silvestro che narra come Buster Bunny va a battere. La poesia è stata parodiata di nuovo per un episodio di Animaniacs, questa volta con il cartone Wakko a battere e Yakko a narrare.

Nell'episodio della serie Adventures of Jimmy Neutron: Boy Genius intitolato "The Return of the Nanobots", la poesia di Cindy è identica al finale di "Casey at the Bat", ma sostituisce Mudville con Retroville e l'ultima famosa riga con "cause Jimmy is an idiot!".

Anche un episodio di U.S. Acres dal titolo "Orson at the Bat" fa la parodia di "Casey".

The New York Times pubblicò una parodia di Hart Seely e Frank Cammuso in cui il poema viene narrato da Phil Rizzuto, prima giocatore e poi annunciatore dei New York Yankees, che era noto per perdere il filo e parlare d'altro mentre commentava le partite. Il poema fu poi pubblicato nel libro di Seely e Cammuso, 2007 Eleven And Other American Comedies.

Nel fumetto Issue # 92 della serie Fables, pubblicata dalla Vertigo, impiega una versione parafrasata di "Casey at the Bat" accomunando i nomi dei giocatori ai personaggi delle fiabe. E' preceduta da una finta difesa di Ernest Thayer per la distruzione della "sua amata poesia".

Lo scrittore tecnologico David Pogue ha scritto una versione parodiata dal titolo 'A Desktop Critic: Steven Saves the Mac' per la rivista Macworld nell'ottobre del 1999. Racconta la storia del ritorno trionfale di Steve Jobs in lotta con la Apple Inc. e dei suoi primi sforzi per invertire le sorti della società.

Traduzioni

Ci sono tre traduzioni note del poema in una lingua straniera, uno è in francese, scritta nel 2007 dal linguista franco-canadese Paul Laurendeau, con il titolo "Casey au bâton", e due in ebraico. Una del giornalista sportivo Menachem Less intitolato "התור של קייסי לחבוט" [Hator Shel Casey Lachbot], e l'altra più recente e più vera per la cadenza originale e lo stile di Jason H. Elbaum chiamato קֵיסִי בַּמַּחְבֵּט [Casey BaMachbayt].

Casey negli altri mezzi di comunicazione

Nomi

A pagina 11 della sua autobiografia Casey at the Bat: The Story of My Life in Baseball (Random House, 1962), Casey Stengel descrive come il suo soprannome di "K.C." (per la sua città natale, Kansas City, Missouri) si è evoluto in "Casey". Fu influenzato non solo dal nome della poesia, che era molto popolare negli anni 1910, ma anche per il fatto che a causa dei suoi frequenti strikeout in carriera, i fans e gli scrittori avevano iniziato a chiamarlo "strikeout Casey".

Libri

Il libro di Ralph Andreano del 1965, No Joy in Mudville lamenta la mancanza di eroi nel baseball moderno.

Nel libro Faithful di Steward O'Nan e Stephen King, che descrive la stagione 2004 dei Boston Red Sox, c'è un capitolo scritto da King, chiamato "The Gloom is gone from Mudville".

Il romanzo per bambini di Kurtis Scaletta del 2009, Mudville è una città dove è piovuto per 22 anni, ritardando una partita di baseball tra le due città rivali.

Film

Nel 1922, l'inventore Lee De Forest registrò la voce di DeWolf Hopper direttamente su pellicola mentre recitava la poesia.

Premi per sentire la poesia recitata da DeWolf Hopper

Nel 1927, venne realizzato un lungometraggio muto di Casey at the Bat, con Wallace Beery, Ford Sterling, e ZaSu Pitts.

Wallace Beery

Nel 1946, la Walt Disney incluse un segmento di Casey at the Bat nel film di animazione Make Mine Music. In seguito fu realizzato come singolo il 16 luglio 1954.

La poesia è citata nel documentario High School di Frederic Wiseman (1968) da un insegnante in una classe.

C'è un riferimento alla poesia nel film di Robert Altman Short Cuts (America Oggi) del 1993.

Nel film What Women Want (2000), il personaggio interpretato da Mel Gibson cerca di bloccare i pensieri di sua figlia mormorando la poesia.

Televisione

Il poema è richiamato in un numero enorme di programmi televisivi. Un esempio è un episodio di The Twilight Zone (Ai confini della realtà) intitolato "The Mighty Casey", su un giocatore di baseball che è in realtà un robot.

Nell'episodio "The Graduate" della serie Northern Exposure, Chris Stevens guadagna la sua laurea in letteratura comparata sottoponendo i suoi valutatori a una vivace rievocazione del poema.

Un altro esempio è un episodio dei Simpson intitolato "Homer at the Bat", che prende il titolo dalla poesia.

Musica

William Schuman compose un'opera, The Mighty Casey (1953), basata sul poema.

Sì fa riferimento direttamente alla poesia nella canzone No Joy in Mudville dei Death Cab for Cutie tratta dall'album We Have the Facts and We're Voting Yes.

La canzone "Rocky Mountain Way" di Joe Walsh include la riga "The bases are loaded and Casey's at bat".

La canzone "Felicia" dell'album Straight On Till Morning dei Blues Traveler include la riga "I wouldn't feel so much like Casey who never got to bat".

La canzone "Centerfield" di John Fogerty comprende la riga "Well, I spent some time in the Mudville Nine, watchin' it from the bench. You know I took some lumps when the Mighty Case struck out".

La canzone "To the Dogs or Whoever" di Josh Ritter include la strofa "Was it Casey Jones or Casey at the Bat who died out of pride and got famous for that? Killed by a swerve, laid low by the curve, do you ever think they ever thought they got what they deserved?".

La canzone "No Joy In Pudville" dei Steroid Maximus è un riferimento a questa poesia.

Randol Alan Bass compose Casey at the Bat per la Dallas Symphony Orchestra. Alla première nell'aprile del 2001, il narratore fu il presentatore Pat Sajak.

Giochi

La poesia è richiamata nel gioco EarthBound della Super Nintendo Game Entertainment, dove un arma è chiamata Casey Bat, che è l'arma più forte nel gioco, ma colpisce solo per il 25% del tempo.

Location a tema

L'angolo di Casey è un ristorante nel parco della Walt Disney World a Orlando, Florida, nel Magic Kingdom, che serve principalmente hotdog. Le immagini del cartone animato di Casey sono appese alle pareti, e una statua a grandezza naturale di un giocatore di baseball identificato come "Casey" lo si trova appena fuori dal ristorante. Inoltre, lo scoreboard presso il ristorante mostra che Mudville perse per due punti.

Un ristorante hotdog con il personaggio di Disney si trova a Disneyland Paris sin dalla sua apertura nel 1992, sotto il nome di Casey's Corner.

C'è un gioco chiamato Casey at the Bat ai Games of the Boardwalk nel parco Disneyland Resort ad Anaheim, California.

Francobollo

In data 11 luglio 1996, la United States Postal Service ha emesso un francobollo commemorativo raffigurante "Mighty Casey". Il francobollo faceva parte di un set commemorativo di eroi popolari americani. Altri francobolli della serie raffigurato Paul Bunyan, John Henry e Pecos Bill.

Teatro

L'ultimo verso del poema è citato nel musical Cabaret – il protagonista Cliff Bradshaw lo recita a Sally Bowles la prima volta che si incontrano.

 

 

Veloci! Qual'è lo slugger degli Yankees che portava il numero "7" di casacca? Che numero di casacca aveva Hank Aaron? Quale interno dei Brooklyn Dodgers portava il numero 42? Appassionati di baseball conoscerete le risposte a queste domande (Mickey Mantle, il numero "44", e Jackie Robinson) e perché i numeri del baseball hanno assunto un significato speciale nel gioco.

Nel baseball, la casacca della divisa di ogni giocatore e allenatore riporta un numero sul retro, spesso sul davanti  e occasionalmente sulla gamba dei pantaloni. I numeri vengono usati allo scopo di identificare facilmente ogni giocatore sul campo e non esistono due players della stessa squadra che indossano lo stesso numero. Sebbene siano stati progettati solo per scopi identificativi, i numeri sono diventati fonte di superstizione, attaccamento affettivo e onore (nel caso del ritiro del numero).

Storia

Si dice che il numero sull'uniforme apparve la prima volta nel 19° secolo, ma la prima registrazione ufficiale è del 1907, quando Alfred Lawson, manager dei Reading Red Roses della Pennsylvania che giocavano nell'Atlantic League, decise di numerare le divise del suo club, nel tentativo di aiutare i fans a identificare giocatori. Con 14 uomini che giocavano nella sua squadra, Lawson ordinò i numeri dall'1 al 12, e il 14 e il 15, evitando il 13 per paura che nessun giocatore avrebbe indossato il numero porta sfortuna. Mentre non si sa se la squadra scese mai in campo con i numeri, questo segnò l'inizio del concetto di numeri sulle uniformi. Il numero sull'uniforme apparve nel 1909 sulle maglie dei Cuban Stars, un team viaggiante del primo '900. In un numero del Chicago Daily News, il lanciatore degli Stars, Jose Mendez, fu visto indossare il numero 12 sulla manica sinistra.

1909 - Jose Mendez con il numero sulla manica

La prima volta che una squadra di Major League indossò i numeri fu il 26 giugno del 1916. Ispirati dal football e dall'hockey che usavano dei numeri, i Cleveland Indians entrarono sul loro campo di casa indossando un gran numero sulla manica sinistra. Questo "esperimento" fu provato per un paio di settimane, e di nuovo nella stagione successiva, e poi abbandonato. Nel 1923, i Cardinals di St. Louis adottarono i numeri sulle maniche delle casacche. Tuttavia, come l'allora manager Branch Rickey ricordava, i giocatori dei Cardinals furono "oggetto di critiche in campo dal pubblico sugli spalti e soprattutto dai giocatori avversari … L'effetto sulla squadra era cattivo e deprimeva completamente il morale e lo spirito della squadra. In realtà non volevano farsi vedere sul campo", perciò i numeri furono rimossi. Nello stesso periodo, anche gli Indianapolis ABCs della National Negro League e i San Antonio Bears della Texas League provarono i numeri.

Le casacche dei Cleveland Indians del 1916 con il numero sulla manica

Nel 1929, i New York Yankees stavano progettando di iniziare la stagione con i numeri sul retro della casacca. Anche gli Indians avevano previsto di portare i numeri nello stesso modo. Gli Yankees non poterono giocare l'opening day del 16 aprile a causa della pioggia, mentre gli Indians giocarono, e così Cleveland divenne la prima franchigia della MLB ad indossare i numeri sulla schiena. Gli Yankees debuttarono con le loro casacche numerate il giorno seguente. Da metà degli anni '30, tutte le squadre della MLB portavano i numeri; nel 1937 i Philadelphia Athletics infine cominciarono a portare i numeri sia nelle partite in casa che in trasferta, creando la caratteristica universale dei numeri nella MLB. La prima partita di MLB caratterizzata da entrambe le squadre con i numeri sulle loro maglie fu tra gli Indians e gli Yankees il 13 maggio del 1929.

Numeri su altri punti della divisa

Nel 1951, i Springfield Cubs della International League furono i primi ad indossare i numeri sulla parte anteriore della casacca.

I numeri sulla parte anteriore delle casacche dei Springfield Cubs come riportato nel numero di The Sporting News del 2 maggio 1951

Un anno dopo, la pratica fu adottata dai Brooklyn Dodgers, per la prima volta nella MLB. Oggi, i numeri sul davanti sono molto comuni a tutti i livelli di gioco. Nel 1940, i Red Sox Memphis della Negro American League portarono i numeri sulla gamba dei pantaloni; l'idea non prese piede nella MLB fino al 1975-1978 quando gli Astros portarono il numero sulla parte anteriore destra del pantalone.

Joe Niekro con la divisa degli Astros e il numero sul pantalone

Regole sui numeri

Il regolamento tecnico del baseball dice che le uniformi devono essere identiche per tutti i membri di una squadra. La sola menzione del numero nell'uniforme, è che deve essere sul retro e un minimo di 15.5 cm (sei pollici) di altezza. Per ovvi motivi, ogni giocatore e allenatore deve avere il proprio numero unico.

Le violazioni delle norme

Nelle loro prime partite in carriera, l'outfielder dei Cincinnati Reds, Eric Davis, e il pitcher dei Chicago White Sox, Joe Horlen, non avevano i numeri sulla casacca. Entrambi i giocatori erano stati appena chiamati nella big league mentre le squadre erano in trasferta e perciò solo la loro casacca non aveva il numero.

Il 27 settembre del 1999, l'esterno centro dei Detroit Tigers Gabe Kapler scese in campo indossando una divisa senza numero. Quel giorno, i Tigers giocavano l'ultima partita allo storico Tiger Stadium, in onore dei grandi Tigers del passato, i membri del lineup portavano i numeri dei membri corrispondenti allo "All-Time Team Detroit Tigers" votati dai fans. Poiché Kapler giocava all'esterno centro, doveva indossare il numero dell'uniforme di Ty Cobb, ma dal momento che Cobb giocava prima che i numeri venissero usati, la schiena di Kapler ne era priva.

Per il 100° anniversario del Fenway Park del 20 aprile del 2012, i Boston Red Sox e i New York Yankees indossavano le divise del 1912 - che non avevano i numeri.

Nick Swisher dei New York Yankees, a sinistra in scivolata, e l'interbase dei Boston Red Sox Mike Aviles, a destra, mentre gira un doppio il 20 aprile 2012 in occasione del 100th anniversario del Fenway Park con le divise senza numeri

Nel Jackie Robinson Day, le squadre di tutta la MLB indossano per onorarlo la casacca con il numero 42. La MLB ha stabilito che, solo per quel giorno, su tutti i siti web delle 30 franchigie ogni giocatore nel roster attivo abbia il numero 42.

Assegnazione dei numeri

I numeri originali del baseball erano basati sul lineup. I giocatori titolari dovevano essere numerati dall'1 all'8, in base al loro posto nell'ordine. Il ricevitore era il numero 9, e i lanciatori  indossavano i numeri dal 10 al 14 (ma non il 13, in quanto numero superstizioso). Tra gli esempi notevoli di questo sistema ci sono i compagni di squadra di Babe Ruth (che era il numero 3 e batteva terzo per gli Yankees), Earle Combs (numero 1 e batteva primo), Mark Koening (numero 2 e batteva secondo), Lou Gehrig (numero 4, e batteva quarto), Bob Mesuel (numero 5 e batteva quinto) Tony Lazzery (numero 6 e batteva sesto), Leo Durocher (numero 7 e batteva settimo), Johnny Grabowski (numero 8 e batteva ottavo).

La casacca # 3 di Babe Ruth
La casacca # 4 Lou Gehrig

Oggi le squadre non assegnano più i numeri in base a tale sistema, ma alle preferenze personali e in relazione ai numeri ritirati. Tuttavia, alcune tendenze si presentano molto chiaramente: gli interni, in particolare lo shortstops e il seconda base, tendono ad essere i giocatori che indossano singole cifre.

I numeri bassi sono di solito indossati solo dai giocatori di posizione.

I lanciatori di solito indossano un numero elevato (30 e +). I numeri tra il 10 e 20 sono di solito indossati solo da lanciatori di successo a livello di major league. Quasi nessun lanciatore indossa singole cifre (con le attuali eccezioni attuali  di Kyle Drabek dei Toronto Blue Jays e Alex White dei Colorado Rockies).

Alex White dei Colorado Rockies

Kyle Drabek dei Toronto Blue Jays

Il numero 44 è stato indossato da molti "power hitter" da Hank Aaron che fu il re degli home run (Aaron aveva il numero 44).

Hank Aaron

I giocatori nello spring training che sono rookie o che hanno una piccola possibilità di far parte della squadra hanno numeri molto alti (60 e +). Generalmente si pensa che più alto è il numero, minore è la possibilità di far parte della squadra.

Nella Nippon Professional Baseball, le big leagues giapponesi, il numero 18 è spesso riservato per il lanciatore ace. Al loro arrivo in MLB, i lanciatori giapponesi  di importazione  hanno cercato di avere quel numero di nuovo (in particolare Hiroki Kuroda e Daisuke Matsuzaka).

Hiroki Kuroda

Daisuke Matsuzaka

Superstizioni, preferenze ed espedienti

Spesso i giocatori crescono emotivamente legati ad un numero. Quando un giocatore cambia squadra, il suo numero è spesso già in uso. Dal momento che la MLB consente di modificare il numero in qualsiasi momento, può verificarsi che si comprino i numeri. Tra i più scandalosi acquisti di numeri ci sono quello di Brian Jordan, che preso dagli Atlanta Braves diede all'allora coach di terza base, Fredi Gonzalez, una moto del valore di 40000 $ per il # 33, e quello di Rickey Henderson quando andò ai Toronto Blue Jays pagò un giocatore 25000 $ per il suo numero # 24 che aveva indossato nella sua lunga carriera. Non tutti i giocatori pagano somme spropositate per il loro numero; quando Mitch Williams andò ai Philadelphia Phillies, comprò il # 28 di John Kruk per 10 $ e due casse di birra.

Brian Jordan
Rickey Henderson
Mitch Williams

Nel 1951, Johnny Neves Northern League Fargo-Moorhead Twins indossava il numero 7 rovesciato perché "Neves" scritto al contrario è "sette". Bill Voiselle, che veniva da Ninety Six, Carolina del Sud, indossava il # 96 negli anni 1947-1950 per onorare la sua città natale. Carlos May, che era nato il 17 maggio, indossava il numero 17, ciò significava che sulla sua casacca si leggeva sia il suo nome, il numero e il suo compleanno ("May, 17").

Johnny Neves

Bill Voiselle
Carlos May

Alcuni giocatori che non sono in grado di avere il numero che avevano nella loro squadra precedente prendono un numero vicino al precedente. Ad esempio, Roger Clemens indossò il # 21 durante i primi 15 anni della sua carriera con i Red Sox, Blue Jays e durante i suoi tempi all'University of Texas. Quando andò agli Yankees e Astros, passò al # 22. All'arrivo di Clemens a New York, si dice, che chiese all'esterno Paul O'Neill di dargli il # 21, ma lui si rifiutò. Anche se alla fine avrebbe optato per il # 22, Clemens inizialmente invertì il suo amato # 21 con il # 12. Clemens ha continuato a indossare # 22 al momento della firma con la sua città natale Houston Astros nel 2004 e, al momento del ritorno con gli Yankees, Robinson Cano, titolare del # 22 all'inizio della stagione 2007, lo cambiò con il # 24 in previsione che gli Yankees eventualmente rifirmassero Clemens, lasciando il # 22 disponibile per Clemens.

Roger Clemens # 21
Roger Clemens # 22

Joe Beimel ha indossato il # 97 in tutta la sua carriera, perché il suo primo figlio era nato nel 1997. David Wells indossava il # 3 con i Boston Red Sox, perché il suo giocatore preferito, Babe Ruth, indossava il # 3. Nella sua ultima stagione, giocando per i Red Sox, J.T. Snow indossava il # 84 per onorare suo padre Jack, un ex giocatore della NFL.

Joe Beimel

David Wells

J.T Snow

Eddie Gaedel, il nano che entrò una sola volta in battuta come pinch-hitter in Major League, aveva il # ⅛.

Eddie Gaedel

Numero 0 e Numero 00

Omar Olivares indossava il # 00 con i Cardinals e Phillies per rappresentare le sue iniziali di OO. Junior Ortiz ha indossato il # 0 per cinque anni dei suoi 13 anni di carriera, perché il suo cognome inizia con "O". Al Oliver indossò il # 0 per gli ultimi 8 anni della sua carriera per la stessa ragione, e nel 1985, i Blue Jays vedevano zeri dappertutto, perché il compagno di squadra di Oliver, Cliff Johnson, indossava il # 00 allo stesso tempo. L'esterno degli anni '80, Oddibe McDowell, indossò anche lui il # 0 per l'iniziale del suo nome di battesimo, mentre giocava con i Rangers. Anche negli anni '90, Jack Clark e Jeffrey Leonard dei San Francisco Giants, entrambi indossavano il # 00. Infine, quando era con gli Washington Nationals e i Cincinnati Reds negli anni 2005-2007, l'outfielder Brandon Watson indossò il # 00.

Omar Olivares
Junior Ortiz
Al Oliver
Jeffrey Leonard

Oddibe McDowell

Brandon Watson

Giocatori di spicco con alti numeri

Molti lanciatori attuali indossano più del previsto numeri alti: Bronson Arroyo e Chan-Ho Park (entrambi il  # 61), e Barry Zito (# 75). Inoltre, degno di nota, è che Manny Ramirez quando ha giocato per i Los Angeles Dodgers indossava il # 99. Il suo numero regolare, il # 24, apparteneva alla Hall of Fame manager Walter Alston, ed era stato ritirato dai Dodgers. La sua seconda scelta, # 34, apparteneva a Fernando Valenzuela, che non è ufficialmente ritirato dai Dodgers.

Bronson Arroyo
Chan-Ho Park

Barry Zito

Manny Ramirez

Diversi giocatori hanno invertito l'ordine del loro numero nel cambiare squadre, creando alcune situazioni insolite. Carlton Fisk, da lungo tempo ricevitore dei Red Sox, invertì il suo # 27 nel # 72 dopo essere stato ceduto agli White Sox. Chicago ritirò il suo # 72, il numero più alto ad essere stato ritirato. Derek Lowe cambiò il suo numero 23 in 32 al momento della firma con gli Atlanta Braves nel 2009. Eric Gagne portava il # 83 ma prese il 38 quando si unì ai Milwaukee Brewers e Francisco "K-Rod" Rodriguez indossò il # 75, per i New York Mets, perché Johan Santana aveva il # 57.

Carlton Fisk con la casacca # 27 dei Boston Red Sox
Carlton Fisk con la casacca # 72 degli White Sox

 

Derek Lowe con la casacca # 23 dei Dodgers
Derek Lowe con la casacca # 32 dei Braves

Eric Gagne

Francisco "K-Rod" Rodriguez con la casacca # 57 degli Angels
Francisco "K-Rod" Rodriguez con la casacca # 75 dei Mets

I giocatori giapponesi che arrivano in MLB hanno talvolta portato dei numeri più alti. Dato che il numero elevato è comune per i giocatori esperti in Giappone, giocatori come Hideki Matsui (# 55) e Ichiro (# 51) - ora # 31 - hanno mantenuto i loro numeri giapponesi nel corso della loro carriera americana.

Hideki Matsui # 55
Ichiro Suzuki # 51

Numeri ritirati della Major League Baseball

Ai giocatori più leggendari, dirigenti e manager di una squadra a volte viene ritirato il loro numero della casacca, in modo che i giocatori e i manager futuri non possono indossare quei numeri in quella squadra. Solo il giocatore con il numero ritirato può indossare quel numero in caso di ritorno nella squadra come giocatore o manager. In generale, tali ritiri sono riservati per i migliori, che nella maggior parte dei casi, hanno avuto un impatto nell'intera league e sono i più memorabili.

Il primo giocatore della Major League a cui è stato ritirato il suo numero è stato Lou Gehrig (# 4). Il # 4 e # 5 sono stati entrambi ritirati da 8 squadre, più di ogni altro numero. Gli Yankees hanno ritirato un totale di 16 numeri, più di ogni altra squadra. Il più alto numero ritirato di un giocatore è il # 72 di Carlton Fisk, ma i Cardinals ritirarono il # 85 in onore di loro proprietario di un tempo August Busch Jr.. Anche se non aveva mai indossato una divisa, il numero è legato agli anni che aveva nel momento del ritiro. I Cleveland Indians ritirarono il # 455 nel 2001 in onore dei "tifosi", per commemorare l'allora più lunga striscia di esaurimento biglietti in casa della loro storia (anche se la MLB non permette a nessuna squadra di mettere tre cifre sulle casacche).

Otto giocatori e un manager, Casey Stengel, hanno avuto i loro numeri ritirati con più di una squadra. Nolan Ryan ha due numeri diversi (# 30 e # 34) ritirati tra tre squadre diverse. Il # 27 di Fisk è stato ritirato dai Red Sox come il suo # 72 dagli White Sox, così come lo sono il # 9 e # 44 di Reggie Jackson, rispettivamente ritirati dagli A’s e dagli Yankees.

I New York Yankees hanno ritirato più numeri rispetto a qualsiasi altra squadra (15 numeri per 16 giocatori), il che significa che molti giocatori degli Yankees prendono numeri più alti, perché non ci sono i numeri abbastanza bassi a disposizione.

I Toronto Blue Jays tradizionalmente non hanno ritirato alcun numero, ma preferiscono avere un metodo alternativo per onorare i loro giocatori chiamato il 'Level of Excellence'. Hanno finalmente ritirato un numero nel 2011: il # 12 di Roberto Alomar.

Per vedere i numeri ritirati cliccate sulla pagina Le casacche della MLB ritirate

Jackie Robinson e il numero 42

Jackie Robinson # 42

Nel 1997, la Major League Baseball, per la prima volta in assoluto, ha ritirato un numero che vale per tutte le franchigie. Il numero 42 non può essere dato a tutti i nuovi giocatori, essendo stato ritirato in onore di Jackie Robinson, sebbene tutti i giocatori che al momento indossavano il numero al ritiro in massa, come Mo Vaughn e Butch Huskey dei Red Sox e Mets, fu permesso di tenerlo sotto la grandfather clause se avessero indossato il numero in onore di Jackie Robinson. L'unico giocatore che indossa ancora oggi il # 42 è Mariano Rivera degli Yankees. Pure Art Silber, proprietario e allenatore di Potomac della classe A affiliata ai Nationals porta il numero 42. I Los Angeles Dodgers, per i quali Robinson giocò (come Brooklyn Dodgers), avevano già ritirato il numero 42 nel 1972, dopo la morte di Robinson.

Tuttavia, il numero 42 sarebbe stato indossato da un numero di giocatori diversi da Rivera nel 2007, che celebrava il 60° anniversario della prima apparizione di Robinson nella Major League Baseball (l'evento che ruppe la linea di colore dello sport del 20° secolo). Prima della stagione, l'esterno dei Cincinnati Reds, Ken Griffey, Jr. chiese alla vedova di Robinson, Rachel Robinson, e al commissioner della MLB Bud Selig il permesso di indossare il # 42 il 15 aprile, il giorno dell'anniversario della storica partita di Robinson. Entrambi diedero la loro approvazione, e in seguito Selig stabilì che qualsiasi giocatore che avesse voluto indossare il # 42 in quella data avrebbe potuto farlo. Tre squadre e diversi singoli giocatori in altre squadre indossarono il 42 nella stessa data, tre altre squadre il cui piano era di indossare il # 42 in blocco non giocarono a causa della pioggia in tale data e lo fecero nel corso del mese.

Roberto Clemente # 21

Alcuni ritengono che Roberto Clemente meriti un simile onore, e che il # 21, dovrebbero essere ritirato da tutte le squadre. Clemente aprì le porte agli ispanici alla Major League, proprio come Robinson fece per gli afro-americani. Morì in un incidente aereo nel 1972, mentre aiutava le vittime del terremoto del Nicaragua, terminando troppo presto la sua carriera stellare. Il numero 21 fu ritirato dal team di Clemente, i Pittsburgh Pirates, e venne indossato da Sammy Sosa in tutta la sua carriera come omaggio al suo eroe d'infanzia.

 

 

Il berretto da baseball (cap) è il cappello americano per eccellenza. Si vede non solo sul campo da gioco, ma in tribuna, per le strade e anche sul posto di lavoro. Oggi, come in passato, il berretto da baseball serve a molte funzioni. Ripara gli occhi di un giocatore dal sole durante il giorno e di notte dalle luci artificiali. Aiuta i giocatori e gli appassionati a distinguere i membri di una squadra da un'altra. La colorazione distintiva e la grafica sul cap contribuisce a promuovere la squadra e a diventare un prodotto allettante da acquistare. E come potrebbe un club rimontare negli inning finali senza capovolgerlo nel classico "rally cap?".

I primi cap

Il 24 aprile del 1849, i New York Knickerbockers, l'influente organizzazione di baseball, adottò la prima divisa ufficiale. I primi cappellini da baseball erano di paglia. Pochi anni dopo il club passò a un cappello in merino (una morbida lana fine) costruito con le due caratteristiche principali del moderno cap da baseball: una corona e una visiera.

E' nata la stella

Nel tardo 1860, gli annunci pubblicitari presentavano numerosi stili di berretti da baseball. Uno degli stili più popolari del tempo, fatto dai produttori di articoli sportivi Peck & Snyder, era semplicemente conosciuto come "No 1". Il cap, indossato dalle squadre dilettantistiche di altissimo livello come i Brooklyn Excelsiors, Philadelphia Athletics, New York Gothams e New York Mutual, erano caratterizzati dall'immagine di una stella in cima alla corona. I berretti da baseball della fine del 1860 costavano mediamente da 1,25 a 2 $ ciascuno, a seconda del tipo di lana, mentre quelli di flanella erano meno costosi di quelli di merino.

I membri del Mutual Base Ball Club di New York City con le stelle sulla sommità del berretto, 1864

I cap del pitcher Spalding

Dieci diversi modelli di cappellini vennero pubblicati nella Spalding’s Base Ball Guide del 1888. I prezzi per i cap dell'epoca variavano da un minimo di 12 a 15 centesimi per gli economici cappellini di mussola e flanella, fino a 2 $ per la flanella di alta qualità.

Gli stili dei cap pubblicizzati nella Spalding’s Base Ball Guide del 1888

▪ Il "Parti-Colored Cap" (n. 1) strisce verticali su una corona "a cilindro" e strisce sul frontino. Meglio conosciuto come il cap indossato dai St. Louis Browns, Campioni del Mondo nel 1886 dell'American Association, lo stile non prese mai abbastanza piede nelle major leagues.

Il prima base Charlie Comiskey dei St. Louis Browns nel 1885

I St. Louis Browns del 1885

▪ Il "Chicago Cap" (n. 5) ha la stessa forma del "Parti-Colored Cap", ma caratterizzato da righe orizzontali (piuttosto che verticali) e la visiera in tinta unita. Lo stile fu uno dei più popolari tra i club delle major leagues della fine del 1880, ma dalla fine del secolo solo alcuni club indossavano ancora questo tipo.

Il pitcher Charlie Ferguson dei Philadelphia Quakers

▪ Il "College Style Cap" (n. 21) di un solo colore simile alle versioni del "Parti-Colored" e del "Chicago", con una corona leggermente più bassa.

Il pitcher Amos Rusie dei NY Giants

▪ Il "Boston Style Cap" con la sua visiera corta e con la corona nella parte anteriore inclinata, era disponibile sia nella versione senza (n. 13) e con una stella in cima al cappello (n. 7).

Il lanciatore Albert Spalding dei Chicago White Stockings

▪ Il "Jockey Shape Cap" (n. 11), modellato sui cappellini indossati dai fantini, era caratterizzato da una lunga visiera e una grande corona circolare. Anche se non particolarmente popolare al tempo, è il cap più simile al moderno cappellino da baseball.

James Creighton pitcher dei Brooklyn Excelsior nel 1860

▪ Lo "Skull Cap" (n. 19) era simile al "Jockey Shape" salvo che il frontino era molto più corto.

Il seconda base Charlie Grant dei Cuban X-Giants

▪ Il "Base Ball Hat" (n. 3), il primo pubblicizzato da Spalding nella Base Ball Guide del 1888, era in stile derby che non fu mai adottato da nessun club delle Major League.

Un non identificato team del 1878

Il frontino di Burkett

Nel 1895, un certo numero di giocatori di baseball, tra cui il futuro Hall of Famer esterno Jesse Burkett, sperimentarono un cappellino da baseball che aveva un frontino verdastro trasparente. L'idea era di permettere al difensore una più ampia vista mentre lo proteggeva dalla luce abbagliante del sole nelle prese delle volate, ma a quanto pare non riscosse un grande successo.

Prendi questa tigre

Il primo club della big league a mettere un'immagine del nickname della squadra sul suo cappellino furono i Detroit Tigers del 1901-1902. In quelle stagioni, la parte anteriore del cap dei Detroit era adornato con la figura di una tigre di colore arancione.

La storia della cucitura

Nel 1903, Spalding introdusse il cap "Philadelphia Style", che era caratterizzato da una prima innovazione: le cuciture sulla visiera. La sottile aggiunta determinò una più lunga durata del cap che conservava meglio la sua forma. Entro la fine del decennio, quasi ogni berretto da baseball evidenzava le cuciture sul frontino.


Il "Philadelphia Style" cap come era pubblicizzato nella Spalding’s Base Ball Guide del 1903

Il frontino del cap

Pochissimi club indossarono berretti da baseball con due colori sul frontino. Nel 1908, i St. Louis Browns introdussero un berretto con il frontino che era bianco con bordo spesso di colore marrone. Lo stile durò solo tre stagioni. Dal 1912 fino al 1915, gli Washington Nationals (più tardi noti come Senators) indossarono cap con il frontino bleu scuro con un bordo sottile bianco.

Le divise degli St Louis Browns con il cap biano e il frontino bordato di colore marrone

Le divise degli Washington Nationals del 1915 con il cap bleu e il frontino bordato in bianco

I "Pillboxes" della Pennsylvania producono abbondanza di pennant

Dal 1905, il cap "pillbox" (a cilindro) fu visto raramente sui diamanti delle big league, ma lo stile ebbe due risvegli degni di nota. I Philadelphia Athletics indossarono un cap "pillbox" a righe orizzontali dal 1909 a 1914. Il vecchio stile evidentemente fece meraviglie al club di Connie Mack che vinse quattro pennant dell'American League e tre World Series durante i sei anni che indossarono questo cap. Il caratteristico cappellino lo si può vedere sulle targhe della Hall of Fame di tre membri di questa dinastia degli Athletics: Frank Baker, Chief Bender e Eddie Plank. Il cap "pillbox" a strisce fece ancora una rentrée nel 1976 quando cinque club della National League celebrarono il 100° anniversario del "Senior Circuit's" adottando il nostalgico stile. Mentre i Reds, Mets, Phillies e Cardinals indossarono il cap solo durante la stagione del centenario, i Pittsburgh Pirates mantennero lo stile dal 1976 al 1986, compresa la loro stagione della vittoria delle World Series nel 1979. Nell'anno dell'anniversario il team della National League disputò l'annuale All-Star Game indossando il cap "pillbox" con la lettera N.

I Philadelphia Athletics del 1911

Frank Baker
Chief Bender
Eddie Plank

L'esterno dei Philadelphia Athletics Jimmy Walsh con il cap "pillbox" nel 1914

La National League All-Star team nella foto ricordo prima dell'inizio della partita

Il cap usato dal team della NL nell'All-Star Game del 1976

Sparky Anderson mentre protesta con un arbitro, che indossa il cap "pillbox" durante la stagione 1976

Nessun logo

L'ultimo club delle big league ad indossare un cap senza una lettera o un logo sulla parte anteriore furono i St. Louis Browns nel 1945, ed era un berretto bianco con sottili strisce arancio e marrone e il frontino marrone.

Il cap dei St. Louis Browns appartenuto a Pete Gray nel 1945

Cap universale (one-size-fits-all)

Anche se i club delle major league di oggi usano ancora i cap chiusi (fitted), i club della All-American Girls Professional Baseball League degli anni 1940 e '50 utilizzavano cappellini con elastici nella parte posteriore in modo che fossero one-size-fits-all.

Le Rockford Peaches del 1944 con i loro cap

Gli Angels dicono "aureola"

Dopo pochi mesi nella loro stagione inaugurale del 1961, i Los Angeles Angels dell'American League adottarono dei cap con un'aureola d'argento sulla corona. L'aureola sul cap degli Angels durò per tutta la stagione 1970, dopo di che venne rimosso dalla parte superiore del tappo ed una piccola aureola fu incorporata nel logo della squadra.

Cap del 1961
Cap del 1971

Il cap indossato dal prima base dei California Angels Steve Bilko nel 1961

Il cap del capitano

Per una breve durata i Seattle Pilots del 1969 incorporarono un elemento grafico geniale sul frontino del cap: due rami d'alloro d'oro (a volte indicate anche come "uova strapazzate") simili a quelle indossati sui cappelli degli ufficiali della Marina degli Stati Uniti e i capitani delle compagnie aeree commerciali. Quando il club si trasferì a Milwaukee poco prima della stagione 1970, il team prese un altro nome e il design creativo venne abbandonato.

Stelle e strisce

Mentre i Pittsburgh Pirates dal 1976-1986 indossavano il vecchio cap "pillbox" a righe, la loro evoluzione più innovativa al berretto da baseball venne introdotta durante la stagione del campionato del 1979. In una pratica che ricordava i distintivi di merito dati dal coach Woody Hayes al suo team di football della Ohio State Buckeyes, Willie Stargell distribuì "Stargell Stars" in oro ai compagni di squadra in riconoscimento dei diversi risultati sul campo. Le stelle venivano poi cucite sul cap del giocatore onorato, sia tra le strisce orizzontali che sul frontino. Stargell poi introdusse delle stelle con la lettera minuscola "S" al centro, ma i distintivi di merito durarono solo un paio di stagioni. Quando Stargell scomparve nel 2001, i Pirates indossarono un "Stargell Star" sulla parte anteriore della casacca in memoria di "Pops".

Il cap dei Pittsburgh Pirates appartenuto a Willie Stargell



Gli interni dei Pirates Phil Garner (a sinistra) e Dale Berra con i cap "Stars Stargell" nel 1980

Rosso, Bianco e Bleu

Forse il berretto da baseball più sorprendente dei tempi moderni fu indossato dai Montreal Expos dal 1969 al 1991. I sei pannelli che componevano la corona erano di colore rosso, bianco e blu, abbinati alla combinazione dei colori del logo del club.

Il cap indossato dal lanciatore dei Montreal Expos Bill Stoneman nel 1972

 

 

Il caschetto di battuta (helmet) è il copricapo protettivo portato dai battitori nel gioco del baseball e nel softball. E' destinato a proteggere la testa del battitore dai lanci incontrollati dei pitcher. Un battitore che viene colpito da un lancio alla testa, sia esso involontario o intenzionale, può avere serie ripercussioni traumatiche e a volte anche mortali. Ma l'uso sistematico del caschetto avvenne solo negli anni '60 e questa è la storia dai suoi albori fino ai giorni nostri.

I primi concetti (1905-1920)

Nel 1905, Frank Mogridge creò il primo rudimentale attrezzo protettivo per la testa ed ottenne il brevetto n° 780899 per la "protezione della testa". Questo primo tentativo del casco di battuta era come un "guanto gonfiabile da boxe che si avvolgeva attorno alla testa dei battitori". Era commercializzato dalla A.J. Reach Company come "Reach Pneumatic Head Protector for Batters".

Nel 1907, Roger Bresnahan, un Hall of Famer che inventò gli schinieri del ricevitore e altri dispositivi, rimase ferito dopo essere stato colpito alla testa da un lancio a metà estate. L'11 luglio 1907, l'edizione del Washington Post, annunciò che Bresnahan avrebbe indossato il dispositivo Mogridge quando sarebbe tornato a giocare. Ecco come lo descrive il Post:

"E' un affare di gomma che protegge completamente la testa e lo salverà in futuro da tali colpi come quello che lo ha addormentato di recente a Cincinnati, quando è stato colpito da una veloce interna di Andy Coakley sulla tempia sinistra ed è rimasto in stato di incoscienza per ore.

Se Bresnahan continua la sua politica di proteggersi contro i danni con tutti i tipi di dispositivi avrà bisogno di un piccolo carrello specifico per trascinare i suoi oggetti personali prima e dopo ogni partita. Tra l'altro con una protezione alla testa gli sarà possibile resistere contro ogni tipo di lancio e senza dubbio ci saranno più colpi delle squadre avversarie, ma non vi è alcuna norma che impedisca a Bresnahan o a chiunque altro di usare queste cose".

Roger Bresnahan

L'edizione del 30 luglio 1907 dell'Atlanta Constitution affermava che Bresnahan "quando batte ha adottato l'uso di una cuffia per proteggere il lato della sua testa rivolto verso il lanciatore". Bresnahan sembra però che non l'abbia indossato a lungo. I caschi non erano dei veri e propri caschetti ma erano più delle cuffie protettive. Non proteggevano effettivamente la testa del battitore, ma piuttosto proteggevano l'orecchio e la regione temporale.

Nel 1908, Freddie Parent indossò un tipo di protezione per la testa, non bene identificata, e Frank Chance fece la stessa cosa nel 1913, anche se il copricapo di Chance era "poco più di una spugna avvolta in una benda". Nello stesso anno, il pitcher di Utica, Joe Bosk, indossò un dispositivo di protezione su un lato dopo essere stato gravemente ferito alla testa da un lancio nel 1911.

Il primo caso conosciuto di un manager che diede dei protettori per la testa su larga scala ai suoi giocatori fu il manager dei Phillies, Pat Moran, che diede dei cap imbottiti di sughero ai suoi giocatori nel 1917.

Pat Moran

Rinnovato interesse (1930-1950)

Ray Chapman

Nonostante la fatale beanball di Ray Chapman nel 1920, i caschi di battuta furono abbastanza rari nelle major leagues. Ray Chapman venne colpito alla testa e ucciso da una palla lanciata dal lanciatore degli Yankees Carl Mays. Questo scioccò il mondo del baseball, ma, anche se ci furono alcune richieste per risolvere il problema in qualche modo (H.C. Hamilton, nell'edizione del 25 agosto del 1920 del San Antonio Evening News , invitava "gli esperti a darsi da fare per un nuovo protettore"), non cambiò nulla.

Nell'edizione di settembre del 1920 del The American Hatter c'era scritto:

" La triste morte di Ray Chapman, l'interbase di Cleveland, per un colpo alla testa da una palla lanciata, ha ispirato la progettazione del casco protettivo indicato qui. Il casco è come un casco da football, eccetto che ha una visiera, come sui cappellini regolari. Il magistrato F.X. McQuade, tesoriere dei Giants, dichiara che i funzionari del club stanno prendendo in considerazione l'adozione di un casco come mostrato in figura. L'idea del copricapo è stata ridicolizzata, ma si ritiene che i caschi saranno adottati e applicati in battuta. Si ricorderà che Roger Bresnahan è stato ridicolizzato quando apparve al Polo Grounds quindici anni fa con la pettorina e gli schinieri, ma ora sono presi come una cosa naturale, come lo sono in un certo modo i pesanti guanti da catcher disprezzati anni fa".

Non è chiaro se questo casco venne mai utilizzato su un diamante della major league (o in qualsiasi altro luogo, ma solo in quel servizio con foto), ma è affascinante vedere che un funzionario della squadra dei Giants era disposto ad essere accomunato ad esso.

Nel 1937 Mickey Cochrane manager-player dei Detroit Tigers venne colpito alla testa da un lancio di Bump Hadley degli Yankees. Subì una quasi fatale frattura del cranio in tre parti e questo fu un altro campanello d'allarme per il baseball, e qualche azione venne presa in questo periodo. Fortunatamente il lancio non lo uccise, e Cochrane quando gli fu chiesto un mese più tardi, se pensava che i battitori dovessero essere costretti ad indossare il casco disse: "Assolutamente. Una palla lanciata anche nelle mani di un attento sportivo lanciatore è in grado di percorrere traiettorie strane ... e un battitore rischia di essere colpito in ogni momento".

Articolo della beanball di Mickey Cochrane

Nella stessa settimana, Connie Mack, manager dei Philadelphia Athletics, esperimentò i caschi da polo (leggi l'articolo).

Il 1° giugno del 1937, i Cleveland Indians e i Philadelphia Athletics divennero le prime squadre a testare i caschi e lo fecero utilizzando rispettivamente una protezione in pelle e i caschi da polo. I manager di entrambe le squadre decisero di utilizzarli durante il batting practice, una prova per l'uso del casco sui loro giocatori e lo fecero prima di una partita tra le due squadre. C'è una foto che mostra che furono indossati i caschi nel batting practice, e non vi è alcuna foto che provi che vennero utilizzarli o indossati in una partita (Foto tratta da Popular Science e leggi l'articolo del The Independent). La prima squadra in cui è documentato l'uso del casco in una partita furono i Des Moines Demons della Western League che li utilizzarono nella stessa settimana delle due formazioni di major (vedere articolo del The New York Times). Usarono dei caschi da polo, ma l'idea di indossare caschi in una partita non sembrò aver seguito in quanto furono utilizzati solo per una partita.

I battitori dei Philadelphia Athletics durante il batting practice

Il giocatore della Negro League, l'Hall of Famer Willie Wells, viene spesso citato per essere il primo giocatore ad indossare un moderno casco in una partita e l'anno si riferisce al 1942. Secondo il ricercatore Larry Lester l'evento avvenne nel 1937 come raccontato nell'edizione del 26 agosto dal New York Age. L'elmetto che indossava quel giorno era un rigido caschetto edile modificato.

Willie Wells

Nell'edizione di agosto/settembre di Popular Science c'è la foto di Lamar Newsome che indossa una protezione per la testa che viene messa sotto il cappellino.

La prima League di baseball professionista ad adottare integralmente il caschetto fu l'International League che lo fece nel 1939, quando l'elenco delle attrezzature ufficiali utilizzate cominciò a includere un "cappello di sicurezza o casco". L'esterno Buster Mills fu il primo giocatore della League ad usare un casco.

L'idea che il caschetto diventasse una parte necessaria del gioco finalmente colpì la Major League Baseball, quando i funzionari della National League si incontrarono all'All-Star Game del 1940 a Chicago. Questa accelerazione fu motivata anche dal fatto che Pee Wee Reese e Joe Medwick dei Brooklyn erano stati entrambi vittime di beaning pericolosi, come Billy Jürges dei Giants. In questo articolo del 30 Giugno, 1940, del Pittsburgh Press, il presidente della NL, Ford Frick, mostrava il nuovo casco che aveva progettato con la speranza che venisse adottato dalla League (le foto sono disponibili in questo articolo).

"Ho cercato la maniera per prevenire questo, correggendolo. Ma di gran lunga la soluzione migliore al problema credo, si trova con il casco.

Se potessimo convocare una riunione della League e all'unanimità passasse un provvedimento per disporre che ogni battitore indossi una protezione al piatto avremmo eliminato in breve tempo i casi ospedalieri e le ferite alla testa".

Anche se la National League in questo incontro non lo adottò, Jackie Hayes divenne il primo giocatore ad indossare il caschetto in una partita il 22 agosto 1940.

Jackie Hayes con il caschetto

Jackie Hayes con il caschetto in battuta nell' edizione del New York Times, del 23 agosto 1940

Terry Moore dei Cardinals indossa il caschetto di Ford Frick in questa foto del 15 luglio 1940 nell'edizione del Kingsport Times.

Nel 1941, la National League, infine, adottò l'uso di un casco, disegnato da George Bennett, un chirurgo del cervello della Johns Hopkins University, da usare da tutte le squadre nello spring training. L'8 marzo del 1941, il presidente dei Brooklyn Dodgers, Larry MacPhail, annunciò che i giocatori della sua squadra lo avrebbero indossato durante le partite della regular season. Anche i caschetti di Ford Frick sarebbero stati usati ma i giocatori dei Dodgers ne avrebbero utilizzato uno più leggero. Però, non era esattamente il casco moderno:

"Delle Tasche con zip sono tagliate in ogni lato del berretto regolamentare da baseball. In una di queste tasche, sul lato che si affaccia al lanciatore, il battitore farà slittare un piatto di plastica, che è circa un quarto di pollice (6,35 mm) di spessore e poco più di un'oncia (28,34 g.) di peso. La piastra, ha circa la larghezza e la lunghezza della mano di un uomo, e copre l'area vulnerabile dalla tempia a circa un inch (25,4 mm) dietro l'orecchio".

Una buona immagine del dispositivo si trova nel numero di giugno del 1941 di Popular Science.

I Dodgers non furono l'unica squadra ad indossare questi nuovi caschi quell'anno. Il 26 aprile 1941, gli Washington Senators si unirono ai Dodgers nell'uso dei caschi di protezione. I caschi dei Senators però erano cuciti. Il 6 giugno, anche i Giants cominciarono ad indossare cappelli di protezione. I loro rivestimenti di protezione erano fatti di plastica e cuciti fissi. Entro il 24 giugno, anche i Cubs adottarono il casco, che si dimostrò utile. Quel giorno, l'esterno dei Chicago Hank Leiber venne colpito alla testa. Il racconto del New York Times di quel giorno affermava che il casco lo aveva salvato da un infortunio grave; il Chicago Tribune, tuttavia, affermò che lo colpì in un posto "non protetto dal nuovo cap protettivo". Il 20 agosto del 1941, Terry Moore dei St. Louis fu colpito alla testa, dietro l'orecchio sinistro. Il New York Times disse che "Moore non indossava il casco di protezione di cui erano dotati i Cardinals. I compagni del giocatore dissero che Terry non indossava il casco se non in partite di esibizione". Ovviamente, l'uso del casco in quel momento era del tutto arbitrario.

L'edizione del 20 maggio 1941, del St. Petersburg Times affermava che la "stagione del baseball del '41 segnata dalla guerra, introduceva l'elmetto". Alla domanda sui "tempi moderni" del baseball nell'edizione dell'Ellensburgh Daily Record del 26 marzo 1941, Connie Mack dimostrò ancora una volta di essere un fan del casco: "L'uomo che inventa un casco che assicura una protezione assoluta farà una fortuna ... Alcuni giocatori possono ora rimandare sul loro coraggio di indossarne uno, ma si avvicina il tempo in cui saranno in dotazione di serie".

Anche se molti pensavano che questo fosse il momento giusto per sviluppare un utilizzo diffuso del casco, ancora una volta la tradizione ebbe la meglio. Si dovette aspettare fino al 1953 quando i Pittsburgh Pirates obbligarono i loro giocatori ad indossare il casco. Il casco voluto da Branch Rickey, ex Dodgers e ora general manager dei Pirates, era stato creato da Charlie Muse con gli ingegneri di Cleveland, Ed Crick e Ralph Davia, e si basava sui cappelli rigidi utilizzati dai minatori. Poco dopo, l'Ottawa Citizen scriveva che "i club delle Major League sono molto interessati a un nuovo tipo di casco in plastica di protezione che è stato immesso sul mercato di recente". Le prime prove dei Pirates che indossavano il caschetto, tuttavia, è nell'edizione del Times-News of Hendersonville del 16 maggio 1953.

Il 20 luglio del 1953, l'outfielder dei Brooklyn Carl Furillo venne colpito alla testa da una palla lanciata. The Times-News scrisse che "aveva colpito la parte superiore del suo casco di protezione".

Il 1° agosto del 1954, il prima base dei Milwaukee Braves, Joe Adcock, venne colpito alla testa da Clem Labine nel quarto inning di una partita all'Ebbets Field. Adcock aveva battuto quattro fuoricampo il giorno prima, ed aveva ricevuto un brushed back nel terzo inning. Fu portato fuori dal campo in barella, ma non era gravemente ferito. Il Chicago Tribune riferì che la sua "protezione della testa in metallo" che "portava sotto il berretto" aveva assorbito tutti i danni, l'ammaccatura in esso era visibile. The New York Times, tuttavia, lo descrive come un "casco di plastica".

A seguito dei beanball, l'Associated Press pubblicò la storia in dettaglio dell'uso dei "caschi protettivi di plastica" di tutte le league e che si rivelò una miniera di informazioni. Il Milwaukee Journal riportò la storia il 3 agosto 1954:

"Il casco di protezione di plastica, come quello che ha salvato Joe Adcock dei Milwaukee da gravi lesioni domenica, sono indossati da una larga maggioranza di battitori della Major League.

...

Il casco protettivo è stato il frutto personale di Branch Rickey, ora general manager dei Pittsburgh Pirates, che li ha imposti di serie per la sua squadra alla spring training a L'Avana nel 1952.

I St. Louis Cardinals hanno seguito l'esempio. Il regolamento è così rigorosò nei Cards che Sal Yvars è stato multato di 25 $ dal club per il mancato uso del casco in una partita dimostrativa questa primavera.

Altri club che impongono il copricapo più o meno obbligatorio sono i Cincinnati Reds, Philadelphia Phillies, New York Giants e i Chicago Cubs nella National League e i Cleveland Indians e i Chicago White Sox nell'American League.

Ci sono due tipi di dispositivi di protezione. Una è la calotta di plastica, come ad esempio indossato da Adcock e pubblicizzata da Rickey. L'altro è il nastro di plastica. Questo è il tipo utilizzato dal Giants e Indians. Il nastro offre protezione contro un colpo della palla alle tempie e altre zone vitali, ma non scongiura un colpo nella parte superiore della testa.

Lo shortstop Phil Rizzuto è l'unico membro dei New York Yankees che indossa un casco. Tre membri degli Washington Senators utilizzano diversi tipi di copricapo. Eddie Yost indossa protettori delle tempie, Mickey Vernon ha una banda tutto intorno alla testa, e Joe Tipton utilizza il casco integrale.

Una mezza dozzina di membri dei Baltimore Orioles indossa i caschi, così come circa lo stesso numero dei Boston Red Sox".

La versione dell'articolo apparve sul New York Times di quel giorno che risultò leggermente diverso, e citava Enos Slaughter assieme a Rizzuto con il casco, indossato dai membri degli Yankees.

Il 5 dicembre 1955, la National League approvò la norma che obbligava tutti i giocatori ad indossare il copricapo protettivo. La norma entrò in vigore per la stagione 1956.

Nei primi anni '50, il consiglio di amministrazione della Little League rese obbligatorio per tutti i bambini di indossare il casco durante le partite della Little League. Il casco che usavano proteggeva entrambe le orecchie, ma non era il casco tradizionale a cui siamo abituati oggi.

Nel maggio del 1956, poco dopo essere stato scambiato dai Cleveland a Chicago, Larry Doby indossò il casco in stile Little League in una partita a Detroit (l'articolo su Kentucky New Era e foto di Doby sul The Washington Afro-American quando ancora lo indossò alla fine di maggio e l'inizio di giugno).

Il 26 marzo 1958, il consiglio di amministrazione della Little League annunciò un "nuovo casco e più completo per i battitori e corridori sulle basi della Little League" da utilizzare in tutto il paese. Il nuovo casco aveva un doppio paraorecchie e sembrava molto molto simile a quello a cui siamo abituati a vedere oggi. I nuovi caschi erano stati previsti per resistere a palle che viaggiano sulle 120 mph. Nella presentazione, fu eseguita una dimostrazione, mostrando che "un moderno casco della major league, fatto con un tipo diverso di plastica" si incrinava con un lancio di 95 mph. Nella foto sotto, notate le analogie del casco tenuto in mano con quello indossato da Doby nel 1956.

Altre informazioni pubblicate in questo articolo del Chicago Tribune del 27 marzo 1958:

"Gli attuali caschi della Little League, che ancora saranno consentiti, ma che - si spera - saranno soppiantati dal nuovo e più sicuro, sono di due tipi: il cap-helmet utilizzato nella big league e un avvolgente casco in pelle che protegge le tempie e il retro della testa, ma non la parte superiore.

La Little League, secondo Mickey McConnell, direttore della formazione, pioniere nell'uso del casco nel 1949, ha avuto da allora solo circa 100 traumi annuali su qualche mezzo milione di ragazzi che giocano ogni stagione".

In data 11 marzo 1958, l'American League approvò una norma che imponeva il copricapo protettivo a tutti i giocatori. Questo creò un po' di polemica, quando sembrò che Ted Williams volesse sfidare la regola in partita, ma alla fine si adeguò.

Modifiche (1960-2000)

Nel 1960, Jim Lemon, degli Washington Senators, diventò il primo giocatore ad indossare il nuovo casco della Little League in una partita di Major League. Il Milwaukee Journal lo descrisse così: "Il casco è dotato di lembi che coprono le orecchie e proteggono una zona più ampia della testa rispetto ai normali caschi di plastica. Altri giocatori hanno provato il casco nel batting practice, ma hanno detto che oscura un po' la loro visione".

L'outfielder dei Cleveland Jim Piersall indossò il casco della Little League in una partita un mese dopo. Il 5 giugno del 1960, Piersall colpì un home run contro il lanciatore di Detroit Pete Burnside. I giocatori Tigers se la presero perchè diede spettacolo dopo l'homer fermandosi in terza, e "levandosi il berretto e gridando alla panchina di Detroit". Quando si avvicinò al piatto due inning più tardi, indossava il casco della Little League (vedi foto sotto). Burnside gli lanciò tre palle addosso prima di essere avvertito dall'arbitro (Altra foto qui sul Palm Beach Post).

Jim Piersall con il caschetto della Little League

Con il casco ora indossato largamente nelle Major League, cominciarono a proliferare nel 1961 le modifiche dell'elmetto.

Il 23 luglio 1961, il ricevitore dei Minnesota Earl Battey venne colpito in faccia, fratturandosi la guancia. Tornò nel lineup circa 10 giorni dopo e indossò un improvvisato copri orecchio. Indossava il paraorecchie l'11 agosto, quando colpì i due fuoricampo nella partita. Disse che, nonostante avesse battuto i due homer, il lembo applicato rendeva difficile la visione. Il 5 settembre, questa foto con la sua protezione improvvisata venne pubblicata su vari giornali. C'è da chiedersi perché avesse scelto questo dispositivo improvvisato quando il casco della Little League era già disponibile.

Tony Oliva indossava anche lui un protettore di fortuna al viso durante il batting practice, così come Jimmie Hall dei Twins nelle World Series del 1965.

Tony Oliva

Jimmie Hall

Nel 1964 per la prima volta un casco di battuta aveva un pre-stampato copriorecchia quando Tony Gonzalez dei Phillies indossò un casco dopo essere stato colpito da un lancio. Poco dopo, la Major League Baseball adottò l'uso di un casco con un paraorecchia pre-stampato.

Infine, nel 1971, la Major League Baseball impose l'uso nelle partite del casco di battuta obbligatorio per tutti i battitori. I giocatori veterani, tuttavia, ebbero la possibilità di scegliere di indossare un casco o no, avendo diritti acquisiti sulla regola. L'ultimo giocatore della Major League che non indossava il casco in battuta fu Bob Montgomery, ritiratosi nel 1979.

Bob Montgomery
Il suo cappellino con la protezione interna conservato alla National Baseball Hall of Fame di Cooperstown, NY

Nel 1978, il successivo casco rimodellato lo si vide quando Dave Parker, dei Pirates, indossò una maschera da hockey in battuta dopo che si era rotto la guancia e le ossa mascellari in una collisione a casa base. La usò solo per una partita e poi utilizzò un casco in battuta in cui erano applicate due barre per la protezione della faccia, di solito utilizzate per i caschi da football. Provò anche un casco con applicata la protezione facciale 210 Dungard.

Parker con la maschera da hockey
Parker con la protezione da football con due barre

Parker con la protezione da football 210 Dungard

Altri giocatori della major league utilizzarono dei caschetti modificati tra cui Gary Roenicke (1979), Ellis Valentine (1980), Terry Steinbach, Charlie Hayes, David Justice, Kevin Seitzer, Terrence Long e Tony Roth, nelle minor league.

Tony Roth

Anche se caschi con i paraorecchie erano comuni negli sport dilettantistici, tardarono a guadagnare popolarità a livello professionistico.

Ron Santo fu un pioniere nell'indossare caschi con paraorecchie a livello di major league, al ritorno in campo dopo aver subito la frattura dello zigomo sinistro da un lancio nel 1966.

Ron Santo con il caschetto con il paraorecchio sinistro

I paraorecchie furono adottati dai giocatori a malincuore. Alcuni battitori ritenevano che vedere il parorecchie con la coda dell'occhio fosse fonte di distrazione.

Nel 1983, fu reso obbligatorio per i nuovi giocatori di utilizzare un casco con almeno un paraorecchio. I giocatori che rientravano nella clausola di salvaguardia potevano scegliere di indossare un casco senza paraorecchie. I giocatori possono scegliere di indossare caschi con il doppio paraorecchie nelle major league, ma questo non è obbligatorio. Tim Raines fu l'ultimo giocatore ad indossare un casco, senza paraorecchie, durante la stagione 2002. Il suo caschetto senza paraorecchie dei Florida Marlins è attualmente nella Baseball Hall of Fame.

Tim Raines con il caschetto dei Florida Marlins

Sia Gary Gaetti, che si ritirò nel 2000, e Ozzie Smith, che si ritirò nel 1996, indossarono caschi senza paraorecchie fino a quando non si ritirarono dal gioco.

Gary Gaetti
Ozzie Smith

Julio Franco, che si è ritirato dal baseball nel maggio 2008, è stato l'ultimo giocatore in attività che poteva beneficiare di indossare il casco senza paraorecchie, ma scelse di indossare durante la sua carriera un casco con un solo paraorecchie. Alcuni giocatori, per lo più battitori switch hitters, inoltre decisero di indossare caschi con doppie paraorecchie mentre battevano. Due major leaguer che usarono questo caschetto furono Orlando Hudson e Chuck Knoblauch.

Orlando Hudson
Chuck Knoblauch

L'8 aprile 2004, durante la celebrazione del "Hank Aaron Day" ad Atlanta, per il 30° anniversario del record dei 715 fuoricampo di Hank Aaron, l'interbase dei Braves, Rafael Furcal, andò al piatto nel sesto inning con un casco senza paraorecchie, come tributo a Hank Aaron, che aveva giocato così tutta la sua carriera negli anni '50, '60 e '70. L'arbitro Bill Welke gliene fece indossare uno con un paraorecchie standard.

I recenti sviluppi

Nel 2005, la Major League Baseball provò un nuovo casco di battuta per la prima volta in quasi tre decenni. Nell'All-Star Game a Detroit, i giocatori indossarono un nuovo casco caratterizzato da prese d'aria laterali, degli sfiati posteriori e fori più grandi nel paraorecchie. La grande maggioranza indossa ora questi nuovi caschi, ma ci sono ancora alcuni giocatori che indossano il casco vecchio stile. Tra questi Ryan Howard e Derek Jeter.

Il casco della MLB del 2005

Ryan Howard
Derek Jeter

Il casco senza paraorecchie è ancora usato nel baseball. I catchers spesso indossano un casco senza protezioni laterali con la maschera per proteggere la testa. Di tanto in tanto, altri giocatori come i ricevitori indossano un casco senza protezioni in difesa. E' utilizzato solitamente da un giocatore che ha un rischio più alto del normale di lesioni alla testa. Un esempio degno di nota è l'ex major leaguer John Olerud, che cominciò a utilizzarlo dopo aver subito un intervento chirurgico per un aneurisma cerebrale mentre frequentava la Washington State University. Prima di lui ci fu Richie Allen, che aveva deciso di indossare un casco in campo dopo un episodio in cui venne colpito da oggetti lanciati dai tifosi.

John Olerud
Richie Allen

I bat-boys/bat-girls e i ball-boys/ball-girls sono tenuti ad indossare un casco piuttosto che un cappellino nello svolgimento dei loro compiti, mentre sono in campo. Essi possono utilizzare il casco senza paraorecchie per questo scopo, o quelli con le protezioni. Alcuni catcher della Major League continuano ad usare il casco senza protezioni laterali, che lo indossano girato all'indietro con la loro maschera. Dopo la morte del coach di prima base di Tulsa Drillers, Mike Coolbaugh, dopo essere stato colpito da una palla battuta, si discusse sul fatto che i coach di base dovevano indossare dei caschi.

Mike Coolbaugh

A seguito dell'incidente, il coach di terza degli Oakland Athletics, Rene Lachemann, decise di indossare un casco nel box del suggeritore.

Il coach di terza degli Oakland Athletics, Rene Lachemann

Dopo la stagione 2007, la Major League Baseball rese obbligatorio per i coach di indossare il casco con la stagione 2008, anche se alcuni coach, come Larry Bowa dei Los Angeles Dodgers, non furono d'accordo con la decisione.

Larry Bowa, a sinistra, insofferente del caschetto con Joe Torre

Nel 2009, la Major League Baseball ha deciso di intervenire e di proteggere i giocatori dal crescente numero di traumi e ferite alla testa. La Rawlings ha prodotto il caschetto S100, famoso per le sue capacità d'impatto. E' stato in grado di sopportare l'impatto di una palla da baseball che viaggiava a 100 mph da due feet (60 cm) di distanza. Agli altri caschi da baseball in uso è richiesto solo di resistere ad un impatto della palla a 70 mph da due feet (60 cm) di distanza. Il primo giocatore della Major League ad indossare questo casco durante una partita è stato Ryan Dempster, lanciatore dei Chicago Cubs. Il nuovo casco non ha fatto molta presa perché i giocatori hanno detto che li fa apparire come dei bobbleheads. Alcuni giocatori, tra cui il terza base dei Mets, David Wright, ha utilizzato il casco in battuta.

Il caschetto della Rawlings S100

Ryan Dempster
David Wright

Nel 2013, per il nuovo contratto collettivo MLB-MLBPA, ai giocatori della MLB sarà richiesto di indossare il nuovo Rawlings S100 Pro Comp.

Rawlings S100 Pro Comp

Una domanda che passa per la testa quando si legge tutto questo è "perché i giocatori sono stati così contrari ai caschi quando sono stati introdotti?". La vera ragione del perchè è meglio descritta da Dan Gutman nel suo bellissimo libro, Banana Bats & Ding-Dong Balls: A Century of Unique Baseball Inventions:

"Il baseball non aveva proprio così fretta di introdurre la protezione del capo, ma parte del problema era che un casco di battuta che avesse successo richiedeva un materiale che fosse molto forte, ma anche molto leggero. I primi caschi realizzati appositamente per il baseball erano un impiastro versato nella stoffa del cappellino da baseball.

Poco prima della seconda guerra mondiale, vennero sviluppate le materie plastiche sintetiche come il polistirolo e il polietilene. Potevano essere modellati in qualsiasi forma, ed erano leggeri, rigidi e duri".